Storytelling nelle conversazioni politiche di Facebook – il fenomeno Renzi narrato nei commenti dei post

Storytelling nelle conversazioni politiche di Facebook – il fenomeno Renzi narrato nei commenti dei post

Un’analisi che tenta di ricostruire lo storytelling del personaggio politico del momento attraverso la categorizzazione del “sentiment” presente nei commenti della sua pagina

Dopo aver espresso il mio punto di vista su alcuni aspetti “quantitativi” delle pagine Facebook di alcuni soggetti politici, mi sembra importante anche focalizzare l’attenzione sulla qualità dei commenti, non tanto per ricavare diagrammi e statistiche per il quale esistono software e strutture specializzate, quanto capire che tipo di “pseudo realtà” può essere descritta attraverso questi commenti.

Mi sono posto il problema di andare oltre una semplice categorizzazione del consenso o del dissenso, perché come già accennato nel mio post precedente, la pratica di postare commenti critici sulle pagine di soggetti politici della parte avversa sembra prassi frequente al punto da chiedersi se non sia già diventata vera e propria strategia finalizzata a creare una rappresentazione negativa del soggetto. Poiché ho rintracciato attraverso l’osservazione e senza l’aiuto di software specifici commenti critici copiati pari pari su diverse pagine, c’è da ritenere che tali azioni siano già abbastanza diffuse.
Quindi pur considerando questo aspetto, ho provato ad analizzare i commenti e le risposte ad essi correlate nel post pubblicato da Matteo Renzi nella sua pagina che trattava del “cambiare verso…” per capire che tipo di rappresentazione della realtà emergesse.

 Ricostruire il frame 

Voglio precisare sin dall’inizio che non si pretende di dare evidenza scientifica ai risultati ottenuti perché con questo lavoro mi sono posto alla ricerca di una traccia metodologica, magari alternativa, da sviluppare in questo tipo di analisi dalla quale ricavare ipotesi da sottoporre a verifica empirica.

Il post del 5 gennaio, oggetto di analisi, ha generato un forte coinvolgimento visto che dopo soli quattro giorni si registravano già 5883 commenti, perciò ne ho estrapolato 52 commenti comprensivi delle risposte correlate, con le quali si è generato un insieme di ben 469 post (per un file di 90 pagine!!) che è stato analizzato nel seguente modo:
a. trattamento di content analysis per individuare i lemmi significativi di maggiore frequenza;
b. analisi dei lemmi più frequenti ritenuti maggiormente significativi considerati insieme ai termini che li precedono e che li seguono (che ne determinano la significazione) e costituzione in insiemi;
c. rilettura in sequenza del gruppo di proposizioni generate per ogni lemma e riduzione in una sola breve frase che ne sintetizza il contenuto complessivo, in modo da simulare le modalità di percezione, semplificazione e memorizzazione delle informazioni nella mente delle persone.

Nella figura sottostante sono riportate le nuove proposizioni così ottenute al termine di questo processo. Viste nel loro insieme, al di là di alcune proposizioni che si oppongono, la loro lettura sembra descrivere il frame, ovvero una sorta di rappresentazione della realtà agli occhi di buona parte degli autori di commenti di questa pagina.

Immagine2

Parlo di frame perché anche considerando l’esistenza di dissonanze cognitive, le tematizzazioni che lo popolano rimangono le stesse, ancorché valorizzate nelle rispettive opposizioni, ed è sicuramente questo uno degli aspetti che deve far riflettere maggiormente. Non riporto tediose tabelle con le parole più frequenti, anche se come si può immaginare il termine Renzi ricorre 172 volte, PD 83 e Movimento 5 Stelle 54, senza considerare le forme distorte di tali parole.

Desta una certa curiosità rilevare che c’è un’ alquanto scarsa ripetitività di aggettivi che qualifichino i soggetti e/o i temi del discorso (assennato 11 volte, vecchi 9, marcio 7, comico 6, condannato 6), mentre l’uso di forme lessicali come “tutto” (46), “nulla” (37), “sempre” (34) sono possibili indicatori di una certa radicalizzazione dei punti di vista delle persone così come vengono espressi nei post.

E Renzi? Tra il consenso ottenuto nelle primarie e la tipologia di commenti riportati si verifica uno scarto, qualcosa non torna, per cui il lavoro sul protagonista principale è stato più articolato. È stato quindi necessario leggersi pazientemente i commenti, spesso interpretarli vista l’eterogeneità del discorso, le “licenze” sintattiche, la difficoltà a classificare forme di ironia e sarcasmo, di storpiature, neologismi e via dicendo. Pertanto ho letto e categorizzato 204 post, fermandomi solo nel momento in cui si è concretizzata la tendenza al ripetersi di certi concetti per cui era da ritenere sufficientemente delineato il campo semantico di riferimento.

Per categorizzare la tipologia di “sentimento” dei vari commenti che in qualche modo descrive l’atteggiamento degli autori dei post, ho pensato di utilizzare un sistema di “mapping” semiotico; rimando agli autori in parentesi per una esaustiva e completa descrizione del modello (G. Marrone – Corpi Sociali -2001 – A. Semprini – Marche e mondi possibili – 1993).

Questa mappatura si concretizza con la definizione di due coppie di valori, specificando una prima coppia di stati semanticamente opposti sull’asse delle ascisse, mentre un’altra coppia di valori in opposizione collocata sull’asse delle ordinate li qualifica per specificità ed intensità. Ne scaturiscono 4 quadranti all’interno dei quali sono stati collocati alcuni valori sostantivi che specificano più in dettaglio i possibili atteggiamenti degli autori dei commenti. Ovviamente non vengono riportati tutti i possibili valori perché il campo della sinonimia sarebbe assai vasto, ma tuttavia quelli richiamati cercano di offrire sufficienti sfumature ai vari stati d’animo offrendo un continuum di sentimenti; nella figura la rappresentazione di tale mappa.

Immagine4

Inoltre c’era da interpretare anche la collocazione del soggetto principale del discorso, in questo caso Renzi, così come risultava raccontato in questa pseudo narrazione. Per cui vediamo ora i risultati.

I commenti collocabili nel primo quadrante di sinistra contrassegnato dal dissenso, dal conflitto, dalla denigrazione dell’avversario, da una più o meno marcata aggressività dei toni utilizzati, si sono manifestati in 45 casi, mentre nel secondo quadrante dove il dissenso si esprime in modo più pacato, ragionato ed argomentato, si possono situare 100 post. Nel terzo quadrante il consenso espresso con un credito di fiducia, con moderazione, attraverso argomentazioni ed esprimendo un’ ammirazione misurata si è manifestato 33 volte, mentre nel quarto quadrante un consenso entusiasta espresso con appoggio convinto, fervore e passione, manifestando uno spirito di avversione verso gli opponenti, si è verificato 22 volte.

 Il viaggio dell’eroe! 

Renzi invece, la figura dell’eroe di questa narrazione dei nostri tempi, nella sua scommessa di voler cambiare verso al paese, non ne esce troppo bene.
In ben 112 commenti collocati tra il 1° e il 2° quadrante, la sua figura di eroe viene denegata e svalorizzata, il suo ruolo è respinto più o meno duramente, ne risulta definito piuttosto come un millantatore impossibilitato a realizzare l’impresa che promette, complice più che protagonista.

All’opposto in 22 commenti collocati nei quadranti 3 e 4, l’investitura dell’eroe è salda, ha già acquisito la competenza, la“spada magica”, ed è pronto ad iniziare il viaggio per affrontare la prova decisiva.
In due sole occasioni la sua figura di leader pur non essendo rifiutata non viene accreditata di alcuna possibilità di riuscita, e tali commenti si situano nel 2° quadrante.

Destano maggiore interesse invece le 36 volte in cui il suo ruolo di eroe della storia viene ammesso, ma deve ancora ottenere il pieno riconoscimento, deve ancora sostenere la prova qualificante, l’acquisizione della competenza per poter iniziare a compiere la sua missione. È un area di giudizio più cauta che si colloca per i due terzi nel 3° quadrante e per un terzo nel 2° quadrante.

Immagine3L’aspetto interessante a mio modo di vedere, si trova proprio in questa area perché nella ponderatezza dei giudizi favorevoli, e nell’implicito riconoscimento del ruolo nonostante un moderato dissenso, sembrerebbe potersi delineare una potenziale area di conquista del consenso politico, ovvero la zona di rischio di perdita dei consensi, un area che sarà influenzata a seconda di quelli che saranno i risultati delle prove qualificanti da sostenere, ma anche dalla qualità della comunicazione politica posta in essere.

Per concludere, dal punto di vista del significato “politico” di tali conversazioni, si può dire che pur nell’incertezza del risultato quantitativo, reso tale dall’uso di nick name e profili falsi, dalla possibilità di “inquinare” le pagine degli avversari, ovvero dalla facoltà di rimuovere i commenti indesiderati, emergono comunque alcune caratterizzazioni dei soggetti della contesa.

La comparsa di Renzi ha scompaginato in poco tempo gli equilibri tra gli attori politici sulla scena, e poiché consenso e dissenso, nelle loro manifestazioni, crescono in intensità in modo quasi speculare, emergono con sufficiente chiarezza i dualismi in lotta per accaparrarsi il consenso politico. Ecco pertanto che, a dispetto del flebile tentativo di dialogo portato avanti da Renzi, costui sembra essere diventato il primo bersaglio politico del movimento 5 Stelle e di Grillo, un dualismo che si consuma anche nelle parole abbastanza forti dei potenziali elettori dell’uno o dell’altro schieramento, mentre nel barometro delle polemiche sembrano un po’ più in ombra, almeno per l’intensità dei toni, quelle che fanno capo all’attuale Forza Italia.

 Conclusioni 

L’asprezza del confronto è generata pertanto dalla convinzione di doversi combattere lo stesso bacino elettorale? Interpretando i commenti sembrerebbe di si, ma lascio al lettore ulteriori considerazioni, e per continuare a mantenermi distante dai commenti politici, torno ad affrontare altri aspetti di studio.
L’analisi di questa conversazione virtuale, offre lo spunto per porsi alcune domande su certe prospettive.

Il primo punto pone l’interrogativo su quale livello di influenza e quali effetti può produrre nell’ atteggiamento dei “followers” la realtà descritta attraverso i commenti (di parte avversa), perché nonostante il fenomeno della dissonanza cognitiva su talune affermazioni, non si può escludere che certe asserzioni che appaiano come idee comuni possano comunque generare dubbi laddove le convinzioni sono meno forti, rendendo il consenso meno coeso. Ecco quindi il perché del tentativo di categorizzare la rappresentazione della scena sociale che si andava formando nella conversazione.

Il secondo punto riguarda la difficoltà, almeno nello specifico caso del discorso politico, di identificare con chiarezza quei fattori che consentano di definire le polarizzazioni, presupposto base per applicare una “sentiment analysis” affidabile mediante l’utilizzo di algoritmi specifici; persino leggendoli direttamente alcuni commenti hanno creato difficoltà nel coglierne l’effettivo senso, oltre a considerare la particolarità delle forme lessicali utilizzate, per cui è rilevante il rischio di ottenere una scarsa attendibilità nella classificazione automatica dei giudizi. Considerata la complessa e lunga procedura di definizione degli algoritmi, è più affidabile estrapolare un campione statisticamente rilevante di commenti ed analizzarli “manualmente”? D’altronde il confronto tra le conversazioni politiche ed i commenti postati sulle pagine di alcune “lovemarks” quali Samsung, Barilla, BMW, Eden viaggi mostra una relativa e maggiore semplicità di analisi di giudizi che si articolano in prevalenza sulla percezione della marca e sull’esperienza del prodotto.

Infine i commenti sono proposizioni sintetiche che si configurano come entità “multisemantiche” capaci di significare anche al di fuori delle strutture logico-formali del discorso mediante forme retoriche, riferimenti agli antecedenti, la compresenza di valori in opposizione anche se non espressamente citati; la produzione di questi “valori di senso sovra segmentali” (G. Marrone – Corpi Sociali – 2001) deve essere analiticamente individuata e non meccanicamente ricostruita, anche dovendo per questo scontare la necessaria soggettività dell’analista.

Pubblicità simulacro dell’identità – eserciti in azione

Pubblicità simulacro dell’identità – eserciti in azione

Questo scritto prende origine da un’analisi di vari spot pubblicitari rintracciati su youtube che promuovono più o meno apertamente il “recruitment” nelle forze armate di varie nazioni.

Pur essendo un discorso pubblicitario riferito ad una “nicchia”, l’istituzione di cui si parla è spesso   referente dei simulacri identitari più o meno evidenti dei paesi di origine; in questi spot emergono spesso le impronte culturali di queste nazioni.

Come è noto la comunicazione pubblicitaria nasce per sua natura ed in modo esplicito con fini persuasivi peraltro noti ed accettati dall’audience cui tale messaggio è destinato, ed in estrema sintesi le strategie attuate si basano nel produrre un messaggio breve nel quale siano condensati i migliori valori, materiali o immateriali, di un qualcosa, comunicati attraverso l’uso di retoriche più o meno complesse.
Deve quindi esprimere la raffigurazione ideale del soggetto possibilmente cogliendo i punti chiave dell’immaginario del pubblico cui è diretta, al limite anche amplificandone i confini di realtà.

Nel caso di cui si parla, la caratteristica della pubblicità di poter essere un referente di aspetti culturali, trova un principio di validità per il fatto che gli specialisti pubblicitari che ricevono il compito di promuovere l’istituzione, realizzeranno il proprio lavoro studiando da una parte le caratteristiche del pubblico cui la pubblicità è rivolta, dall’altra individuando gli obiettivi espliciti o latenti del committente; la sintesi tra la creatività ritenuta più efficace per il pubblico e gli eventuali aggiustamenti dovuti al pragmatismo organizzativo del committente, rappresentano per certi aspetti la mediazione ideale per mostrare oggetti culturali1 del paese.

È logico supporre infatti che l’instaurarsi di un filo conduttore tra le esigenze di una forza armata e le istanze della società civile costituite anche dalle tendenze del mercato del lavoro, facilitino il ricorso ad una discorsività situata nel sociale, ed è quanto si vuol fare emergere in questo lavoro.
Attraverso questa tipologia di discorso sociale, si possono scorgere alcune valorizzazioni culturali appartenenti ai pubblici di riferimento, i loro riferimenti mitici, stereotipi ed idee comuni, a tratti anche il loro modo di rispecchiarsi nella realtà.

Sia nei casi in cui la tentazione di autoreferenzialità dell’istituzione sembra prevalere sugli obiettivi di “recruitment”, nel tentativo di promuovere la propria immagine o la propria visibilità politica, sia quando il messaggio sembra rivolgersi più direttamente alle risorse umane da attirare, si possono intuire i legami con la situazione sociale nel paese.
C’è anche un’altro aspetto che desta interesse, ovvero il fatto che pur spaziando tra nazioni notevolmente diverse per cultura, emergono elementi comuni tra i vari eserciti che ci si potrebbe azzardare a definire come i simulacri di “universali culturali” propri di ogni forza armata, qualunque ne sia la provenienza geografica.

Un aspetto trans-culturale emergenti mostrano correntemente attraverso le immagini il rapporto protesico tra l’uomo e la “macchina” in senso lato, rappresentato da militari che maneggiano armi, che conducono mezzi e sistemi complessi come carri armati, elicotteri, aerei, o apparecchiature tecnologiche come radar e computer.
Altro aspetto trans-culturale è l’ardire dell’uomo incorporato nella figura del soldato, vera e propria celebrazione di pratiche espresse da militari che compiono esercizi duri o mentre eseguono attività temerarie, e che in tal modo modellano l’immaginario collettivo di figure che denotano la mascolinità, la prestanza fisica, il coraggio e l’ audacia, l’ abilità e l’ eroismo.

In sintesi viene messo in scena il sottile fascino dell’eroe avventuroso che esercita sempre un forte potere di seduzione e di attrattiva in entrambi i sessi sia pure per ragioni ed istinti diversi.
Tornando alla ricerca, il lavoro di analisi si è soffermato su pubblicità prodotta alcuni anni fa negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, India, Svezia, Repubblica Ceca, Russia, Ucraina, Libano ed infine in Italia, e in tutti i casi è stato possibile osservare elementi sia delle identità culturali, sia di quelli che potrebbero definire elementi salienti di un brand.
La visione dei vari filmati non potrà che arricchire la descrizione di queste poche righe.

 La mitografia della forza e dell’individualismo 


Lo spot è stato realizzato da Mc Cann – Ericsson nel 2006 per l’esercito americano, una clip di quasi un minuto che lavora oltre che con le immagini anche con il registro sonoro; all’ iconografia tipica del soldato americano, quella del guerriero che si addestra fisicamente, che sfoggia temerarietà e preparazione in azione, si sovrappone la voce narrante che indugia molto nei termini “strong” e “strenght”, una sorta di onomatopea fonetica della forza che si declina nel comandare, nell’obbedire, nel cameratismo, nel superare ostacoli, nel saper superare i propri limiti.

Oltre alle parole la celebrazione dell’individualismo avviene quando la macchina da presa indugiando sulle targhette portanome dei soldati, vagamente richiamando una multi etnicità, in realtà esprime la forza di singoli che avendo la capacità di superare se stessi, formano un esercito che non ha rivali.

 Tecnologia e dinamismo 


Una clip di 30 secondi che mostra armi, strumentazioni tecnologiche, soldati in azione, che vuol rafforzare il suo messaggio con una scansione dei tempi molto sostenuta creata in post produzione con tagli e cambi di scena molto rapidi; la voce narrante sottolinea che non si tratta di un lavoro come altri, che significa tecnologia, opportunità, azione, sfide in giro per il mondo. Un segno all’identità di genere è veicolato mostrando una donna soldato impegnata in un attività limitatamente cinetica, non partecipa alle sequenze di azione più temerarie, mentre la voce narrante, in questo caso femminile, pronuncia la parola tecnologia.

Nel pay off finale vengono proposti due termini, la forza e l’orgoglio mentre le inquadrature indugiano nel mostrare dispositivi di alta tecnologia.
Confrontando questa clip con quella dell’esercito americano, notiamo come il Canada, considerando che dispone di forze armate di dimensioni più contenute, tende a sottolineare l’elemento tecnologico come valorizzazione chiave, mentre l’elemento umano viene a collocarsi in secondo piano.

 Una struttura “tosta” 

 http://www.youtube.com/watch?v=pgUOAVolSlo
In questa clip della Repubblica Ceca, aerei, elicotteri d’attacco, carri armati e forze speciali in azione sono gli elementi dominanti evidenziati nel filmato. L’individualità è praticamente senza volto, l’uomo è assimilato ad una macchina da combattimento in azione, un tutto perfettamente coordinato, mentre la colonna sonora si sviluppa in un crescendo di sottile tensività e raggiunge la sua apoteosi appena prima dei frame finali della clip, quando entra in scena la voce narrante. In questa fase riprendendo uno schieramento di truppe, attraverso la camera e gli effetti in post-produzione si crea la percezione di una moltiplicazione delle forze schierate, quasi a dare “quantità” all’ entità di questa forza armata, mentre la voce narrante chiude con tono greve il claim enunciando le forze armate professionali della repubblica Ceca.

 E le donne? 

http://www.youtube.com/watch?v=RvPJ5rlW5gA
Questa clip dell’esercito svedese è assai datata perché è del 1994, ma desta curiosità per un aspetto particolare, ovvero come viene tradotto il concetto di genere, quando probabilmente in quel paese si era agli inizi di quel cambiamento. La struttura narrativa ha diverse similarità con quella della repubblica Ceca, nel senso che vengono mostrati spesso armamenti, mezzi di combattimento e le attività di ardimento dei soldati.

L’elemento di discontinuità si può rintracciare nei modi di mostrare il nuovo ruolo della donna nelle forze armate; in una scena una donna soldato cammina davanti ad un carro (tecnicamente esegue una ricognizione a vista) in un’altra scena è alla guida di un mezzo. Ad una attenta osservazione si nota come queste scene rappresentino delle variazioni di ritmo, quasi un rallentamento all’andamento generale del filmato, un modo, non sappiamo quanto voluto o inconsapevole, di esporre una differenza non cancellabile tra l’ancestrale mascolinità del guerriero ed i nuovi ruoli che solo la modernità e l’evoluzione degli scenari consente alla donna di ricoprire.

 Il meglio per la tua vita: appartenenza, tradizioni, opportunità 


Una promessa assai impegnativa, ma estremamente allettante quella che l’esercito indiano offre agli aspiranti Ufficiali. All’interno di una società dove le caste sono una caratterizzazione culturale estremamente forte ancora oggi, l’esercito indiano offre l’opportunità di appartenere ad una classe privilegiata, e attraverso le immagini la risorsa umana è al centro e viene qualificata da questa appartenenza.

Le immagini infatti ritraggono le figure dei cadetti in addestramento formale, durante le attività addestrative tipiche di combattimento o di atletica, ma anche le immagini di uomini che praticano golf, equitazione, tuffi, vela, attività di una certa esclusività che promettono l’appartenenza ad una elite.
Queste scene vengono poi intramezzate da messaggi su sfondo scuro che accostano il superlativo “the best” a tradizioni, sfide, opportunità, carriera, tempo, in definitiva il meglio per la propria vita.

 Dietro l’addestramento l’uomo, l’amicizia, il cameratismo

 http://www.youtube.com/watch?v=tHmiqmfNLhE&list=TLpIqN5iKlRk4

Per l’esercito russo due clip che costituiscono una unica narrazione, dove armamenti ed azione lasciano anche un certo spazio all’essenza umana; due commilitoni che si salutano e si abbracciano vigorosamente, uno spazio per il protagonista che parla “in macchina” delle sue esperienze e ancora i commilitoni che lo chiamano e lo aspettano sopra un mezzo in partenza. Un modo per veicolare, dietro la potenza di questo esercito, la dimensione umana, l’esistenza e perciò stesso, l’importanza dell’amicizia e dello spirito di cameratismo, di solidarietà che vige nell’ambiente.

 Il senso di appartenenza – Qualità superiori alla qualifica 

http://youtu.be/WstN-rudtvA
Questo spot dell’esercito inglese è quello che maggiormente si differenzia da tutti gli altri e per certi aspetti connota la cultura del paese da cui proviene. Nelle immagini si mostra una situazione tipica delle recenti missioni che si svolgono nelle aree di crisi dove un gruppo di uomini del posto sta partecipando ad una animata discussione che rischia di trasformarsi in rissa.
Nelle vicinanze interviene un ufficiale dell’esercito inglese, che con grande equilibrio e fermezza, soprattutto con grande carisma impone ai litiganti di smetterla, riporta la calma e convince i bellicosi abitanti locali a tornarsene nelle proprie case.

Il pay-off finale recita “Ufficiale nell’esercito: qualità superiori alla qualifica”; la celebrazione di qualità elevate è quindi il modo per stimolare il desiderio di appartenere a questa classe di persone.
Molto diverso il modo di raffigurare l’ufficiale, non alle prese con le armi, ma padrone della forza del suo carisma e delle sue capacità comunicative, un inno alla persona più che agli strumenti, una connotazione fortemente “culturalizzata” ed esclusiva, anglosassone a tutto tondo.

 Il fascino della divisa…forse troppo 

http://www.youtube.com/watch?v=cH_E6YSQqTo
Questa clip realizzata dall’Ucraina non va troppo per il sottile, e per attrarre il suo target mostra la straordinaria attrazione che un soldato su un blindato esercita su 5 belle ragazze; queste smettono immediatamente di prestare attenzione ad un altro uomo che stavano “circuendo” proprietario di una BMW e si dimostrano subito pronte a seguire il blindato con i soldati a bordo.

Un po’ esagerato, ai limiti del grottesco anche se descrittivo della realtà sociale del paese e di come anche le istituzioni debbano cercare di ammaliare il proprio target per poter esercitare un potere di attrazione.

 Il rispetto della gente 


Un video che per essere pienamente compreso richiede di conoscere la storia recente del Libano. La gran parte dello spot mostra gente che con deferente rispetto ed ammirazione porge il saluto militare; nei cambi di inquadratura si nota un militare dell’esercito libanese che quasi sorpreso ricambia con un cenno di cortesia i segnali di rispetto ricevuti.

Pur nella iper-realtà presentata c’è comunque un segno di verità e rispetto per questa istituzione che, stando alla storia, ha cercato di mantenersi sempre neutrale tra le violente diatribe e la guerra civile che è stata vissuta da quel paese.

 Noi siamo pronti … per far vincere la pace – tecnologia e armi in azione 

 http://www.youtube.com/watch?v=XTyKZXi3_ls;
All’inizio del nuovo millennio, l’esercito italiano decide di raccontare se stesso ai giovani che cerca di attrarre e lo fa con un impulso sicuramente nuovo rispetto alle sue consolidate tradizioni.

È un esercito che comincia a misurarsi con le missioni di pace, che sta progressivamente adottando il modello professionale, che vuole costituire un punto di attrazione per il dinamismo giovanile, così influenzato dai miti americani, e pertanto decide di proporsi con una serie di 5 spot che mettono in scena una organizzazione pronta ad agire, a combattere, che mostra con convinzione armamenti e tecnologie, che mostra uomini pronti a combattere, preparati, con dialoghi costruiti su un codice linguistico tarato per gli addetti ai lavori ma che tradisce un certo fascino “da marines”.

Una serie di sequenze spesso “asciutte”, scevre da passioni, quasi distanti rispetto alla nostra cultura e abitudine, ma che vogliono decisamente rompere con le immagini del passato.
Soltanto in alcune scene, ad esempio dove un militare si gira la fede nel dito, in un’altra uno di essi stringe tra le mani un piccolo pèluche, probabile regalo di un proprio caro, si recupera una dimensione affettiva ed umana dell’ uomo in divisa.


Una narrazione attraverso una serie di spot che sembra un po’ troppo fare il verso ai miti americani penalizzando con ciò l’ identità nazionale, tuttavia emerge evidente la volontà di scrivere un nuovo discorso e di costruirsi una nuova immagine ed una nuova identità.

Di fatto con questa breve rassegna si è cercato di portare alla luce alcuni tratti dell’identità di vari eserciti, alcuni perfettamente in linea con la cultura e la conoscenza che abbiamo dei loro paesi di origine, in altri casi invece in modo inedito e “straniante”, ma comunque messaggi che dimostrano chiaramente come attraverso essi si cerchi di affermare una specifica identità.

1 “Un oggetto culturale può definirsi come un significato condiviso incorporato in una forma” –definizione di W. Griswold (1986)