Quali le configurazioni discorsive riprodotte dai titoli di alcuni tra i più diffusi quotidiani nazionali relativamente ad un soggetto politico di primissimo piano. Alcuni risultati emergenti da un’analisi condotta su quasi 2.000 prime pagine
2° parte
Nella prima parte di qualche giorno fa ho mostrato alcuni dati quantitativi che in qualche modo hanno messo in luce l’atteggiamento di alcuni tra i quotidiani nazionali più diffusi verso il soggetto di analisi rappresentato dall’ attuale Premier, monitorando i tre termini Renzi, Premier e governo. La diversa frequenza con cui i giornali hanno parlato del soggetto e la tendenza a dedicargli i titoli di maggiore impatto, forniscono delle indicazioni sicuramente interessanti che tuttavia prese isolatamente non sembrano essere in grado di offrire un dato determinante senza utilizzare ulteriori parametri di analisi.
Con una certa sorpresa neanche attraverso l’analisi di contenuto, con la quale sono state isolate le prime 30 parole significative, sono emersi riscontri interessanti, e pur nella relativa povertà lessicale dei titoli si è registrata una evidente similarità di tutte le testate nell’uso di certi termini chiave, per cui necessariamente occorre cercare nella costruzione del discorso quegli effetti di senso che costituiscono l’elemento differenziante dei vari giornali.
I criteri cui ho accennato nel precedente post, di cui illustrerò ora il fondamento disciplinare, costituiranno l’elemento con cui categorizzare qualitativamente il discorso prodotto da ogni quotidiano.
1. Il primo criterio prende in esame il “punto di vista” del quotidiano sul soggetto e ispirandosi ai principi di Austin sugli atti linguistici, ne riprende le due modalità fondamentali dell’enunciazione: quella constatativa e quella performativa1. Premesso che nella comunicazione attraverso i media l’enunciazione avviene attraverso il testo e non mediante lo scambio interazionale, nel testo sono comunque proiettabili i simulacri enunciativi del narratore e per certi versi l’interpretazione del destinatario, per cui la tassonomia di Austin mantiene una sua validità di fondo anche nella valutazione del titolo giornalistico.
Nella modalità constativa, si riscontra qualcosa in merito al tema di cui si parla, si effettua una sintesi descrittiva di una situazione o evento in cui il soggetto poteva non necessariamente avere o esercitare un ruolo attivo o determinante (es. “Colle e politica estera: confronto Renzi-Prodi” – il Corriere della Sera – 17 dic. 14).
Nella performatività invece il soggetto del discorso, chiaramente identificato, ha realizzato un’azione o è impegnato in un fare o comunque promette di fare, sta performando qualcosa destinato a cambiare lo stato di fatto delle cose di cui si parla ed in quanto tale si caratterizza anche patemicamente2 (es.”Renzi sfida la vecchia guardia” – il Corriere della sera -22 set. 14; “Renzi vuole tagli per 6 miliardi” – il Corriere della sera – 9 apr. 14). Una deroga è stata usata nel caso di alcune modalità ottative3 come nel secondo esempio che, esprimendo una volitività del soggetto su qualcosa, sono state comunque classificate come enunciati performativi considerando la modalità del “poter fare” in capo al soggetto del discorso.
In questa dicotomia la posizione del quotidiano, prescindendo da allusioni e ironie, non è certo neutra nei confronti del soggetto del discorso, il quale può far parte di una scena che lo include e a volte lo sovrasta (modalità constatativa), oppure essere inquadrato come protagonista, positivo o negativo, di una situazione che può modificare in qualche modo (modalità performativa) e dalla quale ne può risultare valorizzato o svalorizzato nel merito e nella rappresentazione.
2. Il secondo criterio considera il punto di vista del quotidiano sul discorso e si sofferma sulla costruzione del titolo, individuando nella dicotomia tra il discorso diretto riportato e il discorso indiretto narrativizzato la chiave di classificazione.
Nel primo caso il quotidiano-narratore si serve del cosiddetto discorso diretto riportando le parole pronunciate dal soggetto ed operando in tal modo una presa di distanza da quanto affermato da questi; sono le frasi riportate tra virgolette e/o dopo i due punti (per particolari licenze giornalistiche questi elementi della punteggiatura possono anche essere omessi), in ogni caso parole attribuibili senza dubbio al soggetto (es. “Renzi: niente nuove tasse ma sforbiciate alla spesa” – Corriere della Sera – 23 ago. 14).
In questa modalità il giornale non entra nel merito della veridizione4 che rimane in capo al soggetto, tantomeno in apparenza opera un giudizio di valore sul contenuto, concretizzando con ciò la presa di distanza dai fatti riportati.
Nel secondo caso invece la costruzione narrativizzata del titolo consiste in una riformulazione o riassunto delle parole pronunciate dal soggetto, fatta anche in modo arbitrario ad opera del narratore (es. Renzi svela le spese pazze della ditta – il Giornale – 13 dic. 14); in questo modo reinterpretando ed in qualche modo ricontestualizzando le parole del soggetto all’interno del proprio sistema di valori, se ne produce una modalità narrativa più o meno caratterizzante. Ancorché ci siano molte similarità con le procedure semiotico-discorsive di debrayage/embrayage5, non mi sono sembrate particolarmente attinenti al contesto vista la particolarità delle modalità e strategie del titolo, per cui ho deciso di tralasciarne la discussione.
3. Il terzo criterio valuta le scelte del quotidiano sulle modalità narrative indirizzate al lettore e scaturisce da due approcci teorici complementari. Il primo pone a base la teoria di R. Barthes sull’esistenza di un’informazione doppia della costruzione giornalistica: il fatto vero e proprio così come viene raccontato, e lo sfondo circostanziale da cui tale fatto origina, dedotto per implicazione dal lettore stesso, da cui scaturiscono le condizioni per la produzione della notizia. Il secondo invece proposto da Volli, si basa sulla categorizzazione della costruzione giornalistica6 della notizia e contempla:
- la costruzione antagonistica;
- la componente narrativa;
- il difetto di razionale connessione logica;
- l’anomalia rispetto all’ordine comune delle cose.
In questa ricerca, trattandosi di politica, troveremo pressoché totalmente titoli/enunciato basati sulla costruzione antagonistica oppure connotati da una componente narrativa. Nel primo caso il soggetto citato o chiaramente presupposto per implicazione, è descritto in conflittualità diretta con un anti-soggetto rappresentato da uno o più attori opponenti che concorreranno, nell’ambito della costruzione giornalistica, a valorizzarne o svalorizzarne la figura e/o le azioni (es. “il Premier attacca CGIL e mezzo PD: un museo delle cere – il Giornale – 29 set. 14). Nel secondo caso invece la componente conflittuale, comunque presente in ogni struttura narrativa, appare più sfumata, dissimulata in una composizione dai toni meno accesi, meno intensa nelle sue componenti passionali perché destinata a comporsi all’interno di una fabula più ampia, ove la costruzione antagonistica non si esaurisce nel singolo titolo (es. “Renzi: lavoro, si a nuove regole – la Stampa – 13 ago. 14).
Ovviamente, soprattutto in quest’ultima classificazione, diversi titoli potevano avere una certa compatibilità con entrambe le polarità delle dicotomie descritte per cui la discriminante è stata la loro valutazione rispetto al soggetto di analisi e non viceversa rispetto a criteri generali. D’altronde anche nel caso di qualche classificazione opinabile o di eventuali sviste, per la legge dei grandi numeri ciò non modificherebbe significativamente i risultati ottenuti.
Ulteriori elementi di interesse nel ricostruire visivamente il posizionamento dei giornali sono state ottenute analizzando le diverse combinazioni ottenibili attraverso i tre criteri descritti che hanno dato vita a 8 possibili configurazioni discorsive, dal quale sono scaturite delle aree discorsive di caratterizzazione che sono illustrate graficamente.
Il Corriere della Sera
Il Corriere della sera su 404 giorni considerati ha nominato il soggetto di analisi in 278 occasioni, il 40,3% delle volte in posizione di rilevanza (1° o 2° titolo principale). Il nome Renzi è riportato 186 volte mentre in 23 casi di discorso riportato il termine è chiaramente presupposto, Matteo 2 volte, 51 volte l’appellativo di Premier (o Presidente del Consiglio) e solo 25 volte la parola governo. Forte appare lo stacco tra la personalità di Renzi che catalizza le attenzioni dei media, e il governo come organo collegiale che mostra un’identità abbastanza labile. Non è detto che questa sovraesposizione paghi positivamente e che si traduca in un vantaggio per il Premier, anzi. Relativamente ai criteri di classificazione del discorso si può notare la prevalenza del regime della constatazione (59,7%) su quello della performatività (40,3%), la prevalenza del discorso indiretto (56,1%) su quello riportato (43,9%), mentre la costruzione spiccatamente antagonistica ricorre circa un quarto delle volte (24,1%).
Le configurazioni discorsive ottenute combinando i tre criteri mostrano una chiara tendenza verso le modalità constatative del discorso con netta prevalenza della modalità indiretto/narrativa (32%), mentre nel discorso performativo che comunque mostra un certo picco (20,5%), si preferisce optare per la modalità del discorso riportato/narrativo, prendendo in tal modo le distanze dall’onere di veridizione in capo al soggetto e dalle conflittualità sullo sfondo, la cui ricostruzione rimane nella facoltà interpretativa del lettore. Le modalità conflittuali sono mediamente presenti e mostrano un picco (10,4%) nella configurazione constatativo/indiretto a conferma di un ruolo di osservatore e descrittore della scena a cui il quotidiano non vuole rinunciare, e che peraltro non può e non vuole sottacere alle tensioni presenti sullo scenario. L’antagonismo dunque non è prodotto direttamente dall’enunciazione del soggetto politico, ulteriore presa di distanza, ma connaturato alla situazione.
Il Giornale
Il Giornale su 336 giorni considerati ha nominato il soggetto in 248 occasioni, il 36% delle volte in posizione di rilevanza (1° e 2° titolo principale). La parola Renzi è stata usata 167 volte mentre in 2 casi era chiaramente implicato dal discorso riportato, Matteo 9 volte, 48 volte Premier e solo 20 volte quella di governo.
In merito alla classificazione del discorso prevale nettamente il regime della constatazione (71,8%) su quello della performatività (28,2%), parimenti accentuata la prevalenza del discorso indiretto (87,5%) su quello riportato, mentre la costruzione spiccatamente antagonistica (33,9%) rappresenta il valore più elevato tra tutti i quotidiani considerati.
Le configurazioni discorsive registrate, disegnano nel grafico una singolare forma a quattro cuspidi dove tutte le forme di discorso riportato sono usate in modo assai limitato, prevale in modo molto netto la configurazione constatativo/indiretto/narrativo (44,8%), due picchi nel discorso constatativo/indiretto/antagonistico (19%) e performativo/indiretto/narrativo (15,3%), ed infine una non trascurabile configurazione performativo/indiretto/antagonistico (8,5%). Da rilevare oltretutto che 14 volte su 20 il discorso riportato non appartiene a Renzi ma a personaggi antagonisti.
Scelte di campo che testimoniano sia la scelta di concedere limitatamente la “parola” al soggetto, sia di evidenziarne le inclinazioni alla conflittualità nelle situazioni di performatività, sia uno stile complessivo del quotidiano di proporsi non semplice cronista ma narratore della scena che preferisce appunto reinterpretare narrativamente.
La rilevanza della frequenza del soggetto Renzi non deve dunque trarre in inganno, in quanto sembra emergere un soggetto raccontato in rapporto antagonistico con l’ambiente circostante, la cui volitività è notevolmente ridimensionata.
Il Messaggero
Il Messaggero su 404 giorni considerati ha citato il soggetto in 384 occasioni risultando il quotidiano con il più alto numero di menzioni, di cui il 47,1% delle volte in posizione di rilevanza (1° e 2° titolo principale). Nel complesso la parola Renzi ricorre 242 volte mentre in 14 casi il nome è chiaramente presupposto nei casi di discorso riportato, Matteo 4 volte, 83 volte l’appellativo di Premier e 59 volte quella di governo. Relativamente alle modalità discorsive appare un quasi equilibrio tra il regime della constatazione (52.9%) e quello della performatività (47.1%), una prevalenza del discorso riportato (57%) rispetto a quello indiretto, una costruzione antagonistica assai limitata (12.2%) che fa registrare il valore più basso tra le altre testate.
Nel grafico delle configurazioni discorsive rilevante è la cuspide della modalità performativo/riportato/narrativo (29,4%) e comunque tutta l’area della narratività è assai utilizzata, a discapito della polarità antagonistica, evidenziando quindi una scelta di campo ben precisa.
Il Quotidiano dunque rimane in buon equilibrio nel suo ruolo di narratore della scena, usa il discorso riportato quando la responsabilità della veridizione deve ricadere nella sfera del soggetto, ne riporta la performatività o ne constata la sua presenza nella situazione con equa frequenza, rinuncia all’enfasi dello scontro anche a costo di penalizzare la propria identità.
Una testata che sceglie quindi un basso profilo, rimane nel suo ruolo di informatore e sicuramente non maltratta il soggetto che ne risulta si volitivo, non incline solo al conflitto con altri soggetti ma semmai contro il problema.
La Repubblica
La Repubblica su 404 giorni considerati ha citato il soggetto 370 volte di cui il 60.4% in posizione di rilevanza (1° e 2° titolo principale). Nel complesso la parola Renzi ricorre 249 volte mentre in 27 casi il nome è chiaramente presupposto nei casi di discorso riportato, Matteo 11 volte, 79 volte l’appellativo di Premier e solo 20 volte quella di governo. Relativamente ai criteri di classificazione del discorso si può notare la prevalenza del regime della della performatività (56.2%), una prevalenza consistente del discorso riportato (63.5%), mentre la costruzione antagonistica (23.2%) ha un coefficiente abbastanza marcato.
Nelle configurazioni discorsive, emerge nettamente la cuspide della modalità performativo/riportato/narrativo (34,3%) ed un’area della constazione equamente divisa tra discorso riportato/narrativo e discorso indiretto/narrativo (16,5%). Una certa rilevanza comunque anche nell’area della costruzione antagonistica nelle due modalità performativo/riportato (9,8%) e constatativo/indiretto (7,3%), segno di un identità polemica certamente non sopita. In generale dunque una testata che cerca di rimanere in equilibrio sul soggetto, che accetta di riportarne la performatività pur senza farsene carico mediante il discorso riportato, che privilegia la narratività pur senza abbandonare l’uso di una costruzione antagonistica nel quale tenta di trovare un equilibrio tra il ruolo di descrittore della scena e le responsabilità da porre in capo al soggetto riportandone le affermazioni.
La Stampa
La Stampa su 393 giorni considerati ha riportato il soggetto in 352 occasioni di cui il 56.1% delle volte in posizione di rilevanza (1° e 2° titolo principale). Nel complesso la parola Renzi ricorre 235 volte mentre in 20 casi il nome è chiaramente presupposto nei casi di discorso riportato, poi Matteo 5 volte, 67 volte Premier e 37 volte governo. In merito alla classificazione del discorso si può notare la prevalenza del regime della constatazione (54%) su quello della performatività (46%), la leggera prevalenza del discorso indiretto (52.3%) su quello riportato, l’uso della costruzione antagonistica il 20.2% delle volte rispetto alla modalità narrativa.
Le configurazioni discorsive che ne derivano, vedono l’area della costruzione narrativa più o meno equamente distribuita nelle quattro modalità possibili, mentre nell’area della costruzione antagonistica una cuspide di una certa importanza si riscontra nella configurazione constatativo/indiretto/antagonistico (11,6%). Da notare che altre due configurazioni del discorso antagonistico, quella performativa (2,6%) e quella del discorso riportato (2,3%) registrano valori assai limitati, quasi a sollevare il soggetto dalle responsabilità dei conflitti.
Una testata dunque che anche in questo caso sceglie il versante della narratività per operare come descrittore della scena, evita i conflitti se non quando il suo ruolo di informatore glielo impone, soggetto neutro che utilizza con equilibrio sia la dicotomia del discorso riportato/indiretto, sia quella della performatività/constatazione, un profilo che certamente non nuoce al soggetto e che consente di mutare le scelte di campo senza intaccarne la credibilità agli occhi dei suoi lettori.
Ci sono molte considerazioni da fare ancora, ma ritengo sia il caso di chiudere e lasciare una pausa di riposo al lettore prima di passare alle conclusioni per le quali do appuntamento tra qualche giorno.