La comunicazione di crisi è il racconto di un evento, è una narrazione, e come tale è soggetta a certe caratteristiche che ne regolano il funzionamento nella mente della gente.

Gestire la comunicazione in presenza di situazioni di crisi è senza dubbio una delle attività più complesse a causa della presenza di condizioni di incertezza e di dinamiche non controllabili, ma anche perché a volte si scelgono strategie difensive nelle quali si finisce per avvitarsi in una spirale di errori sempre più gravi e con una risonanza pubblica crescente.

Esiste un’ampia tipologia di crisi possibili, per la diversità di eventi, per la variabilità di attori causali, per quantità e qualità dei soggetti coinvolti, per la gravità di effetti o conseguenze provocate, per cui non si può far riferimento ad un metodo univoco di risposta, anzi in certi casi ricette preconfezionate sul cosa fare in queste situazioni potrebbero persino provocare danni maggiori.
Tuttavia in rete si possono rintracciare documenti, pubblicazioni e “check list” sul Crisis Communication Management, in buona parte provenienti da oltreoceano, che possono costituire un buon riferimento per evitare di trovarsi completamente impreparati di fronte a fatti di questo genere.

Il punto critico è sempre la scelta del momento in cui cominciare a comunicare con il modo esterno, che cosa dire (o non dire!), perché il principio di non fare dichiarazioni che possano poi rivelarsi infondate si scontra con le necessità informative di una realtà che è fortemente condizionata dall’onda emotiva. Quindi come si può affrontare il problema? Certamente un’ analisi critica degli eventi passati, di come si è operato, ed al tempo stesso un piano di comunicazione che consenta risposte tempestive alle situazioni di crisi più prevedibili nonché la preparazione del management sul cosa fare, possono costituire un valido aiuto.

D’altronde le incertezze che inizialmente esistono sulle cause e sulle conseguenze di un evento, l’accertamento di responsabilità e la disponibilità di informazioni attendibili, richiedono oggettivamente tempi incompatibili con le reazioni emotive del pubblico.

Tra i molteplici aspetti che rendono difficile la gestione della comunicazione nelle crisi vanno considerati senz’altro:
la criticità o la drammaticità di fatti che per i loro effetti provocano stati emotivi e tensivi molto forti in un numero più o meno ampio di persone;
– la difficoltà a fornire i media di informazioni verificate, la cui disponibilità si rivela costantemente in ritardo con le esigenze e il fabbisogno informativo imposti dalla crisi;
– l’impossibilità di avere un qualunque controllo sulle necessità informative dettate dalle conseguenze dell’evento che sono scarsamente o per nulla controllabili, ed il rischio che ogni tentativo di controllo venga scambiato per ambiguità o peggio per menzogna;
– il rischio che notizie date tempestivamente risultino poi infondate inficiando la credibilità di chi informa;
– l’influenzamento reciproco tra i soggetti coinvolti in qualche modo negli effetti di un evento critico che producono trascinamenti emotivi tipici della folla;
– le informazioni che arrivano per forza di cose dopo un evento, a tentare di spiegare i fatti, e che trovano abbastanza spesso un pubblico prevenuto e diffidente;
– la presenza nella mente della gente di esperienze precedenti che orientino una lettura precostituita di cause e responsabilità in mancanza di informazioni complete e tempestive;
– il ruolo giocato dai media che, nella loro funzione di informatori, debbono guadagnarsi un loro spazio di visibilità, ma che così facendo a volte amplificano la risonanza di un evento.

Immaginecrisi1

Ognuno degli aspetti sopra detti meriterebbe un approfondimento fatto sulla scorta di eventi passati, ma in questa sede vorrei soffermarmi sulla possibile lettura precostituita da parte del pubblico di cause o conseguenze all’origine di una crisi, anche prescindendo dal flusso di comunicazioni ufficiali.

Prendiamo spunto da un fatto, un infuocato derby calcistico tra Roma e Lazio che doveva giocarsi il 21 marzo 2004 e che fu sospeso all’inizio del secondo tempo a causa delle pressioni esercitate dai tifosi. Prima della partita c’erano state le consuete intemperanze ma tutto sembrava sotto il controllo della robusta cornice di forze dell’ordine, quando a partita iniziata cominciò a diffondersi la notizia che un mezzo della polizia avesse investito e ucciso un bambino. Tale indiscrezione, non contrastata, iniziò ad incendiare gli animi della tifoseria al punto che questi arrivarono a minacciare i giocatori di gravi conseguenze se non avessero interrotto subito la partita. A nulla valsero le smentite ufficiali dell’allora capo della Polizia.

Un esempio eclatante quindi di come esperienze passate e un rapporto conflittuale tra tifosi e Polizia di vecchia data, con il semplice verificarsi di episodi di scarsa gravità, avessero generato in quel tipo di platea la convinzione che si fosse verificato un fatto tragico sulla scorta di semplici indiscrezioni, a cui nulla valsero le dichiarazioni ufficiali, forse tardive, di chi rappresentava l’istituzione.

 Che domande porsi? 

Ricordando questa storia, o magari frugando nella nostra testa alla ricerca di ricordi di qualche altra crisi, bisogna comprendere che tipo di interrogativi si pone il pubblico, per cui è fondamentale per chi debba gestire la comunicazione in situazioni critiche porsi certe domande:

– cosa si sta chiedendo il pubblico? Conosce sufficientemente e nel modo voluto come si sono svolti i fatti e le conseguenze?
– trova risposte nella attribuzione di responsabilità? Può pensare che si stia coprendo un colpevole?
– le informazioni disponibili possono generare nell’immaginario collettivo l’idea che ci sia la presenza di un giusto (la vittima) e di un ingiusto (il colpevole)?
– può farsi strada l’idea che il fatto era evitabile? Che si sarebbe dovuto fare di più prima del fatto o durante i soccorsi alle vittime?
– hanno già un idea delle colpevolezze? Di chi “espierà” la colpa?
– quali “alleanze” o solidarietà possono nascere tra pubblici direttamente o indirettamente coinvolti nei fatti?

Per di più bisogna tenere nella debita considerazione alcuni fattori che in certi casi possono giocare un ruolo persino più importante degli stessi soggetti coinvolti che in sintesi sono identificabili in:
– i media, narratori per antonomasia che, mossi dai loro obiettivi, danno ampia risonanza ai fatti;
– i ben informati, i depositari delle verità scomode che gli organi ufficiali spesso omettono, e che esercitano la loro influenza sulla scorta dei pregiudizi fondati sulle esperienze passate;
– le vittime dell’ingiustizia, un abbinamento che quando si concretizza nell’immaginario collettivo è in grado di produrre effetti dirompenti;
– le “solidarietà identitarie”, alleanze atipiche che possono generarsi quando ci si riconosce in un ruolo contro un comune nemico (il caso Sandri per esempio fu un altro caso emblematico di alleanze tra tifoserie opposte contro la polizia).

Tutti questi aspetti danno sostanza ai presupposti di apertura di questo scritto per il quale la comunicazione di crisi è in fondo il racconto di un evento, e come tale è una narrazione che soggiace alle sue proprietà costitutive che ne determinano il funzionamento nella mente della gente.

In tal senso mi sembra assai pertinente riportare sinteticamente quanto uno degli autori, che ha trattato approfonditamente la nozione di storie come Andrea Smorti (Narrazioni 2007), ci dice in merito alla struttura delle narrazioni, una struttura che si articola nella nostra mente in:
a) uno stato iniziale ove una situazione in equilibrio sia in qualche modo contestualizzata;
(il fatto non si è ancora verificato e il pubblico possiede già esperienze antecedenti)
b) l’avvento di un problema, ovvero il verificarsi di qualche fatto che rompa l’equilibrio iniziale;
(l’evento si verifica e il pubblico ne viene a conoscenza in qualche modo)
c) i tentativi di soluzione, uno o più fatti/azioni concretizzati da qualche soggetto che tenti in qualche modo e/o con l’ausilio di altri mezzi o aiutanti di risolvere il problema e ristabilire l’equilibrio iniziale;
(il dopo, dichiarazioni, smentite, illazioni, conseguenze, responsabili, riparazione del danno)
d) stato iniziale ricostruito o un nuovo stato, sono le situazioni al quale ci si aspetta si pervenga dopo i tentativi messi in atto da un soggetto di fronte ad un problema;
(le soluzioni, attori positivi o negativi, la verità dei fatti)
e) stato sanzionatorio (finale) equivale all’aspetto sanzionatorio, alla morale, al riconoscimento del ruolo del soggetto, all’attribuzione del premio (o della punizione).
(giustizia è fatta! Colpevoli ed eroi sono identificati, premi e sanzioni sono assicurati)

In parentesi i brevi commenti con l’obiettivo di avvicinare lo schema ad una sua contestualizzazione. Mi piace inoltre continuare nell’omaggio ai contributi teorici esistenti in materia, riportando due citazioni importanti nel delineare una filosofia di approccio al problema:

“.. tutti i sistemi di classificazione, tutte le immagini e tutte le descrizioni che circolano nell’ambito di una società, persino quelle scientifiche implicano un legame con sistemi e immagini precedenti”. (S. Moscovici – Le rappresentazioni sociali – 2005)

“Ogni particolare narrazione di una violazione dalla norma, fonda una tradizione e
diventa il nucleo di un genere narrativo sul come il mondo è.”
(A. Amsterdam & J. Bruner 2000 – Smorti – Psicologia culturale 2004).

 Conclusioni 

In conclusione sembra proprio che le esperienze precedenti costituiscano lo script1 attraverso il quale in presenza di dubbi, la mente comincia ad elaborare risposte attingendo agli antecedenti, alle situazioni del passato, operando delle deduzioni che saranno tanto più corpose quanto più la carenza di informazioni soddisfacenti sarà accentuata.
La riflessione finale è proprio in questo punto, che laddove ci fosse un difetto di notizie appare ineluttabile che la gente provveda in proprio a darsi delle risposte, e pertanto coloro che a vario titolo dovessero trovarsi nella scomoda posizione di dover comunicare in situazioni di crisi devono sapere che tutto ciò che non verrà detto o non sarà chiarito sufficientemente, sarà generato e aggiunto dagli altri, senza alcun controllo, quindi…

1 A. Smorti – Psicologia culturale – ed. Carocci 2003