da Sergio Bernardini | Mar 24, 2015 | IMMAGINI E VISUAL STORYTELLING
Sicuramente i social media costituiscono una piazza virtuale dove si può costruire il racconto (o la promessa) dell’esperienza turistica, a condizione che ci siano narratori che vogliano creare e rendere disponibili queste narrazioni. Uno sguardo ai professionisti del settore con qualche sorpresa sullo sfondo
Il settore turistico è sicuramente uno dei settori in cui la componente visiva della comunicazione ha un’importanza fondamentale per trasmettere emozioni.
Uso non casualmente “trasmettere emozioni” anziché per esempio “mostrare la bellezza dei luoghi”, perché aldilà della relazione di implicazione tra queste due forme, diversa è la filosofia di fondo che le contraddistingue.
Se il mostrare la bellezza di qualcosa implica una relazione con l’estetica, il trasmettere emozioni è un atto che persegue una performatività nel richiamare o nel promettere un’esperienza di vita, che tende a stimolare una risposta cognitiva più complessa ma al tempo stesso più intensa e coinvolgente.
D’altronde la rete consente a qualunque navigatore di trovare immagini praticamente di qualsiasi parte del mondo, consente di visitare i siti di hotel, di osservare luoghi mozzafiato, per cui per un tour operator la pratica di mettere in mostra delle belle immagini per allettare un cliente e convincerlo ad aderire alla proposta di un pacchetto di per sé potrebbe non essere più sufficiente. Ne è possibile pensare che con l’ abbondanza di immagini disponibili, si possa essere nella condizione di poter esercitare una supremazia “estetica”; occorre puntare su altri elementi.
Tradizionalmente siamo abituati alle immagini più o meno seducenti contenute prima nei cataloghi poi nei siti web dell’era di internet 1.0 , strumenti che forse stanno perdendo parte della loro efficacia perché incalzati dalle potenzialità dei nuovi mezzi a disposizione, primi fra tutti i social media.
D’altronde le nuove tendenze nel marketing mettono al primo posto l’esperienza, ci parlano del viral marketing come strategia che magnifica il tradizionale passaparola, ci dicono che nell’ambito della comunicazione niente è più efficace dello storytelling e pertanto dell’esigenza di disporre di una buona strategia narrativa. E come appena detto niente sembra essere più efficace delle piattaforme di social media esistenti a condizione di utilizzarle secondo le loro potenzialità.
Sarebbe pertanto logico attendersi che i tour operator siano i più attivi e pervicaci utilizzatori delle potenzialità dei social media, sia per arginare l’erosione del volume d’affari provocata dal turismo fai da te e dai siti di prenotazioni on-line, sia per il fatto di operare in un settore così sensibile all’uso delle immagini, fatto che dovrebbe averne affinato la capacità di sfruttare i mezzi disponibili. Ma le cose non stanno esattamente così.
Una ricerca condotta sulla presenza e sui modi di sfruttare i social media da parte dei più noti tour operator, ha mostrato che nel settore esistono alcune carenze più o meno accentuate e che destano una certa sorpresa, segno che c’è ancora da lavorare nella comunicazione visiva. Vediamo in sintesi che cosa è emerso.
l’approccio social
Quasi tutti i principali tour operator dispongono di una pagina Facebook e/o di una pagina su Google+, e pur considerando il formato imposto da queste piattaforme, non si notano sostanziali differenze di impostazione. Troppo spesso i post pubblicati ricordano nel formato grafico le pubblicità che di norma vengono fatte su carta stampata o su riviste: la foto invitante di un posto e l’invito ad approfittare di un’eventuale offerta per acquistare un pacchetto di viaggio, spesso la foto di copertina dei cataloghi, standard che non esaltano la fantasia.
Poco usati i link che rinviano a volte ai propri portali, altre volte a video sulla cui fattura sorge qualche perplessità. Anche l’invito alla conversazione non è molto forte, infatti oltre ai like e alle condivisioni, i commenti sono generalmente pochi, ed in tal senso il coinvolgimento sembra abbastanza limitato.
In generale non emergono segnali nitidi che mostrino la scelta di un posizionamento di brand ben delineato da parte dei vari operatori, ovvero la scelta di narrarsi in un determinato modo, si intravede una sorta di appiattimento e forse è anche per questo che il coinvolgimento social non sembra così forte almeno in termini di commenti.
Soltanto I Viaggi dell’Elefante (su Google+), I Grandi Viaggi (su Facebook) e Eden Viaggi (su Facebook) provano a “staccarsi” dalla media mostrando una comunicazione più vivace e uscendo dalla logica del catalogo virtuale.
Su Youtube alcuni operatori come Veratour, Eden viaggi, i Viaggi dell’Elefante e Francorosso hanno creato un loro account ufficiale sui quali si trovano vari video, alcuni dei quali anche con una buona caratterizzazione narrativa. Ovviamente le caratteristiche di un video, potendo sfruttare meglio le dimensioni spazio e tempo, meglio si prestano alla configurazione narrativa.
Tuttavia dalle clip aventi più o meno la durata di uno spot, a quelle in formato documentario, c’è uno spazio di differenza che meriterebbe forse una più accurata valutazione basata sulla “user experience”. Sorprende comunque che altri operatori di non secondaria importanza (es. Alpitour) siano presenti senza un loro account ufficiale, o addirittura assenti.
In tal senso un paragone fatto con gli account di Costa Crociere e MSC Crociere svela sin da subito il diverso approccio seguito da questi ultimi nel raccontare in video l’esperienza di viaggio, e con ciò il numero di visualizzazioni medie registrate la dice lunga sul gradimento degli utenti.
La piattaforma Pinterest invece, un social in forte crescita che ha una spiccata caratterizzazione visiva, che offre la possibilità di organizzare nei suoi board sequenze di immagini tematizzabili opportunamente e che consentono di costruire efficaci strategie di visual storytelling, non sembra affatto adeguatamente valorizzato e sfruttato.
Infatti la possibilità di assemblare le diverse immagini in modo da rappresentare una suggestiva narrazione dell’esperienza turistica è una possibilità che il mezzo offre, mentre invece in linea di massima i risultati sono abbastanza deludenti.
Soltanto tre tour operator che dispongono di account degni di nota sono stati rintracciati.
Nell’ordine I viaggi dell’Elefante (17 board, 2.273 pin, 1.415 like, 530 followers), Veratour (11 board, 409 pin, 0 like, 64 followers) e Eden viaggi (6 board, 164 pin, 27 like, 232 followers) sono presenti in modo strutturato, anche se il numero dei followers e l’organizzazione dei board risultano in definitiva non esaltanti.
La proposta di board che con nomi simili tematizzano natura, spiagge, cibo, hotel e resort, compaiono nella pagina di tutti e tre gli operatori. Soltanto i Viaggi dell’Elefante con le bacheche “fantasticare” e “foto spettacolo” e Veratour con la bacheca “facce da Veratour”, provano a percorrere strade diverse in un panorama che appare un po’ privo di fantasia e dove forse manca un po’ di coraggio nel percorrere strade alternative.
Ultimo, ma non meno importante aspetto notato, la mancanza quasi totale di una reale sincronia tra le diverse piattaforme utilizzate; ogni operatore utilizza l’account di una piattaforma social con pochissimi rimandi ai suoi stessi account presenti in altre piattaforme, con ciò limitando fortemente un discorso sincretico che valorizzi la navigazione social degli utenti.
Esperienza turistica
Che cosa si intende dunque per esperienza turistica? È lecito pensare che il miglior modo sia partire da una valutazione introspettiva nel richiamarsi ad una esperienza passata e riflettere su come si compone questo ricordo. Non sarà difficile ritrovare nella memoria una traccia narrativa che si articola attraverso alcuni elementi basilari e che di fatto costituisce uno script sul quale si andrà a costruire il progetto per un’esperienza futura.
Innanzitutto le motivazioni all’origine della scelta di un’esperienza turistica che variano non solo a seconda delle persone, ma anche in funzione del loro particolare momento di vita. Senza la pretesa di esaustività in questa sede, certamente motivazioni quali la gratificazione del sé, l’ostentazione, il desiderio di “alterità”, l’essere in linea con i trend, la voglia di fuga, il relax, le conferme al proprio immaginario, la libertà di fare, il sogno, l’istinto, sono alcune delle motivazioni a premessa dell’esperienza turistica e che in qualche modo una proposta deve saper abilmente richiamare ed in qualche modo promettere.
Poi l’esperienza vissuta (o ancora da vivere) che nel racconto contempla inevitabilmente una serie di unità semantiche fondamentali, strutture definibili come turistemi, tra i quali frequentemente si rintracciano natura e paesaggio, cultura e arte, mito, avventura, clima, cibo, qualità servizi, aspetto ludico ed altri ancora. Sono unità tematiche che fanno parte della nostra esperienza del viaggio ma che al tempo stesso saranno ricercate nel progetto di un nuovo tour, e che quindi dovranno essere adeguatamente figurativizzate e messe in discorso in una qualunque proposta.
Poi aspetti strettamente connessi alle emozioni, ai momenti topici quali l’attesa, il viaggio stesso, la conferma delle aspettative, le interazioni con le persone e l’esperienza con culture altre, l’acquisizione dei totem di viaggio, oggetti o fotografie, cibi e bevande, l’adrenalina dell’avventura, le sensazioni di appagamento nel relax o nell’evasione.
Sono questi gli elementi su cui si fonda l’ esperienza di viaggio, ciò che raccontiamo ai nostri amici al ritorno, ed al tempo stesso i punti di riferimento su cui basare il progetto di una nuova esperienza.
Se ne deduce quindi che la combinazione ideale tra motivazioni, turistemi ed emozioni costituisca il mix più efficace di un esperienza indimenticabile, e che con tutta probabilità una narrazione visiva idealtipica di una esperienza possa costituire la promessa migliore ed il modo più valido per sfruttare al meglio le possibilità offerte dalla tecnologia e dalle piattaforme social esistenti.
Conclusioni
In conclusione, da quanto osservato sembrerebbe che gli operatori del settore non abbiano ancora pienamente recepito come sfruttare l’ambiente 2.0, visto che tranne qualche eccezione emergono situazioni che denotano un uso dei social media alquanto approssimativo.
Altro aspetto importante è la sensazione che nell’uso di questi mezzi siano ancora utilizzate modalità simili all’uso personale dei profili social media, mentre invece sono necessarie per questi strumenti logiche professionali che richiedono una accuratezza e un processo di pianificazione strategica ben calibrata al pari degli altri strumenti di marketing o di comunicazione pubblicitaria.
Ovvio che in tale contesto parlare di storytelling dell’esperienza di viaggio sembra abbastanza prematuro.
È sorprendente notare che, come detto, in un settore nel quale il turismo fai da te attraverso internet consente a chiunque di costruire il proprio viaggio, diventando con ciò il più potente concorrente dei tour operator, i segnali di una risposta organica a questa minaccia sembrano assai timidi.
Il detto di una pubblicità Alpitour di una ventina di anni fa, “turista fai da te? Ahi, ahi ahi” sembra vacillare pericolosamente, per cui gli operatori del settore dovranno cominciare a chiedersi dove possa essere il plus della loro offerta, che non può limitarsi certamente alle sole immagini.
Non si conoscono i risultati commerciali che magari potranno anche essere soddisfacenti, tuttavia non guasta mai siano ancora migliori, ne d’altro canto farebbe danno operare un posizionamento del brand ben saldo nelle sue promesse anziché viceversa porsi semplicemente come un marchio che genericamente opera nel turismo. In tal senso si è dell’avviso che una strategia e una pianificazione adeguata anche e soprattutto nell’utilizzo dei social media, potrebbe portare nel medio periodo risultati sia dal punto di vista commerciale, sia dal punto di vista della web reputation.
Le immagini sono state volutamente rese anonime rispetto ai profili dove sono state pubblicate. Qualora l’operatore le riconosca e ne desideri la riconoscibilità, è pregato di comunicarlo all’autore.
da Sergio Bernardini | Dic 10, 2014 | IMMAGINI E VISUAL STORYTELLING, IMPERDIBILI
Le immagini dei quotidiani, mondi apparentemente uguali ma al tempo stesso profondamente diversi, creatori di narrazioni parallele, ancorché costruite sulla stessa terra, destinate a persone diverse. Alla scoperta delle tendenze emergenti di alcune raffigurazioni che andranno poi a popolare gli immaginari collettivi dei lettori.
Dopo aver parlato di una possibile tassonomia delle immagini sui giornali e di come queste possano tradursi in uno strumento di interpretazione dei processi identitari e culturali di un paese (n.d.r. Kosovo), in questa sede voglio affrontarne un altro aspetto che pur originato in un ambito culturale diverso, dimostra la forte e raffinata capacità che le immagini possono avere nell’influenzare le visioni del mondo dei loro lettori.
L’analisi è tratta da ricerche, esperienze e osservazioni a più riprese effettuate sul Libano, un paese al cui interno vivono in equilibrio precario diverse identità risultanti dall’intreccio tra più confessioni religiose e numerose correnti politiche, in un mosaico assai complesso da decifrare.
Non parlerò, se non minimamente, di schieramenti e legami politici che avrebbero rischiato di essere fuorvianti nell’ interpretazione semiotica dei significati percepibili dall’osservazione delle immagini.
Non esistono, come in nessuna realtà giornalistica, limitazioni esplicite a qualsivoglia tipologia di immagini, ma è sulla loro “sintassi” e sulla presenza di certe ridondanze che questa analisi si indirizza, sintetizzando le tendenze emergenti di alcune raffigurazioni che presumibilmente andranno a popolare gli immaginari collettivi dei lettori.
Al Akhbar
Al Akhbar – 18 agosto
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- Al Akhbar è uno tra i cinque giornali più popolari a Beirut e nel sud del Libano, fondato nel 2006 e dichiarandosi indipendente e progressista, impegnato nel sostegno a valori come indipendenza, libertà e giustizia sociale, è ritenuto abbastanza vicino alle posizioni di Hizbollah ed ha una impostazione grafica che ne denota una sua ben precisa identità editoriale; la prima pagina normalmente riporta immagini a “tutta pagina”, foto di grande impatto visivo che spesso non si limitano a documentare un evento quanto piuttosto mirano a far leva sulle emozioni del lettore;
- si rileva l’iconografia del principio di autorità tradizionale attraverso immagini che mostrano leaders religiosi, mostrandone perlopiù i volti; una raffigurazione di autorità che richiama archetipi ancestrali che non possono essere messi in discussione e che pertanto implicano una sorta di lealtà cieca;
- le immagini di uomini che impugnano armi, che non appartengono a forze regolari e che indossano i copricapo tipici delle fazioni di appartenenza, sono l’emblema della militanza armata, la riproposizione di una realtà del recente passato radicata nel paese che viene quasi legittimata attraverso la sua collocazione nella quotidianità;
Al Akhbar – 31 luglio e 1 agosto
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- viene raffigurata la sofferenza, specialmente in prima pagina, non limitandosi a documentare gli eventi tragici che spesso popolano la quotidianità di questo paese, ma ne viene ritratto con dovizia il dolore, la disperazione, il pianto che attanaglia i volti della gente comune e delle donne e che esercita una forte carica patemica nel lettore, suscitandone sentimenti di pietà e solidarietà misti a rabbia come si può immaginare;
Al Akhbar – 1° pag. 31 luglio
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- sono spesso mostrati bambini, vittime delle sofferenze, che si aggirano nei luoghi delle rovine, scenario della loro quotidianità, e che talvolta appena adolescenti già imbracciano le armi, quasi una profezia del loro futuro;
- edifici distrutti o semidistrutti, rappresentazione di una tragica ciclicità degli eventi che mostra come gli effetti delle guerre e delle lotte intestine costituiscano la realtà di buona parte di questa gente;
- le manifestazioni di protesta in strada, folle di gente che esprime la sua anima, altra pratica abbastanza radicata nella quotidianità della popolazione.
Annahar
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- Questo giornale, fondato nel 1933, è il più anziano tra i giornali considerati, assai diffuso in Libano con una circolazione stimata di 45.000 copie, è una testata che si accredita a principi liberali, pluralisti ed in parte di centro-sinistra;
- la prima pagina normalmente propone due immagini che documentano gli eventi principali della giornata con uno spazio normalmente inferiore a metà pagina, e che denotano in linea di massima valore testimoniale ai fatti raccontati;
Annahar – 9 maggio
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- l’autorità rappresentata attraverso le immagini è un’autorità laica di tipo legittimo che si manifesta nei luoghi “di produzione” come gli incontri di vertice, anche se viene comunque espressa senza disdegnare i tratti del carisma e del rango di appartenenza;
- le armi sono rappresentate ma detenute dalle forze regolari, dall’esercito ovvero dall’istituzione legittimata ad utilizzarle nel bisogno;
Annahar – 1 agosto
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- gli spazi di aggregazione sociale, locali, edifici e spazi urbani trovano una presenza adeguata nel mostrare l’aspetto della normalità quotidiana e del vivere sociale;
Annahar – 26 aprile
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- distruzioni e rovine sono mostrate così come la gente coinvolta in questi drammi, ma la sintassi di queste raffigurazioni assume valore testimoniale, se ne percepisce la gravità senza che se ne enfatizzi il dolore e la disperazione.
Annahar – 1° pag. 31 luglio
The Daily Star
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- Il Daily Star è stato fondato nel 1952 e nacque all’origine con lo scopo di informare il cospicuo numero di espatriati a causa della nascente industria petrolifera nei paesi del golfo, divenendo in breve tempo il primo giornale in lingua inglese del Medio oriente. Accreditato di circa 30.000 copie, dalla sua stilistica complessiva si percepisce ben presto come questa testata miri ad altro tipo di audience in termini di cultura e di status sociale;
Annahar – 26 aprile e 10 maggio
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- nella prima pagina di norma appare una foto che occupa il 25-30 % della pagina ed esercita un certo impatto nell’attribuire risonanza al fatto del giorno e che in linea di massima tende ad assumere valore documentale;
The Daily star – 1° pagina 28 luglio
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- immagini di catene di produzione, di impianti industriali, di aziende, di banche, la presenza di infografica relativa ai mercati finanziari, costituiscono la rappresentazione del mondo degli affari, mostrano pezzi di realtà locale e popolano l’immaginario collettivo di una fascia di popolazione che vive un altro tipo di quotidianità;
The Daily Star – 22 marzo e 7 aprile
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- la ricorrenza in varie modalità dell’iconografia femminile, uno spazio per la moda, ma anche immagini che mostrano soldi, descrivono un mondo dei consumi e raccontano l’esistenza di uno spazio esistenziale di ben altro genere rispetto a quello spesso mostrato da Al Akhbar;
- le proteste di piazza compaiono con una certa frequenza, segno inequivocabile dell’appartenenza alle pratiche quotidiane di questo paese;
- le immagini che mostrano edifici, a volte anche dal basso verso l’alto, che rappresentano un significante semiotico di un certo modo di pensare il futuro;
- armi e rovine non possono mancare, ma compaiono in misura inferiore, denotano una valorizzazione testimoniale e non emotiva, sono elementi di un fatto non la normalità quotidiana.
L’Orient Le Jour
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- L’Orient le Jour è stato fondato nel 1970 dall’unione di due quotidiani libanesi in lingua francese e denota alcune caratterizzazioni tipiche dei giornali occidentali; è una testata attenta a finanza, economia e allo scenario internazionale, ospita spazi glamour e di cultura, ed appare indirizzarsi ad un certo tipo di elite sociale, a tratti persino snob, rappresentata dai suoi lettori modello, appartenenti in prevalenza alla parte cristiana che si richiama alle impronte della cultura francese;
- la prima pagina riporta più immagini di dimensioni contenute che accompagnano i titoli principali; non c’è quindi l’enfasi sul solo titolo di testa, ma la descrizione di una scena poliedrica, quasi a dare la sensazione di saper guardare il mondo nella sua interezza e non solo circoscritto al territorio libanese, un richiamo esplicito a chi ha questa cultura;
- il giornale fa maggior uso del colore rispetto ad altre testate, sia nelle immagini, sia utilizzando fondini colorati all’interno delle sue pagine, stilistica che ricalca l’impronta di modernità dei giornali più “giovani” rispetto a quelli di più lunga tradizione;
- le immagini che riportano personalità di spicco, come nella tradizione libanese, sono abbastanza frequenti, ma anche in questo caso il potere è rappresentato “in giacca e cravatta”, è un potere che si concretizza in incontri più esclusivi, più ristretti rispetto a quanto di norma rappresentato sul Daily;
L’Orient le jour – 16 maggio e 28 aprile
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- le rovine non sono ignorate, ma sono documentate, non “gridate”, così come le proteste di piazza o le armi, meno frequenti, meno pervasive nel rappresentare una realtà libanese che vuole mostrare anche altre facce;
L’Orient le jour – 1° pagina 31 luglio
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- il vivere sociale nei luoghi della cultura o del tempo libero trova un suo spazio, così come la cronaca di fatti di costume, un mondo che appartiene presumibilmente ai suoi lettori;
- l’uso di caricature denota la capacità di saper fare ironia sui fatti e sui personaggi, forse un modo meno isterico ma comunque efficace di veicolare il proprio punto di vista sulla scena, il punto di vista espresso da una elite culturale che non si affida alla violenza;
- la pubblicità prevalente mostra prodotti e beni di status symbol come orologi esclusivi, accessori e alta moda griffata, auto di alta gamma.
L’Orient le jour – 28 luglio e 16 maggio
Considerazioni
Ad una osservazione sbrigativa, tutti gli elementi peculiari della quotidianità libanese sono rappresentati nelle immagini: le rovine delle guerre, le sofferenze della popolazione, la circolazione delle armi, i decisori politici in azione, per cui sembrerebbe che tutti i giornali svolgano la loro azione informativa salvo poi declinare attraverso le parole il loro orientamento ideologico, ma questo fatto è noto, risaputo e sostanzialmente decodificato dalla maggior parte dei lettori.
È nel potere di veridicità attribuito alle immagini, alla loro forza testimoniale che si deve la produzione di immaginari collettivi da cui percepiamo valori e dai quali creiamo narrazioni, anche se a volte il nostro osservare quasi distrattamente la scena non ci dà questa consapevolezza.
Focalizzando l’attenzione sulle differenze invece, emergono aspetti che a mio giudizio hanno più importanza di quanta non gliene venga attribuita.
Se consideriamo le tendenze emerse in Al Akhbar, le tipologie di immagini che ho evidenziato possono assimilarsi alle tessere di un puzzle che ripropone lo schema narrativo canonico di Greimas: la rottura dell’equilibrio (gli eventi di distruzione), le sofferenze e le umiliazioni del debole (le rovine, la disperazione), il destinante che da la sua investitura (l’iconografia della leadership), l’acquisizione della competenza (adolescenti con le armi), la lotta (militanti in armi), la folla in strada (in attesa di celebrare il ritorno dell’eroe?), costituiscono una sequenza a cui forse in termini di immagini manca solo il “ritorno dell’eroe dopo aver sconfitto il drago”, una sanzione finale che può essere immaginata e incasellata nelle narrazioni collettive anche senza mostrarne l’evidenza.
Se consideriamo le immagini con le armi, per esempio, mentre in Al Akhbar il detentore era la figura del miliziano o dei gruppi armati, in Annahar queste sono nella disponibilità di reparti regolari in armi, dell’istituzione a ciò deputata, e questo nonostante entrambe le testate si dichiarino ispirate a valori liberali e progressisti.
Le immagini delle rovine sono presenti in tutte le testate considerate, ma mentre in Al Akhbar a volte sono un aspetto totalizzante occupando magari un’intera prima pagina, in The Daily Star o in L’Orient le Jour sono una parte del mondo, perché immagini e notizia compaiono a fianco di altri temi, e già variando lo spazio delle immagini, se ne modifica la risonanza e il peso percepito.
La rappresentazione stessa dell’autorità nelle immagini di persone importanti, assume le sembianze degli affari (Daily Star), del potere (L’Orient le Jour), delle istituzioni (Annahar), del carisma (Al Akhbar), espressioni diverse dello stesso concetto che è uno dei pilastri fondamentali del modo di interpretare la propria realtà sociale.
Persino la pubblicità, rappresentazione dei desideri o proiezione del proprio modo di vedersi nel mondo, assume forme distinte, diverse da quel mondo francese di charme mostrato da L’Orient le Jour.
Tanti mondi apparentemente uguali, ma al tempo stesso profondamente diversi, creatori di narrazioni parallele, ancorché costruite sulla stessa terra, destinate a persone diverse.
Descrivendo la realtà dei quotidiani libanesi, ho preso spunto da questo stato così ricco di aspetti e di contraddizioni, per far emergere il valore peculiare di certe sottili differenze che si celano nella sintassi delle immagini, capaci di influenzare le nostre visioni del mondo.
È in base a ciò che vediamo e che ricordiamo nella nostra testa che edifichiamo le nostre rappresentazioni del mondo, i nostri script sulla scorta dei quali procediamo a decodificare poi le nuove informazioni in ingresso ed andiamo ad aggiornare le nostre personali narrazioni quotidiane.
Ma siamo certi che gli artefici della costruzione siamo noi?
da Sergio Bernardini | Set 15, 2014 | IMMAGINI E VISUAL STORYTELLING, IMPERDIBILI
Le immagini sono una parte fondamentale della comunicazione prodotta dai media perché danno immediatezza visiva al racconto dei fatti e contribuiscono in tal modo a formare le visioni del mondo. Un sintetico approfondimento su alcuni meccanismi che sovrintendono alla produzione di significati.
Della capacità delle immagini sui giornali come strumento che rivela persino le forme culturali di un territorio ho già parlato nel post “le narrazioni inscritte nelle immagini”, per cui in questa sede vorrei evidenziare alcuni aspetti legati alla loro performatività in termini emotivi e simbolici.
Il focus sarà rivolto specialmente su ciò che viene pubblicato nella prima pagina dei quotidiani.
Riassumendo in poche righe una teoria sulle comunicazioni di massa, si può dire che i media svolgono un ruolo fondamentale nella creazione e diffusione di significati e valori condivisi, ed al tempo stesso captano le aspettative del pubblico riproducendo con ciò una circolarità e una sorta di processo di auto descrizione della società; non solo, raccontando i discorsi sociali(Volli – id.), i media suggeriscono anche il modo di interpretarli.
Di norma nell’analisi dei media in genere, c’è la tendenza a considerare chi siano i gatekeepers (M.Wolf.- Teorie delle comunicazioni di massa – 1985) ovvero quale sia il gruppo di controllo e a quale schieramento politico faccia riferimento.
In tal modo si finisce per perdere di vista un aspetto che, a mio modo di vedere, è tra i più rilevanti dal punto di vista della capacità di dare forma alla visione del mondo del lettore, ovvero la figurativizzazione (U. Volli – Manuale di semiotica – 2004) del racconto della quotidianità.
Infatti, se un testo scritto richiede capacità di astrazione per essere pienamente compreso, quindi la cooperazione interpretativa del lettore (U. Eco), la sua decodificazione potrà anche incontrare elementi in dissonanza con le credenze del lettore stesso.
Le immagini invece sono dotate della forza conferita dalla presunzione di veridicità e non hanno bisogno di essere comprese, significano in base agli elementi che in esse compaiono.
Barthes, ripeto, diceva che l’effetto di senso della fotografia è spesso il frutto di precise strategie semiotiche, e per spiegare speditivamente questo concetto vorrei rinviare alle esperienze fotografiche di molti di noi, quando ci si rende conto di come la realtà è spesso ben altra cosa, a volte in meglio altre in peggio.
Ma una prospettiva sul quale focalizzare l’attenzione sono gli effetti di senso sovra segmentali (G. Marrone – Corpi Sociali – 2001) che mediante il ricorso a raffinate strategie semiotiche, producono significati ridondanti rispetto alla semplice sintassi denotativa dell’immagine; il tutto è più della somma delle parti.
Uno strumento di analisi di relativa semplicità al quale fare riferimento è il modello di classificazione delle immagini proposto da Lo Russo-Violi (Semiotica del testo giornalistico – Laterza 2004); queste sono articolate in quattro classi: immagini simbolo, immagini documento, immagini emozione ed immagini interpretazione.
Immagini simbolo
Le immagini simbolo sono costituite spesso da soggetti che non mostrano un legame diretto o evidente con l’evento cui sono collegate, e di frequente può trattarsi di foto d’archivio che possono essere risemantizzate simbolicamente in virtù dell’accostamento a titoli, articoli o altri particolari.
Tali immagini tendono a mitizzare il soggetto che mostrano, a conferirgli un elevato valore simbolico, a fare riferimento ad un repertorio storico della memoria dove i soggetti rappresentati, spesso persone, diventano simboli di significati più ampi, effetto prodotto spesso attraverso la reiterazione dell’immagine stessa.
Per esempio, la prima immagine che ritrae la povera Yara Gambirasio, accompagna un articolo che descrive gli sviluppi del processo di accusa al presunto colpevole, quindi teoricamente non avrebbe attinenza diretta con la notizia in sé. Tuttavia questa immagine ha la capacità di ravvivare la commozione che provocò questo fatto e la sua possibile reiterazione nel corso del tempo ha la capacità di produrne una risemantizzazione quale simbolo di questa categoria di eventi, da usare magari per stimolare un movimento di opinione che spinga per un inasprimento delle pene per certi reati.
La seconda foto invece ritrae il leader di Forza Italia in un atteggiamento quasi “regale” di saluto, un gesto che sembra rivolto ad una folla in tripudio, così come l’inquadratura dal basso del leggio, una sorta di sovrapposizione con il marchio del partito quasi a fondersi con esso, sono elementi di una sintassi semiotica non casuale.
Si realizza in tal modo la mitizzazione del personaggio che attraverso il suo legame con gli elementi simbolici del partito, ne diventa anch’esso elemento imprescindibile; il suo ritratto diventa marchio da utilizzare come simbolo.
Immagini documento
Le immagini documento invece hanno tipicamente valore di testimonianza, sono referenti degli eventi narrati, devono fornire l’evidenza dei fatti e pertanto i loro significati sono attinenti al contenuto cui sono collegate, in linea di massima senza ulteriori rimandi ad altri aspetti.
Questo tipo di immagini di norma non sono repertorizzabili perché riferite ad un evento specifico, tuttavia va sempre considerato che una foto è comunque l’assemblaggio di diversi elementi; queste composizioni, come può facilmente immaginare un appassionato di fotografia, possono risultare più o meno orientate a dare rilevanza a certi aspetti piuttosto che ad altri, di fatto modificando l’impatto sul lettore.
Negli esempi riportati, riferiti il primo al tragico incidente dei due aerei dell’Aeronautica Militare dove si mostra l’istante subito dopo l’impatto, il secondo che mostra le ferite del recente conflitto israelo-palestinese e gli ingenti danni che questo ha provocato, entrambe finalizzate a dare sostanza visiva a quanto i testi scritti descrivono.
Si tratta in questi casi di immagini difficilmente riproponibili a meno ché nel futuro non si debba tornare sull’argomento facendo leva su immagini già presenti nella memoria collettiva.
Immagini emozione
Le immagini emozione sono indirizzate soprattutto a stimolare la sfera emotiva del lettore mediante la rappresentazione di situazioni produttrici di un’elevata carica tensiva e che stimolino una forte impressione nel lettore.
Devono quindi suscitare sentimenti intensi perché cercano di andare oltre i fatti in sé per mostrarne gli effetti, per lasciare intuire le sofferenze, le tragedie, cercano di stimolare la coscienza collettiva andando oltre l’essenza del fatto.
Il loro legame con gli aspetti tensivi e passionali suscitati nel lettore, la drammaticità che richiamano, le arricchisce di una carica comunicativa e le fa diventare a volte icone delle rappresentazioni sociali del momento.
In linea di principio non sarebbero immagini repertorizzabili, anche se la loro intensità fa sì che possano farsi referenti simbolici di emozioni collettive che si intenda richiamare a distanza di tempo.
Le due drammatiche figure riportate incorporano ognuna una carica simbolica molto intensa: nella prima ad esempio il colore arancione della tunica indossata dalla vittima, colore reso tragicamente famoso già dall’ultima guerra in Iraq (2003) che preconizza le atroci sofferenze della vittima; nella seconda invece la disperazione e le sofferenze della gente mostrata nella foto che concorre ad attribuire ad una delle parti in conflitto, quella mostrata, il ruolo di vittima che subisce la prepotenza del più forte, stimolando in tal modo rimandi a mitografie molto potenti.
Immagini interpretazione
Le immagini interpretazione invece raffigurano qualcosa di riconoscibile che in genere non ha un’ evidenza informativa immediata e necessitano appunto di una decodificazione, richiedono la cooperazione interpretativa del lettore che tenderà ad attribuirle senso spesso a seconda il proprio orientamento valoriale.
Questo tipo di figure possiede una capacità di significazione che si produce mediante l’uso di artifizi retorici come l’allusione e l’ironia, portatrici di significati addizionali che, percepiti, non potranno essere oggetto di contestazione da parte di colui che ne è vittima, ma che tuttavia ne operano una svalorizzazione.
In queste immagini si affida al lettore l’interpretazione e la decodifica di significati non apertamente dichiarati, ma che possono essere dedotti sulla scorta delle sue enciclopedie di riferimento.
Vogliamo fare una prova? Bene, iniziamo dalla prima: per gli Euro da spendere in fumo, la forma della sigaretta non ricorda per caso quella di uno spinello? È possibile in tal modo inferire un velato riferimento ad una “certa” cultura attribuita alla sinistra?
Passiamo alla seconda: il premier sempre sorridente di fronte ai gravi problemi del paese, raffigurato mentre con le mani sembra minimizzare qualcosa, fa pensare niente? C’è da stare allegri nella situazione attuale? È quindi lui l’uomo adatto a raddrizzare la baracca o dalle immagini ne esce sottilmente svalorizzato?
Certo non si può escludere che questa lettura così come la decodifica operata da un qualunque lettore rientri nella sfera soggettiva, tuttavia siamo pur sempre in presenza di quegli effetti di senso sovra segmentali di cui abbiamo parlato all’inizio e che concorrono poi a formare una visione del mondo nel lettore modello, una costruzione che avviene anche per effetto della reiterazione di determinate figurativizzazioni.
Conclusioni
In conclusione, si possono fare due considerazioni: la prima è che in alcuni casi è assai difficile classificare rigorosamente un’immagine in una sola categoria perché ognuna di esse possiede caratterizzazioni che possono essere riconducibili anche ad altre; è sulla prevalenza di una di queste che conviene fare riferimento.
Ovviamente la tassonomia presentata ha il pregio di offrire uno schema che possa includere l’intera tipologia di immagini presenti nel testo giornalistico e che comunque non deve costituire una gabbia rigida nell’analisi di queste, bensì costituire un mezzo speditivo per interpretare lo spessore comunicativo a volte latente del quotidiano.
La seconda considerazione è che il modello descritto potrebbe sembrare per certi versi una categorizzazione assai scontata e non particolarmente ricca di indicazioni. In tal caso però è opportuno tenere presente che al di là del limitato numero di esempi presentati, questo modello può porsi come metodo oggettivo per disvelare le strategie comunicative che un giornale usa contribuendo a creare una determinata rappresentazione sociale, e sulla buona fede dei quali si fa una certa fatica a credere.
Mi riprometto di tornare sull’argomento oggettivando proprio certe linee di tendenza.
È con ciò auspicabile che maturi la consapevolezza che l’analisi dei media potrebbe essere condotta con obiettivi diversi rispetto alla semplice descrizione dell’agenda giornaliera di questi.
da Sergio Bernardini | Apr 14, 2014 | IMMAGINI E VISUAL STORYTELLING
Due case produttrici di automobili messe a confronto attraverso il tipo di immagini caricate su un social media in crescita; due differenti profili ed un modo diverso di fare narrazione del brand e dell’identità
Pinterest è un social media molto giovane che sta aumentando favore e diffusione e che in prospettiva possiede ampi margini di crescita grazie al fatto di basarsi su immagini che possono essere raggruppate in insiemi denominati “board” o bacheche. Questa caratteristica consente di conferire significati in chiave narrativa ad una sequenza di immagini ben definita, che vanno ben oltre la semplice rappresentazione visuale dei prodotti di un brand.
Nel settore automobilistico questo canale, almeno a livello ufficiale, è ancora scarsamente sfruttato perché la maggior parte delle case più note preferisce ancora affidarsi alle pagine facebook o alla piattaforma youtube. L’uso di Pinterest non costituisce un’ alternativa, bensì una sinergia ai SM suddetti perché ogni piattaforma ha le sue proprietà e Pinterest non sostituisce le funzioni di facebook e di youtube, semmai ne dilata la prospettiva comunicativa.
Al momento tra le case automobilistiche più note, ho rintracciato la presenza di due soli account ufficiali, quello di Renault e quello di Fiat. Poiché il mercato di riferimento delle due case presenta diverse similarità, il confronto può quindi essere ancor più interessante.
Non è possibile per ragioni di sintesi sviluppare un’analisi semiotica approfondita delle immagini, tuttavia una loro interpretazione in senso generale in rapporto con i temi proposti dai gestori degli account, costituisce già un buon indicatore delle strategie comunicative aziendali. E su queste invito a riflettere.
Renault gallery
L’account di Renault Italia si presenta con 17 bacheche e 2686 Pin (immagini), 293 mi piace, 941 follower, 347 following tanto per fornire qualche numero di riferimento. Quello di Fiat invece si presenta con 8 bacheche, 122 pin, 5 mi piace, 116 follower e 6 following. Non ho riferimenti in merito alla data di apertura degli account, tuttavia il divario di questi numeri depone a tutto favore della Renault, e questo lo vedremo meglio non soltanto giudicando i numeri ma anche la qualità delle tematizzazioni.
Delle 17 bacheche della Renault si può notare prima di tutto la numerosità delle immagini, perché più della metà dei “board” ospita ben oltre 150 “pin” che esprimono in modo estensivo il concetto della didascalia posta a corredo del titolo della bacheca. Sono spesso varie, non legate esclusivamente ad immagini delle auto, bensì sembrano rivolgersi ed al tempo stesso descrivere la “personalità” di un consumatore modello a cui parlano, a cui suggeriscono un’esperienza, contribuendo in tal modo a definire il “mondo possibile” della marca stessa. Di seguito riporto titoli e didascalie (in corsivo) oltre al numero di follower tra parentesi.
– DRIVE THE CHANGE: Drive the Change si fonda sull’ambizione di Renault di rendere l’innovazione tecnologica accessibile a tutti. Dedichiamo questa board a prodotti Hi Tech, e oggetti del futuro – (328) – una promessa mantenuta: hi tech e design in una molteplicità di forme.
– ZERO EMISSIONI: Zero Emissioni, energia rinnovabile, risparmio, efficienza e sostenibilità ambientale. L’impegno di Renault nello sviluppo di una mobilità urbana sostenibile è espresso in tutti i contenuti che diffondiamo in questo board – (326) – descrizione corretta, promessa mantenuta.
– DESIGN: Ispirazioni di Design: Renault cerca sempre il punto d’incontro tra il passato e il futuro di un prodotto, tra le sue cause e le sue conseguenze. In poche parole: prodotti capaci di parlare di se stessi! (333) – un omaggio agli appassionati di design, da vedere!
– SOUND OF SILENCE: Nel Silenzio spesso si trovano le risposte. Il Silenzio calma, rilassa, ci fà riconciliare con noi stessi, con la natura. Con Renault ZOE abbiamo realizzato un’auto 100% elettrica che rispetta il silenzio, e i luoghi in cui passa – (334) – tante stupende immagini della natura nella quale, accuratamente dosate, a volte compaiono le immagini di alcuni modelli della Renault.
– ROAD TRIP: La strada e la vostra auto sono i vostri compagni di viaggio. Dedichiamo questa Board alle ispirazioni che solo i viaggi on the road ci sanno dare. Siete pronti per il prossimo week end con Scénic XMod Cross? (347) – bella rappresentazione dell’idea di viaggio e ….l’auto Renault idealmente si congiunge: sapiente dosaggio dell’immagine del prodotto.
– RED ISPIRATION: Rosso come Nuova Clio: una bellezza sensuale disegnata per alimentare i desideri, scatenare le passioni e affermarsi – (349)- tutto vero, sagace uso delle immagini per suscitare l’idea di sensualità, passione, gusto, femminilità.
– RENAULT CLASSIC: Siamo con voi dal 1898. Le nostre auto hanno fatto i vostri ricordi e grazie a voi la nostra storia continua. Ricordiamo insieme Dauphine e Floride, Renault 4, R5, Clio, Twingo e le altre protagoniste della nostra storia – (379) – la storia Renault in varie forme, dalle competizioni, alla quotidianità, ai miti come la Renault 4.
– LOVE YOUR CAR: Tanti, consigli, dritte e suggerimenti per prenderti cura della tua automobile Renault! (310)- meno emozioni ma comunque ben fatta, ci può stare.
– MUSICA PER I MIEI VIAGGI: Sono tanti gli artisti che si sono cimentati con il fascino del viaggio: dai Deep Purple a Bob Dylan fino a Lucio Battisti. Vi proponiamo delle canzoni per rilassarvi on the road. Buon viaggio a bordo di Renault! (313) – arricchisce l’esperienza con i video linkati da youtube.
– LOSANGE: In geometria, un rombo (o losanga) è un quadrilatero che ha tutti i lati della stessa lunghezza, ma per Renault è molto più di una semplice forma geometrica: nel 1925 la losanga diventa il logo ufficiale di Renault!(312) – geometria del logo declinata in varie forme: complementare.
– COLOR BLOCK: Fucsia, giallo, turchese, rosso, blu: lasciati ispirare dai colori. Mix your style come Twingo o diffondi “The positive energy” come Twingo! (350) – protagonista il colore e poi …il prodotto: piace.
– SPORT E COMPETITION: Appassionati di vetture sportive Renault, questo board è per voi! Passione, entusiasmo, velocità, emozione e competizione sono gli ingredienti dello sport secondo Renault – (325) – la storia nelle competizioni in tutte le sue manifestazioni, dalla F1 alle sport turismo.
– COOL HUNTING: Il “Cool Hunting” è sinonimo di “ricerca di ispirazione” – Andare a caccia di alternative e innovazioni nel design, la tecnologia, lo stile, la cultura, lo street art. Pubblica su questo board le tue chicche da **Cool Hunter**! http://on.fb.me/XrJVkB. (655) – il “cool” secondo Renault e la Twizy …
– REALTÀ URBANE: Le realtà urbane, viste attraverso i vostri occhi per #360captur Iscriviti subito: http://concorso360captur.it. (309) – un’espressione del concetto dal punto di vista Renault: niente male.
– RENAULT PEOPLE: Un omaggio a tutti voi che avete scelto Renault come compagna di vita! (315) – tante Renault, ognuna con una persona diversa in cui riconoscersi: ecco l’omaggio a …”tutti voi”!
– RENAULT EVENTS: nessuna didascalia ma le immagini si riferiscono prevalentemente alla presentazione per il lancio della nuova Renault Clio dove compare frequentemente l’attore Luca Argentero ed altre celebrità del Jet-set;
– RENAULT MOTOR SHOW 2012: nessuna didascalia e una rassegna di foto del motor show che spesso riprendono figurativizzazioni già esposte nelle altre bacheche – (315).
Un’efficace espressione del mondo Renault narrato attraverso le immagini che abilmente sono state organizzate intorno a dei temi. E su questi temi si costruisce un dialogo indirizzato al cliente modello perché attraverso le immagini si tenta di rispecchiarne la personalità e suggerirne i contorni dell’esperienza. In sintesi quindi una strategia di marketing esperienziale ben congegnata e che si pone l’obiettivo di iniziare già a partire dal linguaggio delle immagini.
Le bacheche di Fiat
Le 8 bacheche della Fiat invece sono molto più povere di immagini, solo una bacheca raggiunge 73 pins, quattro di esse ne ospitano addirittura meno di 5, le altre sono intorno alle 20; nessuna di esse riporta una didascalia che contribuisca per certi versi ad indirizzarne una chiave di lettura. Di seguito troviamo:
– eventi Fiat spa (110): una sequenza di foto celebrazione degli Elkann e di Marchionne in alcune occasioni tipiche delle P.R.;
– Fiat spa (106): alcune immagini delle fabbriche o dei logo del gruppo, ancora Marchionne ma…
– Sergio Marchionne (105): la copertina di Time, la reiterazione nelle didascalie delle immagini del ruolo di CEO in Chrysler …
– Inspirational (102): 2 pin, uno recita “without passion life is nothing” e poi?
– Fiat space (109): il video di un disabile che fa sport estremi;
– Welfare & soustainability (102): asili nido e campi estivi Fiat per bambini;
– Fiat’s of the world (154): 5 immagini della 500, di ieri e di oggi, finalmente qualcosa!
– Expo 2015 / Fiat. (946): Fiat – Chrysler Group is Expo2015 Sustainable Mobility Partner | Il Gruppo Fiat – Chrysler è Sustainable Mobility Partner di Expo2015: tante immagini della 500 L (personalmente è una vettura che non mi piace, il cui concetto di prodotto non si lega al nome e che per questo rischia di contaminare la buonissima operazione di marketing che ha segnato il rilancio della nuova 500!).
Con il materiale visivo ora presente nell’account, dire che all’interno di queste bacheche sia presente una narrazione è un po’ un iperbole, o meglio è possibile anche rintracciare una lettura in chiave narrativa perché c’è una marcata presenza di immagini di VIP del gruppo Fiat, al punto che una intera bacheca è dedicata alle immagini del suo Amministratore Delegato!!!
A dire il vero, mi sfugge il senso di quella che sembra una parodia del culto della personalità, perché credo che un visitatore di queste pagine si aspetti di vedere immagini legate al mondo dell’auto o della Fiat stessa, magari potrebbe essere interessato alle rievocazioni della sua storia (la pubblicità del lancio della 500 non ispira nulla?), dei suoi miti, dei suoi successi sportivi, e ce ne sono stati, o magari dei suoi modelli, mentre forse, almeno in questa piattaforma, potrebbe avere minor interesse alla celebrazione della sua leadership perché Pinterest non è lo strumento integrativo di un’assemblea di bilancio.
Certo è che non si può sottacere ad una certa povertà di contenuti, a prescindere dal tempo di apertura dell’account, perché un’ azienda di queste dimensioni non può permettersi di essere presente su una piattaforma social, o comunque in qualsiasi altro media, con contenuti inadeguati.
Invito peraltro il lettore a vedersi le bacheche di cui parlo per rendersi conto di un confronto che in tal senso appare ….impietoso.
D’altronde non è più una novità che per una gestione efficace del brand, le piattaforme di social media abbiano acquisito un’importanza sempre maggiore rispetto agli altri canali mediali, e che tale processo risulta tanto più efficace quando passa per una piacevole ed efficace narrazione o “storytelling” che dir si voglia.
Ebbene lo storytelling di Fiat ci dice più o meno che i suoi interessi sono rivolti all’America (all’”american customer”!?!), un po’ meno al suo pubblico di sempre qui in Italia dove ancora oggi riesce ad ottenere una quota più che rilevante delle sue vendite. E poiché tali apparenze in linea di massima si riscontrano anche su altre piattaforme, forse porsi qualche interrogativo da parte dell’azienda non sarebbe male. Sarà una strategia vincente? E il suo pubblico come risponderà? Lo vedremo in futuro.
da Sergio Bernardini | Ago 6, 2013 | IMMAGINI E VISUAL STORYTELLING
Questa analisi mira a far emergere le narrazioni che si celano all’ interno delle immagini contenute nei quotidiani di un paese che sta vivendo un particolare momento di crescita. Un modo alternativo di analizzare i media applicato anche in una prospettiva interculturale, per captare aspirazioni e passioni del pubblico attraverso la ricerca di significati reconditi contenuti nelle immagini.
Quando le immagini ci parlano di altro
Nella varietà di tematizzazioni1 pubblicate dai media è possibile rintracciare nelle immagini una “messa in discorso” di significanti che, in alcuni casi, si dimostrano essere come cartine al tornasole delle passioni e delle emozioni del pubblico a cui parlano.
Le immagini posseggono grande efficacia comunicativa perché dispongono di un potere di veridizione superiore rispetto alle parole che per loro natura la “verità” possono invece soltanto “suggerirla”.A tal proposito è opportuno citare R. Barthes quanto asseriva che l’effetto di senso della fotografia è spesso il frutto di precise strategie semiotiche, e la sua messa in forma dà un’illusione di realtà che sarà più o meno intensa a seconda il tipo di fotografia, la didascalia che l’accompagna o il testo verbale a cui si riferisce.
In ogni caso attraverso le immagini è possibile ricostruire una rappresentazione delle istanze e degli umori del momento di una collettività, attraverso la lettura degli effetti di senso “sovra segmentali” che mostrano aspetti e temi del discorso sociale in atto, e come tali rappresentano la figurativizzazione operata dai media, il codice di accesso alle narrazioni sociali del momento.
Le immagini infatti derivano la loro forza dal fatto di essere situate, ovvero calate nella realtà, costituite da figure del mondo riconosciute, rappresentazione della quotidianità, simboli di passioni e tensioni collettive.
La verifica empirica di quanto sopra detto, è stata operata attraverso l’analisi dei quotidiani del Kosovo, quindi in presenza di un panorama circostanziale differente, costituito da storie, rapporti sociali, sviluppo economico e pratiche sociali diverse, prescindendo in linea di massima dai testi cui erano associate.
Restringendo quindi l’analisi solo sulle immagini ha permesso di disvelarne una più intensa capacità di significazione, verificando tutto ciò che emergeva attraverso la ricerca di un numero di ripetizioni in grado di confermare l’esistenza di tendenze abbastanza evidenti, quindi non frutto di casualità.
Lo sfondo circostanziale
La ricerca è stata condotta su un ampio numero di quotidiani pubblicati in Kosovo nel periodo riferito alla primavera-estate del 2009.
Rammentando in estrema sintesi i fatti, anche drammatici, che hanno avuto luogo di recente in quel territorio, va ricordato che il Kosovo era una regione amministrata dalla Serbia in prevalenza popolata da etnia albanese; verso la fine degli anni ’80 iniziò un periodo travagliato segnato da rivendicazioni etniche e istanze secessionistiche le cui cause furono originate da problemi economici e discriminazioni che si scontravano con la struttura demografica del territorio.
Gli episodi di violenza che ne seguirono condussero ad una situazione di guerra civile che richiese l’intervento della NATO nel 1999 per fermarne le atrocità e i crimini umanitari che coinvolgevano le due etnie.
Dopo tale intervento si è verificato il progressivo costituirsi di una identità nazionale da parte dell’etnia albanese, che pur attraverso il riconoscimento di una semplice autonomia amministrativa, ha iniziato a manifestare le espressioni di una cultura condivisa che sente un suo preciso percorso storico e politico.
È curioso notare come, sin dall’inizio delle istanze secessionistiche, cominciarono a nascere le infrastrutture di produzione dell’informazione come giornali, emittenti televisive e radiofoniche.
Infatti nel breve volgere di dieci anni, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, in un territorio grande come le Marche e con una popolazione di poco più di due milioni di abitanti, sono nate ben otto testate giornalistiche in lingua albanese, segno evidente di come sia esistito un legame tra un’ identità nascente, le istanze di una società civile e un sistema dei media su cui questa aveva bisogno di raccontarsi. Si è di fronte ad una conferma empirica di come un’identità culturale abbia bisogno del “proprio” sistema di media per potersi manifestare ed auto descrivere.
Quanto emergeva dai giornali è stato confrontato con quanto scaturiva dall’osservazione dell’ambiente circostante e delle pratiche quotidiane, il confronto delle semiotiche emergenti in diversi sistemi, i dialoghi avuti con persone del luogo, il confronto e l’analisi dei dati rilevati dalle ricerche sociali effettuate sia dalla Index kosova (società di ricerche di mercato affiliata alla Gallupp), sia da UNDP (agenzia che cura le ricerche per conto delle Nazioni Unite).
Da questa analisi possiamo derivare una categorizzazione di alcune tendenze emerse che è possibile definire come: le aspettative dalla politica, la mitografia del denaro, i simbolismi della modernità, l’attrazione per il gossip, la pubblicità come termometro dei desideri.
Soltanto alcune tra le immagini selezionate, quelle ritenute più significative a mostrare gli aspetti fin qui descritti sono postate, ed in questo si chiede un atto di fede al lettore perché non era ovviamente possibile riprodurre per intero tutto il materiale esaminato in questa sede.
Le aspettative dalla politica
Anche se la prassi di pubblicare immagini che riproducono politici e personaggi di spicco della scena pubblica è assai frequente un po’ ovunque, questa tendenza appariva marcatamente nelle pagine dei quotidiani kosovari, ma era soprattutto la “sintassi” delle immagini che destava interesse per via della differenza che si poteva notare per esempio nel confronto con i giornali italiani.
Questa categoria di immagini infatti si indirizza spesso a riprodurre il solo volto, una sorta di mitizzazione del personaggio o del ruolo, mentre invece nei quotidiani kosovari i protagonisti della scena pubblica venivano mostrati “all’opera”, esattamente nei luoghi e nei contesti dove si vuole e si suppone che debbano poter dare una risposta ai bisogni della gente.
Numerose infatti le immagini che mostravano i personaggi ripresi nei loro contesti di “produzione”, impegnati in una riunione di vertice, mentre tengono comizi, durante incontri e trattative, in sedi istituzionali, dove quindi possano concretizzare la sostanza del loro compito.
Inoltre c’era una marcata tendenza a riprodurre la gestualità delle mani, una sorta di messaggio non verbale sintatticamente aggiunto ai soggetti delle immagini. E sono mani che spesso evidenziano le movenze del “dare forma” a qualcosa, a plasmare i fatti, come se la loro rappresentazione certifichi la modalità del “fare” come configurazione narrativa di base.
Anche volendo ricorrere ad un certo scetticismo nella lettura di questi significati, ipotizzando rappresentazioni3 viziate in un rapporto di complicità tra l’ establishment di potere e i produttori di informazione, poiché ogni testata cerca nei suoi contenuti di soddisfare il proprio lettore modello, ne avremmo pertanto la medesima lettura di possibili significati.
Nondimeno la potenziale scarsità di materiali fotografici a volte confessata, non dovrebbe indurre a peccare di supponenza nel credere che non ci sia da parte degli operatori locali una sufficiente capacità che consentirebbe loro di acquisire una serie di scatti, nonché di disporre di un minimo di immagini di repertorio che permetterebbero di fare scelte adeguate allo scopo.
Se quindi l’editore utilizza con frequenza immagini contenenti certi codici visivi, questo significa che le ritiene efficaci, ma lo saranno soltanto a condizione di essere situate, di rappresentare la discorsività sociale, i significati a cui il pubblico si dimostra sensibile. Nel caso appena illustrato lo sfondo circostanziale da cui parte l’informazione è proprio quello di una collettività animata da una tensione forte che mira a riempire il ritardo nello sviluppo rispetto ad un mondo occidentale da tempo osservato attraverso le immagini provenienti dalla televisione, un mondo che le si è proposto attraverso linguaggi visivi che questa gente cerca spesso di riprodurre pur mediandoli con i propri sistemi di significazione.
La politica si pone in tal modo come il principale attore in grado di completare un processo storico che assecondi le istanze identitarie, che favorisca le condizioni per avviare un processo di sviluppo economico, che avvicini questo popolo a quei paradisi di benessere a lungo osservati, ma è una politica che deve “fare” attraverso le proprie mani, che deve lavorare, che non può sedersi sul trono della propria autoreferenzialità; il politico è importante se fa, non solo per il ruolo che ricopre.
La mitografia del denaro
Le immagini di banconote erano un altro soggetto assai frequente in quel periodo di tempo, pur con una sintassi di composizione dell’immagine aperta a varie sfumature. Potevano essere osservate immagini dei soli soldi, banconote appese a dei fili come se fossero fresche di stampa (opera di falsari!), banconote ripiegate che passano da una mano all’altra con un fare vagamente furtivo, mani che contano un mazzetto di banconote utilizzando l’impugnatura tipica dell’impiegato di banca.
Rappresentazioni diverse quindi che costituiscono una sorta di mitizzazione del denaro, e frequentemente lo uniscono con la parte del corpo che forse più delle altre rappresenta il pragmatismo del fare, ovvero le mani.
Un abbinamento che esprime significati forti in merito alle motivazioni collettive del momento, il desiderio di questo popolo di crescere, di accumulare quel denaro che, solo, garantisce benessere e gli agognati stili di vita occidentali.
Gli articoli con raffigurazioni del denaro trattavano di temi relativi alla corruzione, al lavoro, all’economia e alle misure politiche, e tutto questo conferma quanto questa iconografia sia presente nei pensieri della gente e animi le ansie e il desiderio di arrivare.
Nei casi (poco frequenti) in cui era possibile fare una comparazione con i quotidiani nazionali, era possibile anche osservare il diverso modo di rappresentare le banconote rispetto ad un quotidiano kosovaro; nei primi il denaro veniva rappresentato senza altri elementi (era il 2009; la recente crisi ha cambiato le cose anche nei nostri giornali!), icona autoreferenziale ove il denaro è fine esistenziale del potere e di referenti immateriali.
Nei secondi, in una collettività fortemente orientata allo sviluppo, la mitizzazione viene raffigurata dalla manipolazione del denaro, dalla relazione con le mani che simboleggiano la capacità di magnificarne la potenza, la sua proprietà di essere strumento per arrivare ad altri mezzi materiali.
Il simbolismo della modernità
Altra categoria di immagini che compare frequentemente nelle pagine dei giornali kosovari sono le raffigurazioni di edifici moderni, i grattacieli con ampie superfici vetrate, quelli che tanto ricordano le city americane stile Manhattan.
La prerogativa di questo stile, osservabile peraltro in numerosissime realtà di nazioni e culture diverse, è l’essere diventato simbolo della modernità, dello sviluppo economico, in un riproporre indefinitamente icone dell’immaginario collettivo, referenti globalizzate del progresso, della tecnologia e dello sviluppo economico.
Queste immagini poi sono di frequente caratterizzate da inquadrature che vanno dal basso verso l’alto, oppure con campi panoramici e prospettici di profondità, una semiotica che sembra rappresentare le aspirazioni per il futuro, il voler volgere lo sguardo all’orizzonte, il voler crescere, un ulteriore segnale di uno stato d’animo collettivo che mostra attraverso le immagini di “guardare lontano”.
Anche nella realtà si poteva notare una vivace attività edilizia per abitazioni civili, immobili commerciali, ma anche infrastrutture viarie, e questo pur in presenza di livelli di ricchezza non elevati. Anche in questo caso si potevano osservare negli stili architettonici adottati delle semiotiche visive portatrici di messaggi coerenti rispetto alla significazione sociale complessiva in linea con quanto appena detto, tassello di un mosaico che descrive i processi sociali e culturali in atto nel paese.
Quindi la modernità delle costruzioni si propone come valore testimoniale dello sviluppo, riflette le aspirazioni di emulare, di raggiungere quel mondo occidentale agognato di cui si tenta di riprodurre un po’ tutto, anche certi modelli architettonici ormai superati dal post-modernismo.
L’attrazione per il Gossip
Una categoria di immagini che per certi aspetti ha destato sorpresa e che costituiva un palese elemento di differenza tra i quotidiani nazionali e quelli kosovari, era la presenza in ogni testata, di un corposo inserto che trattava notizie di gossip e informazioni sul mondo dei “vip”, usando abbondantemente immagini in cui il corpo femminile delle protagoniste viene mostrato in tutta la sua avvenenza.
Nel nostro paese il gossip non è certo trascurato, anzi esistono diverse riviste che trattano solo di questo, viceversa non molto compare sui quotidiani di informazione, e su questi le immagini sono di norma assai “misurate”. Certamente quattro o più pagine di notizie legate al gossip e allo spettacolo, e l’ostentazione di gambe tornite e decolté prorompenti, a stento contenuti in gonne cortissime e scollature audaci oltre a pose da copertina patinata, sono elementi di tangibile differenziazione.
Il fatto che si indugi nella rappresentazione di un mondo che in fondo non appartiene a questa gente, che non vive il loro territorio, che probabilmente avranno osservato soltanto attraverso gli schermi televisivi può portare ad una duplice lettura perché su questo aspetto non si disponeva ancora di dati certi.
La prima lettura possibile era che la conoscenza degli argomenti di gossip implicasse un po’ il sentirsi parte di questo mondo, di essere dentro un tempo e un ambiente dal quale non si vuole assolutamente rimanere fuori, per certi aspetti diventava espressione di modernità; la seconda lettura possibile poteva significare che il giornale era uno strumento ancora fortemente “maschile”, per cui la sua “costruzione” particolare rifletteva semplicemente il desiderio di compiacere il lettore.
Parlando con la gente del posto per capire le loro aspettative, sembrerebbe che dai giornali essi volessero qualcosa di diverso rispetto al panorama informativo offerto dalle televisioni. Mentre infatti su quest’ultime, i telegiornali sembravano essere caratterizzati da un agenda abbastanza essenziale e ridotta, concentrata sui maggiori problemi sociali, sull’essenza delle cose che contano veramente, quindi la politica in primis, lo sviluppo economico e la crescita, con poche concessioni ai fatti di cronaca, nei giornali sembrava che il panorama discorsivo fosse assai più vasto.
Questi infatti, pur considerando i limitati mezzi disponibili, oltre ai consueti spazi dedicati agli argomenti principali, ospitavano temi inerenti la cultura, la storia, il già citato gossip, lo sport, e qualche volta trovavano posto persino i giochi enigmistici, offrendo in tal modo anche uno spazio ludico.
Una ulteriore differenza che si poteva rilevare era come la diversa “anzianità” dei quotidiani locali rispetto a quelli di casa nostra, implicasse delle differenze osservabili nei format editoriali.
In Italia infatti i quotidiani hanno spesso una lunga storia, a volte superano il secolo di vita, per cui nel loro DNA è contenuto il rispetto di un certo rigore giornalistico, una certa austerità formale che deve essere conservata, pena il rischio di perdere la propria identità.
In quel mondo invece, i giornali hanno pochi anni di vita e sono nati nella cosiddetta “società dell’immagine”, per cui sono facilmente inclini ad usare di più le illustrazioni come strumento comunicativo, non devono aderire a nessuna vetusta tradizione, per cui sono in un certo modo più liberi di spaziare al di fuori degli schemi.
La pubblicità come termometro dei desideri
In sintesi la pubblicità, come discorso sociale, ha una vocazione spiccatamente pragmatica che è quella di promuovere la vendita di un prodotto, pertanto dovrà necessariamente cercare di capire, interpretare e farsi capire dal suo pubblico, sicché i linguaggi e i codici utilizzati devono essere tarati proprio sulle “enciclopedie” di conoscenze di quest’ultimo se si vogliono avere possibilità di successo.
Detto ciò, tra gli inserti pubblicitari più frequenti c’erano gli annunci relativi alla vendita di computer e di prodotti di informatica e con una certa frequenza anche la vendita di televisori ed altri elettrodomestici, prodotti invece scarsamente presenti nei giornali italiani.
Si trattava di pubblicità essenziali costituite dalle immagini dei prodotti offerti, in alcuni casi completate dalle caratteristiche tecniche con ben evidente il prezzo di promozione.
Altra pubblicità abbastanza frequente riguardava la vendita di immobili e gli spazi normalmente contenevano immagini relative ai fabbricati visti dall’esterno, mentre raramente si mostravano le rappresentazioni degli interni.
Anche in questo caso messaggi senza particolare enfasi che informano sulla possibilità di acquistare nuovi appartamenti in fabbricati dalle forme architettoniche di una modernità ormai superata nel nostro paese, e che confermano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, i canoni di significazione che il concetto di nuove costruzioni ha in questo territorio.
Ancora molto frequenti gli inserti pubblicitari per la telefonia, in prevalenza quella mobile rispetto a quella fissa.
Nella telefonia tuttavia la pubblicità metteva in atto delle strategie discorsive diverse, non si limitava più a descrivere la sostanza, la prestazione del prodotto o servizio, ma attraverso l’uso della bellezza di volti femminili, di fatto proponeva una dimensione esistenziale della comunicazione che in sostanza descriveva “non il prodotto ma il suo alone”.
In questo caso una differenza netta, una tipologia comunicativa utilizzata non molto di frequente in un paese che, dovendo sintetizzarne una tendenza, tendeva a proporre valorizzazioni di tipo sostanziale o critico.
È da sottolineare pertanto come le tecnologie che sviluppino la possibilità di comunicare godessero di particolare enfasi e quanto, più di altre cose, potevano incidere profondamente sulla semantica collettiva del paese.
Presente come poteva essere prevedibile la pubblicità di automobili, che costituivano in questo frangente figura immancabile, ancora fortemente simbolo di status, in un paese che stava avviandosi verso una fase di modernizzazione del parco auto circolante. Infine pur con una frequenza minore, pubblicità che riguardavano
le Università e fatto sorprendente la pubblicità per trapianti di capelli.
Che valore dare alla presenza di inserti di questi due ultimi settori? Intanto sono indicatori di una certa importanza di come il paese stesse iniziando a muovere i suoi primi passi nel consolidare il proprio processo di crescita, testimoniati dall’apparire del presupposto di una formazione alta come strumento per lo sviluppo dei giovani, e conseguentemente come prospettiva per il futuro.
Per i trapianti invece, bruciando forse i tempi e pur con molta strada ancora da fare, iniziano già a farsi strada nei processi sociali quelle istanze che indirizzate a fattori estetici, testimoniano come questo aspetto inizi a conquistare i suoi spazi di rilevanza, come l’estetica inizi ad entrare nelle pratiche sociali, come l’emancipazione guidi al progressivo aumento, nella pubblicità come nella quotidianità, della scoperta di valorizzazioni ludiche ed esistenziali.
Una comparazione con i giornali nazionali? Orologi preziosi, alta moda, prodotti editoriali, turismo ed eventi, arredamento e design, università, medicinali e integratori ed infine immancabili le auto.
In conclusione, in questa breve analisi delle pubblicità, emergevano maggiormente messaggi improntati alla dimensione informativa, a testimoniare il valore attribuito alla sostanza delle cose, come il prezzo o le caratteristiche tecniche, indizio di una maturazione ancora in divenire, anche se i segnali della rapidità con cui certe realtà bruciano le tappe dello sviluppo emergevano già con le avanguardie di aspetti ludici ed esistenziali degli oggetti pubblicizzati come nel caso della telefonia o dei trapianti, segnalando la comparsa precoce di un edonismo collettivo.
Conclusioni
Pur nella brevità e sinteticità di questa analisi, una verifica empirica ci conferma il ruolo dei media come descrittori delle istanze sociali e come protagonisti della narrazione collettiva, della sempre maggiore rilevanza della società dell’immagine in tutte le sue manifestazioni. Infine ultimo ma non meno importante la validità del modello delle valorizzazioni discorsive e sociali a suo tempo proposto da J.M. Floch ed efficacemente ripreso ed ampliato da G. Marrone nel testo citato Corpi sociali.
1 Questo lavoro usa terminologie tipiche della semiotica; nel testo che segue tali termini verranno contraddistinti con il corsivo. Per un eccellente compendio bibliografico di tali termini, si veda Manuale di semiotica, U. Volli – Ed. Laterza 2004.
2 Marrone Gianfranco, Corpi Sociali – Ed. Einaudi, 2001
3 Il termine rappresentazioni è di sovente utilizzato facendo riferimento alla efficace descrizione del concetto contenuta nel libro “Le rappresentazioni sociali” di Serge Moscovici – ed. il Mulino 2005
4 Marrone Gianfranco, Corpi Sociali – Ed. Einaudi, 2001
5 Marrone Gianfranco, Corpi Sociali – Ed. Einaudi, 2001