da Sergio Bernardini | Ago 23, 2020 | PIANIFICAZIONE STRATEGICA E MARKETING
Torniamo a parlare di obiettivi , tema centrale della pianificazione aziendale per esaminare alcuni aspetti inclusa la decodifica dell’acronimo S.M.A.R.T. di provenienza anglosassone.
Le cinque iniziali significano:
- Specific – specifico;
- Measurable – misurabile;
- Achievable (Assignable) – realizzabile (attribuibile a chi);
- Realistic (Relevant) – realistico (pertinente);
- Time-bound – in tempi stabiliti;
Non tragga in inganno la apparente banalità di questo concetto che non è poi così scontato; basterà provare ad applicare il metodo nella formulazione di obiettivi per accorgersi che non è poi così facile come sembra.
Non a caso nel mio precedente articolo obiettivi generali nel digital marketing parlavo di categorie di obiettivi, perché se prendiamo ad esempio l’obiettivo “incrementare le vendite” (quale impresa non desidera farlo?), una formulazione così fatta non risponderebbe certo ai requisiti “SMART”.
Pertanto l’adattamento alle varie realtà delle categorie citate in quell’articolo, dovrà senz’altro essere fatta utilizzando il metodo SMART appena descritto.
Ma c’è un’altro aspetto che va sottolineato.
Alcuni obiettivi dimostrano di avere un’ampiezza e una proiezione temporale ben più vasta di altri.
Anche in questo caso devo prendere a riferimento la terminologia anglosassone, che in parte denota il diverso approccio culturale al problema.
Infatti nelle procedure di pianificazione si possono incrociare le definizioni di “goal” e “objective” che nella nostra traduzione letterale corrispondono entrambi alla parola obiettivo; in realtà non è corretto.
Nel loro approccio alla materia, la definizione di “goal” di norma sta per “dichiarazione che definisce ciò che un’organizzazione si propone di realizzare a livello economico, organizzativo o progettuale, breve e chiara definizione di risultati da raggiungere entro un periodo di tempo in linea di massima di 3-5 anni.”
Invece il termine “objective” è “una definizione specifica, misurabile, attuabile, realistica e limitata nel tempo (di norma entro un’anno) che indica le azioni da intraprendere per realizzare un obiettivo particolare funzionale al raggiungimento di obiettivi (goals) strategici”.
Esistono numerose definizioni e sfumature, per cui senza estenuanti sofismi ritengo comunque consigliabile adottare una distinzione tra “scopo” (goal) e “obiettivo” (objective), dove questi ultimi sono più specifici, limitati nel tempo e nello spazio e forniscono maggiori dettagli rispetto allo/agli scopi.
Altro aspetto che richiederebbe un’analisi accurata riguarda le relazioni tra i vari obiettivi: “incrementare le vendite” è un obiettivo realizzabile quale conseguenza (effetto) del raggiungimento di altri obiettivi o di serie di azioni a premessa, che potrebbero ad esempio consistere in “lancio di 2 nuovi prodotti sul mercato entro l’anno” oppure “realizzare due campagne promozionali di sconti sul prodotto entro l’anno” e via dicendo.
Per brevità mi riprometto di tornare su quest’ultimo punto in futuro per delineare un metodo di approccio e sviluppo.
da Sergio Bernardini | Lug 24, 2020 | PIANIFICAZIONE STRATEGICA E MARKETING
Stakeholder: chi sono, quali relazioni e cosa implicano
Stakeholder, termine nato nel 1963 presso il Research Institute dell’Università di Stanford, definisce un soggetto interessato o attivamente coinvolto in un’iniziativa economica, progetto o azienda che sia.
In questa definizione sono compresi tutti quei soggetti “portatori di un interesse” nei confronti di un’azienda che pertanto rientrano a pieno titolo nel “pubblico” di questa.
Errato dunque pensare restrittivamente che il pubblico di un’azienda sia costituito solo dai suoi clienti effettivi e/o potenziali, mentre invece include tutti quei soggetti o gruppi che, interessati più o meno direttamente all’attività di questa, ne possono condizionare favorevolmente o meno lo svolgimento delle sue attività e dei suoi risultati.
Va da sé dunque che tutti i soggetti rappresentati in figura possano avere relazioni potenziali di interesse economico (azionisti, dipendenti), mutuo sostegno (fornitori, partner), influenza ambientale (istituzioni, media), conflitto (organizzazioni sindacali, concorrenti), acquisto (clienti attuali o futuri).
Pertanto ogni gruppo diventa idealmente destinatario di messaggi “appropriati” con lo scopo di influenzarne le azioni, e con ciò implica l’esigenza di una comunicazione “strategica”, concetto che va un pò oltre la ormai datata definizione di comunicazione integrata.
Ultimo ma non meno importante, per questi motivi bisognerà riconsiderare il concetto di ”immagine del brand” verso un più esteso concetto di “reputazione del brand” sia in termini di soggetti destinatari, sia in termini di “storia” nel quale si forma tale “reputazione”. Tornerò più avanti su questo aspetto.
da Sergio Bernardini | Lug 14, 2020 | DIGITAL MARKETING
Strategia, intesa come processo di pianificazione, e strategia digitale sono due concetti più diversi di quel che sembra.
Non facciamo una disquisizione del tipo se è nato prima l’uovo o la gallina, semplicemente ricollocare le cose nel loro giusto ambito.
Anche se la strategia digitale o digital strategy che dir si voglia, sta assumendo un ruolo sempre più importante e imprescindibile all’interno dell’impresa, ciò non significa che questa possa inglobare tutto quello che compone una strategia.
Cercando un punto di sintesi tra numerose definizioni più o meno autorevoli, si può asserire che la strategia consiste nelle varie attività di pianificazione, nelle quali si analizza lo scenario con tutte le sue variabili dove opera l’impresa, i suoi punti di forza e di debolezza, si definiscono gli obiettivi generali e i modi e i mezzi più opportuni per raggiungerli.
Infine il tutto si completa con un piano d’azione che preveda tempi di attuazione e verifiche prestabilite.
Ovviamente nell’analisi di scenario, nella valutazione della concorrenza e nella individuazione dei punti di forza e di debolezza dell’impresa, rientrano aspetti che non appartengono al mondo digitale.
Così come aspetti economici e sociali, processi produttivi e organizzazione interna, gestione delle risorse umane, innovazione di prodotto, ricerca e sviluppo, gestione amministrativa e finanziaria sono tutti aspetti che hanno una notevole importanza nel determinare efficacia ed efficienza dell’azienda sul mercato ma non rientrano nella “digital strategy” anche se possono in parte esserne influenzati.
Persino i cosiddetti “touch point” (lett. punti di contatto) con un cliente potenziale non esauriscono la propria funzione nel digitale perché sono ancora molti i momenti di contatto con il cliente che si realizzano nella modalità “offline”.
Pertanto i due aspetti non vanno confusi, e una strategia digitale dovrà per forza di cose partire dai punti chiave della pianificazione strategica a monte (sperando sia stata fatta!).
Esistono poi buone probabilità che l’elaborazione di una strategia digitale ripercorra buona parte degli elementi di pianificazione a monte declinandoli nella logica, peculiarità e specificità relativi al mondo digitale.
I processi stessi di analisi della concorrenza andranno rivisti con lo scopo di studiare cosa fa la concorrenza sui vari canali digitali.
Stesso discorso vale per il target di clienti potenziali che andranno ridefiniti trasformandoli in “personas”.
Territorio di elezione della strategia digitale ovviamente sarà l’individuazione del mix di canali e piattaforme più idonei all’azienda e le modalità del come e cosa comunicare, a cui ultimamente si può aggiungere per molte realtà il “come vendere” (e-commerce).
Una sintesi certamente non esaustiva per dire che, a mio giudizio, le due attività sono da tenere distinte e separate perché metterle insieme rischia di creare delle ambiguità di fondo e qualche pericolosa confusione che può portare a trascurare aspetti dell’una o dell’altra.
da Sergio Bernardini | Giu 29, 2020 | DIGITAL MARKETING
La “Digital Transformation” nelle imprese è diventato un tema da affrontare al più presto, visto ciò che le conseguenze del Covid 19 hanno evidenziato.
Il potenziamento delle strutture digitali, sia che riguardino lo smart working, sia lo sviluppo dell’e-commerce o la semplice offerta di servizi e attività di branding online, richiede un ripensamento dei processi e delle strutture organizzative.
Trarrò ampi spunti, rielaborando un articolo pubblicato oltreoceano, per tracciare una sintesi delle strategie da adottare per affrontare questo passaggio.
- Il cliente deve essere al centro della Digital Transformation: quindi tutte le componenti dell’organizzazione, grande o piccola che sia, devono finalizzare i propri sforzi in direzione del risultato finale, quella che sarà l’esperienza del cliente. Vale per tutti l’esempio di un gigante come Amazon che non si è limitata soltanto ad aumentare l’offerta prodotti della sua gigantesca vetrina digitale, ma ha curato meticolosamente tutti i passaggi dalla logistica ai sistemi di spedizione, ai metodi di pagamento o anche di restituzione delle somme per rendere l’esperienza complessiva di acquisto positiva in tutti i passaggi. Un progetto che dovesse puntare su una sola componente dell’impresa senza curare il coinvolgimento complessivo di tutti, rischierebbe di rivelarsi assai deludente nei risultati ottenuti.
- Abbattere le barriere interne e coinvolgere l’intera impresa: il miglioramento delle relazioni interne e il coinvolgimento di tutti negli obiettivi di questo processo di trasformazione sarà necessario per rendere fluidi i processi produttivi e di offerta del prodotto/servizio ed eviterà che il cliente percepisca “immagini” diverse dell’impresa a seconda dei reparti o persone con cui si trova ad interagire. Questo creerebbe una discontinuità nell’esperienza percepita dal cliente che certamente non gioverebbe all’impresa.
- Ripensare la leadership: occorre adottare la “Leadership trasformazionale” perché la trasformazione digitale è anche un problema culturale. Le proprietà elettive per esercitare una leadership trasformazionale in breve sono: Energia – prossimità – equilibrio – approccio alla risoluzione dei problemi – coerenza verso gli obiettivi.
- Responsabilità e orientamento alla privacy e alla tutela dei dati: occorre pianificare con impegno e serietà le politiche e le azioni da adottare per la tutela della privacy e dei dati del cliente, non cedendo alla tentazione di vendere i dati acquisiti, curando l’acquisizione del necessario e l’adozione di protocolli di tutela, nonché la formazione degli addetti ai requisiti fissati dal GDPR.
- Personalizzazione dell’esperienza: questo processo richiede la capacità di acquisire i dati dai clienti o dai potenziali clienti, proteggerli, analizzarli facendo ricorso all’ intelligenza artificiale quando necessario, per comprendere meglio i bisogni e i desideri dei clienti stessi.
Non c’è molto tempo da perdere, e questa evoluzione verso l’innovazione, forzata o spontanea che sia, costituirà spesso il requisito per la sopravvivenza. Le PMI dovranno ripensare la loro attività ponendosi non soltanto come produttrici di qualcosa ma come soggetti che semplificano e migliorano la vita dei propri clienti e, per conseguenza indotta, anche dei dipendenti.
Tratto da:
https://www.1to1media.com/digital-engagement/5-strategies-to-accelerate-digital-transformation
da Sergio Bernardini | Giu 15, 2020 | PIANIFICAZIONE STRATEGICA E MARKETING
Perseguire il vantaggio competitivo di un’impresa richiede di identificare una strategia competitiva di base con il quale caratterizzarne l’approccio sul mercato.
Mutuerò da Porter, autorevole teorico del management (Il vantaggio competitivo -1987) un sintetico indirizzo al concetto.
Fondamentalmente il vantaggio competitivo di un’impresa può basarsi su tre strategie di base:
- Leadership di costo: ovvero acquisire la capacità di offrire il proprio prodotto/servizio ad un prezzo più basso di quello della concorrenza (Esempi: Lidl, Mondo Convenienza); più difficile realizzarla perché implica raggiungere un’elevata efficienza dei processi organizzativi e produttivi. Se uno o più concorrenti scelgono la stessa strategia, i margini di profitto possono erodersi senza apportare reali vantaggi.
- Differenziazione: il vantaggio è costituito dalla capacità di offrire una o più caratteristiche ritenute uniche dai clienti, riuscendo a spuntare prezzi superiori, rispetto ai maggiori costi sostenuti (es. Audi, Apple). I rischi sono connessi alla effettiva capacità di mantenere uniche le caratteristiche della propria offerta e di offrire un reale valore aggiunto.
- Focalizzazione che include due varianti: la focalizzazione sulla differenziazione, perseguita differenziando l’offerta nel proprio segmento, e la focalizzazione sui costi che implica l’ottimizzazione di aspetti specifici del processo produttivo. La focalizzazione si differenzia dalle altre perché implica la capacità di concentrarsi su un’area ristretta del mercato offrendo prodotti percepiti come unici, mantenendo la capacità di difendere queste nicchie ovvero di rendere poco vantaggioso attaccarle (es. Ferrari, Rolex).
Due grandi rischi: rimanere bloccati a metà del guado, ovvero non concretizzare in modo efficace nessuna di queste strategie, e la sostenibilità della propria strategia di fronte alle attività della concorrenza.