Dalla fotografia di una giornata tutto sommato “tranquilla” qualche indicazione interessante: non è la politica il tema più utilizzato dalle pagine Facebook delle testate giornalistiche più seguite, ma tipologia di interazioni e tenore dei commenti quali effetti possono generare nell’ agenda dei media?
Navigando su Facebook tra il mio feed ed altre pagine, soffermandomi qua e là a leggere i commenti di gente che spesso non conosco nemmeno, mi è capitato più di una volta di interrogarmi sulla reale portata sociale di questo genere di conversazioni.
Mi domando quanto siano radicate certe convinzioni espresse ed in che misura siano ispirate dalle pagine dei giornali e modellate dal tono dei commenti dei partecipanti alla conversazione.
Nel libro Corpi sociali (G. Marrone – Einaudi, 2001) l’autore analizzando i discorsi sociali, contemplava alcune categorie discorsive quali il discorso pubblicitario, il discorso giornalistico ed il discorso politico come fonti prevalenti nell’ alimentare il più generale concetto di opinione pubblica di una società.
Ritornando ai commenti su Facebook in particolare, ho avuto l’impressione che queste categorie siano divenute insufficienti perché l’avvento dei social media e di Facebook in particolare, rendono necessario definire i contorni di una nuova categoria, quella del “discorso virtuale”.
Probabilmente qualcuno prima e meglio di me avrà già elaborato il concetto di discorso virtuale, sul quale tuttavia mi sento di aggiungere le mie considerazioni.
Ritengo di una certa importanza comprendere più in profondità gli effetti emergenti di questa tipologia di conversazioni che, fino a 5 o 6 anni fa sembrava spazio ludico e semiserio dei pionieri delle piattaforme social, mentre oggi invece sembra contagiare e coinvolgere una fascia sempre più ampia di popolazione di tutte le età.
L’attitudine a commentare soprattutto sui temi sociali più dibattuti non sembra più prerogativa di una sparuta minoranza di avanguardisti, ma coinvolge un numero sempre più grande di persone che prova a diffondere la propria opinione, che è disposto a scendere sul terreno degli insulti per difenderla, che tenta di esercitare più o meno consapevolmente una qualche influenza sulla propria cerchia di contatti.
Intanto è importante distinguere tra lo spazio privato di ciascuno di noi, costituito da aspetti ludici o grotteschi che interessano solo una ristretta cerchia di amici, dal discorso virtuale di cui fanno parte contenuti riferiti ad aspetti e temi di natura sociale di più ampia portata, ove si delineano tendenze, si commentano fatti di rilevanza pubblica, si esprimono opinioni o giudizi avvalorati da tesi e conoscenze (spesso tutte da verificare!) e che implicano forti rapporti di intertestualità tra diversi temi.
A volte il confine tra queste due categorie è abbastanza labile: basti pensare ad esempio agli episodi di cyber-bullismo che si sviluppano nelle cerchie ristrette di amici e che travalicano questi confini quando provocano conseguenze anche tragiche, perché se entrano nel racconto dei media entrano a far parte dei discorsi virtuali dell’opinione pubblica della rete.
I media, o per stare al lessico sociologico, il discorso giornalistico proietta sulle piattaforme social le “esche” per lo sviluppo dei discorsi virtuali che si sviluppano in due modi:
– i commenti fatti direttamente a margine del post nella pagina dai vari “followers” che ospitano conversazioni estese tra persone che non si conoscono;
– la condivisione del post-notizia nel proprio profilo commentandolo, pratica che fa nascere spesso accese conversazioni nei gruppi (relativamente ristretti) di amici.
Tali conversazioni sono caratterizzate da una rilevante intertestualità che rivela le idee comuni e la risonanza che viene attribuita a certe tematizzazioni in un dato momento.
La rilevanza del fenomeno sta nel fatto che le dimensioni di queste conversazioni (a volte di diverse migliaia di commenti!) producono modificazioni nel discorso giornalistico, nel discorso politico ed anche nella formazione dell’opinione pubblica in generale.
Le modificazioni del discorso giornalistico si originano perché il feed-back diretto e tangibile del pubblico ad una certo articolo, rinforza il fenomeno della circolarità dei media, inducendo questi ultimi a pubblicare e dare rilevanza alle notizie più dibattute nonché ad adottare toni e linguaggi consoni al tipo di interazioni.
Di fatto quindi numerosità e portata delle interazioni non proietta la sua influenza soltanto sull’ agenda setting (la scelta degli argomenti proposta dai media) ma anche sul framing (la messa in forma degli argomenti stessi), facendo sì che ogni testata tenderà sempre più a modellare la “forma” della sua informazione a seconda il tipo di lettore-commentatore che frequenta le sue pagine.
Altro effetto indotto da questi fattori è che mentre nel passato l’informazione veniva “mediata” dagli organi di informazione su una linea che ponderava le opposte visioni dei lettori (anche da questo la denominazione di media), ora è verosimile che si diffonda una maggiore inclinazione a radicalizzarsi sulle posizioni e gli umori del proprio pubblico-commentatore.
Ovviamente sono in ballo fattori di natura economica molto importanti legati agli introiti pubblicitari in rete che si saldano con quanto detto sopra e che rinforzano certe tendenze, ma questo rientra in altro discorso.
Conseguentemente queste evidenze sono facilmente accessibili anche al mondo politico il quale ovviamente tenderà a modificare la sua agenda politica o quantomeno ad adeguare la “messa in discorso” dei vari temi nel modo ritenuto più efficace per stimolare le reazioni del proprio pubblico.
L’ effetto prevedibile nell’opinione pubblica e che in parte è già stato possibile osservare in diverse situazioni, è la tendenza a frammentarsi in gruppi più o meno ampi di persone che attraverso la condivisione e le conversazioni in rete, trovano conferme e rinforzo ai loro punti di vista, finendo per radicalizzare le proprie posizioni e convinzioni.
Diffidenza nelle fonti ufficiali, complottismo e anti-politica sono soltanto alcuni tra i trend sociali più diffusi che si intrecciano con il fenomeno diffuso delle fake-news e del clickbaiting in un magma in cui diventa sempre più difficile distinguere tra informazione e disinformazione.
Gli “informati” della rete – qualche statistica
L’abitudine ad informarsi in rete per mezzo delle testate on-line ed i social media è pratica sempre più diffusa che non riguarda più una percentuale ridotta di persone, anzi le statistiche parlano di un fenomeno in crescente aumento in tutte le fasce della popolazione.
Le statistiche dicono che nel 2016 il numero di persone che si sono connesse a internet è cresciuto del 4% rispetto all’anno precedente (39.21 milioni di persone), mentre l’aumento di quelle che usano i social media è dell’11%; aumentano del 17% invece le persone che accedono a piattaforme social da dispositivi mobile per un totale di 28 milioni, che corrisponde a una penetrazione del 47% (fonte: wearesocial.com/digital-in-2017-in-italia-e-nel-mondo).
Misurati in aumento anche gli utenti mensili di «current events & global news», che al lordo delle duplicazioni sono stati misurati in 20.55 milioni (dato maggio 2017), oltre 1,3 milioni in più rispetto ad Aprile che significa un +6.9%, la variazione maggiore fra tutte le categorie (fonte: www.datamediahub.it/report-su-quotidiani-italiani-social/).
Secondo il 14° rapporto Censis (fonte: www.primaonline.it/in-italia-il-60-delle-persone-segue-i-tg-per-informarsi-ma-tra-i-piu-giovani-cresce-il-peso-di-facebook/) invece i telegiornali sono usati abitualmente per informarsi dal 60,6% degli italiani, ma solo dal 53,9% dei giovani.
La seconda fonte d’informazione è Facebook con il 35%, ma nel caso degli under 30 il social network sale al 48,8%; stando ai dati, tra i mezzi utilizzati dai giovani per informarsi seguono i motori di ricerca su internet come Google (25,7%) e YouTube (20,7%).
Le persone più istruite, diplomate o laureate, restano affezionate ai tg generalisti (62,1%), ai giornali radio (25,3%) e alle tv all news (23,7%), anche se tuttavia danno comunque molta importanza a Facebook (41,1%).
I quotidiani vengono al sesto posto nella classifica generale: li usa regolarmente per informarsi solo il 14,2% della popolazione, il 15,1% delle persone più istruite, ma solo il 5,6% dei giovani.
Sempre secondo tale analisi a più della metà degli utenti di internet è capitato di dare credito a fake news circolate in rete: è successo spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%.
La percentuale scende di poco tra le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i giovani under 30, che dichiarano di aver creduto spesso alle bufale in rete nel 12,3% dei casi.
Fa pensare comunque che mentre i tre quarti degli italiani (77,8%) soprattutto tra diplomati e laureati (80,8%) ritengono le fake news un fenomeno pericoloso e pensano che le bufale sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e per favorire il populismo (69,4%), sembra invece che i giovani diano meno peso a queste valutazioni: il 44,6% ritiene che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso potere.
Infine per quanto riguarda i social media, la piattaforma che nello specifico ha un ruolo predominante per la possibilità di sviluppare conversazioni è Facebook, la quale a dicembre 2016 ha raggiunto 29 milioni di utenti attivi al mese, con un’audience di 24,6 milioni/giorno (fonte:http://vincos.it/social-media-in-italia-analisi-dei-flussi-di-utilizzo-del-2016/).
Quindi Facebook non è solo il luogo più affollato della rete, ma anche quello dove si trascorre più tempo con una media di 14 ore e 9 minuti/mese per persona; il 74% degli italiani che usa Facebook lo fa ogni giorno (contro una media globale del 55%).
Chiudo questa breve rassegna di dati riportando che, secondo Data Media Hub, la testata di Libero orientandosi su “gossip” e click baiting intercetta il 23,5% del proprio traffico on-line proprio da Facebook.
Sono dati in costante aumento e che nel momento in cui scrivo saranno già superati da nuovi record, numeri che danno la dimensione di un fenomeno importante, dove la percentuale di persone che vuole non solo informarsi, ma anche esprimere e diffondere il proprio punto di vista è in crescente aumento.
Per questo motivo interrogarsi sulla qualità di ciò che gli organi di informazione postano su Facebook è sicuramente importante così come comprendere gli atteggiamenti dei follower, aspetti che sia pure limitatamente, data la portata del fenomeno, affronto in questo post.
Ulteriori ricerche a più ampio spettro potrebbero esplorare più in profondità le tendenze emergenti e non escludo di ritornare sull’argomento in seguito.
Che cosa viene commentato
L’analisi è stata realizzata sul materiale pubblicato il giorno 19 settembre dalle ore 07.00 alle ore 20.00 sulle pagine Facebook di alcune tra le testate giornalistiche che hanno il maggior numero di followers (dato di settembre 2017 fonte: https://www.socialbakers.com/): la Repubblica (3. 435.022), Direttanews.it (2.957.609), Corriere della sera (2.456.342), il Fatto Quotidiano (2.154.297), Tgcom24 (1.847.054).
Pur non disponendo dei dati di visualizzazione delle varie pagine considerate, sappiamo che l’algoritmo di Facebook distribuisce i contenuti solo ad una parte dei followers (recenti aggiornamenti dicono che l’orientamento sia quello di ridimensionare nei feed il peso delle news a vantaggio di contenuti che suscitano interazione).
Pertanto si può supporre che ogni post-notizia sia distribuito ad una percentuale di followers che oscilla intorno al 10-15% con punte fino al 20% e che di questi una parte non consulti il proprio feed quotidianamente o che non lo esplori nella sua completezza, tanto per avere un’idea con buona approssimazione del pubblico che effettivamente legge la notizia.
Quanto e che cosa viene pubblicato dunque in queste pagine?
Non è la politica il tema più frequente proposto dalle pagine Facebook delle testate considerate: La repubblica propone solo 7 post su 38, il Corriere della sera 4 su 48, Tgcom24 6 su 58, Direttanews.it nemmeno uno, fa eccezione il Fatto Quotidiano che parla di politica in 30 dei suoi 71 post.
La fotografia di una giornata, peraltro tranquilla, mostra una certa “iperattività” del Fatto Quotidiano per il numero di post pubblicati, seguito da Tgcom24, mentre la Repubblica, spesso molto attiva, non sembra aver trovato particolari ispirazioni in quella giornata.
Per quanto riguarda le interazioni invece, si è provveduto a calcolare la media di commenti, “reactions” (una volta erano solo “like”) e condivisioni per ogni post, e i risultati si possono vedere negli istogrammi riportati.
Mettendo in rapporto i dati ottenuti con il numero di followers della pagina, si ottengono dei coefficienti (per milione) che, in mancanza dei dati di insight, indicano qualcosa che si può definire come un indicatore della propensione ad interagire nei vari pubblici.
Dai dati emerge che il pubblico di Direttanews.it è quello meno incline ad interagire, quello del Corriere il meno propenso a condividere mentre il pubblico del Fatto Quotidiano tende a farlo tre volte di più, che il pubblico di Tgcom24 è quello più propenso a mettere reactions, quasi il doppio rispetto agli altri, ed è anche il più incline a commentare, da una volta e mezza al doppio rispetto agli altri pubblici.
In sostanza questa è solo la fotografia di una giornata che ci offre qualche buon indizio in merito al tipo di discorso che nasce sulle piattaforme social, anche se i dati quantitativi disponibili non sono statisticamente sufficienti ad affermare una tendenza.
Ulteriori indizi si possono ottenere isolando la “top ten” dei 10 post di ogni testata che hanno ricevuto maggiori interazioni, che sono esposti nelle tabelle seguenti.
La Repubblica
Un fatto di cronaca, un fatto politico e poi ancora cronaca per i tre post che hanno ricevuto il maggior numero di interazioni.
In particolare sentimento e solidarietà sociale sembrano essere il tema che impatta maggiormente per le reactions, mentre un tema politico a chiaro sfondo polemico riceve il maggior numero di commenti e condivisioni.
In sintesi a giudicare dai risultati della giornata in esame, sembrerebbe che la propensione ad interagire sia superiore su post che parlano di circostanze inusuali piuttosto che di fatti rilevanti per la loro portata sociale, che la politica è il territorio dei commenti, meglio se si tratti di argomenti che implicano aspetti polemici.
Con una certa sorpresa invece, un fatto potenzialmente di forte rilevanza mediatica come la violenza alla dottoressa della guardia medica di Catania, riceve un numero relativamente basso di interazioni, quasi che, non essendo il colpevole un immigrato, il fatto abbia perso quelle componenti di intertestualità che avrebbero prodotto un numero di commenti di gran lunga superiore, anche se le componenti polemiche non sono comunque mancate.
Il Corriere della sera
Il caso Ryanair catalizza le maggior attenzioni, poi ancora un tema inerente il mondo del lavoro, ancora lavoro e antipolitica per i tre post che riscuotono il maggior numero di interazioni.
Da rilevare un alto numero di commenti per il famoso caso della Ferrari parcheggiata nel posto dei disabili e del fatto, meta cronaca e meta politica, che collega Di Maio a San Gennaro, sacro e profano.
Sembrano dunque diverse le preferenze del pubblico del Corriere della sera almeno in termini di interazioni.
In sintesi maggiore attenzione e coinvolgimento sui temi che riguardano il lavoro e la sua influenza sul sociale, poi a seguire i fatti di cronaca, mentre quello politico non è sembrato l’interesse dominante.
Direttanews.it
Due fatti di cronaca tragici che riguardano bambini, poi un test sulla personalità mirato esplicitamente a veicolare traffico al sito, le “hits” di questa pagina.
Nel caso di Diretta News, pur in presenza di una diversa distribuzione di reactions, commenti e condivisioni tra i vari post, emerge in modo chiaro la prevalenza dei fatti di cronaca, meglio se nera, fatti di costume e gossip.
Una pagina dunque che preferisce concentrarsi e pilotare l’attenzione dei suoi lettori su temi meno “profondi”, che non sembra cavalcare l’onda lunga di alcuni macro temi molto battuti al momento come l’antipolitica o il fenomeno dei migranti o la sicurezza, che esprime i “malori” del sociale attraverso la cronaca nera e si distrae con il gossip e il grottesco dei fatti che illustra.
Il Fatto Quotidiano
Un fatto tragico di cronaca, poi il fatto della violenza sessuale alla dottoressa della guardia medica di Catania, poi un fatto di costume che mette in evidenza le differenze culturali con le comunità islamiche nel territorio sono i post al top delle attenzioni tra i seguaci del Fatto Quotidiano; seguono per interesse i post che parlano di politica.
Sembrerebbe singolare questo livello di interesse sugli argomenti di una testata che ha fatto dell’antipolitica e del giornalismo d’inchiesta sul malaffare della politica il suo cavallo di battaglia.
In realtà, al di fuori del post che descrive la tragedia del giovane torero in Spagna, tema che comunque richiama alla mente vecchie e mai sopite polemiche su questo genere di spettacolo, appare evidente una certa intertestualità tra i temi di natura politica, il fatto di violenza e gli usi di una comunità religiosa diversa, quali effetti indotti dalla malapolitica.
Evidente dunque che la politica e la sua stretta relazione con i problemi che influenzano la vita sociale e la quotidianità sia il filo conduttore di questa testata.
Tgcom24
Un fatto di cronaca di violenza sessuale, poi il caso toccante dell’anziana sfrattata dalla sua casetta di legno giudicata non regolare in una delle zone terremotate, un fatto di sport con Valentino Rossi.
Si nota anche una certa distribuzione di commenti e condivisioni che si indirizza su altri temi e che fa pensare ad una testata che ha abituato il suo pubblico a mantenersi ad una certa distanza dai temi della politica, che indugia sulla cronaca e sui fatti di costume, che in tal modo riceve dal pubblico un alto numero di interazioni.
Conclusioni
Dunque non è la politica il tema più frequente delle testate giornalistiche su Facebook, anche se su di essa si sviluppano spesso le conversazioni più accese caratterizzate spesso da toni abbastanza “feroci” e che segnano le divisioni e gli schieramenti in modo netto.
Chiaramente un giudizio globale delle testate andrebbe fatto considerando che l’effetto di senso complessivo che il lettore costruisce è dato da un legame latente tra le varie notizie, tuttavia tentare una “lettura” di questo tipo tra le varie pagine diventerebbe fortemente interpretativo e discrezionale, per cui evito di entrare nel merito.
Appare opportuno ricordare il diverso grado di coinvolgimento tra le varie interazioni, dalla facilità di un like (largamente il più utilizzato persino impropriamente in alcuni casi), alla scelta di condividere un contenuto nella propria cerchia, alla pratica di commentare che impone di uscire allo scoperto con il proprio punto di vista, richiedendo perciò un rilevante coinvolgimento cognitivo ed emotivo al tempo stesso.
Infatti non sempre il maggior numero di reactions, implica un maggior numero di commenti o condivisioni, anzi a volte sembra quasi che esistano tendenze ad interagire variabili in base alla tipologia di contenuti.
In ogni caso i numeri relativi alle interazioni rappresentano comunque un indicatore di gradimento dei temi e quindi la loro intensità segnala cosa fa parte del “senso comune” di questo discorso virtuale.
D’altronde ho già avuto modo di soffermarmi su un fatto di cronaca di una certa rilevanza mediale per osservare le differenze di atteggiamento che il tipo di contenuti proposti ingenera nel proprio pubblico nel lungo termine (http://sb.aidazerouno.it//personalita-social-su-facebook/), differenze che emergono proprio dalla lettura dei commenti.
Non è troppo difficile per gli editori, basandosi su questi commenti, raccogliere le tendenze in atto e orientare in tal modo le proprie strategie editoriali.
Logica conseguenza che ci si può attendere, e che anche in questo caso si riscontra nelle parole delle conversazioni, riguarda la modifica di un certo genere di semantiche e delle relative semiotiche sociali, dalla quale scaturisce l’esaltazione di particolari aspetti emotivi della comunicazione.
Un effetto questo che in qualche caso esce dallo spazio virtuale per entrare nella quotidianità dei gruppi di conoscenti attraverso il passaparola e che, possiamo ben immaginare in quali casi, produce un effetto “regressivo” dell’opinione pubblica del tutto simile allo stesso genere di effetti attribuibili alle dinamiche della folla.