IKEA: COME DISTRUGGERE LA WEB REPUTATION – DA LOVEMARK A #PESSIMA IKEA NEL GIRO DI POCHI GIORNI

IKEA: COME DISTRUGGERE LA WEB REPUTATION – DA LOVEMARK A #PESSIMA IKEA NEL GIRO DI POCHI GIORNI

Ancora un esempio di pessimo storytelling nella comunicazione di crisi da parte di aziende leader, in questo caso Ikea.
Ancora una volta sfidare l’opinione pubblica si trasforma in boomerang.
Ancora una volta la miopia delle decisioni prevale sulla lungimiranza.

Ci risiamo, ci cadono proprio tutti!
Multinazionali e aziende leader come Ikea che destinano alla comunicazione del brand e dei loro prodotti decine di milioni di euro, quando si trovano di fronte ad un evento critico si rifugiano nei soliti sterili comunicati stampa che fanno infuriare ancora di più l’opinione pubblica.

Ancora una volta la tendenza a trincerarsi dietro dichiarazioni di circostanza e silenzi imbarazzanti dà la dimostrazione di come le aziende siano assolutamente impreparate a rispondere in modo adeguato e con il coraggio necessario in queste occasioni, a metterci la faccia come si suol dire.

Il riferimento è al caso del licenziamento di una madre di due figli, uno dei quali disabile, avvenuto alla fine di novembre del mese scorso.
Un episodio banale nella vita di un’azienda di quelle dimensioni come può essere un licenziamento, si è trasformato in un caso che è rimbalzato nei telegiornali nazionali, in tantissimi quotidiani e in tante testate online per diventare poi inevitabilmente virale nei social media, la cui reale propagazione tra menzioni dirette ed indirette non è mai facilmente definibile.
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E tanto per rilanciare, il giorno dopo Ikea licenzia un dipendente della sede di Bari perché si era assentato per 5 minuti oltre la pausa, un altro viene licenziato dalla sede di Roma dopo aver avuto un infarto, con tutto quello che ne segue in termini di attestazioni di solidarietà, scioperi, dichiarazioni e via dicendo.
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Non farò considerazioni etiche su questi fatti perché lo hanno già fatto in molti, viceversa voglio analizzare queste decisioni sulla scorta di un pragmatismo ai limiti del cinismo su ciò che il management di Ikea ha fatto e sugli effetti che ha prodotto.

Il management dovrebbe sempre informare le proprie decisioni ad una visione strategica, tenendo ben presente che ogni fatto è “ricoperto” da uno denso strato di significati che sono presenti nel contesto sociale in un dato momento e che si alimentano con la comunicazione che dà loro forma e contenuto, al punto tale che il loro aspetto costitutivo originario può passare in secondo piano o persino essere completamente ignorato.

Non solo, il tenore delle risposte o peggio i silenzi successivi, permetteranno ad altri di scrivere il finale della storia e la sua morale (visto che tanti parlano di “storytelling”!!) e questo avrà ricadute ed effetti non secondari sia sul marketing che sulle vendite.

Quali sono dunque i significati che si generano nel licenziare una donna separata madre di due bambini uno dei quali è disabile? Quali sono i macro “frames” presenti nell’opinione pubblica in questo momento?
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I “mainstream” del momento evidenziano la debolezza del soggetto donna, specialmente se madre, le sue difficoltà del doppio ruolo di donna lavoratrice e madre, il rispetto troppo spesso violato delle disabilità, la perdita delle tutele dei lavoratori che si innestano negli effetti del famoso jobs-act e della cancellazione dell’art. 18 con tutte le considerazioni di carattere politico che si trascina dietro.

Aspetti questi che si saldano con il significato profondo di una coercizione strisciante del soggetto forte sul più debole sempre più sentito nelle relazioni azienda-lavoratore e nel contesto sociale del momento, significati che richiamano inevitabilmente la lotta del debole contro il più forte.

È lecito domandarsi se il/i manager che hanno assunto questa decisione credevano che l’episodio rimanesse circoscritto nel rapporto tra impresa e lavoratrice? Se così fosse ci troviamo di fronte a dirigenti che agiscono di impulso e senza saper ponderare gli effetti delle loro decisioni.

Pensavano forse che la loro idea di giusta causa, quella che viene esposta nel comunicato stampa di cui parlo più avanti, potesse trovare consenso nell’opinione pubblica in questo momento?
Mi sembra pura illusione pensare di fare breccia nel senso comune con comunicati di circostanza e poi con imbarazzanti silenzi, la storia insegna che l’opinione pubblica deve essere cavalcata non sfidata, perché in questa sfide c’è sempre da perdere, mai da guadagnare.
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Prova ne sia che dalla data (28 novembre) in cui è stata diffusa la notizia del fatto in televisione, sui post degli ultimi giorni della pagina Facebook di Ikea sono cominciati a fioccare commenti molto critici ai quali il loro community manager all’inizio ha tentato timidamente di rispondere con un invito a leggere il comunicato stampa sul loro sito.
Troppo poco, troppo di circostanza la loro risposta, con un tono vagamente politichese che semmai legittima le accuse.

Ironia della sorte, proprio il 25 novembre, un loro post esprimeva sdegno per la violenza sulle donne, messaggio assolutamente fuori “tempo” e immediatamente tacciato di ipocrisia.
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Ora vediamo il tenore del comunicato stampa riportato nel riquadro:
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Un comunicato stampa strutturalmente corretto, compilato secondo le regole “tecniche” non c’è che dire, ma…. freddo, di circostanza, politico si potrebbe dire, un comunicato che non sposta nulla in termini di consenso, che in fondo non riesce a scalfire quella “verità” sociale già ascritta in queste contese.

Il tenore del comunicato richiederebbe un atto di fede assoluto nella versione dell’azienda che ha scelto di precisare i fatti (“7 giorni al mese di lavoro negli ultimi 8 mesi” ma la signora ha un contratto part-time, “le intemperanze pubbliche” non circostanziate) in un modo che dovrà molto probabilmente provare in giudizio e che, qualora non provati, ne aggraverebbero la posizione anche per aspetti non più inerenti al solo rapporto di lavoro. Ma quello che conta in definitiva è se l’opinione pubblica ci ha creduto.

Infatti è già apparsa su Huffington post un’intervista all’interessata la cui versione è diametralmente opposta a quella dell’azienda, e pur senza prendere le parti dell’uno o dell’altro (per mancanza di prove!!), non è difficile intuire i sentimenti della gente sempre influenzata dal mito senza tempo di Davide contro Golia.

Dopo il comunicato stampa riportato nella figura, sul sito dell’azienda non sono stati emessi altri comunicati, sulla pagina Facebook la quotidiana pubblicazione di post è stata sospesa fino al 5 dicembre e la stessa cosa è avvenuta anche sull’account Twitter, mentre sui media la notizia è circolata per altri due giorni e poi è caduta nell’oblio come tutte le altre.

Sembrerebbe quasi che il silenzio sia premiante, è sufficiente attendere un paio di giorni che il temporale della notizia passi e poi tutto ritorna come prima. In realtà non è proprio così e questo si può comprendere meglio se si decide di soffermarsi sul contenuto delle reazioni pubblicate dalla gente sui social media.
Ne ho prese in considerazione soltanto una minima parte, ma il tono pare abbastanza eloquente.

Solo sul post del 28 novembre che tematizzava l’attesa del Natale, nel giro di poche ore sono stati pubblicati oltre 160 tra commenti e risposte, più o meno 10 volte più della media di tanti altri post di questa pagina.

Nel dettaglio del coro pressoché unanime di critiche più o meno forti, in ben 33 volte è stata riscontrata la parola “vergogna” nelle sue varie declinazioni, delusione compare 8 volte così come boicottaggio, la volontà espressa di non mettere più piede ovvero di non fare più acquisti in un negozio Ikea ben 13 volte, oltre alla comparsa di Hashtag come #boicottaIkea, #senonriassumitiboicottiamo, #pessimaIkea ed altri ancora.

Una notazione a parte per la parola clienti usata ben 16 volte quasi a voler significare che l’azienda abbia tradito un significato di affiliazione molto importante per un brand che nella sua comunicazione ha sempre tentato di essere percepito come un “lovemark”.

Inutile dire che sia nei commenti dei tre giorni precedenti, sia nei commenti postati sotto la notizia nelle pagine Facebook di varie testate giornalistiche, il tono delle parole non è certo migliore, anzi.
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Una ricerca su Twitter search ha mostrato che nei 3 giorni del caso, #boicottaIkea è stato usato 85 volte e #pessimaIkea 188 volte, a testimonianza che su questa piattaforma le cose non sono andate meglio.

Ma quello che a mio giudizio è di portata ancora maggiore è la varietà di termini e di immagini utilizzati nelle critiche, solo in minima parte mostrati nelle immagini precedenti come gli accostamenti al nazismo, che vanno ad intaccare pesantemente la reputazione e l’immagine del brand più di quanto non dicano in valore assoluto i numeri riportati.

Si consideri che i “volonterosi” che commentano sui social media pur essendo una percentuale molto bassa che alcune stime ritengono intorno ad un 1%, questa esigua minoranza sembra rappresentare spesso e abbastanza fedelmente una sintesi del senso comune diffuso e questo dovrebbe preoccupare un po’ di più.
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Lascio ad altri la stima del valore della “brand equity” andato in fumo con questi comportamenti e delle future vendite che andranno perdute, ma penso che già questi pochi dati riportati siano sufficienti per farsi un’idea che il danno economico può essere di gran lunga superiore a quello che la durata della notizia sulla scena lascerebbe presupporre.

Ora qualunque persona con un minimo di competenza di marketing sa molto bene quali sono i costi della comunicazione per conquistare nuovi clienti o per ripristinare un’immagine del brand danneggiata. Nel caso di Ikea Italia parliamo di un’azienda che secondo fonti giornalistiche economiche fattura circa 1,7 miliardi di Euro annui (dato 2016) e investe un budget intorno ai 20 milioni di Euro in pubblicità.

Non è difficile capire come con una quota centesimale di quel budget Ikea avrebbe potuto tenere a casa a stipendio pagato la signora Marika per diversi anni, rimanendo di gran lunga al di sotto di quanto sarà necessario investire per riparare il danno di immagine subito.

Quindi a prescindere dalle ragioni sulle quali, ripeto, non intendo entrare, voglio soltanto porre l’attenzione sul buonsenso o meno di certe decisioni manageriali che hanno molto il sapore della ripicca, delle prese di posizione e della voglia di affermare chi è il più forte, dimenticandosi poi di ponderare quali saranno i costi per un’azienda di quelle dimensioni quando l’opinione pubblica si mette di traverso.

Chiudo non potendo evitare di rilevare come le recenti teorie del management che parlano di valorizzazione delle risorse umane, di brand reputation, di responsabilità sociale delle aziende, troppo spesso non rappresentino altro che delle parole vuote di significato per i manager di alcune aziende come gli ultimi casi di Ikea e RyanAir sembrano testimoniare.

Va bene così, ma poi i risultati di bilancio agli azionisti e ai mercati, come dovrebbero venire spiegati?

COME FANNO DIGITAL STORYTELLING LE AZIENDE DI SERVIZI? QUALE POSIZIONAMENTO E QUALI REAZIONI DAI LORO FOLLOWERS?

COME FANNO DIGITAL STORYTELLING LE AZIENDE DI SERVIZI? QUALE POSIZIONAMENTO E QUALI REAZIONI DAI LORO FOLLOWERS?

Nell’ era dei social media dove la comunicazione e le politiche di branding passano inevitabilmente su queste piattaforme, dove tutto viene definito più o meno appropriatamente storytelling, che tipo di narrazioni creano le aziende dei servizi di energia per i loro followers?

Questa volta la mia attenzione sarà rivolta alle aziende del settore energetico che commercializzano luce e gas per le utenze domestiche, un settore che non pochi problemi ha riservato (e riserva!) ai cittadini per trasparenza nel servizio, nei costi e nella stipula di nuovi contratti con la clientela.

Utilizzerò le pagine Facebook di queste aziende per analizzare che tipo di comunicazione realizzano e quali sono le reazioni e la qualità delle interazioni dei propri “followers”.
La modalità di analisi adottata va a individuare il posizionamento di un brand che si determina attraverso i messaggi postati su Facebook, ne va a valutare gli indici di “engagement rate” e ne considera qualità e grado di coinvolgimento delle interazioni.

In questa analisi sono stati considerati sei operatori, due su scala regionale, due di livello interregionale e due di livello nazionale.
Sono stati presi in considerazione soltanto i post delle rispettive pagine Facebook in un arco temporale che va dal 16 aprile al 15 maggio, un tempo relativamente breve ma sufficiente per capire quali sono le scelte comunicative e gli atteggiamenti del pubblico a cui sono indirizzate.

Quello che viene valutato è esclusivamente ciò che appare ad un qualunque utente di Facebook e pertanto per certi versi ne descrive la possibile percezione, non potendo disporre né dei dati di insight né di orientamenti e obiettivi delle singole aziende.

Il procedimento di categorizzazione dei vari post attraverso un sistema di mapping, esprime il posizionamento dello “storytelling” di un’azienda, rappresentato graficamente così da metterne in luce le caratteristiche e le differenze in confronto alle altre.

Il metodo di mapping utilizzato

Il metodo di mapping1, di cui ho altre volte parlato in questo blog, si basa su quattro polarizzazioni tali da poter comprendere e racchiudere l’intera area semantico-discorsiva sviluppabile nella comunicazione.

La mappa scaturisce dalla collocazione su due assi cartesiani di quattro tipologie di narrazioni:

  • Narrazioni utopiche;
  • Narrazioni ludiche;
  • Narrazioni pratiche;
  • Narrazioni performative;

Poiché un posizionamento concepito a cavallo di uno dei quattro assi diverrebbe di per sé troppo rigido, il principio del mapping prevede di definire i quattro quadranti che scaturiscono dall’intersezione degli assi e che consentono di trovare una varietà di posizionamenti dei contenuti a seconda le loro proprietà semantiche.
Pertanto i quattro quadranti che ne risultano descritti sono:

  • Discorsi ideali (o contemplativi): quadrante definito dall’intersezione dell’asse delle narrazioni utopiche e delle narrazioni ludiche che comprende i discorsi sull’essere, sugli ideali, sull’identità, sui valori e sugli aspetti socialmente condivisi;
  • Discorsi pratici: quadrante definito dall’intersezione dell’asse delle narrazioni ludiche e delle narrazioni pratiche che contempla i discorsi sui vantaggi, sulle comodità, sulla soddisfazione del possesso e sulla sua valorizzazione;
  • Discorsi performativi: quadrante definito dall’intersezione tra l’asse delle narrazioni pratiche e quello delle narrazioni performative, caratterizzato dai discorsi del fare e del saper fare, dei risultati, della capacità e della tecnica;
  • Discorsi emancipativi: quadrante definito dall’intersezione delle narrazioni performative e delle narrazioni utopiche e che include i discorsi sulla dimensione del sé, sul divenire, sul futuro, sulla crescita e sullo sviluppo.

Tuttavia anche l’area discorsiva coperta da un quadrante risultava uno spazio un po’ troppo vasto per collocare con precisione i numerosi argomenti che questa può comprendere, per cui per dare maggior accuratezza al posizionamento dei vari post, questi sono stati ulteriormente categorizzati in una serie di tematizzazioni generali nella quale potevano venire inclusi.

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Le varie tematizzazioni definite, sono state collocate nei quadranti determinando una serie di posizioni intermedie a seconda la vicinanza semantica con gli assi principali di riferimento.
Le rispettive frequenze con cui questi temi sono stati toccati, sono state trasformate in spazi di grandezza proporzionale che sono stati uniti in modo da offrire una rappresentazione visiva della discorsività sviluppata senza elementi di discontinuità.
Le forme grafiche riportate nelle tabelle costituiscono dunque la rappresentazione del posizionamento realizzato dalle varie aziende nella loro comunicazione sulla pagina Facebook.

Qualità delle interazioni e feedback dei followers

L’ esame delle interazioni e del tipo di feedback espresso dai followers, completa l’analisi del posizionamento perché indica il gradimento e le reazioni dei destinatari della comunicazione.
In questo caso però il coefficiente di engagement rate è stato calcolato ponderando il totale di like, condivisioni e commenti ottenuti mediante l’attribuzione di un indice basato sul diverso grado di coinvolgimento richiesto per esprimerli, applicando poi delle decurtazioni nei casi di “reaction” o commenti negativi e/o critici.
Ai like è stato quindi attribuito un coefficiente di 0.1 punti, alle condivisioni di 0.3 e ai commenti di 1; le reaction negative sono state successivamente decurtate applicando un coefficiente di 0.2 mentre per i commenti negativi decurtati il coefficiente è stato di 2 punti. I valori sono poi stati espressi in percentuale per favorire il confronto tra i vari operatori.

La formula applicata pertanto è stata:

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Per ogni azienda un istogramma riporta anche i valori di engagement rate ottenuti per ogni tipologia di discorso con il fine di ottenere una indicazione, sia pure suscettibile di essere riverificata nel corso del tempo, del gradimento espresso dal pubblico, mentre in una tabella riassuntiva è possibile anche confrontare i dati relativi al post che ha ottenuto il miglior risultato nel periodo considerato.
Di seguito i risultati e un breve commento relativo alle varie aziende monitorate.

Prometeo

La comunicazione social di Prometeo predilige chiaramente il discorso ideale, in special modo usando tematizzazioni che esprimono il “radicamento territoriale”, senza trascurare tuttavia il discorso pratico realizzato con una certa frequenza sui temi “educativo-pedagogico”.
La ripartizione dei like tra i vari discorsi non deve comunque trarre in inganno in merito alle preferenze dei followers; si noti infatti negli istogrammi che il discorso pratico e il discorso performativo conseguono un indice di engagement rate superiore a quello globale nonostante tali aree siano state calcate con minore frequenza.
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Gruppo Iren

La comunicazione social del Gruppo IREN si orienta decisamente verso il discorso performativo con tematizzazioni legate al “contributo alla sostenibilità ambientale” con il chiaro intento di accreditarsi come azienda con un’alta cognizione della responsabilità sociale. In tal senso infatti anche la marcata presenza sul discorso pratico con i temi “educativo-pedagogico”, tutto sommato persegue lo stesso fine.
In questo caso non soltanto il totale dei like, ma anche l’indice di engagement rate del discorso performativo sembrano confermare le scelte dell’azienda in termini di gradimento del pubblico, perché quest’ultimo è superiore all’indice globale.
Non dello stesso tenore invece i dati relativi al discorso pratico, mentre il discorso emancipativo con il tema del “mecenatismo”, ancorché poco sfruttato, mostra indici di engagement rate tutto sommato interessanti.
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Sorgenia

La comunicazione social di Sorgenia punta decisamente sul discorso ideale con tematizzazioni legate all’ “attualità-intrattenimento” anche con il chiaro e preciso intento di sfruttare sinergicamente la positiva immagine del testimonial prescelto nella figura di Beatrice Vio.
Il testimonial è il referente della metafora «più energia», in qualche caso anche chiaramente citata nei post, e riscuote il favore e la simpatia del pubblico in virtù dei successi sportivi ottenuti a dispetto del suo handicap.
Infatti sia like che engagement rate hanno indici di assoluta preminenza che si riscontrano particolarmente in coincidenza dei post che usano argomenti ed immagini legati al testimonial. Rilevanti sono infatti i risultati, in particolare del post che ritrae la ragazza con i tacchi, simbolo della femminilità, con indici ampiamente superiori rispetto a tutte le altre aziende del settore.
Tuttavia non si può non rilevare che quando per forza di cose il discorso deve spaziare su altri temi, i risultati, come si vede nei grafici, sono di tutt’altro tenore, il che deve fornire più di un motivo di riflessione.
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Eni Gas&Luce

La comunicazione social di Eni Gas&Luce è quella che più delle altre ha cercato di spaziare in più aree discorsive con diverse tematizzazioni.
Si è riscontrata una leggera prevalenza nel discorso pratico con i temi “educativo-pedagogico” e di “servizio al consumatore”; anche i temi legati ai “consigli virtuosi” nel discorso performativo hanno avuto un certo peso, così come i temi dell’”attualità-intrattenimento” nel discorso ideale.
In termini di gradimento, il totale dei like e l’engagement rate registrano valori più alti nel discorso pratico, indicandolo come preferito per i followers. Da rilevare comunque dati contrastanti nei singoli post: mentre alcuni ottengono interazioni ed indici molto interessanti specie nel discorso pratico, da contro oltre il 25% dei commenti è stato negativo, riferito soprattutto al servizio amministrativo dell’azienda.
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Acea

La comunicazione social di Acea presenta due aree di polarizzazione marcate: a cavallo dell’asse delle narrazioni pratiche si collocano i temi dei “consigli virtuosi” e del “servizio al consumatore”, mentre altra polarità rilevante è nell’area del discorso ideale con i temi legati ad “attualità e intrattenimento”.
In termini di gradimento, l’area del discorso ideale ottiene i risultati migliori in termini di like e di engagement rate, ma anche il discorso pratico da buoni risultati.
Da rilevare comunque che quasi la metà dei commenti sono stati di carattere negativo, legati a varie disfunzioni nei servizi amministrativi, un indicatore negativo molto importante che nei toni ha mostrato come il pubblico non sia affatto incline a sorvolare né a farsi addomesticare da una comunicazione che è sembrata, in questi casi, abbastanza evasiva.
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Enel Energia

Situazione particolare per Enel,  ex monopolista dell’energia elettrica, e mattatore nei social con oltre 400.000 followers, è stato osservato e poi non considerato nel confronto perché durante la fase di osservazione era in corso di svolgimento il Giro d’Italia; poiché Enel è stata azienda sponsor del Giro ed ha dedicato uno spazio molto ampio a questo evento nella propria pagina Facebook, qualsiasi lettura di posizionamento ed analisi delle interazioni operata in questo frangente avrebbe completamente falsato i risultati ottenuti e i termini del confronto. Tuttavia verificando il contenuto e le interazioni ricevute in alcuni post di routine, sia il genere di contenuti, sia le tematizzazioni prescelte, sia l’engagement rate non sembravano mostrare significative differenze rispetto alle altre aziende; tutto sommato anche i post dedicati al giro d’Italia, pur generando un maggior numero di interazioni, non è che abbiano raggiunto risultati entusiasmanti sotto questo punto di vista.

Conclusioni

Questa analisi sul posizionamento della comunicazione nei social media delle aziende di servizi ci offre senza dubbio elementi di riflessione, alcuni di carattere generale, altri riferibili allo specifico settore.

Sugli aspetti di carattere generale va sicuramente annoverato l’utilità e l’opportunità di mettere a punto un metodo che consente di “visualizzare” la posizione della propria comunicazione, il poterla confrontare con quella dei concorrenti, e poter scoprire gli “spazi” lasciati liberi.
La seconda considerazione, analizzando il feedback dei propri follower, offre la possibilità di comprendere se le scelte fatte sono gradite e se vanno nella giusta direzione, oppure se è il caso di trovare nuove strade.

Nello specifico settore invece è stato possibile notare come tutte le aziende del settore abbiano optato per orientare buona parte della propria comunicazione nei quadranti del discorso ideale e del discorso pratico, solo in parte verso il discorso performativo, mentre assai sporadicamente hanno utilizzato il discorso emancipativo.
Anche nelle tematizzazioni adottate si sono riscontrate diverse analogie, similarità emerse anche nella stilistica dei messaggi, il cosiddetto “tone of voice”.

I temi “ludici” e comunque legati all’intrattenimento sono frequenti, anche troppo, ma non è assolutamente certo che l’apparente atteggiamento favorevole del proprio pubblico sia estendibile per antonomasia anche all’emittente.

È il caso di Sorgenia che con il suo testimonial, Beatrice Vio, riesce ad ottenere lusinghieri risultati di engagement, ma non è sicuro che tali risultati possano essere riferibili anche al brand.
D’altronde l’accostamento con la tenacia e l’energia del testimonial appare metaforicamente debole, come si nota infatti leggendo i commenti, che sono perlopiù indirizzati al testimonial.

Le aziende considerate in generale tendono a tenersi lontano da discorsi e temi riferibili alle proprie performance, forse sperando di evitare eventuali commenti e reazioni negative dovute alla propria condotta di mercato, più o meno discutibile a seconda i casi.

Parimenti trascurati i temi che affrontano la loro identità, la loro storia, la loro filosofia di impresa o la loro mission, ed il dubbio sul motivo di tali scelte rimane.
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In realtà, dalla lettura dei commenti, gli utenti dimostrano di non lasciarsi distrarre tanto facilmente dalle argomentazioni delle pagine e non perdono occasione di rimarcare carenze e mancanze commesse nel servizio.
È questo il caso di Eni e soprattutto di Acea che vengono abbastanza frequentemente bacchettate per le loro mancanze verso i propri clienti.

In definitiva, si può asserire che non è certo la comunicazione social che può “imbonire” un cliente arrabbiato e che la customer satisfaction si può mitigare ma non si può costruire solo con la comunicazione.

Forse, specialmente nel caso degli operatori di minori dimensioni, sarebbe opportuno avere più coraggio nell’adottare una comunicazione più diretta, che parli del brand, che ne definisca l’identità e ne illustri la performance se si vuole in prospettiva fare un “branding” più forte connotando l’azienda in modo più preciso e concreto.

Questo anche al costo di subire commenti negativi che tuttavia rappresentano la cartina al tornasole della propria attività e suggeriscono poi dove intervenire, e che in fondo è uno dei maggiori vantaggi della comunicazione social.

Infine anche le irregolarità più o meno marcate delle forme grafiche di posizionamento per certi aspetti denotano qualche disomogeneità e discontinuità nella strategia di comunicazione (fattore suscettibile di analisi proiettate in tempi più lunghi), mentre forme più omogenee in linea di massima offrirebbero al consumatore una percezione del brand più solida e strutturata su un range ben preciso di concetti.

1 Questo metodo di mapping è il risultato su cui convergono numerosi autori ai quali rinvio per approfondimenti che in ordine cronologico sono J.M. Floch, A. Semprini, G. Marrone, A. Fontana. In particolare sul testo Storyselling di Fontana si trova specifico riferimento al modello illustrato.

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DIGITAL STORYTELLING DELLE BANCHE SUI  SOCIAL MEDIA: QUALE POSIZIONAMENTO E QUALI REAZIONI DAI PROPRI FAN?

DIGITAL STORYTELLING DELLE BANCHE SUI SOCIAL MEDIA: QUALE POSIZIONAMENTO E QUALI REAZIONI DAI PROPRI FAN?

Quale storytelling stanno proponendo le banche sulle loro pagine Facebook considerato il buon numero di fan ottenuti, e che tipo di interazioni e risposte ricevono da questi ultimi? Analisi e considerazioni in merito

Negli ultimi anni le banche sono state spesso oggetto di aspre critiche per la loro condotta e ritenute in buona parte responsabili della crisi economica del sistema e dei suoi squilibri, un pensiero condiviso abbastanza diffuso che incide fortemente sulla percezione dei loro brand.
Non a caso riporto nel riquadro uno stralcio di una ricerca fatta da IPSOS in aprile.
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Sempre in questi anni si è verificata la straordinaria diffusione dei social media, diventati di fatto un imprescindibile canale di comunicazione sociale che le aziende, specialmente i brand più affermati, non possono più evitare di includere nei loro canali di comunicazione a prescindere dal settore di attività.
Le piattaforme social non rappresentano solo un canale di comunicazione ma sono uno strumento molto efficace per ascoltare opinioni e punti di vista del proprio pubblico, per raccogliere il feed-back sui propri prodotti/servizi, per monitorare la percezione del proprio brand.

Ho voluto pertanto basare su Facebook, la piattaforma social più nota e diffusa, l’analisi dei contenuti comunicativi pubblicati da alcune banche per capire quale tipo di narrazione stiano realizzando e quali reazioni stanno suscitando nell’audience.

Nello scorso mese su alcuni blog tra cui Blogmeter, sono apparsi degli articoli che hanno preso in esame il settore stilando una classifica delle 10 migliori banche nel mese di settembre, esaminate principalmente dal punto di vista del numero di fan e dalla loro capacità di fare “engagement” di nuovi followers.
Questo lavoro invece si basa su criteri un po’ diversi e più che sulla quantità dei dati cerca di interpretarne alcuni aspetti qualitativi.

Sono stati scelte quattro tra le più note banche del sistema italiano selezionate non soltanto per numero di fan, e Poste Italiane che negli ultimi anni sta compiendo un grosso sforzo di riposizionamento sia per la sua offerta di servizi, sia per la sua immagine complessiva, collocandosi di fatto come uno dei “player” del sistema creditizio.

Di questi brand ho preso in considerazione gli ultimi 30 post pubblicati sulle rispettive pagine Facebook classificandone i temi proposti, rilevandone numero di condivisioni, like e commenti ottenuti in questi post rapportandoli al numero di fan rilevati da Soldiweb in data 11 ottobre, ed infine ho esaminato come hanno usato i link, se indirizzati alla/e proprie landing page ovvero verso siti esterni.

Premesso che senza i privilegi di amministrazione delle pagine non si dispone dei dati di “insight”, né di strumenti per calcolare la “reach” potenziale sviluppata dalle condivisioni, pertanto ogni risultato dipende dal materiale osservabile.
Stesso discorso anche per i commenti poiché non ho la certezza che non ci siano state rimozioni, magari di quelli meno ortodossi, per cui nella valutazione di questi ho usato molta cautela.

Non mi sono basato sulle tradizionali formule di “engagement rate” che ho ritenuto troppo sbilanciate su meri dati numerici e poco indicative invece del tipo di narrazione emergente, del posizionamento che ne deriva e della valutazione delle risposte del target audience in merito.

Quindi ancorché si tratti di dati ottenuti da un campione numericamente limitato, se ne possono trarre indicazioni descrittive abbastanza fondate in merito alla strategia narrativa adottata e rappresentano comunque un metodo di approccio al problema della valutazione dei contenuti pubblicati che difficilmente può provenire da procedure automatiche.

Il risultato è una rappresentazione grafica del posizionamento che cerca di definire delle aree discorsive formate dai contenuti pubblicati, piuttosto che delimitarli troppo rigidamente con dei valori collocati su assi cartesiani.
I tempi in cui questi contenuti sono stati rilevati variano in base alla frequenza di pubblicazione dei post adottata da ogni banca e spaziano tra i 25 e i 70 giorni.

Posizionare lo Storytelling 

Per un’impresa la comunicazione sui social media, specificamente su Facebook, è sostanzialmente diversa dalla comunicazione pubblicitaria tradizionale perché non può restringersi ad una mera proposta d’acquisto ma deve saper spaziare su più temi, deve rappresentare un discorso quotidiano che sappia cogliere interessi e gusti del suo lettore.
In tal senso la comunicazione sui social diventa per sua natura una narrazione in cui l’intreccio narrativo è formato dai differenti temi che sono di volta in volta trattati nei vari post.

Parlare di posizionamento significa definire che tipo di storytelling il soggetto sta portando avanti.
In questo caso per definire una categorizzazione degli argomenti di volta in volta pubblicati, ho adottato un sistema di mapping1 che si basa su quattro polarizzazioni tali da poter comprendere e racchiudere le varie tematizzazioni di volta in volta proposte dalle banche.
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Le quattro tipologie adottate sono:

  • Discorso esistenziale: è un tipo di tematizzazione che si indirizza alla cosiddetta “cultura alta” come mostre d’arte e di pittura, di musei e di musica lirica, che tende ad enfatizzare la valorizzazione del patrimonio culturale, la sua identità, i valori estetici, ed al tempo stesso valorizza coloro che sono sensibili al suo fascino. È un tipo di argomenti che sembra rivolgersi ad un target maturo di alto profilo culturale e con uno status sociale di prestigio che si riconosce in questi valori.
  • Discorso ludico: è il genere di temi che parla della società, delle sue espressioni contemporanee e dei trend in atto in quel momento; parla di sport e di concerti, di mostre o eventi ma anche di solidarietà civile, proponendo in tal modo un discorso basato non solo su aspetti ludici ma anche sui vincoli della responsabilità sociale. Sembra un discorso rivolto ad un target giovane ma culturalmente impegnato e molto coinvolto nella società in cui vive.
  • Discorso pratico: è un tipo di discorso che tratta temi affini al campo di attività della banca, quindi aspetti economici e del fare impresa, storie di successo o di opportunità di business. È comunque un discorso orientato al pragmatismo, che indirettamente vuole affermare la competenza della banca nell’ambito delle attività economiche e ne legittima il suo ruolo di partnership nell’attività di impresa. In questo caso il target di riferimento è relativamente giovane, attento alla sostanza delle cose e al pragmatismo che ci si attende da chi deve operare in certi settori senza troppi fronzoli.
  • Discorso performativo: è il genere di temi finalizzato a promuovere direttamente i servizi della banca, i suoi risultati, le sue promozioni, o anche le abilità e le competenze del suo personale, a volte sconfinando anche in un’autoreferenzialità più o meno marcata. È comunque un discorso che lancia una proposta diretta al suo pubblico, il quale potrebbe identificarsi in un target maturo di status medio-alto, incline a considerare prima di tutto gli aspetti pratici che derivano da un suo rapporto con la banca.

Ovviamente nessuna banca nel periodo considerato ha utilizzato un solo tipo di “discorso”, per cui si è cercato di rilevarne le tendenze più marcate e di costruirne un’area che in qualche modo rappresenti la totalità delle argomentazioni coperte da ogni brand.
Invito ad osservare le differenze discorsive evidenziate in modo assai speditivo dalle rappresentazioni grafiche sottostanti.

Appare subito evidente la forte differenza esistente tra il posizionamento di banca Intesa e quello di Mediolanum, che nel periodo considerato hanno adottato narrazioni articolate tra due polarizzazioni opposte; la prima assegna prevalenza alla cultura, al discorso esistenziale, la seconda contraddistinta da un discorso spiccatamente pratico-performativo.
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Il posizionamento di Unicredit assegna una prevalenza al discorso “ludico”, consegue una consistente presenza nel discorso pratico senza tuttavia tralasciare neanche le altre varianti, quasi a voler realizzare un discorso in equilibrio tra le varie aree che forse appare poco caratterizzato e non esalta il suo pubblico stando alle interazioni ricevute.
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Quasi completamente appiattito sull’asse performativo-ludico il discorso di Che Banca, dove prevale nettamente il parlare di sé, e vedremo come per certi versi questo sembri premiare la banca.
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Si nota altresì con chiarezza lo sforzo di riposizionamento in atto in Poste Italiane, con un’area discorsiva quasi completamente inclusa tra il discorso ludico ed il discorso esistenziale, evidente quindi la ricerca di un target giovane.
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Questi risultati sono stati poi confrontati con il totale delle varie interazioni quali condivisioni, like e commenti, ricevute nei vari post (tot.interaz. x 1.000 / n. fan page), ricavandone degli indici riferiti sia al totale dell’interazione, sia al parziale suddiviso tra i vari discorsi categorizzati, come si può vedere nelle tabelle riepilogative di ogni banca. Questi indici in un certo senso rappresentano il feed-back che i fan danno in merito al gradimento dei temi proposti nella pagina.
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Sarebbe stato molto interessante poter confrontare i risultati ottenuti con gli obiettivi prefissati dalle varie banche, ma purtroppo senza le loro pianificazioni strategiche questo non è possibile.

Il profilo emergente delle varie banche 

 Banca Intesa (dal 13 agosto al 21 ottobre) 
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La comunicazione di Banca Intesa si orienta prevalentemente ad un discorso esistenziale che tocca i temi della cultura alta, anche se sia il discorso ludico che quello performativo vengono utilizzati con una certa frequenza.
Si tiene altresì alla lontana dal discorso pratico del “fare impresa”, ma i motivi possono solo essere supposti.

È una comunicazione che sembra indirizzarsi ad un target di livello medio-alto e che non dimentica di richiamare un certo radicamento territoriale con la città di Torino.
Dimostra, nel confronto con le altre banche, una buona capacità di generare interazioni e soprattutto sembra riscuotere il gradimento del suo pubblico verso i contenuti pubblicati stando agli indici calcolati (vedi tabella), anche in virtù della qualità dei materiali visivi postati che riscuotono un buon numero di visualizzazioni.

I commenti non sembrano offrire materiale pregiato di analisi ed anche quelli negativi, perlopiù originati da disfunzioni nei servizi, sono quantitativamente abbastanza limitati se confrontati con il numero di fan della pagina, mentre commenti negativi sulle connotazioni del brand o sull’immagine del soggetto banca in generale sono assai rari.

 Unicredit (dal 3 al 25 ottobre) 
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La comunicazione di Unicredit tenta di coprire tutte le polarità del discorso anche se il suo orientamento maggiore è rivolto verso il discorso ludico e a seguire con una certa frequenza anche il discorso pratico.
È una discorsività che parla spesso dello sport come espressione sociale e del fare impresa con successo, perciò sembra mirare ad un target giovane e dinamico.

È un tipo di comunicazione che sembra essere in linea con le preferenze del suo pubblico stando agli indici rilevati, tuttavia non sembra coinvolgere più di tanto la sua audience visto che gli stessi indici sono i più bassi tra i soggetti presi a confronto.

Sia reaction che commenti negativi sono comunque limitati, per cui un’interpretazione possibile è che la banca realizzi uno stile “low profile” che non fa emergere forti coinvolgimenti né in positivo né in negativo, o anche che nonostante l’elevato numero di fan, un riposizionamento del brand sia in qualche modo in corso o in prospettiva.

 Poste Italiane (dal 3 al 26 ottobre) 
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La comunicazione di Poste Italiane predilige marcatamente il discorso ludico a cui fa seguire una buona presenza anche sul discorso esistenziale che curiosamente verte molto spesso sugli aspetti storico-culturali delle strutture architettoniche di alcune sue sedi, realizzando in tal modo una sorta di “in-bound marketing”.

È noto che Poste Italiane stia perseguendo negli ultimi anni un sostanzioso riposizionamento da ente pubblico del servizio postale a soggetto attivo ed efficace nell’esercizio del credito.
Le scelte editoriali vanno pertanto in questa direzione e sembrano dirette a raggiungere un pubblico giovane e dinamico.

Il discorso di poste Italiane genera un volume di interazioni tutto sommato modesto e i suoi lettori sembrano preferire contenuti di tipo performativo, a dimostrazione che la strada da percorrere nel riposizionarsi è ancora abbastanza lunga.
Prova ne sia che i commenti negativi rilevati, peraltro in quantità modesta, sono in prevalenza originati da disservizi nella consegna di pacchi o raccomandate e non riguardano i servizi di tipo bancario, segnale da interpretare positivamente.

 Che Banca! (dall’8 settembre al 25 ottobre) 
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Che Banca produce uno Storytelling spiccatamente orientato al discorso performativo, a cui fa da contraltare un apprezzabile inclinazione verso il discorso ludico, quantomeno per intervallare un parlare di sé che rischia di peccare di autoreferenzialità.
È tuttavia un discorso realizzato con una tecnica molto “cool”, moderno e dinamico, che sembra puntare decisamente ad una clientela fatta di giovani orientati alla concretezza che si aspettano che una banca parli di ciò che attiene la sua effettiva sfera di attività.

La sua capacità di generare interazione è abbastanza alta nel confronto con gli altri soggetti e il pubblico sembra apprezzare la sostanza del suo discorso, soprattutto quella del versante ludico.

Per quanto riguarda i commenti invece, anche se quantitativamente si rimane su valori abbastanza contenuti, il fatto di aver ricevuto il maggior numero di commenti negativi e di ottenere l’indice più alto deve accendere qualche campanello di allarme perché le critiche vertono proprio nello specifico dei servizi offerti e soprattutto dei prezzi praticati dalla banca, includendo propositi più o meno espliciti di voler “cambiare aria”.

 Banca Mediolanum (dal 7 al 26 ottobre) 
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La comunicazione di Banca Mediolanum è marcatamente concreta, il suo storytelling vede prevalere il discorso performativo oltre ad una certa frequenza del discorso pratico.
Abbastanza singolare peraltro il fatto di promuovere eventi (presentazione di libri, convegni etc.) che vedono protagonisti i suoi dirigenti, un modo per affermare le proprie competenze attraverso quelle dei suoi uomini di punta.

La frequenza di temi relativi alla consulenza finanziaria ed agli investimenti chiarisce presto a quale clientela la banca stia mirando, un cliente che dà molta attenzione alla competenza di chi gestisce le sue risorse di risparmio o di business.

La capacità di generare interazioni è tutto sommato assai modesta, eccezion fatta per la tendenza alla condivisione che risulta essere la più marcata, mentre il pubblico dimostra di essere in sintonia con il tipo di discorso proposto dalla banca stessa.

Conclusioni 

Il risultato dell’indagine dell’IPSOS di aprile 2016, ci racconta che la reputazione complessiva del settore banche è molto bassa, influenzata anche dai recenti e gravi casi che hanno coinvolto i risparmiatori in pesanti perdite.

Quindi in tal senso, i risultati osservati in queste pagine sono persino al di sopra delle aspettative, anche se certamente le banche non rappresentano dei “lovemarks”.
Ovvio che non si possa confondere la reputazione settoriale con quella di un singolo brand, però è normale che una certa influenza si verifichi comunque quando l’umore collettivo è negativo.

Chiaramente per qualunque impresa di un certo livello, nascondersi sulla rete non significa evitare che se ne parli, implica soltanto non sapere e non controllare cosa si dice, per cui la scelta di essere presenti sui social media era pressoché ineludibile.

Tuttavia gli effetti di questo gap di reputazione permangono sullo sfondo perché il discorso complessivo che le banche realizzano sembra mascherare una certa “insicurezza”, un girare al largo dagli argomenti a loro più consoni ma allo stesso tempo anche più scottanti.

Penso che non debbano trarre in inganno i dati più che lusinghieri sull’incremento del numero di fan e forse sono da prendere con le molle anche le modalità di interazione osservate.
Infatti, fino a che il discorso si mantiene su argomenti di carattere generale le reazioni sono globalmente positive, ma quando questo si sposta sul “fare banca”, sembrano riaffiorare elementi di criticità.

Ovvio quindi che proporre un discorso “soft” basato su valori etici e sociali miri a riconquistare simpatie e ristabilire un clima di fiducia, ma la strada è ancora lunga ed in tal senso il livello abbastanza ridotto di interazioni, specialmente condivisioni e commenti, ci dirà molto in merito.

In conclusione è una presenza sui social che ha bisogno di rinsaldarsi con una proposta argomentativa anche più coraggiosa, al costo di incassare un maggior numero di commenti negativi.
Non sembra infatti che i fan disdegnino di interessarsi e di interagire quando la banca parla della sua attività, anzi in fondo e ciò che vogliono per poi magari giudicare anche negativamente.
Al momento infatti, analizzando i commenti leggibili nelle loro pagine, si farebbe una certa fatica a trarre indicazioni probanti sul livello di percezione del loro brand e sul gradimento dei loro servizi.

1 Pur dovendo adottare degli aggiustamenti il concetto deriva da quanto pubblicato da A. Fontana in Storyselling (2010) e da G. Marrone in Corpi Sociali (2001)
VOLKSWAGEN GATE – UN CASO DI  “CRISIS COMMUNICATION MANAGEMENT”

VOLKSWAGEN GATE – UN CASO DI “CRISIS COMMUNICATION MANAGEMENT”

La ricorrente difficoltà a gestire la comunicazione nelle situazioni di crisi sembra aver colpito anche un gruppo delle dimensioni di Volkswagen. Molti segnali, rilevati anche sui social media, ci delineano un’azienda esitante di fronte al problema ed incline a nascondere la faccia.

Il management della comunicazione in situazioni di crisi è uno degli aspetti più complessi che un’azienda può dover affrontare a causa di diversi fattori quali condizioni di incertezza, processi sommari dell’opinione pubblica, forme più o meno scontate di ostracismo ambientale e dei media.

Come avevo già rilevato in precedenza (Comunicazione di crisi – Che tipo di storia è mai questa?), troppo spesso ci si rifugia in atteggiamenti difensivi mirati a limitare i danni finendo così per trincerarsi in comunicazioni scarne, in ambiguità o silenzi che non fanno altro che aumentare la presunzione di colpevolezza dell’azienda agli occhi del pubblico.

Il gigante di Wolfsburg, pienamente coinvolto nel soprannominato “Volkswagen-gate” non sembra al momento fare eccezione avendo mostrato un forte imbarazzo nel dover affrontare questa situazione, ulteriore conferma della difficoltà a governare le situazioni di crisi nella prospettiva di ingenti perdite non soltanto economiche ma anche di reputazione ed immagine.

Il caso 

A partire dalle accuse formalizzate dall’EPA lo scorso 18 settembre, dilagate poi su TV e giornali dal 22 settembre, l’azienda si è limitata a caricare sul proprio sito un videomessaggio del CEO il 22 settembre, a comunicati stampa contenenti generiche spiegazioni il 23 settembre, ad annunciare un cambio al vertice dell’azienda il 25 settembre, scarni e sporadici comunicati contenenti generiche rassicurazioni ai clienti sulla sicurezza (!?) delle vetture, sul loro futuro impegno a riguadagnare la fiducia (senza specificare come!), a generiche promesse sull’impegno dell’azienda a risolvere il problema senza chiarire in che modo. In sostanza sono stati persi quattro giorni preziosi, dove l’azienda anziché prendere l’iniziativa ha aspettato che il problema deflagrasse sui media prima di rispondere.
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Carente e criticabile anche l’azione sui social media:

– su Twitter, nell’account USA due soli tweet il 24 e il 27 settembre, in quello italiano due tweet il 24/9 e il 2/10, in quello inglese tre tweet dal 23/9, in quello francese nove tweet di cui solo due dedicati al fatto mentre gli altri addirittura promuovono i propri modelli, negli account @Volkswagen e @vwgroup_en rispettivamente 8 e 11 tweet dedicati perlopiù al cambio al vertice e a notizie sulla governance mentre soltanto 2 tweet erano mirati a rispondere agli interrogativi della clientela;

– Su Facebook nella pagina americana un post di generiche scuse il 25/9 (7.339 commenti), informazioni ai consumatori il 27/9 (4.646 commenti), sulla pagina tedesca un post di informazioni il 2/10 (?) seguito da un manifesto condiviso il giorno dopo (3.000 commenti e 6.800 condivisioni), sulla pagina francese si evita l’argomento postando la promozione dei propri modelli, sulla pagina italiana un post di scuse il 24/9 (1.301 commenti), poi a partire dall’8/10 vari post di promozione dei propri modelli, sulla pagina del gruppo sei post con i contenuti generici già detti, solo il 3/10 un aggiornamento informazioni per i consumatori e il 12/10 l’assicurazione che non ci sono rischi per la salute, addirittura il 22 settembre un post con la presentazione di una APP!

Quello che ha indispettito anche i giornali tedeschi e che è stato stigmatizzato anche dalla FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana) è che in un evento di tale portata in aggiunta alla carenza di spiegazioni, sono stati caricati in rete messaggi, video e tweet di promozione di nuovi prodotti mettendo in mostra così un senso di indifferenza alle domande e ai dubbi dell’opinione pubblica e dei clienti.

Il sentimento della gente 

È stata interessante la lettura dei commenti sulla pagina Fb di VW Italia nel post del 24 settembre, dove il “sentiment” rilevato poteva essere categorizzabile in cinque tipi di atteggiamenti che ho denominato in:
adoratori (48%): clienti che possiedono e dichiarano il loro amore per la marca, non sono praticamente toccati dall’ accaduto e difendono il marchio come se parlassero di una squadra di calcio, alcuni adducendo addirittura l’ipotesi di complotti;
possibilisti (4%): soddisfatti dell’esperienza con la Volkswagen, relativamente consapevoli della gravità del fatto, dalle loro parole si deduce che sono disposti ad accordare un’altra chance alla marca;
dubbiosi (9%): sono i clienti confusi, quelli che possiedono un modello e non sanno come si devono comportare, che temono gli effetti del problema, e che di fatto potrebbero diventare clienti persi;
delusi (11%): sono clienti delusi o dal prodotto o dal fatto commesso dall’azienda, sono quelli che dichiarano mai più Vw, in definitiva clienti persi;
sarcastici e arrabbiati (28%): in linea di massima non sono e non diventeranno clienti VW, attribuiscono grande importanza al fatto accaduto, esprimono la loro sfiducia e la loro condanna al marchio e ai suoi modelli passando dall’ ironia, al sarcasmo, alla rabbia.

L’approfondimento del contenuto dei commenti sarebbe tema interessante per altri discorsi stante l’essenza di lovemark del brand Vw, visto che si rintracciano molto frequentemente espressioni da tifo calcistico, ma questo è un argomento da trattare in altra sede.

Tuttavia gli atteggiamenti rilevati nei commenti, all’apparenza abbastanza positivi, non debbono trarre in inganno prima di tutto perché espressi in larga parte da frequentatori della pagina Volkswagen, buona parte dei quali rientrano tra gli adoratori, pertanto il campione potrebbe essere poco rappresentativo e le percentuali poco attendibili. Ciò nonostante un buon 11% di clienti sembrerebbe perso e un altro 9 % è fortemente a rischio. Tra l’altro, dando una rapida occhiata a qualche commento nelle pagine Fb di altri paesi, sembrerebbero grosso modo riproporsi le stesse tendenze della pagina italiana.
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Quando però si esce da questo alveo le cose sono differenti e ben altro è il tipo di risonanza che si diffonde. Effettuando una ricerca su Twitter dell’hashtags #VWgate emerge l’esistenza di un discorso parallelo alle fonti ufficiali della marca che, come si vede nei grafici riportati, a distanza di un mese mantiene ancora una forte presenza sui discorsi dei social, sviluppa derivazioni semantiche tipiche dell’ambiente social, offre lo spunto per coniare fraseologie e iconografie ironiche in grado di incidere negativamente per lungo tempo sull’immagine della marca.
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In sostanza la Volkswagen non è sembrata affatto pronta ad affrontare e gestire una situazione che, sapendo di agire in violazione di norme, doveva essere sicuramente contemplata nel risk management e prevedere un piano di risposte sia sul piano giuridico economico, sia sul piano emotivo, tempestivo, ben articolato e senza incertezze.
La scelta di low profile adottata dall’azienda pertanto non sembra affatto pagante visto che la notizia non si è sgonfiata dopo pochi giorni ma continua a mantenere la scena sui media a quasi un mese dalla sua uscita.

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Le soluzioni al problema 

Per pianificare azioni adeguate è necessario prima di tutto porsi una serie di domande le cui risposte possano soddisfare i potenziali interrogativi dell’audience (la comunicazione di crisi – notizia o narrazione):

    • Cosa si sta chiedendo il pubblico? Conosce sufficientemente e nel modo voluto come si sono svolti i fatti e le conseguenze?
    • Trova risposte nell’ attribuzione di responsabilità? Può pensare che si stia coprendo un colpevole?
    • Le informazioni rese disponibili fino ad ora sono coerenti con i requisiti e l’immagine del brand, ovvero possono incidere negativamente sulla percezione di questo nella mente del pubblico?
    • Chi pagherà per i fatti accaduti, e quale sarà la giusta pena per i colpevoli?

Inevitabilmente nella formulazione delle risposte dovranno esistere dei passaggi obbligati che ricadono sempre sull’attribuzione di responsabilità, perché come prevede la struttura narrativa da costruire intorno ad un evento critico, ci si aspetta che sia fatta giustizia e che il responsabile venga identificato e paghi la giusta colpa.

Qualsiasi carenza nella comunicazione di questi aspetti offre uno spazio che può essere riempito da ipotesi, congetture o peggio dal pessimismo di esperienze precedenti, pertanto ogni intervento deve tendere a fare chiarezza senza reticenze e senza fughe dalle responsabilità che finiscono per indispettire ancor di più l’opinione pubblica.

Volendo dissezionare questa crisi si possono rintracciare fattori rilevanti che possono diventare criteri generalizzabili in una qualsiasi pianificazione delle risposte:

    • la rilevanza del danno economico in questo caso a centinaia di migliaia se non milioni di clienti, provocando in questi incertezza e rabbia;
    • le dimensioni del brand e la gravità del fatto lasciavano prevedere che i media ne avrebbero fatto un caso, pertanto bisognava essere pronti e senza ritardi a spiegare che cosa era successo, cosa comportava per i consumatori, chi erano i responsabili e quindi le teste da sacrificare, cosa intendeva fare l’azienda per scusarsi e riparare i danni;
    • la carenza e il ritardo nel fornire delucidazioni sta creando la sensazione diffusa che siano in atto tentativi di nascondere la verità e viene percepito come ambiguità, intaccando ancor di più la credibilità dell’azienda;
    • i ritardi comunicativi incoraggiano l’influenza reciproca tra i soggetti coinvolti che trova terreno fertile nei social media producendo “trascinamenti” nel tempo sotto forma di luoghi comuni, di forme di satira o di critica incontrollabili che erodono l’immagine del brand nel lungo termine;
    • il riaffiorare nella mente della gente di schemi precostituiti di precedenti situazioni di crisi dove i responsabili hanno tentato di nascondersi nell’ambiguità o in affermazioni rivelatisi poi false;
    • il ruolo giocato dai social media che, nella loro funzione di condivisione delle informazioni, si stanno trasformando sempre più in casse di risonanza degli eventi di maggior popolarità.

In conclusione, pur non essendoci vittime, la gravità del fatto sta sia nel gran numero di soggetti coinvolti, sia nel profondo contrasto emerso tra una condotta truffaldina più o meno diffusa nel mondo economico e l’immagine solida e scrupolosa costruita nel tempo dall’azienda, affidabile anche oltre la tradizionale attendibilità tedesca, contrasto che ha contribuito a generare un’enorme risonanza del fatto persino superiore agli effetti che, come detto, non hanno provocato effetti letali, almeno nell’immediato.

Inoltre non deve venir meno la considerazione che questo fatto non coinvolge solo e soltanto i consumatori, ma anche diverse categorie di stakeholders come fornitori, dipendenti dell’azienda e dell’indotto, risparmiatori, azionisiti e attori del mercato finanziario, persino alcune frange del livello politico.

La scoperta della mancanza di valori morali dell’azienda è un fattore che può produrre effetti nel lungo periodo che riguardano la percezione del brand riflettendosi su tutti gli aspetti dell’attività e non soltanto sulle vendite.

In conclusione si deve tenere sempre presente che, laddove ci fosse un difetto di informazioni, è ineluttabile che la gente provveda in proprio a darsi delle risposte, pertanto coloro che a vario titolo dovessero trovarsi nella scomoda posizione di dover comunicare in situazioni di crisi devono sapere che tutto ciò che non verrà detto o non sarà chiarito sufficientemente, sarà generato e aggiunto dagli altri senza alcuna possibilità di controllo.

Le rappresentazioni sono basate sul detto “non c’è fumo senza fuoco” ….. per scoprire da dove viene il fumo andiamo alla ricerca del fuoco..

(S. Moscovici – Le rappresentazioni sociali – 2005)

DECALOGO

Fare storytelling con le immagini? –  due brand a confronto su Pinterest

Fare storytelling con le immagini? – due brand a confronto su Pinterest

Due case produttrici di automobili messe a confronto attraverso il tipo di immagini caricate su un social media in crescita; due differenti profili ed un modo diverso di fare narrazione del brand e dell’identità

Pinterest è un social media molto giovane che sta aumentando favore e diffusione e che in prospettiva possiede ampi margini di crescita grazie al fatto di basarsi su immagini che possono essere raggruppate in insiemi denominati “board” o bacheche. Questa caratteristica consente di conferire significati in chiave narrativa ad una sequenza di immagini ben definita, che vanno ben oltre la semplice rappresentazione visuale dei prodotti di un brand.

Nel settore automobilistico questo canale, almeno a livello ufficiale, è ancora scarsamente sfruttato perché la maggior parte delle case più note preferisce ancora affidarsi alle pagine facebook o alla piattaforma youtube. L’uso di Pinterest non costituisce un’ alternativa, bensì una sinergia ai SM suddetti perché ogni piattaforma ha le sue proprietà e Pinterest non sostituisce le funzioni di facebook e di youtube, semmai ne dilata la prospettiva comunicativa.

Al momento tra le case automobilistiche più note, ho rintracciato la presenza di due soli account ufficiali, quello di Renault e quello di Fiat. Poiché il mercato di riferimento delle due case presenta diverse similarità, il confronto può quindi essere ancor più interessante.
Non è possibile per ragioni di sintesi sviluppare un’analisi semiotica approfondita delle immagini, tuttavia una loro interpretazione in senso generale in rapporto con i temi proposti dai gestori degli account, costituisce già un buon indicatore delle strategie comunicative aziendali. E su queste invito a riflettere.

 Renault gallery 

L’account di Renault Italia si presenta con 17 bacheche e 2686 Pin (immagini), 293 mi piace, 941 follower, 347 following tanto per fornire qualche numero di riferimento. Quello di Fiat invece si presenta con 8 bacheche, 122 pin, 5 mi piace, 116 follower e 6 following. Non ho riferimenti in merito alla data di apertura degli account, tuttavia il divario di questi numeri depone a tutto favore della Renault, e questo lo vedremo meglio non soltanto giudicando i numeri ma anche la qualità delle tematizzazioni.

Delle 17 bacheche della Renault si può notare prima di tutto la numerosità delle immagini, perché più della metà dei “board” ospita ben oltre 150 “pin” che esprimono in modo estensivo il concetto della didascalia posta a corredo del titolo della bacheca. Sono spesso varie, non legate esclusivamente ad immagini delle auto, bensì sembrano rivolgersi ed al tempo stesso descrivere la “personalità” di un consumatore modello a cui parlano, a cui suggeriscono un’esperienza, contribuendo in tal modo a definire il “mondo possibile” della marca stessa. Di seguito riporto titoli e didascalie (in corsivo) oltre al numero di follower tra parentesi.

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– DRIVE THE CHANGE: Drive the Change si fonda sull’ambizione di Renault di rendere l’innovazione tecnologica accessibile a tutti. Dedichiamo questa board a prodotti Hi Tech, e oggetti del futuro – (328) – una promessa mantenuta: hi tech e design in una molteplicità di forme.
– ZERO EMISSIONI: Zero Emissioni, energia rinnovabile, risparmio, efficienza e sostenibilità ambientale. L’impegno di Renault nello sviluppo di una mobilità urbana sostenibile è espresso in tutti i contenuti che diffondiamo in questo board – (326) – descrizione corretta, promessa mantenuta.
– DESIGN: Ispirazioni di Design: Renault cerca sempre il punto d’incontro tra il passato e il futuro di un prodotto, tra le sue cause e le sue conseguenze. In poche parole: prodotti capaci di parlare di se stessi! (333) – un omaggio agli appassionati di design, da vedere!
– SOUND OF SILENCE: Nel Silenzio spesso si trovano le risposte. Il Silenzio calma, rilassa, ci fà riconciliare con noi stessi, con la natura. Con Renault ZOE abbiamo realizzato un’auto 100% elettrica che rispetta il silenzio, e i luoghi in cui passa – (334) – tante stupende immagini della natura nella quale, accuratamente dosate, a volte compaiono le immagini di alcuni modelli della Renault.
– ROAD TRIP: La strada e la vostra auto sono i vostri compagni di viaggio. Dedichiamo questa Board alle ispirazioni che solo i viaggi on the road ci sanno dare. Siete pronti per il prossimo week end con Scénic XMod Cross? (347) – bella rappresentazione dell’idea di viaggio e ….l’auto Renault idealmente si congiunge: sapiente dosaggio dell’immagine del prodotto.
– RED ISPIRATION: Rosso come Nuova Clio: una bellezza sensuale disegnata per alimentare i desideri, scatenare le passioni e affermarsi – (349)- tutto vero, sagace uso delle immagini per suscitare l’idea di sensualità, passione, gusto, femminilità.
– RENAULT CLASSIC: Siamo con voi dal 1898. Le nostre auto hanno fatto i vostri ricordi e grazie a voi la nostra storia continua. Ricordiamo insieme Dauphine e Floride, Renault 4, R5, Clio, Twingo e le altre protagoniste della nostra storia – (379) – la storia Renault in varie forme, dalle competizioni, alla quotidianità, ai miti come la Renault 4.
– LOVE YOUR CAR: Tanti, consigli, dritte e suggerimenti per prenderti cura della tua automobile Renault! (310)- meno emozioni ma comunque ben fatta, ci può stare.
– MUSICA PER I MIEI VIAGGI: Sono tanti gli artisti che si sono cimentati con il fascino del viaggio: dai Deep Purple a Bob Dylan fino a Lucio Battisti. Vi proponiamo delle canzoni per rilassarvi on the road. Buon viaggio a bordo di Renault! (313) – arricchisce l’esperienza con i video linkati da youtube.
– LOSANGE: In geometria, un rombo (o losanga) è un quadrilatero che ha tutti i lati della stessa lunghezza, ma per Renault è molto più di una semplice forma geometrica: nel 1925 la losanga diventa il logo ufficiale di Renault!(312) – geometria del logo declinata in varie forme: complementare.
– COLOR BLOCK: Fucsia, giallo, turchese, rosso, blu: lasciati ispirare dai colori. Mix your style come Twingo o diffondi “The positive energy” come Twingo! (350) – protagonista il colore e poi …il prodotto: piace.
– SPORT E COMPETITION: Appassionati di vetture sportive Renault, questo board è per voi! Passione, entusiasmo, velocità, emozione e competizione sono gli ingredienti dello sport secondo Renault – (325) – la storia nelle competizioni in tutte le sue manifestazioni, dalla F1 alle sport turismo.
– COOL HUNTING: Il “Cool Hunting” è sinonimo di “ricerca di ispirazione” – Andare a caccia di alternative e innovazioni nel design, la tecnologia, lo stile, la cultura, lo street art. Pubblica su questo board le tue chicche da **Cool Hunter**! http://on.fb.me/XrJVkB. (655) – il “cool” secondo Renault e la Twizy …
– REALTÀ URBANE: Le realtà urbane, viste attraverso i vostri occhi per #360captur Iscriviti subito: http://concorso360captur.it. (309) – un’espressione del concetto dal punto di vista Renault: niente male.
– RENAULT PEOPLE: Un omaggio a tutti voi che avete scelto Renault come compagna di vita! (315) – tante Renault, ognuna con una persona diversa in cui riconoscersi: ecco l’omaggio a …”tutti voi”!
– RENAULT EVENTS: nessuna didascalia ma le immagini si riferiscono prevalentemente alla presentazione per il lancio della nuova Renault Clio dove compare frequentemente l’attore Luca Argentero ed altre celebrità del Jet-set;
– RENAULT MOTOR SHOW 2012: nessuna didascalia e una rassegna di foto del motor show che spesso riprendono figurativizzazioni già esposte nelle altre bacheche – (315).

Renault Clio

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Un’efficace espressione del mondo Renault narrato attraverso le immagini che abilmente sono state organizzate intorno a dei temi. E su questi temi si costruisce un dialogo indirizzato al cliente modello perché attraverso le immagini si tenta di rispecchiarne la personalità e suggerirne i contorni dell’esperienza. In sintesi quindi una strategia di marketing esperienziale ben congegnata e che si pone l’obiettivo di iniziare già a partire dal linguaggio delle immagini.

 Le bacheche di Fiat 

Le 8 bacheche della Fiat invece sono molto più povere di immagini, solo una bacheca raggiunge 73 pins, quattro di esse ne ospitano addirittura meno di 5, le altre sono intorno alle 20; nessuna di esse riporta una didascalia che contribuisca per certi versi ad indirizzarne una chiave di lettura. Di seguito troviamo:

– eventi Fiat spa (110): una sequenza di foto celebrazione degli Elkann e di Marchionne in alcune occasioni tipiche delle P.R.;
– Fiat spa (106): alcune immagini delle fabbriche o dei logo del gruppo, ancora Marchionne ma…
– Sergio Marchionne (105): la copertina di Time, la reiterazione nelle didascalie delle immagini del ruolo di CEO in Chrysler …
– Inspirational (102): 2 pin, uno recita “without passion life is nothing” e poi?
– Fiat space (109): il video di un disabile che fa sport estremi;
– Welfare & soustainability (102): asili nido e campi estivi Fiat per bambini;
– Fiat’s of the world (154): 5 immagini della 500, di ieri e di oggi, finalmente qualcosa!
– Expo 2015 / Fiat. (946): Fiat – Chrysler Group is Expo2015 Sustainable Mobility Partner | Il Gruppo Fiat – Chrysler è Sustainable Mobility Partner di Expo2015: tante immagini della 500 L (personalmente è una vettura che non mi piace, il cui concetto di prodotto non si lega al nome e che per questo rischia di contaminare la buonissima operazione di marketing che ha segnato il rilancio della nuova 500!).

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Con il materiale visivo ora presente nell’account, dire che all’interno di queste bacheche sia presente una narrazione è un po’ un iperbole, o meglio è possibile anche rintracciare una lettura in chiave narrativa perché c’è una marcata presenza di immagini di VIP del gruppo Fiat, al punto che una intera bacheca è dedicata alle immagini del suo Amministratore Delegato!!!

A dire il vero, mi sfugge il senso di quella che sembra una parodia del culto della personalità, perché credo che un visitatore di queste pagine si aspetti di vedere immagini legate al mondo dell’auto o della Fiat stessa, magari potrebbe essere interessato alle rievocazioni della sua storia (la pubblicità del lancio della 500 non ispira nulla?), dei suoi miti, dei suoi successi sportivi, e ce ne sono stati, o magari dei suoi modelli, mentre forse, almeno in questa piattaforma, potrebbe avere minor interesse alla celebrazione della sua leadership perché Pinterest non è lo strumento integrativo di un’assemblea di bilancio.

Certo è che non si può sottacere ad una certa povertà di contenuti, a prescindere dal tempo di apertura dell’account, perché un’ azienda di queste dimensioni non può permettersi di essere presente su una piattaforma social, o comunque in qualsiasi altro media, con contenuti inadeguati.
Invito peraltro il lettore a vedersi le bacheche di cui parlo per rendersi conto di un confronto che in tal senso appare ….impietoso.
D’altronde non è più una novità che per una gestione efficace del brand, le piattaforme di social media abbiano acquisito un’importanza sempre maggiore rispetto agli altri canali mediali, e che tale processo risulta tanto più efficace quando passa per una piacevole ed efficace narrazione o “storytelling” che dir si voglia.

Ebbene lo storytelling di Fiat ci dice più o meno che i suoi interessi sono rivolti all’America (all’”american customer”!?!), un po’ meno al suo pubblico di sempre qui in Italia dove ancora oggi riesce ad ottenere una quota più che rilevante delle sue vendite. E poiché tali apparenze in linea di massima si riscontrano anche su altre piattaforme, forse porsi qualche interrogativo da parte dell’azienda non sarebbe male. Sarà una strategia vincente? E il suo pubblico come risponderà? Lo vedremo in futuro.