COME FARE LOCAL MARKETING NELLE PMI

COME FARE LOCAL MARKETING NELLE PMI

Nonostante la globalizzazione, per molte PMI la capacità di fare local marketing è un passo fondamentale per crescere.  Ma non tutte sanno sfruttare gli strumenti gratuiti messi a disposizione da Google

É profondamente cambiato il modo in cui il consumatore ricerca informazioni e prende decisioni d’acquisto.

Con un minimo di introspettività, sappiamo che quando cerchiamo informazioni su prodotti, servizi, negozi, consultiamo lo smartphone (o il computer) utilizzando i motori di ricerca più noti come Google che intercetta circa il 90% del traffico.

Si pensi che solamente su Google ogni giorno vengono effettuate oltre 3,5 miliardi di ricerche (Fonte InternetLiveStats), e che circa il 50% di esse è di tipo local ovvero finalizzata alla ricerca di prodotti e servizi nel proprio comune o nelle immediate vicinanze.

Il punto chiave diventa quindi farsi trovare dalle persone giuste al momento giusto, quello della ricerca.

Ed è altrettanto vero che molte PMI, soprattutto quelle nell’ambito dei servizi o che operano al dettaglio, sviluppano buona parte del proprio business su un territorio circoscritto.

Per questo Google mette a disposizione gratuitamente uno strumento potente e molto efficace per attuare strategie di local marketing, che si chiama Google My Business (GMB).

Con questo strumento si può portare la scheda della propria attività nella prima pagina dei risultati di ricerca, la posizione agognata da tanti, in modo relativamente semplice e senza spendere una fortuna in campagne Adwords a condizione di gestire l’account con accuratezza.

Non è una magia, è tutto vero, basta comprendere la filosofia di funzionamento dell’algoritmo di Google.

Quest’ultimo infatti tende ad attribuire molta rilevanza all’ottimizzazione delle ricerche localizzate, ed in sintesi attribuisce forte rilevanza a questi tre criteri per mostrare la scheda di un’attività nel “local pack”:

  • Pertinenza dell’attività rispetto alla ricerca fatta da un navigatore;
  • Distanza dell’attività dalla localizzazione in cui è effettuata la ricerca;
  • Evidenza, ovvero autorevolezza e tenore delle recensioni dell’attività.

L’obiettivo di Google, non è ovviamente la generosità, quanto invece quello di rendere l’esperienza di navigazione dell’utente la migliore possibile; per questa ragione tenderà a “consigliare” quelle imprese che per accuratezza, completezza delle informazioni, foto, recensioni positive, possano sembrare più affidabili come risposta alla ricerca ricevuta.

Il “local pack” di Google, come si vede nelle immagini, si posizionerà immediatamente sotto gli annunci a pagamento (se presenti) e prima dei risultati “organici”.

Il Local Pack è importante perché ci mostra i risultati direttamente in Google Maps, con le informazioni più importanti e la possibilità di chiamare l’attività con un semplice click sulla cornetta.

Immaginate quindi l’efficacia di questo local pack per facilitare il contatto o la visita al punto vendita segnalato con l’uso corrente dello smartphone.

Le informazioni richieste per completare la propria scheda attività vanno dalle anagrafiche, indirizzo e telefono, descrizione dell’attività e orari, area di copertura del servizio e caratteristiche particolari, persino dei box descrizione dei prodotti o dei servizi offerti e relative immagini.

C’è persino la funzionalità Google post, inserita di recente, che permette di raccontare ancora meglio l’azienda e la sua attività.

Che questo strumento sia sottovalutato lo testimonia il fatto che almeno il 40% delle aziende locali non ha “rivendicato” (ufficializzato) la propria attività su GMB, oppure in tanti altri casi lo ha fatto in modo molto parziale e incompleto non riuscendo in tal modo a trarne beneficio.

Completamento e gestione dell’account GMB possono essere fatti persino direttamente, oppure facendosi assistere da uno specialista, ma è un lavoro relativamente rapido che non dovrebbe richiedere grossi investimenti e il cui rapporto costo/beneficio è senza dubbio favorevole.

Inoltre c’è una grande opportunità costituita dall’ultima “release” di Google lanciata in Italia in ottobre di quest’anno.

Infatti ad un account ben strutturato di Google My Business, si può abbinare la  piattaforma Google Merchant Center , altro tool gratuito di Google, vetrina dove esporre tutti i propri prodotti, che diventa di fatto la via più speditiva ed economica per iniziare a fare attività di e-commerce.

Tornerò sull’argomento in modo più dettagliato sul prossimo articolo.

STRATEGIA e DIGITAL STRATEGY: QUALI DIFFERENZE?

STRATEGIA e DIGITAL STRATEGY: QUALI DIFFERENZE?

Strategia, intesa come processo di pianificazione, e strategia digitale sono due concetti più diversi di quel che sembra.

Non facciamo una disquisizione del tipo se è nato prima l’uovo o la gallina, semplicemente ricollocare le cose nel loro giusto ambito.

Anche se la strategia digitale o digital strategy che dir si voglia, sta assumendo un ruolo sempre più importante e imprescindibile all’interno dell’impresa, ciò non significa che questa possa inglobare tutto quello che compone una strategia.

Cercando un punto di sintesi tra numerose definizioni più o meno autorevoli, si può asserire che la strategia consiste nelle varie attività di pianificazione, nelle quali si analizza lo scenario con tutte le sue variabili  dove opera l’impresa, i suoi punti di forza e di debolezza, si definiscono gli obiettivi generali e i modi e i mezzi più opportuni per raggiungerli. 

Infine il tutto si completa con un piano d’azione che preveda tempi di attuazione e verifiche prestabilite.

Ovviamente nell’analisi di scenario, nella valutazione della concorrenza e nella individuazione dei punti di forza e di debolezza dell’impresa, rientrano aspetti che non appartengono al mondo digitale.

Così come aspetti economici e sociali, processi produttivi e organizzazione interna, gestione delle risorse umane, innovazione di prodotto, ricerca e sviluppo, gestione amministrativa e finanziaria sono tutti aspetti che hanno una notevole importanza nel determinare efficacia ed efficienza dell’azienda sul mercato ma non rientrano nella “digital strategy” anche se possono in parte esserne influenzati.

Persino i cosiddetti “touch point” (lett. punti di contatto) con un cliente potenziale non esauriscono la propria funzione nel digitale perché sono ancora molti i momenti di contatto con il cliente che si realizzano nella modalità “offline”.

Pertanto i due aspetti non vanno confusi, e una strategia digitale dovrà per forza di cose partire dai punti chiave della pianificazione strategica a monte (sperando sia stata fatta!).

Esistono poi buone probabilità che l’elaborazione di una strategia digitale ripercorra buona parte degli elementi di pianificazione a monte declinandoli nella logica, peculiarità e specificità relativi al mondo  digitale.

I processi stessi di analisi della concorrenza andranno rivisti con lo scopo di studiare cosa fa la concorrenza sui vari canali digitali.

Stesso discorso vale per il target di clienti potenziali che andranno ridefiniti trasformandoli in “personas”.

Territorio di elezione della strategia digitale ovviamente sarà l’individuazione del mix di canali e piattaforme più idonei all’azienda e le modalità del come e cosa comunicare, a cui ultimamente si può aggiungere per molte realtà il “come vendere” (e-commerce).

Una sintesi certamente non esaustiva per dire che, a mio giudizio, le due attività sono da tenere distinte e separate perché metterle insieme rischia di creare delle ambiguità di fondo e qualche pericolosa confusione che può portare a trascurare aspetti dell’una o dell’altra.

5 STRATEGIE PER LA DIGITAL TRANSFORMATION

5 STRATEGIE PER LA DIGITAL TRANSFORMATION

La “Digital Transformation” nelle imprese è diventato un tema da affrontare al più presto, visto ciò che le conseguenze del Covid 19 hanno evidenziato.

Il potenziamento delle strutture digitali, sia che riguardino lo smart working, sia lo sviluppo dell’e-commerce o la semplice offerta di servizi e attività di branding online, richiede un ripensamento dei processi e delle strutture organizzative.

Trarrò ampi spunti, rielaborando un articolo pubblicato oltreoceano, per tracciare una sintesi delle strategie da adottare per affrontare questo passaggio.

  1. Il cliente deve essere al centro della Digital Transformation: quindi tutte le componenti dell’organizzazione, grande o piccola che sia, devono finalizzare i propri sforzi in direzione del risultato finale, quella che sarà l’esperienza del cliente. Vale per tutti l’esempio di un gigante come Amazon che non si è limitata soltanto ad aumentare l’offerta prodotti della sua gigantesca vetrina digitale, ma ha curato meticolosamente tutti i passaggi dalla logistica ai sistemi di spedizione, ai metodi di pagamento o anche di restituzione delle somme per rendere l’esperienza complessiva di acquisto positiva in tutti i passaggi. Un progetto che dovesse puntare su una sola componente dell’impresa senza curare il coinvolgimento complessivo di tutti, rischierebbe di rivelarsi assai deludente nei risultati ottenuti.
  2. Abbattere le barriere interne e coinvolgere l’intera impresa: il miglioramento delle relazioni interne e il coinvolgimento di tutti negli obiettivi di questo processo di trasformazione sarà necessario per rendere fluidi i processi produttivi e di offerta del prodotto/servizio ed eviterà che il cliente percepisca “immagini” diverse dell’impresa a seconda dei reparti o persone con cui si trova ad interagire. Questo creerebbe una discontinuità nell’esperienza percepita dal cliente che certamente non gioverebbe all’impresa.
  3. Ripensare la leadership: occorre adottare la “Leadership trasformazionale” perché la trasformazione digitale è anche un problema culturale. Le proprietà elettive per esercitare una leadership trasformazionale in breve sono: Energia  – prossimità – equilibrio – approccio alla risoluzione dei problemi – coerenza verso gli obiettivi.
  4. Responsabilità e orientamento alla privacy e alla tutela dei dati: occorre pianificare con impegno e serietà le politiche e le azioni da adottare per la tutela della privacy e dei dati del cliente, non cedendo alla tentazione di vendere i dati acquisiti, curando l’acquisizione del necessario e l’adozione di protocolli di tutela, nonché la formazione degli addetti ai requisiti fissati dal GDPR.
  5. Personalizzazione dell’esperienza: questo processo richiede la capacità di acquisire i dati dai clienti o dai potenziali clienti, proteggerli, analizzarli facendo ricorso all’ intelligenza artificiale quando necessario, per comprendere meglio i bisogni e i desideri dei clienti stessi.

Non c’è molto tempo da perdere, e questa evoluzione verso l’innovazione, forzata o spontanea che sia, costituirà spesso il requisito per la sopravvivenza. Le PMI dovranno ripensare la loro attività ponendosi non soltanto come produttrici di qualcosa ma come soggetti che semplificano e migliorano la vita dei propri clienti e, per conseguenza indotta, anche dei dipendenti.

Tratto da:

https://www.1to1media.com/digital-engagement/5-strategies-to-accelerate-digital-transformation