La caduta del muro: un simbolo per tante narrazioni e visioni del mondo

La caduta del muro: un simbolo per tante narrazioni e visioni del mondo

Dopo 25 anni la caduta del muro costituisce ancora un evento simbolo, fondamento di una rappresentazione sociale che genera l’antecedente attraverso il quale molti fatti successivi sono stati interpretati, dando vita a tante storie, diverse visioni del mondo in grado di orientare gli atteggiamenti della gente comune.

Oltre 1300 condivisioni in un giorno dimostrano la “viralità” dell’argomento ricordato da Repubblica.it attraverso un post sulla propria pagina Facebook, ma è sui commenti, quasi 300, che ne fanno uno di quei temi che non si possono tralasciare perché probabili rivelatori di interessanti risvolti del pensiero sociale della gente.

In sintesi la caduta del muro di per sé non è solo un evento storico, ma rappresenta un oggetto sociale al quale l’opinione pubblica ha collegato la caduta del comunismo come nucleo centrale di una rappresentazione sociale1. A questo tema la gente ha collegato fatti ed esperienze diverse creando l’ancoraggio per la costruzione di una serie di stereotipi e di atteggiamenti che hanno costituito una base per catalogare e mettere in relazione avvenimenti successivi.

muro_porta brandeburgo

Pertanto, a distanza di 25 anni la capacità di questo evento di influenzare la decodifica dei fatti più recenti è indubbia, per cui è stimolante saperne di più circa la sua forte carica simbolica e quali siano oggi gli stati d’animo tra chi c’era e chi ne ha soltanto sentito parlare.

Anche questa volta ho letto con pazienza e curiosità tutti i commenti e le opinioni espresse tra coloro che si sono coinvolti in questo dibattito virtuale, e il risultato è la scoperta di uno spaccato che svela vecchi stereotipi e idee comuni, storie passate e nuove credenze.

Tra i vari commenti e le risposte sono emersi diversi modi di vedere il mondo e di leggere ed interpretare i fatti della quotidianità, e pur considerando le diverse forme di espressione individuale, ne sono scaturite dieci categorie aventi ognuna un proprio nucleo di senso strutturale.
Vediamo in sintesi chi sono e cosa sentono i vari gruppi individuati.

I disillusi sono il gruppo più numeroso (28%), buona parte dei quali avevano riposto probabilmente tante speranze sul futuro dopo la caduta del muro, speranze che la storia degli anni successivi ha frustrato, sono rimasti delusi, annichiliti dalle promesse a loro dire non mantenute dal capitalismo, ed i loro sentimenti si potrebbero sintetizzare in due frasi emblema: “il sogno di un mondo giusto che sembrava a portata di mano è stato infranto dal cinismo del capitalismo”-“ la caduta del muro ha segnato il sopravvento della finanza internazionale che ci sta riducendo in miseria”; tra le varie tematizzazioni espresse a giustificare la delusione sono da citare il venir meno del ruolo di “contrappeso” che il comunismo aveva nei confronti del capitalismo, l’invasione di immigrati, l’aumento della corruzione, un certo timore verso la rinascita di una Germania egemonica, globalizzazione e falsa democrazia, un ruolo non proprio trasparente giocato dal papa dell’epoca.

infografica

 

Gli idealisti sono il secondo gruppo (24%), coloro che intravedevano e continuano a vedere le grandi opportunità che quell’evento ha rappresentato soprattutto in termini simbolici, la caduta di un ostacolo alla libertà e all’unità dei popoli; sono gli ottimisti, coloro che non creano alcuna relazione con la crisi odierna, sono quelli che pensano “via tutti i muri e le divisioni che ostacolano la libertà dei popoli”,” un evento che rimane vivo nella memoria e che ha cambiato la storia dell’Europa”.
In parte ostentano ancora la nostalgia di quelle emozioni, rilanciano le stesse speranze di superare le divisioni, di abbattere i muri ancora in piedi, di costruire ponti, non legano i problemi attuali a quel fatto storico e pensano che sia comunque meglio ora di prima.

Gli anti-Germania, una corrente nutrita (8%) che ricorda l’esistenza del muro come inevitabile punizione agli errori tedeschi del passato;“ben gli stava ai tedeschi per il male che hanno fatto agli altri popoli”, chi dalla sua caduta paventa il revanscismo della Germania e dei suoi istinti egemonici,  “vi è già un altro muro molto più lungo, quello costruito dalla Merkel…”, chi si lancia in analisi economico monetarie a dir poco originali e che dimostra, aggiungo, come alcuni titoli di giornale di “epoca recente” siano stati interiorizzati dai lettori.

I mea culpa sono un buon gruppo di persone (6%) che osservando i fatti del mondo, riescono sempre a risemantizzarli come occasioni mancate per l’Italia o come effetti della decadenza politica e morale che pervade la classe dirigente del nostro paese e che trova spesso sponda nella complicità dell’italiano medio; un pensare che in sintesi si traduce “non è colpa dell’Euro o Europa che anzi ci protegge dai furbastri italici con le sue norme ma dei nostri politici”, oppure “se l’ Italia é messa così deve solo ringraziare il popolo italiano che ha permesso ai politici di fare i comodi loro”.

Gli anti-USA, poco rappresentati in questo dibattito (1%) ma che non potevano assolutamente mancare perché sappiamo far parte degli schemi di pensiero nazionali. Dal “..dilagare dell’imperialismo americano, origine di ogni nostro male…” al “la stessa storia dell’ 11 settembre…” lo spazio è breve anche in un limitato numero di commenti, ricostruzioni più o meno azzardate che vengono comunque ricondotte alla cinica influenza esercitata dagli Stati Uniti.

Gli affascinati dalla Germania sono un gruppo poco numeroso (2%) che esprime apprezzamento per quello che “la Germania ha saputo fare anche dopo fino ad oggi”, che constata con ammirazione come la Germania sia riuscita a gestire il processo di riunificazione successiva, giudizi sui quali, ancorché non espressi, non è azzardato pensare che trovino riferimento negativo la nostrana e irrisolta questione meridionale.

Gli io c’ero, un consistente gruppetto (5%) che nel ricordare il fatto enfatizza l’esserne stato testimone diretto, ed è l’aspetto della memoria quello che sembra prevalere sui significati che il fatto ha prodotto, l’emozione rinnovata del dire “io c’ero … me lo ricordo!”;. Un ricordo di questo evento che sembra riportare indietro il profumo di una età verde per coloro che, ormai cinquantenni, si esprimono in tal modo.

muro_porta brandeburgo

I pessimisti, un gruppo consistente (8%) che dalla celebrazione della caduta non trova motivo di gioia continuando a constatare i mali del mondo, le divisioni attuali, i nuovi muri, le nazioni egemoniche, e via dicendo. Abbastanza “gettonati” il muro israelo-palestinese e l’occasione mancata dall’umanità.

Abbastanza numerosi sono gli opinionisti (8%) a cui piace argomentare, quelli pronti a sfruttare qualsiasi spunto per esporre le loro analisi operando collegamenti con altri fatti legati da un qualche nesso consequenziale o di similarità; la caduta del muro nella sua ricchezza di significati da lo spunto per argomentare ovviamente sulla questione israelo-palestinese, sulle oppressioni create dal neo liberismo, sulle miserie del genere umano. Sono abbastanza vicini al gruppo dei pessimisti dal quale però si differenziano per la verve con la quale si esprimono.

I chiassosi sono un’insieme abbastanza consistente di persone (9%) che entra nelle conversazioni social a costo di essere fuori tema, vogliono esserci, esprimersi e soprattutto dissentire, divagano, entrano in contrasto e spesso cedono all’irrefrenabile impulso di insultarsi con qualcuno che la pensa diversamente da loro; sono coloro che si esprimono con giudizi sferzanti ed a volte offensivi come “i Rom c’erano anche prima, torna a guardare la tv che fai solo ridere”, “Commento da ignorante leggi la storia !!!”, Ma che ca..o ne sai te idiota ? Ma sai di che cosa parli ?”; come toni non c’è male direi.

muro_berlino_trabant

 

[tagline]Conclusioni[/tagline]

Sembrerà ripetitivo questo mio riproporre analisi delle conversazioni di Facebook, ma reputo di importanza notevole l’opportunità di scoprire attraverso i commenti, elementi fondamentali che descrivono le rappresentazioni sociali della gente, ovvero i fondamenti delle strutture cognitive attraverso il quale la successione dei fatti in divenire viene poi semantizzata e strutturata in narrazioni.

Ritengo inoltre che sarebbe superficiale etichettare queste forme di espressione per la loro presumibile appartenenza politica essendo apparse sulla pagina di Repubblica.it, mentre è viceversa molto più pagante comprendere che cosa questi commenti raccontano in termini di discorsi sociali.

Anche le percentuali di per sè hanno mero valore orientativo perché possono variare in base al contesto, mentre viceversa il confronto tra schemi di pensiero così diversi ci indica come differenti esperienze di vita abbiano comportato così difformi processi di costruzione della realtà.

In sostanza il creare delle categorie tra i vari commenti espressi da varie persone consiste in realtà in una possibile ricostruzione di altrettante strutture narrative profonde che originano dalla stessa rappresentazione sociale, sulle quali ogni individuo ha poi applicato il proprio processo di figurativizzazione2,  descritto più o meno chiaramente dalle loro convinzioni, dalle loro parole ed anche dal modo di entrare in conflitto con altri individui.

 

 

Le immagini sono state tratte nell’ordine da:
http://cdn1.stbm.it/studenti/gallery/foto/superiori/le-50-date-piu-importanti-della-storia/crollo-muro-di-berlino.jpeg?-3600
http://cultura.biografieonline.it/wp-content/uploads/2012/05/muro-di-berlino-caduta-picconate.jpg
http://blog.zingarate.com/berlino/wp-content/uploads/2012/11/the-Berlin-Wall-761447.jpg
http://www.viaggiovero.com/img/muro_berlino_trabant.jpg


1 Per il concetto di rappresentazioni sociali vedi S. Moscovici – Le rappresentazioni sociali, il Mulino 2005 e Psicologia sociale – A. Polmonari, N. Cavazza, M. Rubini, il Mulino 2002.
2 Per il concetto di figurativizzazione vedi U. Volli – Manuale di semiotica, Laterza 2006.

Come i giornali significano attraverso le immagini e creano visioni del mondo

Come i giornali significano attraverso le immagini e creano visioni del mondo

Le immagini sono una parte fondamentale della comunicazione prodotta dai media perché danno immediatezza visiva al racconto dei fatti e contribuiscono in tal modo a formare le visioni del mondo. Un sintetico approfondimento su alcuni  meccanismi che sovrintendono alla produzione di significati.

Della capacità delle immagini sui giornali come strumento che rivela persino le forme culturali di un territorio ho già parlato nel post “le narrazioni inscritte nelle immagini”, per cui in questa sede vorrei evidenziare alcuni aspetti legati alla loro performatività in termini emotivi e simbolici.
Il focus sarà rivolto specialmente su ciò che viene pubblicato nella prima pagina dei quotidiani.

Riassumendo in poche righe una teoria sulle comunicazioni di massa, si può dire che i media svolgono un ruolo fondamentale nella creazione e diffusione di significati e valori condivisi, ed al tempo stesso captano le aspettative del pubblico riproducendo con ciò una circolarità e una sorta di processo di auto descrizione della società; non solo, raccontando i discorsi sociali(Volli – id.), i media suggeriscono anche il modo di interpretarli.

Di norma nell’analisi dei media in genere, c’è la tendenza a considerare chi siano i gatekeepers (M.Wolf.- Teorie delle comunicazioni di massa – 1985) ovvero quale sia il gruppo di controllo e a quale schieramento politico faccia riferimento.
In tal modo si finisce per perdere di vista un aspetto che, a mio modo di vedere, è tra i più rilevanti dal punto di vista della capacità di dare forma alla visione del mondo del lettore, ovvero la figurativizzazione (U. Volli – Manuale di semiotica – 2004) del racconto della quotidianità.

Infatti, se un testo scritto richiede capacità di astrazione per essere pienamente compreso, quindi la cooperazione interpretativa del lettore (U. Eco), la sua decodificazione potrà anche incontrare elementi in dissonanza con le credenze del lettore stesso.

Le immagini invece sono dotate della forza conferita dalla presunzione di veridicità e non hanno bisogno di essere comprese, significano in base agli elementi che in esse compaiono.
Barthes, ripeto, diceva che l’effetto di senso della fotografia è spesso il frutto di precise strategie semiotiche, e per spiegare speditivamente questo concetto vorrei rinviare alle esperienze fotografiche di molti di noi, quando ci si rende conto di come la realtà è spesso ben altra cosa, a volte in meglio altre in peggio.

Ma una prospettiva sul quale focalizzare l’attenzione sono gli effetti di senso sovra segmentali (G. Marrone – Corpi Sociali – 2001) che mediante il ricorso a raffinate strategie semiotiche, producono significati ridondanti rispetto alla semplice sintassi denotativa dell’immagine; il tutto è più della somma delle parti.

Uno strumento di analisi di relativa semplicità al quale fare riferimento è il modello di classificazione delle immagini proposto da Lo Russo-Violi (Semiotica del testo giornalistico – Laterza 2004); queste sono articolate in quattro classi: immagini simbolo, immagini documento, immagini emozione ed immagini interpretazione.

 Immagini simbolo 

immagini simbolo

Le immagini simbolo sono costituite spesso da soggetti che non mostrano un legame diretto o evidente con l’evento cui sono collegate, e di frequente può trattarsi di foto d’archivio che possono essere risemantizzate simbolicamente in virtù dell’accostamento a titoli, articoli o altri particolari.

Tali immagini tendono a mitizzare il soggetto che mostrano, a conferirgli un elevato valore simbolico, a fare riferimento ad un repertorio storico della memoria dove i soggetti rappresentati, spesso persone, diventano simboli di significati più ampi, effetto prodotto spesso attraverso la reiterazione dell’immagine stessa.

Per esempio, la prima immagine che ritrae la povera Yara Gambirasio, accompagna un articolo che descrive gli sviluppi del processo di accusa al presunto colpevole, quindi teoricamente non avrebbe attinenza diretta con la notizia in sé. Tuttavia questa immagine ha la capacità di ravvivare la commozione che provocò questo fatto e la sua possibile reiterazione nel corso del tempo ha la capacità di produrne una risemantizzazione quale simbolo di questa categoria di eventi, da usare magari per stimolare un movimento di opinione che spinga per un inasprimento delle pene per certi reati.

La seconda foto invece ritrae il leader di Forza Italia in un atteggiamento quasi “regale” di saluto, un gesto che sembra rivolto ad una folla in tripudio, così come l’inquadratura dal basso del leggio, una sorta di sovrapposizione con il marchio del partito quasi a fondersi con esso, sono elementi di una sintassi semiotica non casuale.

Si realizza in tal modo la mitizzazione del personaggio che attraverso il suo legame con gli elementi simbolici del partito, ne diventa anch’esso elemento imprescindibile; il suo ritratto diventa marchio da utilizzare come simbolo.

 Immagini documento 

immagini documento

Le immagini documento invece hanno tipicamente valore di testimonianza, sono referenti degli eventi narrati, devono fornire l’evidenza dei fatti e pertanto i loro significati sono attinenti al contenuto cui sono collegate, in linea di massima senza ulteriori rimandi ad altri aspetti.

Questo tipo di immagini di norma non sono repertorizzabili perché riferite ad un evento specifico, tuttavia va sempre considerato che una foto è comunque l’assemblaggio di diversi elementi; queste composizioni, come può facilmente immaginare un appassionato di fotografia, possono risultare più o meno orientate a dare rilevanza a certi aspetti piuttosto che ad altri, di fatto modificando l’impatto sul lettore.

Negli esempi riportati, riferiti il primo al tragico incidente dei due aerei dell’Aeronautica Militare dove si mostra l’istante subito dopo l’impatto, il secondo che mostra le ferite del recente conflitto israelo-palestinese e gli ingenti danni che questo ha provocato, entrambe finalizzate a dare sostanza visiva a quanto i testi scritti descrivono.

Si tratta in questi casi di immagini difficilmente riproponibili a meno ché nel futuro non si debba tornare sull’argomento facendo leva su immagini già presenti nella memoria collettiva.

 Immagini emozione

immagini emozione

Le immagini emozione sono indirizzate soprattutto a stimolare la sfera emotiva del lettore mediante la rappresentazione di situazioni produttrici di un’elevata carica tensiva e che stimolino una forte impressione nel lettore.

Devono quindi suscitare sentimenti intensi perché cercano di andare oltre i fatti in sé per mostrarne gli effetti, per lasciare intuire le sofferenze, le tragedie, cercano di stimolare la coscienza collettiva andando oltre l’essenza del fatto.

Il loro legame con gli aspetti tensivi e passionali suscitati nel lettore, la drammaticità che richiamano, le arricchisce di una carica comunicativa e le fa diventare a volte icone delle rappresentazioni sociali del momento.
In linea di principio non sarebbero immagini repertorizzabili, anche se la loro intensità fa sì che possano farsi referenti simbolici di emozioni collettive che si intenda richiamare a distanza di tempo.

Le due drammatiche figure riportate incorporano ognuna una carica simbolica molto intensa: nella prima ad esempio il colore arancione della tunica indossata dalla vittima, colore reso tragicamente famoso già dall’ultima guerra in Iraq (2003) che preconizza le atroci sofferenze della vittima; nella seconda invece la disperazione e le sofferenze della gente mostrata nella foto che concorre ad attribuire ad una delle parti in conflitto, quella mostrata, il ruolo di vittima che subisce la prepotenza del più forte, stimolando in tal modo rimandi a mitografie molto potenti.

 Immagini interpretazione 

Immagini interpretazione

Le immagini interpretazione invece raffigurano qualcosa di riconoscibile che in genere non ha un’ evidenza informativa immediata e necessitano appunto di una decodificazione, richiedono la cooperazione interpretativa del lettore che tenderà ad attribuirle senso spesso a seconda il proprio orientamento valoriale.

Questo tipo di figure possiede una capacità di significazione che si produce mediante l’uso di artifizi retorici come l’allusione e l’ironia, portatrici di significati addizionali che, percepiti, non potranno essere oggetto di contestazione da parte di colui che ne è vittima, ma che tuttavia ne operano una svalorizzazione.

In queste immagini si affida al lettore l’interpretazione e la decodifica di significati non apertamente dichiarati, ma che possono essere dedotti sulla scorta delle sue enciclopedie di riferimento.

Vogliamo fare una prova? Bene, iniziamo dalla prima: per gli Euro da spendere in fumo, la forma della sigaretta non ricorda per caso quella di uno spinello? È possibile in tal modo inferire un velato riferimento ad una “certa” cultura attribuita alla sinistra?
Passiamo alla seconda: il premier sempre sorridente di fronte ai gravi problemi del paese, raffigurato mentre con le mani sembra minimizzare qualcosa, fa pensare niente? C’è da stare allegri nella situazione attuale? È quindi lui l’uomo adatto a raddrizzare la baracca o dalle immagini ne esce sottilmente svalorizzato?

Certo non si può escludere che questa lettura così come la decodifica operata da un qualunque lettore rientri nella sfera soggettiva, tuttavia siamo pur sempre in presenza di quegli effetti di senso sovra segmentali di cui abbiamo parlato all’inizio e che concorrono poi a formare una visione del mondo nel lettore modello, una costruzione che avviene anche per effetto della reiterazione di determinate figurativizzazioni.

 Conclusioni 

In conclusione, si possono fare due considerazioni: la prima è che in alcuni casi è assai difficile classificare rigorosamente un’immagine in una sola categoria perché ognuna di esse possiede caratterizzazioni che possono essere riconducibili anche ad altre; è sulla prevalenza di una di queste che conviene fare riferimento.

Ovviamente la tassonomia presentata ha il pregio di offrire uno schema che possa includere l’intera tipologia di immagini presenti nel testo giornalistico e che comunque non deve costituire una gabbia rigida nell’analisi di queste, bensì costituire un mezzo speditivo per interpretare lo spessore comunicativo a volte latente del quotidiano.

La seconda considerazione è che il modello descritto potrebbe sembrare per certi versi una categorizzazione assai scontata e non particolarmente ricca di indicazioni. In tal caso però è opportuno tenere presente che al di là del limitato numero di esempi presentati, questo modello può porsi come metodo oggettivo per disvelare le strategie comunicative che un giornale usa contribuendo a creare una determinata rappresentazione sociale, e sulla buona fede dei quali si fa una certa fatica a credere.

Mi riprometto di tornare sull’argomento oggettivando proprio certe linee di tendenza.
È con ciò auspicabile che maturi la consapevolezza che l’analisi dei media potrebbe essere condotta con obiettivi diversi rispetto alla semplice descrizione dell’agenda giornaliera di questi.

Storytelling nelle conversazioni politiche di Facebook – il fenomeno Renzi narrato nei commenti dei post

Storytelling nelle conversazioni politiche di Facebook – il fenomeno Renzi narrato nei commenti dei post

Un’analisi che tenta di ricostruire lo storytelling del personaggio politico del momento attraverso la categorizzazione del “sentiment” presente nei commenti della sua pagina

Dopo aver espresso il mio punto di vista su alcuni aspetti “quantitativi” delle pagine Facebook di alcuni soggetti politici, mi sembra importante anche focalizzare l’attenzione sulla qualità dei commenti, non tanto per ricavare diagrammi e statistiche per il quale esistono software e strutture specializzate, quanto capire che tipo di “pseudo realtà” può essere descritta attraverso questi commenti.

Mi sono posto il problema di andare oltre una semplice categorizzazione del consenso o del dissenso, perché come già accennato nel mio post precedente, la pratica di postare commenti critici sulle pagine di soggetti politici della parte avversa sembra prassi frequente al punto da chiedersi se non sia già diventata vera e propria strategia finalizzata a creare una rappresentazione negativa del soggetto. Poiché ho rintracciato attraverso l’osservazione e senza l’aiuto di software specifici commenti critici copiati pari pari su diverse pagine, c’è da ritenere che tali azioni siano già abbastanza diffuse.
Quindi pur considerando questo aspetto, ho provato ad analizzare i commenti e le risposte ad essi correlate nel post pubblicato da Matteo Renzi nella sua pagina che trattava del “cambiare verso…” per capire che tipo di rappresentazione della realtà emergesse.

 Ricostruire il frame 

Voglio precisare sin dall’inizio che non si pretende di dare evidenza scientifica ai risultati ottenuti perché con questo lavoro mi sono posto alla ricerca di una traccia metodologica, magari alternativa, da sviluppare in questo tipo di analisi dalla quale ricavare ipotesi da sottoporre a verifica empirica.

Il post del 5 gennaio, oggetto di analisi, ha generato un forte coinvolgimento visto che dopo soli quattro giorni si registravano già 5883 commenti, perciò ne ho estrapolato 52 commenti comprensivi delle risposte correlate, con le quali si è generato un insieme di ben 469 post (per un file di 90 pagine!!) che è stato analizzato nel seguente modo:
a. trattamento di content analysis per individuare i lemmi significativi di maggiore frequenza;
b. analisi dei lemmi più frequenti ritenuti maggiormente significativi considerati insieme ai termini che li precedono e che li seguono (che ne determinano la significazione) e costituzione in insiemi;
c. rilettura in sequenza del gruppo di proposizioni generate per ogni lemma e riduzione in una sola breve frase che ne sintetizza il contenuto complessivo, in modo da simulare le modalità di percezione, semplificazione e memorizzazione delle informazioni nella mente delle persone.

Nella figura sottostante sono riportate le nuove proposizioni così ottenute al termine di questo processo. Viste nel loro insieme, al di là di alcune proposizioni che si oppongono, la loro lettura sembra descrivere il frame, ovvero una sorta di rappresentazione della realtà agli occhi di buona parte degli autori di commenti di questa pagina.

Immagine2

Parlo di frame perché anche considerando l’esistenza di dissonanze cognitive, le tematizzazioni che lo popolano rimangono le stesse, ancorché valorizzate nelle rispettive opposizioni, ed è sicuramente questo uno degli aspetti che deve far riflettere maggiormente. Non riporto tediose tabelle con le parole più frequenti, anche se come si può immaginare il termine Renzi ricorre 172 volte, PD 83 e Movimento 5 Stelle 54, senza considerare le forme distorte di tali parole.

Desta una certa curiosità rilevare che c’è un’ alquanto scarsa ripetitività di aggettivi che qualifichino i soggetti e/o i temi del discorso (assennato 11 volte, vecchi 9, marcio 7, comico 6, condannato 6), mentre l’uso di forme lessicali come “tutto” (46), “nulla” (37), “sempre” (34) sono possibili indicatori di una certa radicalizzazione dei punti di vista delle persone così come vengono espressi nei post.

E Renzi? Tra il consenso ottenuto nelle primarie e la tipologia di commenti riportati si verifica uno scarto, qualcosa non torna, per cui il lavoro sul protagonista principale è stato più articolato. È stato quindi necessario leggersi pazientemente i commenti, spesso interpretarli vista l’eterogeneità del discorso, le “licenze” sintattiche, la difficoltà a classificare forme di ironia e sarcasmo, di storpiature, neologismi e via dicendo. Pertanto ho letto e categorizzato 204 post, fermandomi solo nel momento in cui si è concretizzata la tendenza al ripetersi di certi concetti per cui era da ritenere sufficientemente delineato il campo semantico di riferimento.

Per categorizzare la tipologia di “sentimento” dei vari commenti che in qualche modo descrive l’atteggiamento degli autori dei post, ho pensato di utilizzare un sistema di “mapping” semiotico; rimando agli autori in parentesi per una esaustiva e completa descrizione del modello (G. Marrone – Corpi Sociali -2001 – A. Semprini – Marche e mondi possibili – 1993).

Questa mappatura si concretizza con la definizione di due coppie di valori, specificando una prima coppia di stati semanticamente opposti sull’asse delle ascisse, mentre un’altra coppia di valori in opposizione collocata sull’asse delle ordinate li qualifica per specificità ed intensità. Ne scaturiscono 4 quadranti all’interno dei quali sono stati collocati alcuni valori sostantivi che specificano più in dettaglio i possibili atteggiamenti degli autori dei commenti. Ovviamente non vengono riportati tutti i possibili valori perché il campo della sinonimia sarebbe assai vasto, ma tuttavia quelli richiamati cercano di offrire sufficienti sfumature ai vari stati d’animo offrendo un continuum di sentimenti; nella figura la rappresentazione di tale mappa.

Immagine4

Inoltre c’era da interpretare anche la collocazione del soggetto principale del discorso, in questo caso Renzi, così come risultava raccontato in questa pseudo narrazione. Per cui vediamo ora i risultati.

I commenti collocabili nel primo quadrante di sinistra contrassegnato dal dissenso, dal conflitto, dalla denigrazione dell’avversario, da una più o meno marcata aggressività dei toni utilizzati, si sono manifestati in 45 casi, mentre nel secondo quadrante dove il dissenso si esprime in modo più pacato, ragionato ed argomentato, si possono situare 100 post. Nel terzo quadrante il consenso espresso con un credito di fiducia, con moderazione, attraverso argomentazioni ed esprimendo un’ ammirazione misurata si è manifestato 33 volte, mentre nel quarto quadrante un consenso entusiasta espresso con appoggio convinto, fervore e passione, manifestando uno spirito di avversione verso gli opponenti, si è verificato 22 volte.

 Il viaggio dell’eroe! 

Renzi invece, la figura dell’eroe di questa narrazione dei nostri tempi, nella sua scommessa di voler cambiare verso al paese, non ne esce troppo bene.
In ben 112 commenti collocati tra il 1° e il 2° quadrante, la sua figura di eroe viene denegata e svalorizzata, il suo ruolo è respinto più o meno duramente, ne risulta definito piuttosto come un millantatore impossibilitato a realizzare l’impresa che promette, complice più che protagonista.

All’opposto in 22 commenti collocati nei quadranti 3 e 4, l’investitura dell’eroe è salda, ha già acquisito la competenza, la“spada magica”, ed è pronto ad iniziare il viaggio per affrontare la prova decisiva.
In due sole occasioni la sua figura di leader pur non essendo rifiutata non viene accreditata di alcuna possibilità di riuscita, e tali commenti si situano nel 2° quadrante.

Destano maggiore interesse invece le 36 volte in cui il suo ruolo di eroe della storia viene ammesso, ma deve ancora ottenere il pieno riconoscimento, deve ancora sostenere la prova qualificante, l’acquisizione della competenza per poter iniziare a compiere la sua missione. È un area di giudizio più cauta che si colloca per i due terzi nel 3° quadrante e per un terzo nel 2° quadrante.

Immagine3L’aspetto interessante a mio modo di vedere, si trova proprio in questa area perché nella ponderatezza dei giudizi favorevoli, e nell’implicito riconoscimento del ruolo nonostante un moderato dissenso, sembrerebbe potersi delineare una potenziale area di conquista del consenso politico, ovvero la zona di rischio di perdita dei consensi, un area che sarà influenzata a seconda di quelli che saranno i risultati delle prove qualificanti da sostenere, ma anche dalla qualità della comunicazione politica posta in essere.

Per concludere, dal punto di vista del significato “politico” di tali conversazioni, si può dire che pur nell’incertezza del risultato quantitativo, reso tale dall’uso di nick name e profili falsi, dalla possibilità di “inquinare” le pagine degli avversari, ovvero dalla facoltà di rimuovere i commenti indesiderati, emergono comunque alcune caratterizzazioni dei soggetti della contesa.

La comparsa di Renzi ha scompaginato in poco tempo gli equilibri tra gli attori politici sulla scena, e poiché consenso e dissenso, nelle loro manifestazioni, crescono in intensità in modo quasi speculare, emergono con sufficiente chiarezza i dualismi in lotta per accaparrarsi il consenso politico. Ecco pertanto che, a dispetto del flebile tentativo di dialogo portato avanti da Renzi, costui sembra essere diventato il primo bersaglio politico del movimento 5 Stelle e di Grillo, un dualismo che si consuma anche nelle parole abbastanza forti dei potenziali elettori dell’uno o dell’altro schieramento, mentre nel barometro delle polemiche sembrano un po’ più in ombra, almeno per l’intensità dei toni, quelle che fanno capo all’attuale Forza Italia.

 Conclusioni 

L’asprezza del confronto è generata pertanto dalla convinzione di doversi combattere lo stesso bacino elettorale? Interpretando i commenti sembrerebbe di si, ma lascio al lettore ulteriori considerazioni, e per continuare a mantenermi distante dai commenti politici, torno ad affrontare altri aspetti di studio.
L’analisi di questa conversazione virtuale, offre lo spunto per porsi alcune domande su certe prospettive.

Il primo punto pone l’interrogativo su quale livello di influenza e quali effetti può produrre nell’ atteggiamento dei “followers” la realtà descritta attraverso i commenti (di parte avversa), perché nonostante il fenomeno della dissonanza cognitiva su talune affermazioni, non si può escludere che certe asserzioni che appaiano come idee comuni possano comunque generare dubbi laddove le convinzioni sono meno forti, rendendo il consenso meno coeso. Ecco quindi il perché del tentativo di categorizzare la rappresentazione della scena sociale che si andava formando nella conversazione.

Il secondo punto riguarda la difficoltà, almeno nello specifico caso del discorso politico, di identificare con chiarezza quei fattori che consentano di definire le polarizzazioni, presupposto base per applicare una “sentiment analysis” affidabile mediante l’utilizzo di algoritmi specifici; persino leggendoli direttamente alcuni commenti hanno creato difficoltà nel coglierne l’effettivo senso, oltre a considerare la particolarità delle forme lessicali utilizzate, per cui è rilevante il rischio di ottenere una scarsa attendibilità nella classificazione automatica dei giudizi. Considerata la complessa e lunga procedura di definizione degli algoritmi, è più affidabile estrapolare un campione statisticamente rilevante di commenti ed analizzarli “manualmente”? D’altronde il confronto tra le conversazioni politiche ed i commenti postati sulle pagine di alcune “lovemarks” quali Samsung, Barilla, BMW, Eden viaggi mostra una relativa e maggiore semplicità di analisi di giudizi che si articolano in prevalenza sulla percezione della marca e sull’esperienza del prodotto.

Infine i commenti sono proposizioni sintetiche che si configurano come entità “multisemantiche” capaci di significare anche al di fuori delle strutture logico-formali del discorso mediante forme retoriche, riferimenti agli antecedenti, la compresenza di valori in opposizione anche se non espressamente citati; la produzione di questi “valori di senso sovra segmentali” (G. Marrone – Corpi Sociali – 2001) deve essere analiticamente individuata e non meccanicamente ricostruita, anche dovendo per questo scontare la necessaria soggettività dell’analista.

Pubblicità simulacro dell’identità – eserciti in azione

Pubblicità simulacro dell’identità – eserciti in azione

Questo scritto prende origine da un’analisi di vari spot pubblicitari rintracciati su youtube che promuovono più o meno apertamente il “recruitment” nelle forze armate di varie nazioni.

Pur essendo un discorso pubblicitario riferito ad una “nicchia”, l’istituzione di cui si parla è spesso   referente dei simulacri identitari più o meno evidenti dei paesi di origine; in questi spot emergono spesso le impronte culturali di queste nazioni.

Come è noto la comunicazione pubblicitaria nasce per sua natura ed in modo esplicito con fini persuasivi peraltro noti ed accettati dall’audience cui tale messaggio è destinato, ed in estrema sintesi le strategie attuate si basano nel produrre un messaggio breve nel quale siano condensati i migliori valori, materiali o immateriali, di un qualcosa, comunicati attraverso l’uso di retoriche più o meno complesse.
Deve quindi esprimere la raffigurazione ideale del soggetto possibilmente cogliendo i punti chiave dell’immaginario del pubblico cui è diretta, al limite anche amplificandone i confini di realtà.

Nel caso di cui si parla, la caratteristica della pubblicità di poter essere un referente di aspetti culturali, trova un principio di validità per il fatto che gli specialisti pubblicitari che ricevono il compito di promuovere l’istituzione, realizzeranno il proprio lavoro studiando da una parte le caratteristiche del pubblico cui la pubblicità è rivolta, dall’altra individuando gli obiettivi espliciti o latenti del committente; la sintesi tra la creatività ritenuta più efficace per il pubblico e gli eventuali aggiustamenti dovuti al pragmatismo organizzativo del committente, rappresentano per certi aspetti la mediazione ideale per mostrare oggetti culturali1 del paese.

È logico supporre infatti che l’instaurarsi di un filo conduttore tra le esigenze di una forza armata e le istanze della società civile costituite anche dalle tendenze del mercato del lavoro, facilitino il ricorso ad una discorsività situata nel sociale, ed è quanto si vuol fare emergere in questo lavoro.
Attraverso questa tipologia di discorso sociale, si possono scorgere alcune valorizzazioni culturali appartenenti ai pubblici di riferimento, i loro riferimenti mitici, stereotipi ed idee comuni, a tratti anche il loro modo di rispecchiarsi nella realtà.

Sia nei casi in cui la tentazione di autoreferenzialità dell’istituzione sembra prevalere sugli obiettivi di “recruitment”, nel tentativo di promuovere la propria immagine o la propria visibilità politica, sia quando il messaggio sembra rivolgersi più direttamente alle risorse umane da attirare, si possono intuire i legami con la situazione sociale nel paese.
C’è anche un’altro aspetto che desta interesse, ovvero il fatto che pur spaziando tra nazioni notevolmente diverse per cultura, emergono elementi comuni tra i vari eserciti che ci si potrebbe azzardare a definire come i simulacri di “universali culturali” propri di ogni forza armata, qualunque ne sia la provenienza geografica.

Un aspetto trans-culturale emergenti mostrano correntemente attraverso le immagini il rapporto protesico tra l’uomo e la “macchina” in senso lato, rappresentato da militari che maneggiano armi, che conducono mezzi e sistemi complessi come carri armati, elicotteri, aerei, o apparecchiature tecnologiche come radar e computer.
Altro aspetto trans-culturale è l’ardire dell’uomo incorporato nella figura del soldato, vera e propria celebrazione di pratiche espresse da militari che compiono esercizi duri o mentre eseguono attività temerarie, e che in tal modo modellano l’immaginario collettivo di figure che denotano la mascolinità, la prestanza fisica, il coraggio e l’ audacia, l’ abilità e l’ eroismo.

In sintesi viene messo in scena il sottile fascino dell’eroe avventuroso che esercita sempre un forte potere di seduzione e di attrattiva in entrambi i sessi sia pure per ragioni ed istinti diversi.
Tornando alla ricerca, il lavoro di analisi si è soffermato su pubblicità prodotta alcuni anni fa negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, India, Svezia, Repubblica Ceca, Russia, Ucraina, Libano ed infine in Italia, e in tutti i casi è stato possibile osservare elementi sia delle identità culturali, sia di quelli che potrebbero definire elementi salienti di un brand.
La visione dei vari filmati non potrà che arricchire la descrizione di queste poche righe.

 La mitografia della forza e dell’individualismo 


Lo spot è stato realizzato da Mc Cann – Ericsson nel 2006 per l’esercito americano, una clip di quasi un minuto che lavora oltre che con le immagini anche con il registro sonoro; all’ iconografia tipica del soldato americano, quella del guerriero che si addestra fisicamente, che sfoggia temerarietà e preparazione in azione, si sovrappone la voce narrante che indugia molto nei termini “strong” e “strenght”, una sorta di onomatopea fonetica della forza che si declina nel comandare, nell’obbedire, nel cameratismo, nel superare ostacoli, nel saper superare i propri limiti.

Oltre alle parole la celebrazione dell’individualismo avviene quando la macchina da presa indugiando sulle targhette portanome dei soldati, vagamente richiamando una multi etnicità, in realtà esprime la forza di singoli che avendo la capacità di superare se stessi, formano un esercito che non ha rivali.

 Tecnologia e dinamismo 


Una clip di 30 secondi che mostra armi, strumentazioni tecnologiche, soldati in azione, che vuol rafforzare il suo messaggio con una scansione dei tempi molto sostenuta creata in post produzione con tagli e cambi di scena molto rapidi; la voce narrante sottolinea che non si tratta di un lavoro come altri, che significa tecnologia, opportunità, azione, sfide in giro per il mondo. Un segno all’identità di genere è veicolato mostrando una donna soldato impegnata in un attività limitatamente cinetica, non partecipa alle sequenze di azione più temerarie, mentre la voce narrante, in questo caso femminile, pronuncia la parola tecnologia.

Nel pay off finale vengono proposti due termini, la forza e l’orgoglio mentre le inquadrature indugiano nel mostrare dispositivi di alta tecnologia.
Confrontando questa clip con quella dell’esercito americano, notiamo come il Canada, considerando che dispone di forze armate di dimensioni più contenute, tende a sottolineare l’elemento tecnologico come valorizzazione chiave, mentre l’elemento umano viene a collocarsi in secondo piano.

 Una struttura “tosta” 

 http://www.youtube.com/watch?v=pgUOAVolSlo
In questa clip della Repubblica Ceca, aerei, elicotteri d’attacco, carri armati e forze speciali in azione sono gli elementi dominanti evidenziati nel filmato. L’individualità è praticamente senza volto, l’uomo è assimilato ad una macchina da combattimento in azione, un tutto perfettamente coordinato, mentre la colonna sonora si sviluppa in un crescendo di sottile tensività e raggiunge la sua apoteosi appena prima dei frame finali della clip, quando entra in scena la voce narrante. In questa fase riprendendo uno schieramento di truppe, attraverso la camera e gli effetti in post-produzione si crea la percezione di una moltiplicazione delle forze schierate, quasi a dare “quantità” all’ entità di questa forza armata, mentre la voce narrante chiude con tono greve il claim enunciando le forze armate professionali della repubblica Ceca.

 E le donne? 

http://www.youtube.com/watch?v=RvPJ5rlW5gA
Questa clip dell’esercito svedese è assai datata perché è del 1994, ma desta curiosità per un aspetto particolare, ovvero come viene tradotto il concetto di genere, quando probabilmente in quel paese si era agli inizi di quel cambiamento. La struttura narrativa ha diverse similarità con quella della repubblica Ceca, nel senso che vengono mostrati spesso armamenti, mezzi di combattimento e le attività di ardimento dei soldati.

L’elemento di discontinuità si può rintracciare nei modi di mostrare il nuovo ruolo della donna nelle forze armate; in una scena una donna soldato cammina davanti ad un carro (tecnicamente esegue una ricognizione a vista) in un’altra scena è alla guida di un mezzo. Ad una attenta osservazione si nota come queste scene rappresentino delle variazioni di ritmo, quasi un rallentamento all’andamento generale del filmato, un modo, non sappiamo quanto voluto o inconsapevole, di esporre una differenza non cancellabile tra l’ancestrale mascolinità del guerriero ed i nuovi ruoli che solo la modernità e l’evoluzione degli scenari consente alla donna di ricoprire.

 Il meglio per la tua vita: appartenenza, tradizioni, opportunità 


Una promessa assai impegnativa, ma estremamente allettante quella che l’esercito indiano offre agli aspiranti Ufficiali. All’interno di una società dove le caste sono una caratterizzazione culturale estremamente forte ancora oggi, l’esercito indiano offre l’opportunità di appartenere ad una classe privilegiata, e attraverso le immagini la risorsa umana è al centro e viene qualificata da questa appartenenza.

Le immagini infatti ritraggono le figure dei cadetti in addestramento formale, durante le attività addestrative tipiche di combattimento o di atletica, ma anche le immagini di uomini che praticano golf, equitazione, tuffi, vela, attività di una certa esclusività che promettono l’appartenenza ad una elite.
Queste scene vengono poi intramezzate da messaggi su sfondo scuro che accostano il superlativo “the best” a tradizioni, sfide, opportunità, carriera, tempo, in definitiva il meglio per la propria vita.

 Dietro l’addestramento l’uomo, l’amicizia, il cameratismo

 http://www.youtube.com/watch?v=tHmiqmfNLhE&list=TLpIqN5iKlRk4

Per l’esercito russo due clip che costituiscono una unica narrazione, dove armamenti ed azione lasciano anche un certo spazio all’essenza umana; due commilitoni che si salutano e si abbracciano vigorosamente, uno spazio per il protagonista che parla “in macchina” delle sue esperienze e ancora i commilitoni che lo chiamano e lo aspettano sopra un mezzo in partenza. Un modo per veicolare, dietro la potenza di questo esercito, la dimensione umana, l’esistenza e perciò stesso, l’importanza dell’amicizia e dello spirito di cameratismo, di solidarietà che vige nell’ambiente.

 Il senso di appartenenza – Qualità superiori alla qualifica 

http://youtu.be/WstN-rudtvA
Questo spot dell’esercito inglese è quello che maggiormente si differenzia da tutti gli altri e per certi aspetti connota la cultura del paese da cui proviene. Nelle immagini si mostra una situazione tipica delle recenti missioni che si svolgono nelle aree di crisi dove un gruppo di uomini del posto sta partecipando ad una animata discussione che rischia di trasformarsi in rissa.
Nelle vicinanze interviene un ufficiale dell’esercito inglese, che con grande equilibrio e fermezza, soprattutto con grande carisma impone ai litiganti di smetterla, riporta la calma e convince i bellicosi abitanti locali a tornarsene nelle proprie case.

Il pay-off finale recita “Ufficiale nell’esercito: qualità superiori alla qualifica”; la celebrazione di qualità elevate è quindi il modo per stimolare il desiderio di appartenere a questa classe di persone.
Molto diverso il modo di raffigurare l’ufficiale, non alle prese con le armi, ma padrone della forza del suo carisma e delle sue capacità comunicative, un inno alla persona più che agli strumenti, una connotazione fortemente “culturalizzata” ed esclusiva, anglosassone a tutto tondo.

 Il fascino della divisa…forse troppo 

http://www.youtube.com/watch?v=cH_E6YSQqTo
Questa clip realizzata dall’Ucraina non va troppo per il sottile, e per attrarre il suo target mostra la straordinaria attrazione che un soldato su un blindato esercita su 5 belle ragazze; queste smettono immediatamente di prestare attenzione ad un altro uomo che stavano “circuendo” proprietario di una BMW e si dimostrano subito pronte a seguire il blindato con i soldati a bordo.

Un po’ esagerato, ai limiti del grottesco anche se descrittivo della realtà sociale del paese e di come anche le istituzioni debbano cercare di ammaliare il proprio target per poter esercitare un potere di attrazione.

 Il rispetto della gente 


Un video che per essere pienamente compreso richiede di conoscere la storia recente del Libano. La gran parte dello spot mostra gente che con deferente rispetto ed ammirazione porge il saluto militare; nei cambi di inquadratura si nota un militare dell’esercito libanese che quasi sorpreso ricambia con un cenno di cortesia i segnali di rispetto ricevuti.

Pur nella iper-realtà presentata c’è comunque un segno di verità e rispetto per questa istituzione che, stando alla storia, ha cercato di mantenersi sempre neutrale tra le violente diatribe e la guerra civile che è stata vissuta da quel paese.

 Noi siamo pronti … per far vincere la pace – tecnologia e armi in azione 

 http://www.youtube.com/watch?v=XTyKZXi3_ls;
All’inizio del nuovo millennio, l’esercito italiano decide di raccontare se stesso ai giovani che cerca di attrarre e lo fa con un impulso sicuramente nuovo rispetto alle sue consolidate tradizioni.

È un esercito che comincia a misurarsi con le missioni di pace, che sta progressivamente adottando il modello professionale, che vuole costituire un punto di attrazione per il dinamismo giovanile, così influenzato dai miti americani, e pertanto decide di proporsi con una serie di 5 spot che mettono in scena una organizzazione pronta ad agire, a combattere, che mostra con convinzione armamenti e tecnologie, che mostra uomini pronti a combattere, preparati, con dialoghi costruiti su un codice linguistico tarato per gli addetti ai lavori ma che tradisce un certo fascino “da marines”.

Una serie di sequenze spesso “asciutte”, scevre da passioni, quasi distanti rispetto alla nostra cultura e abitudine, ma che vogliono decisamente rompere con le immagini del passato.
Soltanto in alcune scene, ad esempio dove un militare si gira la fede nel dito, in un’altra uno di essi stringe tra le mani un piccolo pèluche, probabile regalo di un proprio caro, si recupera una dimensione affettiva ed umana dell’ uomo in divisa.


Una narrazione attraverso una serie di spot che sembra un po’ troppo fare il verso ai miti americani penalizzando con ciò l’ identità nazionale, tuttavia emerge evidente la volontà di scrivere un nuovo discorso e di costruirsi una nuova immagine ed una nuova identità.

Di fatto con questa breve rassegna si è cercato di portare alla luce alcuni tratti dell’identità di vari eserciti, alcuni perfettamente in linea con la cultura e la conoscenza che abbiamo dei loro paesi di origine, in altri casi invece in modo inedito e “straniante”, ma comunque messaggi che dimostrano chiaramente come attraverso essi si cerchi di affermare una specifica identità.

1 “Un oggetto culturale può definirsi come un significato condiviso incorporato in una forma” –definizione di W. Griswold (1986)

Le narrazioni inscritte nelle immagini

Le narrazioni inscritte nelle immagini

Questa analisi mira a far emergere le narrazioni che si celano all’ interno delle immagini contenute nei quotidiani di un paese che sta vivendo un particolare momento di crescita. Un modo alternativo di analizzare i media applicato anche in una prospettiva interculturale, per captare aspirazioni e passioni del pubblico attraverso la ricerca di significati reconditi contenuti nelle immagini.

 Quando le immagini ci parlano di altro 

Nella varietà di tematizzazioni1 pubblicate dai media è possibile rintracciare nelle immagini una “messa in discorso” di significanti che, in alcuni casi, si dimostrano essere come cartine al tornasole delle passioni e delle emozioni del pubblico a cui parlano.

Le immagini posseggono grande efficacia comunicativa perché dispongono di un potere di veridizione superiore rispetto alle parole che per loro natura la “verità” possono invece soltanto “suggerirla”.A tal proposito è opportuno citare R. Barthes quanto asseriva che l’effetto di senso della fotografia è spesso il frutto di precise strategie semiotiche, e la sua messa in forma dà un’illusione di realtà che sarà più o meno intensa a seconda il tipo di fotografia, la didascalia che l’accompagna o il testo verbale a cui si riferisce.

In ogni caso attraverso le immagini è possibile ricostruire una rappresentazione delle istanze e degli umori del momento di una collettività, attraverso la lettura degli effetti di senso “sovra segmentali” che mostrano aspetti e temi del discorso sociale in atto, e come tali rappresentano la figurativizzazione operata dai media, il codice di accesso alle narrazioni sociali del momento.

Le immagini infatti derivano la loro forza dal fatto di essere situate, ovvero calate nella realtà, costituite da figure del mondo riconosciute, rappresentazione della quotidianità, simboli di passioni e tensioni collettive.

La verifica empirica di quanto sopra detto, è stata operata attraverso l’analisi dei quotidiani del Kosovo, quindi in presenza di un panorama circostanziale differente, costituito da storie, rapporti sociali, sviluppo economico e pratiche sociali diverse, prescindendo in linea di massima dai testi cui erano associate.

Restringendo quindi l’analisi solo sulle immagini ha permesso di disvelarne una più intensa capacità di significazione, verificando tutto ciò che emergeva attraverso la ricerca di un numero di ripetizioni in grado di confermare l’esistenza di tendenze abbastanza evidenti, quindi non frutto di casualità.

 Lo sfondo circostanziale 

 La ricerca è stata condotta su un ampio numero di quotidiani pubblicati in Kosovo nel periodo riferito alla primavera-estate del 2009.
Rammentando in estrema sintesi i fatti, anche drammatici, che hanno avuto luogo di recente in quel territorio, va ricordato che il Kosovo era una regione amministrata dalla Serbia in prevalenza popolata da etnia albanese; verso la fine degli anni ’80 iniziò un periodo travagliato segnato da rivendicazioni etniche e istanze secessionistiche le cui cause furono originate da problemi economici e discriminazioni che si scontravano con la struttura demografica del territorio.

Gli episodi di violenza che ne seguirono condussero ad una situazione di guerra civile che richiese l’intervento della NATO nel 1999 per fermarne le atrocità e i crimini umanitari che coinvolgevano le due etnie.
Dopo tale intervento si è verificato il progressivo costituirsi di una identità nazionale da parte dell’etnia albanese, che pur attraverso il riconoscimento di una semplice autonomia amministrativa, ha iniziato a manifestare le espressioni di una cultura condivisa che sente un suo preciso percorso storico e politico.

È curioso notare come, sin dall’inizio delle istanze secessionistiche, cominciarono a nascere le infrastrutture di produzione dell’informazione come giornali, emittenti televisive e radiofoniche.
Infatti nel breve volgere di dieci anni, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, in un territorio grande come le Marche e con una popolazione di poco più di due milioni di abitanti, sono nate ben otto testate giornalistiche in lingua albanese, segno evidente di come sia esistito un legame tra un’ identità nascente, le istanze di una società civile e un sistema dei media su cui questa aveva bisogno di raccontarsi. Si è di fronte ad una conferma empirica di come un’identità culturale abbia bisogno del “proprio” sistema di media per potersi manifestare ed auto descrivere.

Quanto emergeva dai giornali è stato confrontato con quanto scaturiva dall’osservazione dell’ambiente circostante e delle pratiche quotidiane, il confronto delle semiotiche emergenti in diversi sistemi, i dialoghi avuti con persone del luogo, il confronto e l’analisi dei dati rilevati dalle ricerche sociali effettuate sia dalla Index kosova (società di ricerche di mercato affiliata alla Gallupp), sia da UNDP (agenzia che cura le ricerche per conto delle Nazioni Unite).

Da questa analisi possiamo derivare una categorizzazione di alcune tendenze emerse che è possibile definire come: le aspettative dalla politica, la mitografia del denaro, i simbolismi della modernità, l’attrazione per il gossip, la pubblicità come termometro dei desideri.

Soltanto alcune tra le immagini selezionate, quelle ritenute più significative a mostrare gli aspetti fin qui descritti sono postate, ed in questo si chiede un atto di fede al lettore perché non era ovviamente possibile riprodurre per intero tutto il materiale esaminato in questa sede.

 Le aspettative dalla politica 

Anche se la prassi di pubblicare immagini che riproducono politici e personaggi di spicco della scena pubblica è assai frequente un po’ ovunque, questa tendenza appariva marcatamente nelle pagine dei quotidiani kosovari, ma era soprattutto la “sintassi” delle immagini che destava interesse per via della differenza che si poteva notare per esempio nel confronto con i giornali italiani.

Questa categoria di immagini infatti si indirizza spesso a riprodurre il solo volto, una sorta di mitizzazione del personaggio o del ruolo, mentre invece nei quotidiani kosovari i protagonisti della scena pubblica venivano mostrati “all’opera”, esattamente nei luoghi e nei contesti dove si vuole e si suppone che debbano poter dare una risposta ai bisogni della gente.

Numerose infatti le immagini che mostravano i personaggi ripresi nei loro contesti di “produzione”, impegnati in una riunione di vertice, mentre tengono comizi, durante incontri e trattative, in sedi istituzionali, dove quindi possano concretizzare la sostanza del loro compito.

Inoltre c’era una marcata tendenza a riprodurre la gestualità delle mani, una sorta di messaggio non verbale sintatticamente aggiunto ai soggetti delle immagini. E sono mani che spesso evidenziano le movenze del “dare forma” a qualcosa, a plasmare i fatti, come se la loro rappresentazione certifichi la modalità del “fare” come configurazione narrativa di base.

politica
Anche volendo ricorrere ad un certo scetticismo nella lettura di questi significati, ipotizzando rappresentazioni3 viziate in un rapporto di complicità tra l’ establishment di potere e i produttori di informazione, poiché ogni testata cerca nei suoi contenuti di soddisfare il proprio lettore modello, ne avremmo pertanto la medesima lettura di possibili significati.

Nondimeno la potenziale scarsità di materiali fotografici a volte confessata, non dovrebbe indurre a peccare di supponenza nel credere che non ci sia da parte degli operatori locali una sufficiente capacità che consentirebbe loro di acquisire una serie di scatti, nonché di disporre di un minimo di immagini di repertorio che permetterebbero di fare scelte adeguate allo scopo.

Se quindi l’editore utilizza con frequenza immagini contenenti certi codici visivi, questo significa che le ritiene efficaci, ma lo saranno soltanto a condizione di essere situate, di rappresentare la discorsività sociale, i significati a cui il pubblico si dimostra sensibile. Nel caso appena illustrato lo sfondo circostanziale da cui parte l’informazione è proprio quello di una collettività animata da una tensione forte che mira a riempire il ritardo nello sviluppo rispetto ad un mondo occidentale da tempo osservato attraverso le immagini provenienti dalla televisione, un mondo che le si è proposto attraverso linguaggi visivi che questa gente cerca spesso di riprodurre pur mediandoli con i propri sistemi di significazione.

La politica si pone in tal modo come il principale attore in grado di completare un processo storico che assecondi le istanze identitarie, che favorisca le condizioni per avviare un processo di sviluppo economico, che avvicini questo popolo a quei paradisi di benessere a lungo osservati, ma è una politica che deve “fare” attraverso le proprie mani, che deve lavorare, che non può sedersi sul trono della propria autoreferenzialità; il politico è importante se fa, non solo per il ruolo che ricopre.

 La mitografia del denaro 

Le immagini di banconote erano un altro soggetto assai frequente in quel periodo di tempo, pur con una sintassi di composizione dell’immagine aperta a varie sfumature. Potevano essere osservate immagini dei soli soldi, banconote appese a dei fili come se fossero fresche di stampa (opera di falsari!), banconote ripiegate che passano da una mano all’altra con un fare vagamente furtivo, mani che contano un mazzetto di banconote utilizzando l’impugnatura tipica dell’impiegato di banca.

Rappresentazioni diverse quindi che costituiscono una sorta di mitizzazione del denaro, e frequentemente lo uniscono con la parte del corpo che forse più delle altre rappresenta il pragmatismo del fare, ovvero le mani.

soldi
Un abbinamento che esprime significati forti in merito alle motivazioni collettive del momento, il desiderio di questo popolo di crescere, di accumulare quel denaro che, solo, garantisce benessere e gli agognati stili di vita occidentali.

Gli articoli con raffigurazioni del denaro trattavano di temi relativi alla corruzione, al lavoro, all’economia e alle misure politiche, e tutto questo conferma quanto questa iconografia sia presente nei pensieri della gente e animi le ansie e il desiderio di arrivare.

Nei casi (poco frequenti) in cui era possibile fare una comparazione con i quotidiani nazionali, era possibile anche osservare il diverso modo di rappresentare le banconote rispetto ad un quotidiano kosovaro; nei primi il denaro veniva rappresentato senza altri elementi (era il 2009; la recente crisi ha cambiato le cose anche nei nostri giornali!), icona autoreferenziale ove il denaro è fine esistenziale del potere e di referenti immateriali.

Nei secondi, in una collettività fortemente orientata allo sviluppo, la mitizzazione viene raffigurata dalla manipolazione del denaro, dalla relazione con le mani che simboleggiano la capacità di magnificarne la potenza, la sua proprietà di essere strumento per arrivare ad altri mezzi materiali.

Il simbolismo della modernità 

Altra categoria di immagini che compare frequentemente nelle pagine dei giornali kosovari sono le raffigurazioni di edifici moderni, i grattacieli con ampie superfici vetrate, quelli che tanto ricordano le city americane stile Manhattan.

La prerogativa di questo stile, osservabile peraltro in numerosissime realtà di nazioni e culture diverse, è l’essere diventato simbolo della modernità, dello sviluppo economico, in un riproporre indefinitamente icone dell’immaginario collettivo, referenti globalizzate del progresso, della tecnologia e dello sviluppo economico.

Queste immagini poi sono di frequente caratterizzate da inquadrature che vanno dal basso verso l’alto, oppure con campi panoramici e prospettici di profondità, una semiotica che sembra rappresentare le aspirazioni per il futuro, il voler volgere lo sguardo all’orizzonte, il voler crescere, un ulteriore segnale di uno stato d’animo collettivo che mostra attraverso le immagini di “guardare lontano”.

edifici

Anche nella realtà si poteva notare una vivace attività edilizia per abitazioni civili, immobili commerciali, ma anche infrastrutture viarie, e questo pur in presenza di livelli di ricchezza non elevati. Anche in questo caso si potevano osservare negli stili architettonici adottati delle semiotiche visive portatrici di messaggi coerenti rispetto alla significazione sociale complessiva in linea con quanto appena detto, tassello di un mosaico che descrive i processi sociali e culturali in atto nel paese.

Quindi la modernità delle costruzioni si propone come valore testimoniale dello sviluppo, riflette le aspirazioni di emulare, di raggiungere quel mondo occidentale agognato di cui si tenta di riprodurre un po’ tutto, anche certi modelli architettonici ormai superati dal post-modernismo.

 L’attrazione per il Gossip 

 Una categoria di immagini che per certi aspetti ha destato sorpresa e che costituiva un palese elemento di differenza tra i quotidiani nazionali e quelli kosovari, era la presenza in ogni testata, di un corposo inserto che trattava notizie di gossip e informazioni sul mondo dei “vip”, usando abbondantemente immagini in cui il corpo femminile delle protagoniste viene mostrato in tutta la sua avvenenza.

Nel nostro paese il gossip non è certo trascurato, anzi esistono diverse riviste che trattano solo di questo, viceversa non molto compare sui quotidiani di informazione, e su questi le immagini sono di norma assai “misurate”. Certamente quattro o più pagine di notizie legate al gossip e allo spettacolo, e l’ostentazione di gambe tornite e decolté prorompenti, a stento contenuti in gonne cortissime e scollature audaci oltre a pose da copertina patinata, sono elementi di tangibile differenziazione.

gossip
Il fatto che si indugi nella rappresentazione di un mondo che in fondo non appartiene a questa gente, che non vive il loro territorio, che probabilmente avranno osservato soltanto attraverso gli schermi televisivi può portare ad una duplice lettura perché su questo aspetto non si disponeva ancora di dati certi.

La prima lettura possibile era che la conoscenza degli argomenti di gossip implicasse un po’ il sentirsi parte di questo mondo, di essere dentro un tempo e un ambiente dal quale non si vuole assolutamente rimanere fuori, per certi aspetti diventava espressione di modernità; la seconda lettura possibile poteva significare che il giornale era uno strumento ancora fortemente “maschile”, per cui la sua “costruzione” particolare rifletteva semplicemente il desiderio di compiacere il lettore.

Parlando con la gente del posto per capire le loro aspettative, sembrerebbe che dai giornali essi volessero qualcosa di diverso rispetto al panorama informativo offerto dalle televisioni. Mentre infatti su quest’ultime, i telegiornali sembravano essere caratterizzati da un agenda abbastanza essenziale e ridotta, concentrata sui maggiori problemi sociali, sull’essenza delle cose che contano veramente, quindi la politica in primis, lo sviluppo economico e la crescita, con poche concessioni ai fatti di cronaca, nei giornali sembrava che il panorama discorsivo fosse assai più vasto.

Questi infatti, pur considerando i limitati mezzi disponibili, oltre ai consueti spazi dedicati agli argomenti principali, ospitavano temi inerenti la cultura, la storia, il già citato gossip, lo sport, e qualche volta trovavano posto persino i giochi enigmistici, offrendo in tal modo anche uno spazio ludico.
Una ulteriore differenza che si poteva rilevare era come la diversa “anzianità” dei quotidiani locali rispetto a quelli di casa nostra, implicasse delle differenze osservabili nei format editoriali.

In Italia infatti i quotidiani hanno spesso una lunga storia, a volte superano il secolo di vita, per cui nel loro DNA è contenuto il rispetto di un certo rigore giornalistico, una certa austerità formale che deve essere conservata, pena il rischio di perdere la propria identità.
In quel mondo invece, i giornali hanno pochi anni di vita e sono nati nella cosiddetta “società dell’immagine”, per cui sono facilmente inclini ad usare di più le illustrazioni come strumento comunicativo, non devono aderire a nessuna vetusta tradizione, per cui sono in un certo modo più liberi di spaziare al di fuori degli schemi.

 La pubblicità come termometro dei desideri  

In sintesi la pubblicità, come discorso sociale, ha una vocazione spiccatamente pragmatica che è quella di promuovere la vendita di un prodotto, pertanto dovrà necessariamente cercare di capire, interpretare e farsi capire dal suo pubblico, sicché i linguaggi e i codici utilizzati devono essere tarati proprio sulle “enciclopedie” di conoscenze di quest’ultimo se si vogliono avere possibilità di successo.

Detto ciò, tra gli inserti pubblicitari più frequenti c’erano gli annunci relativi alla vendita di computer e di prodotti di informatica e con una certa frequenza anche la vendita di televisori ed altri elettrodomestici, prodotti invece scarsamente presenti nei giornali italiani.
Si trattava di pubblicità essenziali costituite dalle immagini dei prodotti offerti, in alcuni casi completate dalle caratteristiche tecniche con ben evidente il prezzo di promozione.

Altra pubblicità abbastanza frequente riguardava la vendita di immobili e gli spazi normalmente contenevano immagini relative ai fabbricati visti dall’esterno, mentre raramente si mostravano le rappresentazioni degli interni.

Anche in questo caso messaggi senza particolare enfasi che informano sulla possibilità di acquistare nuovi appartamenti in fabbricati dalle forme architettoniche di una modernità ormai superata nel nostro paese, e che confermano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, i canoni di significazione che il concetto di nuove costruzioni ha in questo territorio.

Ancora molto frequenti gli inserti pubblicitari per la telefonia, in prevalenza quella mobile rispetto a quella fissa.
Nella telefonia tuttavia la pubblicità metteva in atto delle strategie discorsive diverse, non si limitava più a descrivere la sostanza, la prestazione del prodotto o servizio, ma attraverso l’uso della bellezza di volti femminili, di fatto proponeva una dimensione esistenziale della comunicazione che in sostanza descriveva “non il prodotto ma il suo alone”.

pubblicita1

pubblicita2

In questo caso una differenza netta, una tipologia comunicativa utilizzata non molto di frequente in un paese che, dovendo sintetizzarne una tendenza, tendeva a proporre valorizzazioni di tipo sostanziale o critico.
È da sottolineare pertanto come le tecnologie che sviluppino la possibilità di comunicare godessero di particolare enfasi e quanto, più di altre cose, potevano incidere profondamente sulla semantica collettiva del paese.

Presente come poteva essere prevedibile la pubblicità di automobili, che costituivano in questo frangente figura immancabile, ancora fortemente simbolo di status, in un paese che stava avviandosi verso una fase di modernizzazione del parco auto circolante. Infine pur con una frequenza minore, pubblicità che riguardavano
le Università e fatto sorprendente la pubblicità per trapianti di capelli.

Che valore dare alla presenza di inserti di questi due ultimi settori? Intanto sono indicatori di una certa importanza di come il paese stesse iniziando a muovere i suoi primi passi nel consolidare il proprio processo di crescita, testimoniati dall’apparire del presupposto di una formazione alta come strumento per lo sviluppo dei giovani, e conseguentemente come prospettiva per il futuro.

Per i trapianti invece, bruciando forse i tempi e pur con molta strada ancora da fare, iniziano già a farsi strada nei processi sociali quelle istanze che indirizzate a fattori estetici, testimoniano come questo aspetto inizi a conquistare i suoi spazi di rilevanza, come l’estetica inizi ad entrare nelle pratiche sociali, come l’emancipazione guidi al progressivo aumento, nella pubblicità come nella quotidianità, della scoperta di valorizzazioni ludiche ed esistenziali.

Una comparazione con i giornali nazionali? Orologi preziosi, alta moda, prodotti editoriali, turismo ed eventi, arredamento e design, università, medicinali e integratori ed infine immancabili le auto.

In conclusione, in questa breve analisi delle pubblicità, emergevano maggiormente messaggi improntati alla dimensione informativa, a testimoniare il valore attribuito alla sostanza delle cose, come il prezzo o le caratteristiche tecniche, indizio di una maturazione ancora in divenire, anche se i segnali della rapidità con cui certe realtà bruciano le tappe dello sviluppo emergevano già con le avanguardie di aspetti ludici ed esistenziali degli oggetti pubblicizzati come nel caso della telefonia o dei trapianti, segnalando la comparsa precoce di un edonismo collettivo.

 Conclusioni 

Pur nella brevità e sinteticità di questa analisi, una verifica empirica ci conferma il ruolo dei media come descrittori delle istanze sociali e come protagonisti della narrazione collettiva, della sempre maggiore rilevanza della società dell’immagine in tutte le sue manifestazioni. Infine ultimo ma non meno importante la validità del modello delle valorizzazioni discorsive e sociali a suo tempo proposto da J.M. Floch ed efficacemente ripreso ed ampliato da G. Marrone nel testo citato Corpi sociali.

1 Questo lavoro usa terminologie tipiche della semiotica; nel testo che segue tali termini verranno contraddistinti con il corsivo. Per un eccellente compendio bibliografico di tali termini, si veda Manuale di semiotica, U. Volli – Ed. Laterza 2004.
2 Marrone Gianfranco, Corpi Sociali – Ed. Einaudi, 2001
3 Il termine rappresentazioni è di sovente utilizzato facendo riferimento alla efficace descrizione del concetto contenuta nel libro “Le rappresentazioni sociali” di Serge Moscovici – ed. il Mulino 2005
4 Marrone Gianfranco, Corpi Sociali – Ed. Einaudi, 2001
5 Marrone Gianfranco, Corpi Sociali – Ed. Einaudi, 2001