da Sergio Bernardini | Mar 9, 2021 | IMPERDIBILI, SOCIAL MEDIA
Una sintetica spiegazione sul funzionamento dell’ algoritmo del social media per eccellenza, Facebook, dedicata a imprenditori, professionisti e manager che utilizzano i social media direttamente o per il tramite di consulenti ed agenzie.
In questo breve articolo cercherò di esporre nel modo più semplice possibile agli utilizzatori business di Facebook, come “ragiona” il suo algoritmo, così da facilitare la comprensione delle scelte o delle proposte dei loro consulenti, e magari dare maggiore consapevolezza per cosa chiedere, cosa è necessario fare e quali risultati attendersi. Non è ovviamente uno scritto destinato agli operatori professionali dei social media, ai quali risulterebbe incompleto e superficiale.
Anche se non si conoscono tutti i dettagli di come l’algoritmo di Facebook decida cosa mostrare o non mostrare alle persone, possiamo affermare con certezza che il primario obiettivo di Facebook, come quello di qualsiasi altra piattaforma social, sarà quello di trattenere un utente per il maggior tempo possibile sulla piattaforma, incentivando lo scrolling (scorrimento) della pagina, così da poter mostrare il maggior numero di annunci possibili.
In sostanza niente di misterioso, se non cercare di offrire la miglior esperienza possibile in termini di intrattenimento, informazione e socialità all’utente così da farlo rimanere a lungo sulla piattaforma e consentire a Facebook di mostrargli il maggior numero di annunci sponsorizzati, vera fonte di guadagno della piattaforma, e di raggiungere così il suo obiettivo di business.
Il compito dell’algoritmo di Facebook sarà quello di prevedere quali post saranno “più preziosi e significativi” per un individuo quando si collega alla piattaforma, e aggiornare questa selezione ogni volta che costui controlla il proprio “feed notizie”.
Nel “feed notizie” di ognuno verranno inseriti dei messaggi “sponsorizzati”, gli annunci delle campagne a pagamento, che tuttavia dovranno seguire le linee imposte da Facebook, non essere perciò troppo numerosi, non essere invadenti, essere in linea con gli interessi della persona a cui saranno mostrati, essere accattivanti e non troppo infarciti di slogan, non risultare offensivi per alcuno.
Sulla scorta di questa premessa, nel 2021 l’algoritmo di Facebook continuerà ad essere caratterizzato da quattro principali segnali di ranking: attualità, popolarità, tipo di contenuto e relazione.
Fattori di ranking dei contenuti Facebook
La sequenza di operazioni di calcolo, pressoché istantanea per ogni utente che si collega, si realizza in quattro fasi:
- Fase “INVENTORY”: la piattaforma, in base all’utente che si collega, “recupera” tutti i contenuti pubblicati dal suo network di contatti e di pagine seguite;
- Fase “SIGNALS”: la piattaforma valuta i segnali di contesto (dispositivo usato, smartphone, PC o tablet, tipo di connessione, orario e geo localizzazione), e segnali di contenuto (chi ha pubblicato e cosa, quanto è completo il suo profilo, data di pubblicazione, interazioni ricevute e feedback negativi, tempo trascorso su tale contenuto dagli altri utenti);
- Fase “PREDICTION”: il sistema elabora una previsione sul tipo di contenuti che ritiene più importanti per l’utente, scartando o mettendo in coda i post con cui ritiene improbabile che questi interagisca. I comportamenti passati dell’utente, nel gradimento o nel rifiuto di certi contenuti sono pertanto importanti per determinare il metodo di previsione del sistema.
- Fase “SCORE”: il sistema esegue una valutazione sui post rimanenti per assegnargli un punteggio in modo personalizzato (esempio: Laura ha il 90% di probabilità di mettere un “cuore” alla foto di un cucciolo di cane di una sua amica e ha il 30% di probabilità di guardare video tutorial dal suo gruppo di ricette) e li classifica in ordine di valore. Notizie e informazioni che hanno uno score più alto, vengono presentate prima all’interno del feed.
Nello sviluppo delle operazioni di calcolo connesse a tali fasi, l’algoritmo effettuerà il suo lavoro seguendo tale metodo:
- particolare attenzione alle “meaninful interaction”, interazioni significative, quali condivisioni con interazioni successive, interazioni tra familiari e amici, condivisioni private e reazioni successive;
- relazioni dell’utente, interessi espressi, attualità dei contenuti; contenuti “nuovi” tendono ad avere rilevanza maggiore rispetto a quelli più datati, con un posizionamento favorevole nel feed;
- tendenza a preferire certi tipi di contenuti quali foto di persone, di eventi con più persone, secondo le preferenze dimostrate dall’utente;
- commenti, like e condivisioni migliorano lo “score”;
- contrasto alle interazioni “fake” ottenute con Bot e alle fonti di notizie non verificate;
- organizzazione di una bella sequenza di post dal network di un utente e di vari tipi di media e fonti in modo che questi abbia un’interessante varietà di contenuti da scorrere.
Occorre ricordare che l’algoritmo non “premia” post contenenti link che portano l’utente fuori dalla piattaforma, a meno che non si tratti di post di campagne a pagamento contenenti link al sito dell’inserzionista.
In tal senso è opportuno ricordare alcuni benchmark attuali; alla fine del 2020, la copertura organica media (post non a pagamento) è ancora in calo ed è scesa al 5,2% (alla fine del 2019 era del 5,5% e l’anno prima era del 7,7%), mentre per le pagine con oltre 100.000 follower la percentuale è ancora più bassa.
Spero di aver fornito qualche utile e sbrigativa indicazione su un aspetto di per se assai complesso tecnicamente e mai completamente disvelato neanche agli utilizzatori professionisti.
Statistiche e immagini sono stati tratti da:
https://blog.hootsuite.com/facebook-algorithm/
da Sergio Bernardini | Feb 22, 2018 | NARRAZIONI SOCIALI
4 leader in campo che si combattono anche e soprattutto sui social media, questa la sicura novità della campagna elettorale delle elezioni 2018. I contendenti che inondano il pubblico di post, il quale interagisce frequentemente e con veemenza sulle loro pagine. Qualità dei commenti? Meglio una pagina di ultras. Contentiamoci dei numeri.
Siamo ormai alle soglie delle elezioni 2018, contrassegnate da una campagna elettorale strisciante che si protrae dalla fine del referendum del dicembre 2016, anche se a mio giudizio, per ragioni che sarebbe troppo lungo elencare, siamo stati immersi in una campagna elettorale semi-permanente che si protrae dal termine delle elezioni del 2013.
La novità di questa campagna è che, contrariamente alle precedenti sei elezioni politiche, questa volta i leader in campo, candidati più o meno direttamente al ruolo di premier sono quattro, anche se due di questi sono formalmente alleati pur con una serie di distinguo e di sfumature diverse.
L’altra novità, parzialmente inedita, è l’uso esteso dei social media quale strumento integrato della campagna elettorale, strumento che nelle precedenti elezioni soltanto il Movimento 5 Stelle aveva usato in modo strutturato partendo molto in anticipo rispetto all’inizio ufficiale della campagna elettorale.
L’uso dei social in politica ha vissuto una forte espansione specialmente durante il periodo che ha contrassegnato l’opposizione al governo Renzi, diventando strumento di “propaganda di massa” ormai imprescindibile per ogni leader.
É da notare infatti che le pagine ed i profili dei leader contano un numero di fan di gran lunga superiore a quello annoverato dai rispettivi partiti.
I candidati in lizza, come tutti sanno, sono il “vecchio” leader Berlusconi, anche se la sua posizione non è quella di candidato Premier ma di leader dello schieramento di Centrodestra che dovrà successivamente definire il suo candidato Premier, l’ormai ex “giovane” Renzi, e i due giovani candidati rampanti come Salvini e Di Maio.
Ci sarebbe da considerare anche una quinta persona, Giorgia Meloni, che sta ottenendo una crescita di fan importante, ma che solo in considerazione dei dati provenienti dai sondaggisti non includerò nel confronto.
A circa 10 giorni dal voto riporto una serie di tabelle e statistiche di cui presto potremo valutare il livello di affidabilità per poter prevedere chi sarà il vincitore della tornata elettorale, o quantomeno chi ne uscirà vincente e rinforzato oppure no.
I dati sono stati tratti dalla piattaforma di monitoraggio Social Bakers per ciò che concerne i dati di Facebook e i followers dei profili Twitter, mentre i dati su tweet e hashtags sono stati tratti dalla piattaforma Twitonomy.
Iniziamo intanto a riportare la “top-ten” dei politici che avevano il maggior numero di fan al 20 dicembre:
Nessuna particolare sorpresa trovando i nostri quattro leader nelle prime cinque posizioni, eccezion fatta per Di Battista, personaggio di forte appeal mediatico che a poca distanza dal voto ha deciso di sfilarsi dai giochi: fair play per l’altro candidato di partito o attendismo strategico? Vedremo in futuro.
Osservando i trend dei sei mesi precedenti si nota un’impennata nella crescita del numero di fan comune a tutti i contendenti a partire dal mese di ottobre, segno evidente che nell’imminente scioglimento della legislatura e del conseguente inizio della campagna elettorale ufficiale, le aspettative del popolo della rete sono diventate più forti.
E’ probabile tuttavia che gli utenti seguano le pagine dei vari leader non solo per motivazioni fideistiche, ma anche per sapere cosa raccontano i contendenti e sfogare le proprie critiche come appare frequentemente nei commenti.
Nella tabella che segue sono mostrate una serie di rilevazioni effettuate sulla stessa piattaforma dopo il 20 dicembre con cadenza quasi settimanale, che mostrano la continua progressione del numero di fan.
A giudicare dai numeri si nota che Salvini ha il seguito più numeroso di fan e che la crescita di questi continua con buone percentuali, ma chi registra la crescita più forte è Di Maio; notevoli i risultati di Berlusconi se consideriamo che è stato l’ultimo a puntare sui social in modo intensivo e strutturato. Il barometro di Renzi invece, vecchia star politica di Facebook nel 2013, non segna buon tempo confermando una tendenza in atto ormai da qualche anno.
Da tempo comunque Facebook non sembra essere il terreno più congeniale ne per Renzi, ne per il PD, mentre viceversa a giudicare dai contenuti, sembrerebbe il territorio più frequentato dai sostenitori del Movimento 5 Stelle e da quelli del Centrodestra o, per riportare una definizione in voga sui media tradizionali, sembra essere il territorio preferito per le “istanze populiste”.
Su Twitter invece, se si considera soltanto il numero di followers, le cose per Renzi e il Centrosinistra sembrano andare un pò meglio come raccontano le tabelle, anche se a giudicare dalle conversazioni che nascono sui tweet la questione prende un’altra piega.
Esaminando in dettaglio la “produzione” comunicativa dei nostri “paladini” nella tabella che segue, possiamo trarre delle indicazioni più dettagliate in merito alla frequenza di pubblicazione dei post su Facebook e di quale sia la capacità di “engagement” dei rispettivi contenuti espressa dal coefficiente che esprime il totale delle interazioni per 1000 fan realizzati nel mese antecedente, e il post (di cui si riporta sinteticamente il titolo) che ha ricevuto il maggior numero di interazioni.
Parliamo sempre di quantità perché in termini di qualità… spenderò due righe più avanti.
Da notare l’iperattività di Salvini e Di Maio che pubblicano post con una frequenza che richiederebbe loro di stare tutto il giorno seduti davanti alla tastiera per preparare tutto quel materiale!
Alla successiva rilevazione del 19 febbraio, le pagine con la migliore performance sono quelle mostrate nelle immagini di seguito:
Prendendo in esame le modalità di pubblicazione di contenuti, si nota una generale intensificazione della “produzione” da parte di tutti e quattro i candidati, ma sono ancora Di Maio e Salvini a registrare le performance più elevate, pertanto valgono le stesse considerazioni fatte poco fa: come faranno a scrivere tutte queste cose e allo stesso tempo partecipare a comizi, andare in televisione, viaggiare da una città all’altra etc. etc.
Infine nelle immagini successive delle infografiche che sintetizzano cosa avviene su Twitter. Gli indicatori sembrano segnalare una situazione più favorevole per Renzi, almeno stando agli indicatori, mentre Berlusconi ultimo arrivato sulla piattaforma, non sembra puntare molto su di questa; un profilo aperto in ottobre con meno di 25.000 followers non “regge” il confronto per cui non è stato riportato.
L’iperattività di Salvini sembra ottenere un altissima percentuale di retweets (99,4%), ma al tempo stesso la sua diffusione rimane minore a quella realizzata da Renzi, mentre i risultati ottenuti da di Di Maio sono complessivamente “modesti”. Negli indicatori la sintesi della performance.
Da notare come il recente cambiamento introdotto da Twitter con il passaggio da 140 a 280 caratteri, permettendo una migliore discorsività, ha fortemente ridotto l’uso degli hashtags, limitandone di fatto l’importanza che ad essi attribuivano gli utilizzatori.
Difficile affermare che questa sia una buona scelta ed in tal senso i dati di insight sulle visualizzazioni, prima e dopo il cambiamento, potrebbero svelare molto di più ma purtroppo non sono disponibili.
Per dovere di cronaca, di seguito quelli più utilizzati dai contendenti:
- Per Renzi: #avanti, #lavoltabuona, #matteorisponde, #italiariparte;
- Per Salvini: #salvini, #ottoemezzo, #primagliitaliani, #andiamoagovernare;
- Per Di Maio: #iodicono, #m5s, #trefotoalgiorno, #renzi.
Conclusioni
Una quantità di numeri importante che fornisce indicazioni anche interessanti, ma che si fermano ad aspetti meramente quantitativi per diverse ragioni.
Quello che ci dicono i numeri è lo sforzo profuso dai leader in competizione nel tentativo di saturare lo spazio delle tematizzazioni possibili.
Si comunica tutto ciò che si ritiene positivo del proprio programma, non dimenticando di dedicare ampio spazio a denigrare e delegittimare i propri avversari politici, specialmente quelli nel cui bacino elettorale si spera di poter pescare voti.
L’unica cosa che viene dimenticata è il tempo disponibile dei propri lettori e la loro capacità ricettiva di “processare” correttamente tutti gli input in arrivo.
In tal senso a parte Renzi e Berlusconi, che sul piano della quantità di contenuti cercano di mantenersi su livelli più moderati, la frequenza di pubblicazione di Salvini e Di Maio raggiunge livelli veramente intensi.
Con medie di quasi 80 post alla settimana, oltre 10 al giorno, creano una quantità di informazioni che diventa difficilmente digeribile anche per i propri fan, figuriamoci per gli incerti.
Poiché una delle strategie della comunicazione sui social è anche quella di generare un effetto di “advocacy” che può scaturire dalla lettura dei vari commenti e dall’interazione nelle conversazioni prioritariamente verso coloro che non sono ancora “fan”, con tali quantità di contenuti il rischio è proprio quello di creare difficoltà e confusione nel seguire tutto quanto.
Bisognerebbe poter disporre dei benefici di amministratore delle pagine/profili per avere i dati sulla copertura e comparare se tale ridondanza di contenuti sia effettivamente premiante o meno; non è detto che l’algoritmo di Facebook la premi.
Indubbiamente la crescita generalizzata per tutti del numero dei propri fan/followers testimonia il grande interesse di larga parte della cittadinanza ai fatti politici e ai racconti prodotti su questi canali. Parimenti importanti e rilevanti sono i dati che riguardano la partecipazione ed in particolare l’attitudine a commentare i vari post.
La nota dolente purtroppo inizia quando si analizza la qualità delle argomentazioni espresse nei commenti, sia per i toni usati, sia per il lessico utilizzato, sia per la logica argomentativa ricorrente.
Ho abbandonato il tentativo di trarne delle indicazioni visto che la maggior parte dei commenti regge perfettamente il confronto con i contenuti di una pagina di ultras calcistici quando parlano dei loro avversari più detestati.
C’è una rilevante quantità e una marcata tendenza a postare commenti aspramente critici nelle pagine di ognuno dei contendenti, commenti che poi ovviamente ricevono altrettanto veementi risposte, un proliferare di “litigi” più che di conversazioni.
Sembra quasi che il popolo di Facebook preferisca navigare nelle pagine dei personaggi sgraditi per commentare criticamente.
In tal senso non si ha più alcuna certezza se e fino a che punto tali commenti siano originati da elettori delusi oppure dai cosiddetti “troll” che in tal modo cercano di “avvelenare i pozzi” delle pagine avverse per intorbidire i contenuti e stemperarne in tal modo la possibilità di ottenere effetti di advocacy.
Per questo cercare di trarne indicazioni appare uno sforzo inutile perché le certezze della genuinità dei commenti sono veramente limitate.
La verifica effettuata su Twitter ha evidenziato la presenza dello stesso fenomeno anche se i toni sono in parte meno grevi.
Non rimane pertanto che accontentarsi dei dati di tendenza sull’aumento dei fan (anche questi pare siano taroccati, ma aggrappiamoci almeno alla legge dei grandi numeri!) e aspettare ancora un pò di giorni per avere una ulteriore riprova della capacità più o meno fondata dei social media di riflettere la società reale.
da Sergio Bernardini | Ott 29, 2017 | SOCIAL MEDIA, IMPERDIBILI
Dalla fotografia di una giornata tutto sommato “tranquilla” qualche indicazione interessante: non è la politica il tema più utilizzato dalle pagine Facebook delle testate giornalistiche più seguite, ma tipologia di interazioni e tenore dei commenti quali effetti possono generare nell’ agenda dei media?
Navigando su Facebook tra il mio feed ed altre pagine, soffermandomi qua e là a leggere i commenti di gente che spesso non conosco nemmeno, mi è capitato più di una volta di interrogarmi sulla reale portata sociale di questo genere di conversazioni.
Mi domando quanto siano radicate certe convinzioni espresse ed in che misura siano ispirate dalle pagine dei giornali e modellate dal tono dei commenti dei partecipanti alla conversazione.
Nel libro Corpi sociali (G. Marrone – Einaudi, 2001) l’autore analizzando i discorsi sociali, contemplava alcune categorie discorsive quali il discorso pubblicitario, il discorso giornalistico ed il discorso politico come fonti prevalenti nell’ alimentare il più generale concetto di opinione pubblica di una società.
Ritornando ai commenti su Facebook in particolare, ho avuto l’impressione che queste categorie siano divenute insufficienti perché l’avvento dei social media e di Facebook in particolare, rendono necessario definire i contorni di una nuova categoria, quella del “discorso virtuale”.
Probabilmente qualcuno prima e meglio di me avrà già elaborato il concetto di discorso virtuale, sul quale tuttavia mi sento di aggiungere le mie considerazioni.
Ritengo di una certa importanza comprendere più in profondità gli effetti emergenti di questa tipologia di conversazioni che, fino a 5 o 6 anni fa sembrava spazio ludico e semiserio dei pionieri delle piattaforme social, mentre oggi invece sembra contagiare e coinvolgere una fascia sempre più ampia di popolazione di tutte le età.
L’attitudine a commentare soprattutto sui temi sociali più dibattuti non sembra più prerogativa di una sparuta minoranza di avanguardisti, ma coinvolge un numero sempre più grande di persone che prova a diffondere la propria opinione, che è disposto a scendere sul terreno degli insulti per difenderla, che tenta di esercitare più o meno consapevolmente una qualche influenza sulla propria cerchia di contatti.
Intanto è importante distinguere tra lo spazio privato di ciascuno di noi, costituito da aspetti ludici o grotteschi che interessano solo una ristretta cerchia di amici, dal discorso virtuale di cui fanno parte contenuti riferiti ad aspetti e temi di natura sociale di più ampia portata, ove si delineano tendenze, si commentano fatti di rilevanza pubblica, si esprimono opinioni o giudizi avvalorati da tesi e conoscenze (spesso tutte da verificare!) e che implicano forti rapporti di intertestualità tra diversi temi.
A volte il confine tra queste due categorie è abbastanza labile: basti pensare ad esempio agli episodi di cyber-bullismo che si sviluppano nelle cerchie ristrette di amici e che travalicano questi confini quando provocano conseguenze anche tragiche, perché se entrano nel racconto dei media entrano a far parte dei discorsi virtuali dell’opinione pubblica della rete.
I media, o per stare al lessico sociologico, il discorso giornalistico proietta sulle piattaforme social le “esche” per lo sviluppo dei discorsi virtuali che si sviluppano in due modi:
– i commenti fatti direttamente a margine del post nella pagina dai vari “followers” che ospitano conversazioni estese tra persone che non si conoscono;
– la condivisione del post-notizia nel proprio profilo commentandolo, pratica che fa nascere spesso accese conversazioni nei gruppi (relativamente ristretti) di amici.
Tali conversazioni sono caratterizzate da una rilevante intertestualità che rivela le idee comuni e la risonanza che viene attribuita a certe tematizzazioni in un dato momento.
La rilevanza del fenomeno sta nel fatto che le dimensioni di queste conversazioni (a volte di diverse migliaia di commenti!) producono modificazioni nel discorso giornalistico, nel discorso politico ed anche nella formazione dell’opinione pubblica in generale.
Le modificazioni del discorso giornalistico si originano perché il feed-back diretto e tangibile del pubblico ad una certo articolo, rinforza il fenomeno della circolarità dei media, inducendo questi ultimi a pubblicare e dare rilevanza alle notizie più dibattute nonché ad adottare toni e linguaggi consoni al tipo di interazioni.
Di fatto quindi numerosità e portata delle interazioni non proietta la sua influenza soltanto sull’ agenda setting (la scelta degli argomenti proposta dai media) ma anche sul framing (la messa in forma degli argomenti stessi), facendo sì che ogni testata tenderà sempre più a modellare la “forma” della sua informazione a seconda il tipo di lettore-commentatore che frequenta le sue pagine.
Altro effetto indotto da questi fattori è che mentre nel passato l’informazione veniva “mediata” dagli organi di informazione su una linea che ponderava le opposte visioni dei lettori (anche da questo la denominazione di media), ora è verosimile che si diffonda una maggiore inclinazione a radicalizzarsi sulle posizioni e gli umori del proprio pubblico-commentatore.
Ovviamente sono in ballo fattori di natura economica molto importanti legati agli introiti pubblicitari in rete che si saldano con quanto detto sopra e che rinforzano certe tendenze, ma questo rientra in altro discorso.
Conseguentemente queste evidenze sono facilmente accessibili anche al mondo politico il quale ovviamente tenderà a modificare la sua agenda politica o quantomeno ad adeguare la “messa in discorso” dei vari temi nel modo ritenuto più efficace per stimolare le reazioni del proprio pubblico.
L’ effetto prevedibile nell’opinione pubblica e che in parte è già stato possibile osservare in diverse situazioni, è la tendenza a frammentarsi in gruppi più o meno ampi di persone che attraverso la condivisione e le conversazioni in rete, trovano conferme e rinforzo ai loro punti di vista, finendo per radicalizzare le proprie posizioni e convinzioni.
Diffidenza nelle fonti ufficiali, complottismo e anti-politica sono soltanto alcuni tra i trend sociali più diffusi che si intrecciano con il fenomeno diffuso delle fake-news e del clickbaiting in un magma in cui diventa sempre più difficile distinguere tra informazione e disinformazione.
Gli “informati” della rete – qualche statistica
L’abitudine ad informarsi in rete per mezzo delle testate on-line ed i social media è pratica sempre più diffusa che non riguarda più una percentuale ridotta di persone, anzi le statistiche parlano di un fenomeno in crescente aumento in tutte le fasce della popolazione.
Le statistiche dicono che nel 2016 il numero di persone che si sono connesse a internet è cresciuto del 4% rispetto all’anno precedente (39.21 milioni di persone), mentre l’aumento di quelle che usano i social media è dell’11%; aumentano del 17% invece le persone che accedono a piattaforme social da dispositivi mobile per un totale di 28 milioni, che corrisponde a una penetrazione del 47% (fonte: wearesocial.com/digital-in-2017-in-italia-e-nel-mondo).
Misurati in aumento anche gli utenti mensili di «current events & global news», che al lordo delle duplicazioni sono stati misurati in 20.55 milioni (dato maggio 2017), oltre 1,3 milioni in più rispetto ad Aprile che significa un +6.9%, la variazione maggiore fra tutte le categorie (fonte: www.datamediahub.it/report-su-quotidiani-italiani-social/).
Secondo il 14° rapporto Censis (fonte: www.primaonline.it/in-italia-il-60-delle-persone-segue-i-tg-per-informarsi-ma-tra-i-piu-giovani-cresce-il-peso-di-facebook/) invece i telegiornali sono usati abitualmente per informarsi dal 60,6% degli italiani, ma solo dal 53,9% dei giovani.
La seconda fonte d’informazione è Facebook con il 35%, ma nel caso degli under 30 il social network sale al 48,8%; stando ai dati, tra i mezzi utilizzati dai giovani per informarsi seguono i motori di ricerca su internet come Google (25,7%) e YouTube (20,7%).
Le persone più istruite, diplomate o laureate, restano affezionate ai tg generalisti (62,1%), ai giornali radio (25,3%) e alle tv all news (23,7%), anche se tuttavia danno comunque molta importanza a Facebook (41,1%).
I quotidiani vengono al sesto posto nella classifica generale: li usa regolarmente per informarsi solo il 14,2% della popolazione, il 15,1% delle persone più istruite, ma solo il 5,6% dei giovani.
Sempre secondo tale analisi a più della metà degli utenti di internet è capitato di dare credito a fake news circolate in rete: è successo spesso al 7,4%, qualche volta al 45,3%.
La percentuale scende di poco tra le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i giovani under 30, che dichiarano di aver creduto spesso alle bufale in rete nel 12,3% dei casi.
Fa pensare comunque che mentre i tre quarti degli italiani (77,8%) soprattutto tra diplomati e laureati (80,8%) ritengono le fake news un fenomeno pericoloso e pensano che le bufale sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e per favorire il populismo (69,4%), sembra invece che i giovani diano meno peso a queste valutazioni: il 44,6% ritiene che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso potere.
Infine per quanto riguarda i social media, la piattaforma che nello specifico ha un ruolo predominante per la possibilità di sviluppare conversazioni è Facebook, la quale a dicembre 2016 ha raggiunto 29 milioni di utenti attivi al mese, con un’audience di 24,6 milioni/giorno (fonte:http://vincos.it/social-media-in-italia-analisi-dei-flussi-di-utilizzo-del-2016/).
Quindi Facebook non è solo il luogo più affollato della rete, ma anche quello dove si trascorre più tempo con una media di 14 ore e 9 minuti/mese per persona; il 74% degli italiani che usa Facebook lo fa ogni giorno (contro una media globale del 55%).
Chiudo questa breve rassegna di dati riportando che, secondo Data Media Hub, la testata di Libero orientandosi su “gossip” e click baiting intercetta il 23,5% del proprio traffico on-line proprio da Facebook.
Sono dati in costante aumento e che nel momento in cui scrivo saranno già superati da nuovi record, numeri che danno la dimensione di un fenomeno importante, dove la percentuale di persone che vuole non solo informarsi, ma anche esprimere e diffondere il proprio punto di vista è in crescente aumento.
Per questo motivo interrogarsi sulla qualità di ciò che gli organi di informazione postano su Facebook è sicuramente importante così come comprendere gli atteggiamenti dei follower, aspetti che sia pure limitatamente, data la portata del fenomeno, affronto in questo post.
Ulteriori ricerche a più ampio spettro potrebbero esplorare più in profondità le tendenze emergenti e non escludo di ritornare sull’argomento in seguito.
Che cosa viene commentato
L’analisi è stata realizzata sul materiale pubblicato il giorno 19 settembre dalle ore 07.00 alle ore 20.00 sulle pagine Facebook di alcune tra le testate giornalistiche che hanno il maggior numero di followers (dato di settembre 2017 fonte: https://www.socialbakers.com/): la Repubblica (3. 435.022), Direttanews.it (2.957.609), Corriere della sera (2.456.342), il Fatto Quotidiano (2.154.297), Tgcom24 (1.847.054).
Pur non disponendo dei dati di visualizzazione delle varie pagine considerate, sappiamo che l’algoritmo di Facebook distribuisce i contenuti solo ad una parte dei followers (recenti aggiornamenti dicono che l’orientamento sia quello di ridimensionare nei feed il peso delle news a vantaggio di contenuti che suscitano interazione).
Pertanto si può supporre che ogni post-notizia sia distribuito ad una percentuale di followers che oscilla intorno al 10-15% con punte fino al 20% e che di questi una parte non consulti il proprio feed quotidianamente o che non lo esplori nella sua completezza, tanto per avere un’idea con buona approssimazione del pubblico che effettivamente legge la notizia.
Quanto e che cosa viene pubblicato dunque in queste pagine?
Non è la politica il tema più frequente proposto dalle pagine Facebook delle testate considerate: La repubblica propone solo 7 post su 38, il Corriere della sera 4 su 48, Tgcom24 6 su 58, Direttanews.it nemmeno uno, fa eccezione il Fatto Quotidiano che parla di politica in 30 dei suoi 71 post.
La fotografia di una giornata, peraltro tranquilla, mostra una certa “iperattività” del Fatto Quotidiano per il numero di post pubblicati, seguito da Tgcom24, mentre la Repubblica, spesso molto attiva, non sembra aver trovato particolari ispirazioni in quella giornata.
Per quanto riguarda le interazioni invece, si è provveduto a calcolare la media di commenti, “reactions” (una volta erano solo “like”) e condivisioni per ogni post, e i risultati si possono vedere negli istogrammi riportati.
Mettendo in rapporto i dati ottenuti con il numero di followers della pagina, si ottengono dei coefficienti (per milione) che, in mancanza dei dati di insight, indicano qualcosa che si può definire come un indicatore della propensione ad interagire nei vari pubblici.
Dai dati emerge che il pubblico di Direttanews.it è quello meno incline ad interagire, quello del Corriere il meno propenso a condividere mentre il pubblico del Fatto Quotidiano tende a farlo tre volte di più, che il pubblico di Tgcom24 è quello più propenso a mettere reactions, quasi il doppio rispetto agli altri, ed è anche il più incline a commentare, da una volta e mezza al doppio rispetto agli altri pubblici.
In sostanza questa è solo la fotografia di una giornata che ci offre qualche buon indizio in merito al tipo di discorso che nasce sulle piattaforme social, anche se i dati quantitativi disponibili non sono statisticamente sufficienti ad affermare una tendenza.
Ulteriori indizi si possono ottenere isolando la “top ten” dei 10 post di ogni testata che hanno ricevuto maggiori interazioni, che sono esposti nelle tabelle seguenti.
La Repubblica
Un fatto di cronaca, un fatto politico e poi ancora cronaca per i tre post che hanno ricevuto il maggior numero di interazioni.
In particolare sentimento e solidarietà sociale sembrano essere il tema che impatta maggiormente per le reactions, mentre un tema politico a chiaro sfondo polemico riceve il maggior numero di commenti e condivisioni.
In sintesi a giudicare dai risultati della giornata in esame, sembrerebbe che la propensione ad interagire sia superiore su post che parlano di circostanze inusuali piuttosto che di fatti rilevanti per la loro portata sociale, che la politica è il territorio dei commenti, meglio se si tratti di argomenti che implicano aspetti polemici.
Con una certa sorpresa invece, un fatto potenzialmente di forte rilevanza mediatica come la violenza alla dottoressa della guardia medica di Catania, riceve un numero relativamente basso di interazioni, quasi che, non essendo il colpevole un immigrato, il fatto abbia perso quelle componenti di intertestualità che avrebbero prodotto un numero di commenti di gran lunga superiore, anche se le componenti polemiche non sono comunque mancate.
Il Corriere della sera
Il caso Ryanair catalizza le maggior attenzioni, poi ancora un tema inerente il mondo del lavoro, ancora lavoro e antipolitica per i tre post che riscuotono il maggior numero di interazioni.
Da rilevare un alto numero di commenti per il famoso caso della Ferrari parcheggiata nel posto dei disabili e del fatto, meta cronaca e meta politica, che collega Di Maio a San Gennaro, sacro e profano.
Sembrano dunque diverse le preferenze del pubblico del Corriere della sera almeno in termini di interazioni.
In sintesi maggiore attenzione e coinvolgimento sui temi che riguardano il lavoro e la sua influenza sul sociale, poi a seguire i fatti di cronaca, mentre quello politico non è sembrato l’interesse dominante.
Direttanews.it
Due fatti di cronaca tragici che riguardano bambini, poi un test sulla personalità mirato esplicitamente a veicolare traffico al sito, le “hits” di questa pagina.
Nel caso di Diretta News, pur in presenza di una diversa distribuzione di reactions, commenti e condivisioni tra i vari post, emerge in modo chiaro la prevalenza dei fatti di cronaca, meglio se nera, fatti di costume e gossip.
Una pagina dunque che preferisce concentrarsi e pilotare l’attenzione dei suoi lettori su temi meno “profondi”, che non sembra cavalcare l’onda lunga di alcuni macro temi molto battuti al momento come l’antipolitica o il fenomeno dei migranti o la sicurezza, che esprime i “malori” del sociale attraverso la cronaca nera e si distrae con il gossip e il grottesco dei fatti che illustra.
Il Fatto Quotidiano
Un fatto tragico di cronaca, poi il fatto della violenza sessuale alla dottoressa della guardia medica di Catania, poi un fatto di costume che mette in evidenza le differenze culturali con le comunità islamiche nel territorio sono i post al top delle attenzioni tra i seguaci del Fatto Quotidiano; seguono per interesse i post che parlano di politica.
Sembrerebbe singolare questo livello di interesse sugli argomenti di una testata che ha fatto dell’antipolitica e del giornalismo d’inchiesta sul malaffare della politica il suo cavallo di battaglia.
In realtà, al di fuori del post che descrive la tragedia del giovane torero in Spagna, tema che comunque richiama alla mente vecchie e mai sopite polemiche su questo genere di spettacolo, appare evidente una certa intertestualità tra i temi di natura politica, il fatto di violenza e gli usi di una comunità religiosa diversa, quali effetti indotti dalla malapolitica.
Evidente dunque che la politica e la sua stretta relazione con i problemi che influenzano la vita sociale e la quotidianità sia il filo conduttore di questa testata.
Tgcom24
Un fatto di cronaca di violenza sessuale, poi il caso toccante dell’anziana sfrattata dalla sua casetta di legno giudicata non regolare in una delle zone terremotate, un fatto di sport con Valentino Rossi.
Si nota anche una certa distribuzione di commenti e condivisioni che si indirizza su altri temi e che fa pensare ad una testata che ha abituato il suo pubblico a mantenersi ad una certa distanza dai temi della politica, che indugia sulla cronaca e sui fatti di costume, che in tal modo riceve dal pubblico un alto numero di interazioni.
Conclusioni
Dunque non è la politica il tema più frequente delle testate giornalistiche su Facebook, anche se su di essa si sviluppano spesso le conversazioni più accese caratterizzate spesso da toni abbastanza “feroci” e che segnano le divisioni e gli schieramenti in modo netto.
Chiaramente un giudizio globale delle testate andrebbe fatto considerando che l’effetto di senso complessivo che il lettore costruisce è dato da un legame latente tra le varie notizie, tuttavia tentare una “lettura” di questo tipo tra le varie pagine diventerebbe fortemente interpretativo e discrezionale, per cui evito di entrare nel merito.
Appare opportuno ricordare il diverso grado di coinvolgimento tra le varie interazioni, dalla facilità di un like (largamente il più utilizzato persino impropriamente in alcuni casi), alla scelta di condividere un contenuto nella propria cerchia, alla pratica di commentare che impone di uscire allo scoperto con il proprio punto di vista, richiedendo perciò un rilevante coinvolgimento cognitivo ed emotivo al tempo stesso.
Infatti non sempre il maggior numero di reactions, implica un maggior numero di commenti o condivisioni, anzi a volte sembra quasi che esistano tendenze ad interagire variabili in base alla tipologia di contenuti.
In ogni caso i numeri relativi alle interazioni rappresentano comunque un indicatore di gradimento dei temi e quindi la loro intensità segnala cosa fa parte del “senso comune” di questo discorso virtuale.
D’altronde ho già avuto modo di soffermarmi su un fatto di cronaca di una certa rilevanza mediale per osservare le differenze di atteggiamento che il tipo di contenuti proposti ingenera nel proprio pubblico nel lungo termine (http://sb.aidazerouno.it//personalita-social-su-facebook/), differenze che emergono proprio dalla lettura dei commenti.
Non è troppo difficile per gli editori, basandosi su questi commenti, raccogliere le tendenze in atto e orientare in tal modo le proprie strategie editoriali.
Logica conseguenza che ci si può attendere, e che anche in questo caso si riscontra nelle parole delle conversazioni, riguarda la modifica di un certo genere di semantiche e delle relative semiotiche sociali, dalla quale scaturisce l’esaltazione di particolari aspetti emotivi della comunicazione.
Un effetto questo che in qualche caso esce dallo spazio virtuale per entrare nella quotidianità dei gruppi di conoscenti attraverso il passaparola e che, possiamo ben immaginare in quali casi, produce un effetto “regressivo” dell’opinione pubblica del tutto simile allo stesso genere di effetti attribuibili alle dinamiche della folla.
nota: Le infografiche relative alle statistiche del pubblico della rete sono state tratte dalle fonti citate nel testo
da Sergio Bernardini | Nov 15, 2016 | CASE STUDY
Quale storytelling stanno proponendo le banche sulle loro pagine Facebook considerato il buon numero di fan ottenuti, e che tipo di interazioni e risposte ricevono da questi ultimi? Analisi e considerazioni in merito
Negli ultimi anni le banche sono state spesso oggetto di aspre critiche per la loro condotta e ritenute in buona parte responsabili della crisi economica del sistema e dei suoi squilibri, un pensiero condiviso abbastanza diffuso che incide fortemente sulla percezione dei loro brand.
Non a caso riporto nel riquadro uno stralcio di una ricerca fatta da IPSOS in aprile.
Sempre in questi anni si è verificata la straordinaria diffusione dei social media, diventati di fatto un imprescindibile canale di comunicazione sociale che le aziende, specialmente i brand più affermati, non possono più evitare di includere nei loro canali di comunicazione a prescindere dal settore di attività.
Le piattaforme social non rappresentano solo un canale di comunicazione ma sono uno strumento molto efficace per ascoltare opinioni e punti di vista del proprio pubblico, per raccogliere il feed-back sui propri prodotti/servizi, per monitorare la percezione del proprio brand.
Ho voluto pertanto basare su Facebook, la piattaforma social più nota e diffusa, l’analisi dei contenuti comunicativi pubblicati da alcune banche per capire quale tipo di narrazione stiano realizzando e quali reazioni stanno suscitando nell’audience.
Nello scorso mese su alcuni blog tra cui Blogmeter, sono apparsi degli articoli che hanno preso in esame il settore stilando una classifica delle 10 migliori banche nel mese di settembre, esaminate principalmente dal punto di vista del numero di fan e dalla loro capacità di fare “engagement” di nuovi followers.
Questo lavoro invece si basa su criteri un po’ diversi e più che sulla quantità dei dati cerca di interpretarne alcuni aspetti qualitativi.
Sono stati scelte quattro tra le più note banche del sistema italiano selezionate non soltanto per numero di fan, e Poste Italiane che negli ultimi anni sta compiendo un grosso sforzo di riposizionamento sia per la sua offerta di servizi, sia per la sua immagine complessiva, collocandosi di fatto come uno dei “player” del sistema creditizio.
Di questi brand ho preso in considerazione gli ultimi 30 post pubblicati sulle rispettive pagine Facebook classificandone i temi proposti, rilevandone numero di condivisioni, like e commenti ottenuti in questi post rapportandoli al numero di fan rilevati da Soldiweb in data 11 ottobre, ed infine ho esaminato come hanno usato i link, se indirizzati alla/e proprie landing page ovvero verso siti esterni.
Premesso che senza i privilegi di amministrazione delle pagine non si dispone dei dati di “insight”, né di strumenti per calcolare la “reach” potenziale sviluppata dalle condivisioni, pertanto ogni risultato dipende dal materiale osservabile.
Stesso discorso anche per i commenti poiché non ho la certezza che non ci siano state rimozioni, magari di quelli meno ortodossi, per cui nella valutazione di questi ho usato molta cautela.
Non mi sono basato sulle tradizionali formule di “engagement rate” che ho ritenuto troppo sbilanciate su meri dati numerici e poco indicative invece del tipo di narrazione emergente, del posizionamento che ne deriva e della valutazione delle risposte del target audience in merito.
Quindi ancorché si tratti di dati ottenuti da un campione numericamente limitato, se ne possono trarre indicazioni descrittive abbastanza fondate in merito alla strategia narrativa adottata e rappresentano comunque un metodo di approccio al problema della valutazione dei contenuti pubblicati che difficilmente può provenire da procedure automatiche.
Il risultato è una rappresentazione grafica del posizionamento che cerca di definire delle aree discorsive formate dai contenuti pubblicati, piuttosto che delimitarli troppo rigidamente con dei valori collocati su assi cartesiani.
I tempi in cui questi contenuti sono stati rilevati variano in base alla frequenza di pubblicazione dei post adottata da ogni banca e spaziano tra i 25 e i 70 giorni.
Posizionare lo Storytelling
Per un’impresa la comunicazione sui social media, specificamente su Facebook, è sostanzialmente diversa dalla comunicazione pubblicitaria tradizionale perché non può restringersi ad una mera proposta d’acquisto ma deve saper spaziare su più temi, deve rappresentare un discorso quotidiano che sappia cogliere interessi e gusti del suo lettore.
In tal senso la comunicazione sui social diventa per sua natura una narrazione in cui l’intreccio narrativo è formato dai differenti temi che sono di volta in volta trattati nei vari post.
Parlare di posizionamento significa definire che tipo di storytelling il soggetto sta portando avanti.
In questo caso per definire una categorizzazione degli argomenti di volta in volta pubblicati, ho adottato un sistema di mapping1 che si basa su quattro polarizzazioni tali da poter comprendere e racchiudere le varie tematizzazioni di volta in volta proposte dalle banche.
Le quattro tipologie adottate sono:
- Discorso esistenziale: è un tipo di tematizzazione che si indirizza alla cosiddetta “cultura alta” come mostre d’arte e di pittura, di musei e di musica lirica, che tende ad enfatizzare la valorizzazione del patrimonio culturale, la sua identità, i valori estetici, ed al tempo stesso valorizza coloro che sono sensibili al suo fascino. È un tipo di argomenti che sembra rivolgersi ad un target maturo di alto profilo culturale e con uno status sociale di prestigio che si riconosce in questi valori.
- Discorso ludico: è il genere di temi che parla della società, delle sue espressioni contemporanee e dei trend in atto in quel momento; parla di sport e di concerti, di mostre o eventi ma anche di solidarietà civile, proponendo in tal modo un discorso basato non solo su aspetti ludici ma anche sui vincoli della responsabilità sociale. Sembra un discorso rivolto ad un target giovane ma culturalmente impegnato e molto coinvolto nella società in cui vive.
- Discorso pratico: è un tipo di discorso che tratta temi affini al campo di attività della banca, quindi aspetti economici e del fare impresa, storie di successo o di opportunità di business. È comunque un discorso orientato al pragmatismo, che indirettamente vuole affermare la competenza della banca nell’ambito delle attività economiche e ne legittima il suo ruolo di partnership nell’attività di impresa. In questo caso il target di riferimento è relativamente giovane, attento alla sostanza delle cose e al pragmatismo che ci si attende da chi deve operare in certi settori senza troppi fronzoli.
- Discorso performativo: è il genere di temi finalizzato a promuovere direttamente i servizi della banca, i suoi risultati, le sue promozioni, o anche le abilità e le competenze del suo personale, a volte sconfinando anche in un’autoreferenzialità più o meno marcata. È comunque un discorso che lancia una proposta diretta al suo pubblico, il quale potrebbe identificarsi in un target maturo di status medio-alto, incline a considerare prima di tutto gli aspetti pratici che derivano da un suo rapporto con la banca.
Ovviamente nessuna banca nel periodo considerato ha utilizzato un solo tipo di “discorso”, per cui si è cercato di rilevarne le tendenze più marcate e di costruirne un’area che in qualche modo rappresenti la totalità delle argomentazioni coperte da ogni brand.
Invito ad osservare le differenze discorsive evidenziate in modo assai speditivo dalle rappresentazioni grafiche sottostanti.
Appare subito evidente la forte differenza esistente tra il posizionamento di banca Intesa e quello di Mediolanum, che nel periodo considerato hanno adottato narrazioni articolate tra due polarizzazioni opposte; la prima assegna prevalenza alla cultura, al discorso esistenziale, la seconda contraddistinta da un discorso spiccatamente pratico-performativo.
Il posizionamento di Unicredit assegna una prevalenza al discorso “ludico”, consegue una consistente presenza nel discorso pratico senza tuttavia tralasciare neanche le altre varianti, quasi a voler realizzare un discorso in equilibrio tra le varie aree che forse appare poco caratterizzato e non esalta il suo pubblico stando alle interazioni ricevute.
Quasi completamente appiattito sull’asse performativo-ludico il discorso di Che Banca, dove prevale nettamente il parlare di sé, e vedremo come per certi versi questo sembri premiare la banca.
Si nota altresì con chiarezza lo sforzo di riposizionamento in atto in Poste Italiane, con un’area discorsiva quasi completamente inclusa tra il discorso ludico ed il discorso esistenziale, evidente quindi la ricerca di un target giovane.
Questi risultati sono stati poi confrontati con il totale delle varie interazioni quali condivisioni, like e commenti, ricevute nei vari post (tot.interaz. x 1.000 / n. fan page), ricavandone degli indici riferiti sia al totale dell’interazione, sia al parziale suddiviso tra i vari discorsi categorizzati, come si può vedere nelle tabelle riepilogative di ogni banca. Questi indici in un certo senso rappresentano il feed-back che i fan danno in merito al gradimento dei temi proposti nella pagina.
Sarebbe stato molto interessante poter confrontare i risultati ottenuti con gli obiettivi prefissati dalle varie banche, ma purtroppo senza le loro pianificazioni strategiche questo non è possibile.
Il profilo emergente delle varie banche
Banca Intesa (dal 13 agosto al 21 ottobre)
La comunicazione di Banca Intesa si orienta prevalentemente ad un discorso esistenziale che tocca i temi della cultura alta, anche se sia il discorso ludico che quello performativo vengono utilizzati con una certa frequenza.
Si tiene altresì alla lontana dal discorso pratico del “fare impresa”, ma i motivi possono solo essere supposti.
È una comunicazione che sembra indirizzarsi ad un target di livello medio-alto e che non dimentica di richiamare un certo radicamento territoriale con la città di Torino.
Dimostra, nel confronto con le altre banche, una buona capacità di generare interazioni e soprattutto sembra riscuotere il gradimento del suo pubblico verso i contenuti pubblicati stando agli indici calcolati (vedi tabella), anche in virtù della qualità dei materiali visivi postati che riscuotono un buon numero di visualizzazioni.
I commenti non sembrano offrire materiale pregiato di analisi ed anche quelli negativi, perlopiù originati da disfunzioni nei servizi, sono quantitativamente abbastanza limitati se confrontati con il numero di fan della pagina, mentre commenti negativi sulle connotazioni del brand o sull’immagine del soggetto banca in generale sono assai rari.
Unicredit (dal 3 al 25 ottobre)
La comunicazione di Unicredit tenta di coprire tutte le polarità del discorso anche se il suo orientamento maggiore è rivolto verso il discorso ludico e a seguire con una certa frequenza anche il discorso pratico.
È una discorsività che parla spesso dello sport come espressione sociale e del fare impresa con successo, perciò sembra mirare ad un target giovane e dinamico.
È un tipo di comunicazione che sembra essere in linea con le preferenze del suo pubblico stando agli indici rilevati, tuttavia non sembra coinvolgere più di tanto la sua audience visto che gli stessi indici sono i più bassi tra i soggetti presi a confronto.
Sia reaction che commenti negativi sono comunque limitati, per cui un’interpretazione possibile è che la banca realizzi uno stile “low profile” che non fa emergere forti coinvolgimenti né in positivo né in negativo, o anche che nonostante l’elevato numero di fan, un riposizionamento del brand sia in qualche modo in corso o in prospettiva.
Poste Italiane (dal 3 al 26 ottobre)
La comunicazione di Poste Italiane predilige marcatamente il discorso ludico a cui fa seguire una buona presenza anche sul discorso esistenziale che curiosamente verte molto spesso sugli aspetti storico-culturali delle strutture architettoniche di alcune sue sedi, realizzando in tal modo una sorta di “in-bound marketing”.
È noto che Poste Italiane stia perseguendo negli ultimi anni un sostanzioso riposizionamento da ente pubblico del servizio postale a soggetto attivo ed efficace nell’esercizio del credito.
Le scelte editoriali vanno pertanto in questa direzione e sembrano dirette a raggiungere un pubblico giovane e dinamico.
Il discorso di poste Italiane genera un volume di interazioni tutto sommato modesto e i suoi lettori sembrano preferire contenuti di tipo performativo, a dimostrazione che la strada da percorrere nel riposizionarsi è ancora abbastanza lunga.
Prova ne sia che i commenti negativi rilevati, peraltro in quantità modesta, sono in prevalenza originati da disservizi nella consegna di pacchi o raccomandate e non riguardano i servizi di tipo bancario, segnale da interpretare positivamente.
Che Banca! (dall’8 settembre al 25 ottobre)
Che Banca produce uno Storytelling spiccatamente orientato al discorso performativo, a cui fa da contraltare un apprezzabile inclinazione verso il discorso ludico, quantomeno per intervallare un parlare di sé che rischia di peccare di autoreferenzialità.
È tuttavia un discorso realizzato con una tecnica molto “cool”, moderno e dinamico, che sembra puntare decisamente ad una clientela fatta di giovani orientati alla concretezza che si aspettano che una banca parli di ciò che attiene la sua effettiva sfera di attività.
La sua capacità di generare interazione è abbastanza alta nel confronto con gli altri soggetti e il pubblico sembra apprezzare la sostanza del suo discorso, soprattutto quella del versante ludico.
Per quanto riguarda i commenti invece, anche se quantitativamente si rimane su valori abbastanza contenuti, il fatto di aver ricevuto il maggior numero di commenti negativi e di ottenere l’indice più alto deve accendere qualche campanello di allarme perché le critiche vertono proprio nello specifico dei servizi offerti e soprattutto dei prezzi praticati dalla banca, includendo propositi più o meno espliciti di voler “cambiare aria”.
Banca Mediolanum (dal 7 al 26 ottobre)
La comunicazione di Banca Mediolanum è marcatamente concreta, il suo storytelling vede prevalere il discorso performativo oltre ad una certa frequenza del discorso pratico.
Abbastanza singolare peraltro il fatto di promuovere eventi (presentazione di libri, convegni etc.) che vedono protagonisti i suoi dirigenti, un modo per affermare le proprie competenze attraverso quelle dei suoi uomini di punta.
La frequenza di temi relativi alla consulenza finanziaria ed agli investimenti chiarisce presto a quale clientela la banca stia mirando, un cliente che dà molta attenzione alla competenza di chi gestisce le sue risorse di risparmio o di business.
La capacità di generare interazioni è tutto sommato assai modesta, eccezion fatta per la tendenza alla condivisione che risulta essere la più marcata, mentre il pubblico dimostra di essere in sintonia con il tipo di discorso proposto dalla banca stessa.
Conclusioni
Il risultato dell’indagine dell’IPSOS di aprile 2016, ci racconta che la reputazione complessiva del settore banche è molto bassa, influenzata anche dai recenti e gravi casi che hanno coinvolto i risparmiatori in pesanti perdite.
Quindi in tal senso, i risultati osservati in queste pagine sono persino al di sopra delle aspettative, anche se certamente le banche non rappresentano dei “lovemarks”.
Ovvio che non si possa confondere la reputazione settoriale con quella di un singolo brand, però è normale che una certa influenza si verifichi comunque quando l’umore collettivo è negativo.
Chiaramente per qualunque impresa di un certo livello, nascondersi sulla rete non significa evitare che se ne parli, implica soltanto non sapere e non controllare cosa si dice, per cui la scelta di essere presenti sui social media era pressoché ineludibile.
Tuttavia gli effetti di questo gap di reputazione permangono sullo sfondo perché il discorso complessivo che le banche realizzano sembra mascherare una certa “insicurezza”, un girare al largo dagli argomenti a loro più consoni ma allo stesso tempo anche più scottanti.
Penso che non debbano trarre in inganno i dati più che lusinghieri sull’incremento del numero di fan e forse sono da prendere con le molle anche le modalità di interazione osservate.
Infatti, fino a che il discorso si mantiene su argomenti di carattere generale le reazioni sono globalmente positive, ma quando questo si sposta sul “fare banca”, sembrano riaffiorare elementi di criticità.
Ovvio quindi che proporre un discorso “soft” basato su valori etici e sociali miri a riconquistare simpatie e ristabilire un clima di fiducia, ma la strada è ancora lunga ed in tal senso il livello abbastanza ridotto di interazioni, specialmente condivisioni e commenti, ci dirà molto in merito.
In conclusione è una presenza sui social che ha bisogno di rinsaldarsi con una proposta argomentativa anche più coraggiosa, al costo di incassare un maggior numero di commenti negativi.
Non sembra infatti che i fan disdegnino di interessarsi e di interagire quando la banca parla della sua attività, anzi in fondo e ciò che vogliono per poi magari giudicare anche negativamente.
Al momento infatti, analizzando i commenti leggibili nelle loro pagine, si farebbe una certa fatica a trarre indicazioni probanti sul livello di percezione del loro brand e sul gradimento dei loro servizi.
1 Pur dovendo adottare degli aggiustamenti il concetto deriva da quanto pubblicato da A. Fontana in Storyselling (2010) e da G. Marrone in Corpi Sociali (2001)
da Sergio Bernardini | Apr 5, 2016 | MEDIA E SOCIETA'
Come ragionano le persone che davanti ad un video postano commenti sui social? Quali sono i loro punti di vista e la loro visione del mondo? Fino a che punto sono influenzabili dai contenuti pubblicati? È possibile raggrupparli in target audience relativamente omogenei?
Domande frequenti in chi opera nel mondo dei social sia perché dietro un commento non si sa mai chi c’è realmente, sia perché questi media rappresentano un fenomeno ancora troppo giovane per poter disporre di riferimenti sociologici consolidati sui loro effetti, così da poter costituire sicuro riferimento.
Se per i media tradizionali è stata in più occasioni dimostrata e descritta la loro capacità di influenzare gli atteggiamenti del pubblico, la stessa cosa non si può ancora affermare con pari certezza riguardo i social media.
Tuttavia sembra che Facebook abbia compiuto delle ricerche in tal senso, isolando due gruppi omogenei di persone ed esponendoli per un certo periodo di tempo a contenuti diversi; i risultati dimostrarono che gli atteggiamenti dei due gruppi verso certi elementi erano diversi in relazione al tipo di contenuti a cui erano stati esposti.
Certo questa ricerca, peraltro poco pubblicizzata, non costituisce prova definitiva, ma comunque rappresenta un punto importante su cui cercare ulteriori conferme empiriche.
Nella frequentazione delle cosiddette piazze virtuali, una persona trova delle fonti dalle quali attinge spesso per costruire le proprie conoscenze sui fatti sociali, cerca conferme alle proprie opinioni, trae spesso la convinzione in merito alla accettabilità e alla condivisione dei propri punti di vista.
Non ingannino le conversazioni “furibonde” che alcune volte si scatenano sui social perché in ogni caso si tratta spesso di polarizzazioni che appartengono allo stesso frame, e capita che un qualsiasi utente possa fare una breve escursione in “territori ostili”, ma riflettendo introspettivamente è logico pensare che quando si è liberi di scegliere, si preferisca frequentare luoghi e persone con le quali si ha una certa affinità di pensiero, per cui è verosimile che questo accada anche nelle cosiddette piazze virtuali.
In tal senso, ho effettuato una sintetica ricerca sulle pagine Facebook di due quotidiani assai diffusi come il Corriere della Sera e il Giornale, selezionando i post pubblicati relativi a un caso che ha occupato le prime pagine di tutti i media e ho analizzato i commenti che sono stati aggiunti, con lo scopo di mettere in luce quali siano state le prese di posizione sul caso e quali fossero le idee comuni emergenti più diffuse, con uno sguardo anche alle modalità lessicali utilizzate per veicolare tali punti di vista.
La scelta è ricaduta su questi due quotidiani perché pur avendo posizioni diverse su vari aspetti di carattere sociale e politico non si collocano su poli estremi, fatto che avrebbe reso relativamente scontate le differenze rintracciate.
Le modalità di ricerca
La ricerca è stata effettuata sulle pagine dei due giornali il giorno 10 marzo, prendendo a campione il caso dell’omicidio Varani ed effettuando la rilevazione dei commenti pubblicati alle ore 15.00 circa.
I commenti sono stati analizzati leggendoli uno ad uno perché l’obiettivo era quello di disvelare le opinioni comuni sullo sfondo aldilà delle parole usate per esprimerle, si trattava quindi di operare un “sentiment analisys” assai poco automatizzabile e molto artigianale perché diretto a decodificare sottintesi, toni ironici o espressioni gergali utilizzate (es. “metteteli in galera e buttate via la chiave”).
Privilegiato quindi l’aspetto qualitativo anche perché il numero di commenti disponibili non era elevatissimo, per cui un’analisi quantitativa su un campione numericamente non adeguato sarebbe tacciabile di scarsa significatività. Ciò nonostante, numeri e dati che comunque riporto, aldilà della significatività statistica, hanno l’obiettivo di descrivere per grandi linee una dimensione del fenomeno osservato.
Considerata l’efferatezza dell’omicidio di Luca Varani, nei commenti si sono riversate tensioni emotive che ovviamente hanno condizionato buona parte dei commenti specialmente per quanto riguarda il lessico utilizzato e le posizioni espresse sulla vicenda, tuttavia per quanto riguarda le opinioni più o meno dissimulate nelle parole, sono emersi aspetti interessanti circa la diffusione di certi punti di vista non solo verso la questione giustizia, ma anche verso questioni sociali di una certa rilevanza.
Sono stati considerati 194 commenti inseriti nel post del Corriere della sera e 173 commenti apparsi in 4 differenti post pubblicati dal Giornale, mentre il numero di commenti risultati indecifrabili in entrambe le testate è stato abbastanza basso. Ogni commento considerato poteva contenere sia una presa di posizione sul caso, sia palesare una o più convinzioni.
Il Corriere della sera ha pubblicato un unico post alle ore 6.45 utilizzando una immagine sbiadita del volto di uno dei responsabili, quasi a voler simulare i famosi manifesti “wanted” della filmografia western, operando in tal modo una sorta di disumanizzazione del soggetto, cercando di sbiadire i tratti da ragazzo perbene di colui che si è macchiato di un crimine efferato. Il titolo si incentra su una procedura giudiziaria, gli interrogatori, e su un aspetto ormai abbastanza frequente nei casi giudiziari che è divenuto un’antecedente nella memoria collettiva, ovvero lo scambio di accuse tra i due colpevoli. All’ora della rilevazione i commenti erano di poco superiori a 200.
Il Giornale invece ha pubblicato 4 post, alle ore 10.35, alle 11.10, alle 12.25 e alle 14.30, utilizzando immagini che ritraggono l’altro colpevole, mostrando in primo piano un volto ogni volta in posa per lo scatto, quattro foto differenti di altrettanti momenti dove la composizione fotografica evoca i tratti del narcisismo e della personalità multipla del colpevole. Nei titoli i temi cavalcati sono stati il tentativo degli avvocati di appellarsi a incapacità parziali dei colpevoli, il tentativo di confondere l’accusa, l’efferatezza del delitto compiuto e l’espressione deteriore dell’omosessualità quale concausa dell’omicidio.
I commenti ricevuti nei quattro post sono stati complessivamente 178 e ancorché pubblicati su post diversi sono apparsi abbastanza omogenei, per cui potevano essere analizzati globalmente allo scopo di ricavare una fotografia degli atteggiamenti espressi.
In entrambi i casi invece non sono state prese in considerazione le risposte ai vari commenti.
I risultati emersi
I contenuti dei commenti ai post sono stati analizzati definendo due categorie di informazioni: la prima relativa alle varie prese di posizione che il pubblico ha assunto sul caso riguardo la colpevolezza degli accusati e la pena da infliggere; la seconda ricavando ed etichettando gli “schemi mentali” (vds. Polmonari, Cavazza, Rubini – Psicologia Sociale) attraverso i quali vengono costruiti i processi di ancoraggio ai nessi causali del fatto; infine è stato operato un confronto tra alcune delle unità lessicali dotate di significatività più utilizzate.
Una breve digressione a margine del poliforme concetto di schemi mentali, per rinviare alle pregevoli elaborazioni del concetto di Rappresentazioni sociali di Moscovici, della definizione di senso comune che proviene tra gli altri da Clifford Geertz e Pierre Bourdieu, ma anche del più datato, ma sempre interessante, concetto di idee comuni di Gustav Flaubert; ovviamente le definizioni da me utilizzate in questo lavoro tengono conto di un certo legame di sinonimia di questi concetti.
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- La tipologia di prese di posizione sul caso ha rivelato molte similarità, anche se espresse in modi e lessico diverso, evidenziando una maggiore predisposizione dei followers del Corriere a prendere posizione (202 volte) in confronto ai followers del Giornale (112volte); tali posizioni sono state:
– favorevoli all’ergastolo o comunque a situazioni di carcere duro e senza sconti di pena (76 Corriere, 29 il Giornale);
– favorevoli alla pena di morte o comunque raffigurando modi di espiazione della pena in rapporto di sinonimia con la morte, espresse lasciando trasparire un forte senso di sdegno e di vendetta (42 Corriere, 26 il Giornale);
– il senso di orrore per quanto commesso dai due e la convinzione che siano entrambi colpevoli allo stesso modo (38 Corriere, 22 il Giornale);
– la convinzione che i due colpevoli, con l’aiuto di famiglie e avvocati, metteranno in atto la tattica di rimpallarsi le responsabilità per eludere la pena (35 Corriere, 10 il Giornale);
– la convinzione che gli avvocati proveranno ad utilizzare le astuzie processuali per far eludere o limitare la giusta pena ai colpevoli (11 Corriere, 25 il Giornale).
Per operare un confronto i dati sono esposti in percentuale nei grafici sottostanti.Da questa infografica possiamo notare come per alcune posizioni non emergano forti differenze, tuttavia si vede come il pubblico del Corriere esprima una forte propensione all’ergastolo quale giusta condanna e la convinzione che i due colpevoli tenteranno qualche escamotage per eludere la pena, mentre nei followers del Giornale emerge l’indignazione, prevedendo il susseguirsi delle astuzie degli avvocati finalizzate ad evitare la giusta punizione ai colpevoli, in quasi un quarto delle posizioni espresse, oltre all’aumento dei fautori della pena capitale.
- Gli schemi mentali riconducibili alle convinzioni sia sulle concause probabili, sia sul futuro decorso della giustizia invece fanno registrare differenze nel tipo di opnioni e nella diffusione delle stesse, così come schematizzato nella tabella sottostante:Su questo piano le differenze come si può vedere sono abbastanza rilevanti e possono risalire sia a diversità socio-culturali tra le due tipologie di followers, sia al tipo di framing che viene più o meno palesemente richiamato dai titoli dei post.Infatti, mentre sul Corriere lo scambio di accuse è la tematizzazione di riferimento, fatto quindi che ispira nei lettori della pagina una presa di posizione sul tema (202 volte), nel Giornale la combinazione dei 4 post ed i rispettivi titoli, tendono a richiamare i frame dell’omosessualità e del decadimento morale e sociale che molto probabilmente ispirano più l’espressione del senso comune, nel tentativo di trovare spiegazioni al verificarsi di eventi così efferati.Difatti nel caso del Giornale circa un terzo delle convinzioni riscontrate, indica nell’omosessualità e nella degradazione che ad essa idealmente si collega un nesso causale più o meno strettamente collegato al caso, mentre le responsabilità educative indotte da genitori benestanti che nel Corriere era stata riscontrata in oltre un terzo delle idee emerse, nel Giornale cala sensibilmente.Infine appare degno di nota richiamare l’attenzione sulle percentuali in merito alle convinzioni rilevate sui giudici e sulla giustizia in genere, perché mentre nel Corriere sembra predominante il riferimento alla giustizia come soggetto astratto che palesa delle lacune nell’assicurare la meritata condanna, nel Giornale il concetto viene oggettivato e la maggiore responsabilità viene attribuita alla persona del giudice quale attore che non applica bene la legge.
- Ne consegue che il lessico è abbastanza in linea con posizioni manifestate e idee emerse, così che mentre nel Corsera le parole più frequenti sono mostri, figli, padre, ergastolo, galera, droga, nel Giornale emergono schifo, avvocati, assassini, gay, giudici, e nella lista delle 15 parole più utilizzate, solo 5 sono comuni ad entrambe ma con rango e indici di frequenza assai diversi. Da riportare invece singolari espressioni come “metterli in galera e buttare la chiave” quale raffigurazione che sembra dare una parvenza di maggiore concretezza della privazione della libertà a vita piuttosto che la parola ergastolo.
Conclusioni
Se ci si sofferma con attenzione sui titoli dei post, le differenze emerse nel tenore dei commenti sembrano avere una correlazione con gli stessi abbastanza evidente, per cui è verosimile pensare che le tematizzazioni utilizzate nei post abbiano un ruolo non secondario nell’ispirare certi principi e nell’orientare il tipo di conversazione che ne scaturisce.
Il quadro che emerge da questi risultati sembra offrire una piccola ma ulteriore conferma; anche i social media sono in grado di influenzare gli atteggiamenti, e questo accade attraverso una duplice azione: da una parte la notizia che proviene dal mainstream informativo dei media; dall’altra il framing operato da ogni singola testata o pagina che influenza il tipo di conversazione che si produce in questa piazza virtuale e che finisce per stimolare reciproche influenze nei partecipanti, ma anche per persuadere coloro che passivamente leggono questi commenti nella convinzione che siano socialmente approvati e diffusi.
A riprova di ciò sono state abbastanza frequenti espressioni gergali pressoché identiche.
Chiaramente il risultato di questo lavoro costituisce un’istantanea su un aspetto perché ovviamente i sistemi di rappresentazioni sociali e di visione del mondo, più o meno omogenei, si sedimentano con il tempo e finiscono poi per orientare valori ed atteggiamenti.
Appare perciò quantomeno verosimile affermare che siamo di fronte non solo alla democrazia della rete, come entusiasticamente sostenuto da alcuni, ma all’uso più o meno consapevole di nuove e più sofisticate forme di influenza delle opinioni nel panorama sociale dei media di cui anche i social, lo ripeto ancora, fanno prima di tutto parte.
Infografiche realizzate da Manuel G. Bernardini
manuelg.bernardini@gmail.com