Una riflessione sulle narrazioni contemporanee oggi non può prescindere dal porsi alcuni interrogativi su quello che è il ruolo dei social media (SM), per cui è lecito chiedersi: nei SM si costruiscono delle narrazioni, e di che tipo?

In questa ricerca la mia attenzione si è focalizzata su Twitter, con lo scopo di verificare empiricamente se su questa piattaforma si generino dei frammenti narrativi1 più o meno strutturati, pur in una esplorazione di portata limitata.

Tra le varie modalità possibili ho ristretto il campo di ricerca all’analisi dei tweet pubblicati da tre testate giornalistiche di diffusione nazionale mediante il monitoraggio dei messaggi “twittati” nell’arco di una settimana, precisamente dal 20 al 26 settembre. Gli account monitorati sono stati il Corriere della Sera (C ), il Giornale (G) e la Repubblica (R) e l’analisi dei loro tweet è stata eseguita con l’ausilio di un software per la “content analysis”.

Tra le numerose variabili che potevano essere considerate, ho indirizzato la mia attenzione su quelle che ho ritenuto potessero dare delle risposte più immediate al quesito di partenza. Le tabelle che compaiono riportano il riepilogo delle variabili considerate e dei dati emersi dai quali sono scaturite le riflessioni che seguiranno.

 Il panorama circostanziale 

Prima di tutto i fatti più dibattuti della settimana in questione, la quale è stata largamente dominata dal tema legato alla decadenza di Berlusconi e quindi la probabile crisi di governo conseguente, poi a seguire la possibile acquisizione della Telecom da parte della spagnola Telefonica, l’aumento dell’IVA e i suoi effetti, l’attacco terroristico al centro commerciale di Nairobi, le elezioni in Germania, e in più riprese gli interventi volti a richiamare calma e senso di responsabilità nella politica fatti dal Capo dello stato Giorgio Napolitano.

Il numero di tweet postati nel periodo è stato sostenuto per il Corriere della Sera (709) e la Repubblica (694), abbastanza limitato per il Giornale (123), fatto questo che comporta una certa problematicità di carattere statistico nell’operare un confronto con le prime due testate. Giova tuttavia considerare che non si va a caccia di indici statistici, bensì di far emergere degli indirizzi di fondo, per cui i dati numerici in sé non rappresentano delle discriminanti di carattere assoluto. È comunque da ricordare che G ha creato altri account (es. il Giornale editoriali) che non sono stati presi in considerazione in questa sede.

 L’analisi dei dati 

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Stante il vincolo dei 140 caratteri e la conseguente brevità dei testi, non ho dato rilevanza al totale delle parole utilizzate mentre invece ho scelto di valutare la varietà di termini utilizzati per osservare se emergevano delle differenze significative. In tal senso, pur considerando possibili imprecisioni nei valori assoluti che il trattamento automatico dei testi comporta (a meno di compiere verifiche manuali di dettaglio assai onerose in termini di tempo), i numeri ottenuti con buona approssimazione ci danno un idea dell’andamento.

Risulta che R ha utilizzato 3539 lemmi diversi, contro i 2990 utilizzati da C e i 1047 di G pur con un numero di tweet che è notevolmente inferiore; rapportando i lemmi con il numero di tweet emessi otteniamo nell’ordine 5,1 – 4,2 – 8,5. Questi indici sembrerebbero suggerire che G utilizzi una varietà di termini maggiore rispetto agli altri, ma la notevole differenza nel numero di messaggi pubblicati suggerisce di rivedere questo confronto, mentre tra le altre due testate sembra esistere una sia pur lieve propensione alla variabilità di lessico da parte di R.

L’uso degli hashtags (importante proprietà di Twitter che consente ad un utente di selezionare tutti i tweet che parlano di uno specifico argomento anteponendo alla parola il simbolo #) é una modalità che un account può sfruttare per operare un “engagement” più efficace su un “lettore modello” orientato alla ricerca di ben determinati argomenti, che gli hashtags rendono più semplice aggregare. In questo si osservano differenze di un certo rilievo; emerge una marcata tendenza di G ad utilizzare questa tecnica (98 volte) quindi R (39), mentre è abbastanza sporadico l’utilizzo che ne fa C (6). Non è possibile sapere se questo corrisponda a specifiche scelte da parte degli editori.

La selezione delle parole utilizzate con maggiore frequenza implicava la possibilità di inquadrare speditivamente le tematizzazioni affrontate, ed al tempo stesso poteva fornire un informazione qualitativa in merito alle ridondanze rintracciate. Come si osserva nelle tabelle, dalle parole più utilizzate da R si può dedurre che siano prevalsi temi relativi al territorio ed ai fatti di carattere nazionale, mentre invece in C notiamo parole che implicano una maggiore insistenza su temi di carattere internazionale, in primo piano i fatti di Nairobi e il tema del terrorismo, così come le citazioni relative alla Merkel confermano un’attenzione sulla Germania non trascurabile. G invece, pur considerando il minor numero globale di parole e quindi il minor numero di frequenze da vagliare, sembra orientato verso una maggiore attenzione ai temi di carattere politico strettamente legati alle perturbazioni degli ultimi giorni.

Da ritenere degno di nota anche l’uso di lemmi di tipo avversativo e/o dubitativo; in questo caso si possono notare similitudini nel comportamento dei tre soggetti che raccontano inevitabilmente della presenza di situazioni di tensione che provengono dallo scontro politico in atto e dalla delicata situazione, aspetto che si palesa con la frequenza comune a tutte e tre le testate nell’uso del termine “contro” e con l’incertezza rivelata da un frequente uso del “se”.  In considerazione della situazione conflittuale della politica in questo particolare frangente, era inevitabile non soffermarsi sull’atteggiamento tenuto dalle tre testate e quindi tentare di fare un confronto tra di esse.

 Il teatrino della politica 

Nelle tabelle dove sono riportate le parole usate con più frequenza, è possibile vedere come ci siano alcune analogie nei soggetti menzionati e forse non poteva essere altrimenti visto il momento, per cui le varie redazioni non potevano differenziarsi troppo da un’agenda pressoché obbligata. Quindi la presenza dei protagonisti citati potrebbe sembrare scontata in virtù delle posizioni editoriali delle testate di cui abbiamo tutti una esperienza abbastanza consolidata.

Tuttavia poiché lo scopo del lavoro era quello di far emergere tracce narrative e non l’eventuale posizione di favore verso un qualunque personaggio, i relativi termini sono stati osservati all’interno dei frammenti di testo in cui comparivano (di frequente corrispondevano più o meno all’intero tweet). Ovviamente la possibilità data dal software di aggregare e mettere in ordine sequenziale tutti i frammenti connessi a un termine, facilita l’osservazione della costruzione discorsiva fatta intorno ad esso e di percepirne la valorizzazione complessiva nella sua interezza. Ed i risultati hanno mostrato qualche aspetto interessante.

I frammenti narrativi che emergono su R in sintesi ci raccontano di un personaggio Berlusconi oggetto della discordia e causa dei problemi, oltre ad apparire attore incline alla violazione delle regole e perciò svalorizzato nel suo complesso, mentre la figura di Napolitano si staglia come entità conciliatrice, ancora depositario di una autorità morale nel richiamare le parti alla saggezza e al senso di responsabilità. Il PD invece viene raccontato come agente in crisi di identità, prigioniero delle sue diatribe interne ed in costante malessere con gli alleati anche nella esposizione della situazione in Sicilia. Il Presidente del Consiglio Letta si delinea come soggetto attivo, combattivo anche se la situazione lo costringe sulla difensiva, accerchiato da situazioni che promette di combattere e da cui vuole uscire.

Infine il PDL, attore che viene palesato come fautore della linea dura, arroccato sulla incondizionata difesa del suo leader e disposto a buttare all’aria il tavolo della trattativa, una valorizzazione che potrebbe essere letta in modi diametralmente opposti a seconda le inclinazioni e le insoddisfazioni del pubblico.
Su C si racconta un Letta soggetto attivo, che mostra fermezza nel fronteggiare questa situazione di crisi nonostante le difficoltà, mentre Berlusconi da un lato è l’oggetto che provoca lacerazioni per il problema legato alla sua decadenza, evento in grado di sfociare nelle dimissioni dei suoi fedelissimi, dall’altro lato si riappropria di una sfera soggettiva che lo vede impegnato nel tessere la tela e tramare alla ricerca di vie di uscita ai suoi guai.

Ancora un PD diviso e logorato dalle sue contraddizioni interne e dalla mancanza di univocità di fronte ai fatti politici, ancora quindi i contorni di una identità in crisi a cui fa da contraltare un PDL che marcia senza indugi e senza tentennamenti verso i suoi obiettivi, fautore dello scontro con Napolitano e deciso a portare avanti la linea dura. Ancora il personaggio Renzi che si manifesta come soggetto dinamico, critico della scena e degli attori in gioco, mentre la politica come ruolo tematico appare protagonista negativa in perenne conflitto con la giustizia, causa prima delle incertezze e dei problemi della situazione.

Infine il frame dipinto da G dove emerge un Letta dubbioso nelle scelte ed inadempiente nelle azioni, complessivamente svalorizzato, un Berlusconi nel ruolo di vittima degli attacchi dei suoi nemici ma che risorgerà (alle elezioni!), un PDL soggetto dinamico impegnato all’offensiva su tutti i fronti e leale fino in fondo al suo leader. A seguire altri tre personaggi connotati in modo non certo positivo, una Boldrini femminista e attentatrice dei valori familiari, un Renzi regista delle trame contro il governo, istigatore delle divisioni interne al PD, quindi complessivamente svalorizzato ed infine Saccomanni, isolato nel governo, screditato nelle azioni, in un certo modo emblema in declino della categoria dei tecnici che agiscono in politica. Da queste poche righe si potrebbero trarre alcune considerazioni che tuttavia evito di fare per rimanere quanto più possibile vicino all’oggettività dei dati; all’eventuale lettore trarre delle conclusioni.

Verbi come azioni 

I verbi descrivono le azioni e perciò sono un elemento fondante dei dispositivi enunciativi che definiscono i comportamenti dei soggetti e la loro natura. I predicati più utilizzati (essere, avere) non sorprendono in raffronto al linguaggio comune, tuttavia si potrebbe azzardare una differenza tra R e C; nel primo sembrano più frequenti le modalità del fare, dell’azione, mentre nel secondo oltre ai verbi collegabili ai fatti terroristici, sembrano più frequenti predicati di tipo cognitivo (guardare, pensare, chiedere). È un dato questo sul quale bisognerebbe tornare per cercare conferme, perché una modalità di questo tipo, se confermata, implica un diverso modo di raccontare la quotidianità.

Si registra inoltre come l’uso dell’indicativo presente, specialmente se declinato nella terza persona, rappresenti la modalità di gran lunga più utilizzata da tutte e tre le testate. In linea di massima questa è una costruzione linguistica che descrive i fatti senza prese di posizione in prima persona, senza il ricorso a frasi riportate (cosiddetta “enunciazione enunciata”); con beneficio di inventario si potrebbe asserire che questa sia prevalentemente la modalità del fare cronaca, del raccontare il fatto piuttosto che la prassi di costruzione del testo narrativo.

Infatti è da ricordare che nei quotidiani (cartacei) lo stile asetticamente discorsivo del riportare la notizia sta lasciando il posto sempre più a modalità testuali e interpretative che si configurano come narrazioni e che, in quanto tali, sono proiettate in un orizzonte diacronico, implicando in tal modo il ricorso a predicati verbali che articolino sia il passato che il futuro oltre al presente; su Twitter invece sembra emergere che tali modalità non sono ancora utilizzate in modo significativo.

 Considerazioni conclusive 

A questo punto si possono tracciare alcune considerazioni che emergono dall’analisi fatta fino ad ora, aspetti magari da sottoporre a verifica in presenza di un panorama circostanziale differente.
Non si deve dimenticare comunque che Twitter è una piattaforma abbastanza “giovane” e la sua espansione specialmente in Italia è un fatto recente, per cui non si può escludere che a breve scadenza tecniche e modi del suo utilizzo possano evolvere verso forme di maturità scaturite dalla consapevolezza delle sue potenzialità.

In linea di massima sembrerebbe che la particolare natura di questa piattaforma non renda facilmente intelligibili le strutture narrative, e questo è in buona parte dovuto alla brevità del messaggio, fatto che rende senz’altro complicato costituire all’interno di questo le strutture in grado di formare una narrazione. Inoltre bisogna riflettere sulle modalità pratiche di fruizione di Twitter: la diffusione e l’utilità di questa piattaforma come mezzo di informazione viene esaltata dalla proliferazione degli smartphone, strumento per l’informazione “mordi e fuggi” in ogni luogo e momento. Invece è da notare che, specie i media ufficiali, nella maggioranza dei casi inseriscono nel tweet un link che rinvia all’articolo pubblicato nel portale on-line.

Ora se è probabile che l’articolo completo possa contenere gli aspetti narrativi di cui si parla, è da ritenere poco frequente che gli utilizzatori così come sono stati descritti, ricorrano alla lettura dell’articolo completo collegato al tweet, se non in poche occasioni.

Pertanto due considerazioni possono essere fatte: la prima è che comunque, sia pure in modo frammentario, sia possibile la costituzione di frammenti narrativi, come in precedenza osservato nei commenti relativi alla scena politica. Si tratta di frammenti che probabilmente non possono avere vita autonoma ma che comunque possono saldarsi in un ambiente di trans-medialità.

La seconda invece ci porta a pensare che la “gioventù” di questo SM non abbia ancora generato quella scaltrezza comunicativa che si ritrova invece nelle modalità di costruzione dei titoli di prima pagina che, pur essendo più brevi di un tweet, mediante il sapiente uso di artifizi retorici, sono capaci di veicolare frammenti narrativi estremamente densi e ricchi di senso.

Per queste ragioni, almeno fino ad ulteriori conferme, non ho ritenuto opportuno parlare di elementi narrativi come le strutture attanziali2, consapevole di proporre un tema di dibattito con ancora molte ipotesi da verificare.

1 Con il termine “frammento narrativo” per convenzione si deve intendere una parte testuale che per complementarietà sarà suscettibile di unirsi ad altri frammenti presenti nel panorama trans-mediale in modo da comporre una narrazione strutturata.
2 Per questo concetto si vedano gli studi di A. Greimas e della semiotica generativa.