Una matrice per pianificare la comunicazione è uno strumento di design management che permette un efficace controllo visivo per sincronizzare la coerente successione cronologica dei messaggi e dei significati, valutare i criteri di priorità nella distribuzione dei budget, coordinare tutte le azioni a supporto delle varie campagne.
Descriverò uno strumento semplice ma estremamente utile ed efficace che non dovrebbe mai mancare in un piano di comunicazione.
L’avvento della multicanalità digitale e dei social media che si sono aggiunti ai canali tradizionali di comunicazione offline (che esistono ancora!), ha aumentato l’esigenza di coordinare il lancio dei vari messaggi e campagne pubblicitarie.
Nondimeno, la necessità di alimentare ordinatamente il flusso di messaggi diretti a realizzare efficacemente il cosiddetto “customer journey” dei vari target individuati dall’azienda, accentua l’importanza di controllarne visivamente la successione cronologica.
Uno strumento molto semplice per raggiungere lo scopo è l’adozione di una matrice di sincronizzazione appositamente dedicata, che consente la disposizione su un unico piano di tutti i messaggi o campagne (la denominazione dipende dall’articolazione utilizzata) in programma in un certo periodo di tempo da parte dell’azienda.
La costruzione di questa matrice non richiede di per sé strumenti complessi, basta un semplice foglio excel, una slide di Power Point o un foglio bianco; l’importante è disporre su un piano cronologico tutti i messaggi di comunicazione programmati dall’impresa.
Questo strumento usa a pieno titolo la filosofia del design management, e come detto consente con immediatezza visiva il controllo di tutti gli output comunicativi in uscita dall’impresa in un determinato periodo di tempo.
Per preparare questa matrice si colloca sulla prima riga orizzontale un asse cronologico del tempo, contrassegnando gli intervalli temporali, mensili o settimanali, a seconda il livello di dettaglio necessario al contesto.
Sulla prima colonna verticale si collocheranno invece gli “oggetti” della comunicazione, siano essi le varie campagne, i messaggi o i temi in cui si articola.
Non rimane che riempire la matrice collocando gli oggetti grafici in corrispondenza della campagna di riferimento e del segmento temporale programmato.
Si possono anche predisporre delle varianti che prevedono la collocazione sull’asse verticale dei vari canali mediali (di fatto un format di calendario editoriale), oppure i vari target destinatari di una serie di messaggi se il focus del coordinamento è il controllo del “customer journey”, specialmente in quei casi in cui questo debba protrarsi in tempi più lunghi.
Nelle figure sono riportati dei fac-simile di matrici a semplice scopo dimostrativo.
Quali sono i vantaggi che questo semplice strumento assicura al management?
Immediato controllo visivo della successione cronologica dei vari messaggi;
Verifica di sostenibilità dello sforzo nella diffusione contemporanea di più messaggi;
Verifica della complementarità e della ideale successione dei significati e delle “Call To Action”dei vari messaggi;
Miglior coordinamento di tutte le azioni ausiliarie richieste per la diffusione delle campagne;
Valutare i criteri di priorità nell’attribuzione dei budget alle varie campagne.
Dare forma al racconto dei luoghi è l’essenza del legame tra turismo e storytelling. Attraverso il racconto, un luogo acquisisce un’anima che nessuna lista delle caratteristiche potrebbe dare.
Che cosa è lo storytelling
Quale è il suo ruolo nel turismo
Individuare il capitale narrativo
I miti alla base del racconto e i temi esistenziali
Personaggi e archetipi narrativi
Stili di comunicazione
Gli strumenti per fare storytelling
1. Che cosa è lo storytelling
La traduzione letterale di Storytellingsignifica “raccontare storie”, ma suggerirei di sorvolare sulla quasi “banalità” del termine per ricordare che esiste una ampia letteratura sulla narratologia che lo rende meno semplice e banale di quel che sembra.
In estrema sintesi occorre fare una distinzione (il termine anglofono può ingannare) tra storia e racconto. Mentre la prima è una successione cronologica di fatti che rappresentano il contenuto, il racconto è la costruzione della narrazione, mediata dall’adozione di determinati canali, “narratori” e stili di comunicazione.
In sostanza lo storytelling è una strategia di comunicazione che veicola attraverso il racconto un’ identità e una storia, fa leva sull’emotività del pubblico-spettatoremirando ad instaurare con esso una relazione empatica.
2. Quale è il suo ruolo nel turismo
Lo storytelling è uno strumento molto potente ed efficace nel settore turistico, perché conferisce un’anima ai luoghi di cui si parla, ne disegna un’alone mitico,entra nella mente dei potenziali visitatori creando le motivazioni per il viaggio.
La narrazione di una destinazione svolge il ruolo di stimolare l’immaginario, aumentare e prolungare il piacere del viaggio, prima, durante e dopo.
Ne consegue che il marketing esperienziale trova nelle strategie di storytelling il suo strumento privilegiato di espressione.
Inoltre lo storytelling, per sua natura legato a dinamiche cronologiche, si unisce facilmente al concetto del “customer journey” o percorso del consumatore, nel processo delle fasi di consapevolezza, valutazione, decisione d’acquisto e post-vendita.
3. Individuare il capitale narrativo
Valorizzare una destinazione richiede di individuare la cosiddetta “Unique selling proposition” ovvero i suoi elementi distintivi.
Non ci si basi sulla consueta lista di caratteristiche, su prezzi o offerte, sempre efficaci si ma totalmente prive di appeal e di capacita empatiche.
Il capitale narrativo di un luogo è l’insieme delle narrazioni che lo identificano e lo rendono unico, lasua storia, i suoi miti e le sue leggende, così come la possibilità di disporre di narratori autorevoli e di saper entrare in relazione con il proprio pubblico di riferimento mediante canali mediali appropriati.
Elementi base per lo storytelling
4. I miti alla base del racconto e i temi esistenziali
Nella costruzione della forma narrativa esistono alcune strutture profonde che catturano la fantasia del pubblico, come miti, temi esistenziali e paure (rif. A. Fontana – Storytelling d”impresa – 2016).
Ricordate il flusso di visitatori che si registrò all’isola del Giglio per vedere il relitto della Concordia? Generalizzando, qualsiasi narrazione tenderà ad essere categorizzabile nelle seguenti tipologie mitiche:
Mito della salvezza: tutte le storie in cui occorre salvarsi da qualche dramma o persecuzione, dove si cerca rifugio e protezione;storie e misteri delle catacombe di Roma sono un’esempio di questa mitografia;
Mito della cura: le storie in cui prendersi cura degli altri è prioritario, dove dedizione, sollecitudine e premura dominano la scena; è una forma narrativa tipicamente usatanelle località di cure termali;
Mito dell’evasione: le storie dove bisogna “fuggire” da qualcosa, implicano trasgressione, disobbedienza, rottura della norma; i luoghi del turismo sessuale rappresentano il mito dell’evasione e della trasgressione per antonomasia;
Mito della forza: storie dove potere e supremazia rispetto al resto del mondo sono fondativi e manifestano il dominio e il controllo; anche le celebri onde più alte del mondo a Nazarè in Portogallo rappresentano un mito della forza della natura da sfidare.
La costruzione delle mitografie suddette, avrà bisogno di servirsi di alcuni dei seguenti temi esistenziali per creare “pathos”:
Amore: tutte le forme tematiche del coinvolgimento e della passionalità nelle relazioni;
Gioco: tutte le forme argomentative del “ludus”,che vanno dal relax alla trasgressione;
Lavoro: tutte le forme retoriche di impegno, determinazione, dovere, sacrificio, sfida;
Dolore: tutte le forme tematiche incentrate sulla sofferenza e la difficoltà ad avere, fare, divenire;
Morte: tutte le forme tematiche di fine, di termine, di perdita di qualcosa, di fine di un progetto.
5. Archetipi narrativi
Le grandi narrazioni si sono sempre articolate tra vari personaggi che interpretano ruoli diversi e compiono gesta di diverso tipo.
Un luogo non può certo assumere questa caratterizzazione, tuttavia “vive” delle storie di persone e delle gesta che lì si sono realizzate, si realizzano o si realizzeranno.
In tal senso esistono alcuni archetipi narrativi dal quale attingere per dare forma al materiale narrativo esistente.
Archetipi narrativi per lo storytelling
6. Stili di comunicazione
L’adozione di un particolare stile comunicativo implica la scelta di parole, sostantivi, aggettivi, predicati verbali, coerenti allo stile prescelto.
L’argomento è assai complesso, tuttavia per dare un breve cenno di indirizzo, per il settore turistico i più comuni sono riportati nella figura sottostante
Stili comunicativi nel turismo
La scelta di uno qualunque di questi stili comunicativi deve essere armonizzata sia con le caratteristiche che si vogliono porre in evidenza, sia con il posizionamento che si è deciso di dare alla destinazione.
7. Gli strumenti per fare storytelling
La costruzione dello storytelling deve poter far ricorso al più ampio mix possibile di canali mediali.
Negli ultimi anni, hanno assunto un ruolo fondamentale i media digitali specialmente per il settore turismo, visto che oltre il 70% delle ricerche di informazioni su una destinazione si svolgono su questi canali e che raggiungono in tempo reale qualsiasi parte del globo.
Non vanno tuttavia sottovalutati i canali tradizionali costituiti da stampati (cataloghi, brochure, depliants, riviste), o altri media di massa come televisione, giornali e radio (laddove le risorse lo consentano), perchéanche se sembrano aver perso buona parte del loro appeal, sono tuttora utilissimo complemento dei media digitali per la costruzione della reputazione.
Nella figura un elenco di riferimento ancorchè non esaustivo.
Canali mediali storytelling turismo
Non va infine dimenticata l’utilità di portare avanti attività di P. R. che si sostanziano in organizzazione di meeting, eventi, convention ma anche, visto che si stanno dimostrando estremamente redditizi in termini di popolarità, fare da location per film e fiction televisive.
NOTA: Ampi contributi dei paragrafi 4, 5 e 6 sono stati tratti da Andrea Fontana (Storytelling d”impresa – 2016) – e riadattati da me allo specifico settore turistico.
Il punto di partenza è ricordare alle imprese che vogliono utilizzare i social media come strumento per incrementare le vendite, che questo risultato è la conseguenza di azioni e di una comunicazione appropriata, e non un risultato perseguibile “tout-court” in modo diretto.
E’ necessario stabilire una relazione con il pubblico dei social e creare contenuti che questo ritenga utili ai suoi bisogni.
Attenzione quindi all’ effetto “catalogo” che potrebbe riservare grosse delusioni.
Una lista sintetica degli argomenti meno desiderati ci dice:
– Troppi messaggi promozionali e/o autoreferenziali
– Troppi messaggi non rilevanti
– Messaggi fuorvianti e clickbaiting
– Mancate risposte ai propri messaggi
– Messaggi fuori luogo o fuori contesto
– Troppo seri o troppo burloni – troppi hashtag o troppe emoji
– Essere interrotto o disturbato nel proprio percorso “online”
I social media non vanno intesi semplicemente come un “negozio virtuale”, semmai renderlo desiderabile e accessibile (in altre piattaforme) stimolando fiducia, empatia e desiderio nel pubblico.
Quindi mai perdere di vista il significato profondo del termine “social” come luogo di aggregazione e piazza virtuale in tutte le sue accezioni, positive o negative che siano.
Sintetizzare in 200 parole un concetto “take away” di un aspetto complesso come questo non è facile ma ci abbiamo provato!
Esistono soggetti atipici come istituzioni o persino come i contingenti militari impegnati in operazioni di peacekeeping che devono comunque tutelare la propria immagine, o per meglio dire ‘fare branding’: quali implicazioni derivano dalla loro particolare natura e quali modelli utilizzare?
Le politiche di branding1 delle organizzazioni sono un fattore abbastanza complesso che oltretutto devono mutare strategie e applicazione in base al settore di attività ed al contesto in cui operano.
Teorie e modelli esistenti, oltre ai vari riferimenti bibliografici, sono il frutto di numerosi studi che hanno in larga parte mutuato dal marketing il loro approccio empirico, quello cioè di un soggetto che opera collocando sul mercato prodotti e servizi in aderenza alle logiche di consumo.
Sostanziali sono le differenze che condizionano le strategie di un brand originate non soltanto dalle differenze tra i vari settori di consumo, ma anche e soprattutto dagli aspetti sociali e culturali che possono entrare in gioco in un determinato momento o contesto, ed in tal senso il riferimento ad organizzazioni senza fini di lucro, ovvero a soggetti istituzionali, è ovviamente esplicito.
In questa sede si parlerà del branding di un soggetto atipico quale può essere considerato un contingente multinazionale impegnato in una operazione di peacekeeping in aree di crisi, operando di tanto in tanto un confronto con la realtà di una qualunque impresa.
Alcuni precisazioni a premessa del discorso:
– mentre un’impresa opera con tecniche di marketing e di comunicazione promuovendo attività e prodotti verso un pubblico che ha un atteggiamento in linea di massima neutro o favorevole, di frequente un contingente multinazionale deve iniziare ad operare in ambienti tendenzialmente, o in alcuni casi, palesemente ostili, sia per eventi passati, sia per la presenza di stereotipi culturali; in alcuni casi potrà trovare un atteggiamento neutrale ma si tratta di aperture a tempo limitato perché qualora certe aspettative delle popolazioni indigene non fossero soddisfatte, tale neutralità tende rapidamente a trasformarsi in ostilità.
– Per i contingenti militari chiamati ormai sempre più spesso ad intervenire in situazioni di crisi, l’uso della forza è sempre più condizione estrema e puramente episodica, mentre il contatto con la popolazione civile è costante e frequente, pertanto è inevitabile portare avanti una strategia del consenso con quest’ultima da perseguire sempre più attraverso attività di comunicazione che debbono essere sempre più raffinate e soprattutto appropriate.
Di fatto analizzare una situazione limite come quella di un contingente multinazionale permette di affermare che nessuna entità o organizzazione, sia che si tratti di un soggetto politico o di un’istituzione pubblica, può più sottrarsi all’esigenza di progettare e sviluppare una propria politica di branding, esigenza resa ancor più pressante dalla viralità della comunicazione indotta dal web.
Conseguentemente è opportuno chiedersi a quale tipo di modello far riferimento e quali azioni saranno necessarie per dare pratica attuazione a quelle attività che nei soggetti che sto considerando passano ancora sotto una generica ed inadeguata definizione di immagine, concetto ormai obsoleto nel mondo della comunicazione.
Nella realtà attuale e non certo per ricalcare una moda, il concetto di immagine non può essere disgiunto da quello onnicomprensivo di brand che meglio risponde all’ipercomplessità ambientale e che necessariamente richiede un modello a più dimensioni.
Inoltre non va dimenticato che ogni soggetto impegnato in un contesto sociale, sicuramente più delicato del contesto di consumo per gli aspetti in gioco, ha bisogno di strumenti che meglio consentano lo sviluppo di un’efficace narrazione (o storytelling se si preferisce).
Un modello tra i più dettagliati in uso nell’ambito commerciale è il Brand Care System della GPF & A. (Gian Paolo Fabbris & Associati), un ottagono del brand che ne definisce il territorio a 360 gradi, definendo le sue dimensioni in: experience, product benefit, value for money, brand fingerprint, icon, intangible, brand personality, competence (vds. immagine).
Si può notare facilmente che alcune tra queste dimensioni sono poco attinenti al tipo di organizzazione di cui parlo o per un’istituzione che operi senza fini di lucro, dove in ballo ci sono valori identitari e culturali di altra natura rispetto alle percezioni legate al consumo e agli stili di vita.
D’altronde l’ambito di una istituzione e le caratteristiche di brand che, consapevole o meno, incorpora, sono il frutto di una costruzione diacronica che origina nella memoria sociale e che si costruisce nel tempo.
Perciò non saranno sufficienti soltanto le tradizionali campagne di comunicazione mirata, ma bisognerà tenere conto delle interazioni intercorse tra i componenti dell’organizzazione e l’ambiente sociale tra passato e presente, cercando di ricostruirne il senso senza reticenze.
Per cui è opportuno interpretare le politiche di branding in chiave narrativa, ricostruendo pazientemente anche l’intreccio dei fatti passati per determinare i contorni dei “protagonisti” già presenti negli immaginari collettivi della gente, capire a che punto della storia ci si innesta quando si immette un messaggio di qualunque tipo nell’ambiente, pena negare le proprie campagne di qualsiasi parvenza di credibilità.
Necessario pertanto proporre un modello che possa risultare adeguato a questa tipologia di soggetti affinché rappresenti una guida di riferimento alle attività di “tutela dell’immagine”, che d’ora in poi sarebbe più che appropriato definire brand (l’equivalente italiano è “marca” ma sembra suonare con significato riduttivo!).
Quello che seguirà nelle prossime righe è dunque un modello multidimensionale applicabile al caso di un contingente multinazionale, come affermato all’inizio, che appare comunque ben adottabile anche per altre realtà istituzionali.
Gli otto fattori dell’ottagono sono stati delineati con lo scopo di descrivere il territorio del brand riferibile a questo genere di organizzazioni che operano in contesti sociali la cui audience risulti identificabile nel complesso concetto di opinione pubblica2.
Reputazione quale somma di diversi contenuti che sono presenti nella mente della nostra audience e che consistono nelle tracce di episodi passati esistenti nella memoria collettiva, nei precedenti riferiti ai comportamenti osservati in certe situazioni, nei racconti e nei luoghi comuni che circolano tra la gente, nella credibilità e affidabilità che vengono percepiti dal corpo sociale in base alle sue osservazioni e ai racconti che scaturiscono dal sistema dei media. È un fattore fortemente condizionato dagli stereotipi, ed in quanto tale è di fatto attribuito dall’audience, per cui il compito dell’organizzazione è quello di ricostruirne i contorni annidati nella mente della gente e cercare di modificarli progressivamente innestando nelle narrazioni quotidiane nuovi fattori che correggano gli eventuali precedenti negativi. Ad esempio la reputazione di contingenti italiani in Libia sarebbe ancora notevolmente condizionata dai precedenti coloniali di quasi un secolo fa, così come viene ancora percepita in Libano la presenza francese.
Identità quale risultato di fattori che però in questo caso possono essere alimentati e gestiti dall’organizzazione mediante comportamenti, postura, approccio normativo, valori a cui dimostra di ispirarsi, atteggiamenti manifestati verso la cultura e il contesto sociale dell’ambiente circostante, posizioni che si decide di prendere di fronte a controversie locali e fatti quotidiani. Per esempio in Kosovo, nonostante la dichiarata volontà di essere imparziali, il contingente nella sua globalità ed in base alle azioni tradotte in essere, veniva percepito come favorevolmente orientato verso l’etnia albanese soprattutto dalla componente serba, anche se ciò non corrispondeva in linea di massima al sentimento dei peecekeapers.
Immagine come risultante di tutti i segnali inviati all’audience che in prevalenza, ma non esclusivamente, sono di carattere visuale. Si concretizza attraverso i modi di rappresentarsi veicolati attraverso i vari media nelle attività di comunicazione pianificate ma anche, da non sottovalutare, attraverso l’agire quotidiano delle forze impiegate all’esterno che viene attentamente osservato dalla popolazione indigena diventando poi elementi di conferma o di svalorizzazione di quanto comunicato sui media. Tutto quanto rilevato va ad alimentare poi l’immaginario collettivo dell’audience di riferimento, ne modella le mitografie esistenti, va a porsi in stretta correlazione con le credenze legate alla reputazione. Come non citare ad esempio un video che circolava su youtube che mostrava un mezzo militare americano muoversi e farsi largo “a sportellate” tra le auto civili in mezzo al traffico di kabul, o come dimenticare le rimostranze che la popolazione libanese muoveva contro i mezzi francesi colpevoli a loro dire di transitare a velocità troppo elevata nei centri urbani o di danneggiare le strade con i loro mezzi pesanti.
Scopi e obiettivi perseguiti dal contingente e dettati dagli organismi internazionali (che non sempre tuttavia godono di buona reputazione), ponendo attenzione a veicolare in modo corretto la volontà dell’organizzazione ma avendo cura soprattutto che la popolazione indigena percepisca correttamente questi concetti. Poiché la corretta comunicazione di questi aspetti è un fattore nella disponibilità dell’organizzazione, suo è l’onere e la responsabilità di entrare in sintonia con l’audience ricercandone una possibile condivisione valoriale e cercando di interpretarne anche umori e perplessità eventuali che riguardano gli effetti del proprio operato. È purtroppo assai frequente che dopo un certo periodo di tempo aumentino distanze e incomprensioni tra il contingente da una parte e le popolazioni dall’altra, il primo impegnato a comunicare fini politicamente corretti e l’ultima a fare i conti con una quotidianità troppo distante dalle dichiarazioni imbalsamate di circostanza.
Azioni condotte come accurata descrizione di quanto fatto e del modo di operare del contingente, possibilmente senza reticenze e senza prestare il fianco alla comunicazione di parte avversa che, quando trova zone d’ombra, trova gli spunti migliori per screditare l’operato del contingente stesso cercando di minarne alla base i requisiti di credibilità. Bisogna oltretutto tenere conto che non tutto quanto viene fatto può essere notato dalla popolazione e che spesso la conoscenza dei fatti è il frutto o del passaparola, o del racconto del sistema dei media locali che deve essere attentamente monitorato nelle semantiche utilizzate verso l’audience di riferimento. Non si possono dimenticare situazioni nel quale i media locali non fossero quasi per nulla interessati al racconto dei fatti del contingente impegnato, diventando invece molto più proattivi in caso di notizie che potevano gettare discredito alla forza di pace.
Risultati ottenuti attraverso i propri sforzi e le proprie azioni, anche in questo caso preferendo schiettezza e franchezza a comunicazioni di circostanza che, come nel punto precedente, possono essere facilmente attaccate e smontate dai sistemi di comunicazione locale che possono facilmente godere, in virtù del radicamento sul territorio, di un vantaggio competitivo in termini di credibilità. L’aspetto relativo ai risultati ottenuti, troppo spesso trascurato, deve cercare di dare la prova empirica della bontà dei propri scopi e del proprio operato e deve cercare dati oggettivi e concreti che non possano essere facilmente smontati dalle contro narrazioni di parte avversa. La sostanza delle cose, sperando ovviamente di poterla offrire, è sempre il miglior sistema per alimentare la propria reputazione e giustificare la propria presenza sul territorio. Allo stesso tempo deve essere adeguatamente monitorato e contrastato quanto in termini di insuccessi venga costruito e attribuito in modi più o meno striscianti da parte avversa, bisogna conoscere l’entità anche di certi luoghi comuni dei locali perché questo diventa il materiale utilizzabile per minare la credibilità dell’operato del contingente nel suo complesso.
Patrimonio simbolico e valoriale in parte emanato dal proprio atteggiamento complessivo, in parte attribuito come ricordo delle storie del passato e del racconto del sistema dei media locali. È la traduzione degli elementi visuali in valori e simboli ed è assolutamente intangibile. Giova ricordare che spesso, specialmente nei territori in cui si interviene, esistono forti differenze tra il livello economico di provenienza degli appartenenti al contingente e la situazione della popolazione indigena, e questo guida preventive e stereotipate attribuzioni di valori rispetto alla cultura locale, un aspetto tendenzialmente pregiudizievole all’instaurarsi di relazioni umane di fiducia e credibilità.
Relazioni intersoggettive ovvero l’insieme delle relazioni formali tra il contingente e le altre istituzioni o organizzazioni locali e le relazioni interpersonali che possono intercorrere tra alcuni membri del contingente e personale indigeno, sia che si tratti di leader politici o capo clan, sia che si tratti di interpreti e lavoranti nella base o di semplice popolazione locale. Le relazioni personali possono essere un fattore molto forte nell’influenzare il discorso sociale, persino più efficaci di qualsiasi messaggio qualunque sia il medium che lo trasmette, anche se purtroppo la loro diffusione in termini numerici non riesce ad essere troppo estesa. È importante comunque sottolineare che ogni positiva relazione instaurata può stimolare un effetto advocacy che si propaga influenzando positivamente la percezione del contingente nel suo complesso. La costruzione di una rete di relazioni, strategia che sta assumendo un peso maggiore negli ultimi anni come fattore di successo, può assicurare un notevole contributo ad una politica di branding del contingente, dando anche l’opportunità di controllare e stemperare percezioni dissonanti circolanti nell’audience di riferimento.
Conclusioni
In conclusione mentre può sembrare relativamente semplice costruire sopra prodotti tangibili una serie di attributi intangibili, viceversa appare assai più complesso costruire nell’intangibilità un nucleo di contenuti stabile e riconosciuto.
Sembrano pertanto maturi i tempi per introdurre il concetto di branding anche per organizzazioni, quali appunto un contingente multinazionale, le quali non potendo fondare su un prodotto tangibile la propria politica, mediante un modello più strutturato e specificamente dedicato come quello presentato potrebbero meglio contrastare le, a volte notevoli, difficoltà che incontrano a veicolare se stesse.
Si parla spesso di narrazioni e di comunicazione strategica ignorandone tuttavia, dal mio punto di vista, i presupposti che le sostengono alla base. Non si può infatti pensare di affermare una narrative che dir si voglia, senza prima aver categorizzato e monitorato tutti i vari fattori che sono invece ben presenti nella mente dell’audience e che se non ben definiti, possono costituire un sistema di credenze in grado di rendere la popolazione assolutamente impermeabile a qualsiasi serie di impulsi proveniente dall’esterno.
1 Pianificazione e gestione di tecniche di marketing e di comunicazione per la creazione, la gestione e lo sviluppo di una marca o “brand”; può definirisi anche come brand management.
2 Si può definire l’opinione pubblica come l’aggregazione delle attitudini di pensiero collettive di un sistema sociale, somma delle opinioni dei singoli, che la comunicano nei modi più disparati utilizzando gli strumenti di comunicazione esistenti; protagonisti della sua diffusione, più o meno fedele o rielaborata, sono i mass-media che in tal modo influenzano sia le decisioni politiche, sia la popolazione stessa che in qualche modo l’ha originata (vds. anche Allport, Habermas, Lippmann).
Un sistema di “mapping” che consente di comparare i diversi modi dei giornali di narrare la realtà, conclusioni di una ricerca basata su quasi 2.000 prime pagine e oltre 1.600 titoli relativi ad un soggetto politico di primo piano
Nei miei precedenti post (i titoli dei giornali – narrazione o plagio 1° e 2°) ho cercato di definire un metodo che potesse oggettivamente esplicitare le diverse discorsività di un quotidiano, proponendo al tempo stesso un modo per rappresentarle.
Ribadisco che il fatto di concentrarsi sui soli titoli di prima pagina, scaturisce dalla constatazione di come l’informazione breve sia diventata fondamentale nella fase attuale, sospinta sia dalla enorme quantità di informazioni disponibili, sia dalle caratteristiche degli strumenti tecnologici utilizzabili (es. smartphone), sia dall’ evoluzione degli strumenti informativi disponibili sul web 2.0.
La ricerca, basata sulla selezione di titoli che riportassero le parole Renzi, Premier, governo, ritengo possa aver fornito diverse indicazioni di carattere anche metodologico, ultima delle quali in questa sede la comparazione dei diversi quotidiani attraverso un sistema di mapping alla quale seguirà una sintesi conclusiva per punti.
La mappatura è stata costruita utilizzando un sistema di assi cartesiani in cui sono stati collocati i risultati della categorizzazione dei titoli nei tre criteri esposti in dettaglio nel post 2°.
Nella prima mappa sono stati collocati sull’ asse delle ordinate i valori relativi all’ opposizione tra la modalità constatativa e quella performativa, mentre sull’asse delle ascisse sono stati collocati i valori relativi all’ altra dicotomia discorso riportato – discorso indiretto, stabilendo come punto origine (0) la media derivante dai valori riportati da ciascun quotidiano per ognuna delle due dicotomie predette.
Nella seconda mappa invece sull’ asse delle ascisse al posto della modalità discorso riportato – indiretto, sono stati collocati i risultati riscontrati nella opposizione costruzione narrativa – antagonistica.
Con questo metodo è stato possibile fare una comparazione visiva delle diverse strategie discorsive operate dai giornali in questione almeno relativamente al soggetto analizzato.
Nella prima figura appaiono evidenti le posizioni sostanzialmente opposte tra il Giornale e la Repubblica, il primo nettamente collocato nel quadrante compreso tra le modalità del discorso constatativo e discorso indiretto, il secondo invece al centro del quadrante delimitato dalle modalità del discorso performativo e riportato.
In sintesi, il Giornale preferisce narrativizzare1 il suo discorso, reinterpretando e descrivendo il panorama circostanziale, il quale viene risemantizzato con uno stile a focalizzazione zero dove il giornale si propone come soggetto esperto nei confronti del lettore, di colui che sa molto di più del racconto dei protagonisti, che ne sa più del soggetto ed in tal modo può di fatto reinterpretare adottando il suo sistema di valori e di giudizio. Il Giornale constata le complicanze della scena in cui il soggetto si muove ed agisce, ma di fatto denegandone il discorso diretto e la performatività lo priva dello statuto di protagonista della situazione. Il soggetto è narrato, sterile nelle azioni e carente nel sapere, in una scena in cui diventa comprimario non essendo dotato delle facoltà di modificare l’ambiente.
La Repubblica invece si cala nella veste di narratore etero-diegetico, ossia nel ruolo di colui che non prende parte alle vicende che racconta e che riportando le parole del soggetto, di fatto gli affida la responsabilità di narrarsi, la facoltà di dimostrare il suo sapere, l’onere della veridizione delle sue affermazioni. Scegliendo di evidenziare, tra tante, le parole della performatività del soggetto e la sua volontà di agire, realizza di fatto un discorso a focalizzazione interna, ossia di chi sa tramite le parole del soggetto, ma al tempo stesso è anche il discorso della mimesi, perché il narratore può nascondersi dietro le parole delle frasi riportate.
In posizioni opposte, ancorché molto vicine al punto di equilibrio (il punto origine per convenzione), si collocano rispettivamente anche il Corriere della sera, stesso quadrante del Giornale, e la Stampa, stesso quadrante della Repubblica anche se il loro discorso si celebra con toni più sfumati.
In particolare, il Corriere della seraconstata e narrativizza il suo discorso anche perché è nel suo stile la conoscenza dei fatti, del panorama circostanziale, è un narratore esperto che non eccede e non reinterpreta, è il quotidiano che nomina di meno il soggetto in quanto narra la scena non il personaggio.
Uno stile diverso invece per il Messaggero, che pur evidenziando la performatività del soggetto, indossa i panni del narratore etero-diegetico e si affida al discorso riportato per mantenere una apparente distanza dal soggetto sul quale ricade l’onere del suo racconto, anche in questo caso è nella mimesi narrativa che il quotidiano parla al suo pubblico.
Quasi superfluo ribadire che tra le tante parole del soggetto, è sempre frutto della scelta del quotidiano-narratore quale di queste utilizzare, ma come più volte detto voglio evitare giudizi di merito soggettivi ed affidare ai numeri della categorizzazione adottata la definizione dello stile dei quotidiani di cui si parla.
Nella seconda mappa rimane invariata la collocazione dei quotidiani sui valori delle ordinate, visto che permane la precedente dicotomia, mentre sull’asse delle ascisse dove si collocano i valori relativi alla costruzione antagonistica, emerge un posizionamento diverso dei quotidiani. Il Giornale è quello che più frequentemente degli altri ricorre alla costruzione antagonistica, una modalità che appartiene e completa il suo stile di raccontare la scena con le sue parole, con le sue interpretazioni e giudizi di valore, volutamente conferendo al suo discorso una verve che lo contraddistingue e che si nota anche osservando il grafico descrittivo della sua area discorsiva (vedi post. 2°).
Il Corriere della sera invece, sia pure con una frequenza minore, riporta una lieve prevalenza della costruzione antagonistica; risultato del suo stile e delle sue scelte, il quotidiano “constata” la scena e rileva i conflitti tra personaggi pur cercando di tenersi lontano da giudizi di merito, in linea con la forma della sua area discorsiva.
Più o meno sulla stessa lunghezza d’onda del Corriere della sera si colloca la Repubblica, anche se la costruzione antagonistica emerge perlopiù nel discorso performativo e nelle parole riportate del soggetto, producendo un discorso ben caratterizzato come dimostra l’area discorsiva descritta.
La Stampa, molto vicina al punto di equilibrio, sembra assegnare una leggera prevalenza alla costruzione narrativa, racconta il conflitto nella constatazione della scena ma evita di enfatizzarlo soprattutto sulle parole e sulla performatività del soggetto, preferisce appunto costruire narrativamente e ciò si nota anche nella forma della sua area discorsiva.
Infine il Messaggero, il quotidiano che maggiormente dimostra la tendenza ad evitare la costruzione antagonistica propendendo per una narrativizzazione della scena, rimane sul suo ruolo di informatore, evita la bagarre e pur essendo il giornale che cita più frequentemente il soggetto preferisce evitare eccessive enfatizzazioni dei toni e del suo discorso in generale.
Conclusioni
Vediamo in definitiva cosa è emerso da questa analisi:
L’agenda setting, ovvero i temi di maggiore rilevanza dei quotidiani, aldilà di particolarizzazioni “stilistiche” risulta essere molto simile tra i vari giornali; ne gli indici relativi alla frequenza delle menzioni del soggetto di analisi, risultati abbastanza simili, ne l’applicazione dell’analisi di contenuto (vds, post n° 1) che non ha rivelato differenze significative nella frequenza delle parole chiave, hanno offerto strumenti di differenziazione efficaci, e per un lettore che non si impegni in complicate analisi statistiche le diversità si rivelano pressoché impercettibili;
Neanche l’indice di frequenza con la quale il soggetto appare nei titoli principali deve trarre in inganno perché si dimostra un debole indizio quantitativo del framing operato dal giornale, non supportato, come detto, da sostanziali differenze rintracciabili nel lessico utilizzato vista la sostanziale invarianza ottenuta con l’analisi di contenuto.
Per identificare le procedure di framing è apparso invece molto più produttivo seguire un approccio teorico rivolto ad individuare elementi di narratologia, in sintesi focalizzando le procedure di costruzione del discorso, piuttosto che basarsi sulla frequenza di determinate parole rilevanti. In tal senso assume maggiore rilevanza definire il soggetto all’interno del panorama circostanziale e rilevarne atteggiamenti e comportamenti in rapporto ai suoi eventuali anti-soggetti anziché basarsi su indicatori quantitativi.
I tre criteri prescelti nel catalogare la natura del discorso che si realizza nei titoli e che si sostanziavano nella distinzione tra constatazione e performatività, tra il discorso riportato e il discorso indiretto, tra una costruzione prettamente antagonistica e una narrativizzata (vds. post. n° 2 per esposizione più dettagliata dei criteri), hanno messo in luce le differenze esistenti tra i vari quotidiani, confermando in tal senso la rilevanza e l’utilità dell’approccio narratologico e del peso che questo può avere nella procedura di valorizzazione o svalorizzazione di un soggetto.
Non si può affermare che quanto emerso in termini di posizionamento dei quotidiani in merito al soggetto analizzato si verifichi analogamente anche per altri soggetti o argomenti, tuttavia diversi indizi, peraltro già osservati dal sottoscritto, sembrano avvalorare l’esistenza in alcune redazioni quantomeno di tendenze precostituite all’utilizzo di costruzioni antagonistiche o magari la scelta di reinterpretare narrativamente i fatti piuttosto che riportare le parole dei protagonisti.
Si nota spesso nei giornali “relativamente” più giovani (il Giornale 1974 – la Repubblica 1976) rispetto a quelli più datati (il Messaggero 1878 – il Corriere della sera 1876 – la Stampa 1867) la tendenza a comunicare stimolando emozioni e tensioni del lettore anche con l’uso di immagini di maggiore impatto, propensione questa che personalmente ho percepito anche in contesti e testate di altre nazioni.
Alcune conclusioni al quale sono pervenuto potrebbero sembrare scontate o poco approfondite, ma ripeto che un’analisi dettagliata per ogni titolo avrebbe richiesto tempi maggiori e una trattazione più articolata, magari più precisa ma che non poteva certo essere sufficiente per attribuire una tendenza, per cui per esprimere questo aspetto ho privilegiato la quantità. Lascio al lettore pertanto l’onere di integrare con il proprio giudizio soggettivo la definizione delle strategie discorsive dei quotidiani di cui ho parlato.
1 Per un approfondimento delle definizioni relative a termini di narratologia usati vds. al link www.bicudi.net/manuale/cap_09.pdf . Per gli studi in materia si rimanda ai contributi e opere di G. Genette, T. Todorov, A.J. Greimas, di cui è possibile reperire in rete ampie e dettagliate sintesi.