Due case produttrici di automobili messe a confronto attraverso il tipo di immagini caricate su un social media in crescita; due differenti profili ed un modo diverso di fare narrazione del brand e dell’identità
Pinterest è un social media molto giovane che sta aumentando favore e diffusione e che in prospettiva possiede ampi margini di crescita grazie al fatto di basarsi su immagini che possono essere raggruppate in insiemi denominati “board” o bacheche. Questa caratteristica consente di conferire significati in chiave narrativa ad una sequenza di immagini ben definita, che vanno ben oltre la semplice rappresentazione visuale dei prodotti di un brand.
Nel settore automobilistico questo canale, almeno a livello ufficiale, è ancora scarsamente sfruttato perché la maggior parte delle case più note preferisce ancora affidarsi alle pagine facebook o alla piattaforma youtube. L’uso di Pinterest non costituisce un’ alternativa, bensì una sinergia ai SM suddetti perché ogni piattaforma ha le sue proprietà e Pinterest non sostituisce le funzioni di facebook e di youtube, semmai ne dilata la prospettiva comunicativa.
Al momento tra le case automobilistiche più note, ho rintracciato la presenza di due soli account ufficiali, quello di Renault e quello di Fiat. Poiché il mercato di riferimento delle due case presenta diverse similarità, il confronto può quindi essere ancor più interessante.
Non è possibile per ragioni di sintesi sviluppare un’analisi semiotica approfondita delle immagini, tuttavia una loro interpretazione in senso generale in rapporto con i temi proposti dai gestori degli account, costituisce già un buon indicatore delle strategie comunicative aziendali. E su queste invito a riflettere.
Renault gallery
L’account di Renault Italia si presenta con 17 bacheche e 2686 Pin (immagini), 293 mi piace, 941 follower, 347 following tanto per fornire qualche numero di riferimento. Quello di Fiat invece si presenta con 8 bacheche, 122 pin, 5 mi piace, 116 follower e 6 following. Non ho riferimenti in merito alla data di apertura degli account, tuttavia il divario di questi numeri depone a tutto favore della Renault, e questo lo vedremo meglio non soltanto giudicando i numeri ma anche la qualità delle tematizzazioni.
Delle 17 bacheche della Renault si può notare prima di tutto la numerosità delle immagini, perché più della metà dei “board” ospita ben oltre 150 “pin” che esprimono in modo estensivo il concetto della didascalia posta a corredo del titolo della bacheca. Sono spesso varie, non legate esclusivamente ad immagini delle auto, bensì sembrano rivolgersi ed al tempo stesso descrivere la “personalità” di un consumatore modello a cui parlano, a cui suggeriscono un’esperienza, contribuendo in tal modo a definire il “mondo possibile” della marca stessa. Di seguito riporto titoli e didascalie (in corsivo) oltre al numero di follower tra parentesi.
– DRIVE THE CHANGE: Drive the Change si fonda sull’ambizione di Renault di rendere l’innovazione tecnologica accessibile a tutti. Dedichiamo questa board a prodotti Hi Tech, e oggetti del futuro – (328) – una promessa mantenuta: hi tech e design in una molteplicità di forme.
– ZERO EMISSIONI: Zero Emissioni, energia rinnovabile, risparmio, efficienza e sostenibilità ambientale. L’impegno di Renault nello sviluppo di una mobilità urbana sostenibile è espresso in tutti i contenuti che diffondiamo in questo board – (326) – descrizione corretta, promessa mantenuta.
– DESIGN: Ispirazioni di Design: Renault cerca sempre il punto d’incontro tra il passato e il futuro di un prodotto, tra le sue cause e le sue conseguenze. In poche parole: prodotti capaci di parlare di se stessi! (333) – un omaggio agli appassionati di design, da vedere!
– SOUND OF SILENCE: Nel Silenzio spesso si trovano le risposte. Il Silenzio calma, rilassa, ci fà riconciliare con noi stessi, con la natura. Con Renault ZOE abbiamo realizzato un’auto 100% elettrica che rispetta il silenzio, e i luoghi in cui passa – (334) – tante stupende immagini della natura nella quale, accuratamente dosate, a volte compaiono le immagini di alcuni modelli della Renault.
– ROAD TRIP: La strada e la vostra auto sono i vostri compagni di viaggio. Dedichiamo questa Board alle ispirazioni che solo i viaggi on the road ci sanno dare. Siete pronti per il prossimo week end con Scénic XMod Cross? (347) – bella rappresentazione dell’idea di viaggio e ….l’auto Renault idealmente si congiunge: sapiente dosaggio dell’immagine del prodotto.
– RED ISPIRATION: Rosso come Nuova Clio: una bellezza sensuale disegnata per alimentare i desideri, scatenare le passioni e affermarsi – (349)- tutto vero, sagace uso delle immagini per suscitare l’idea di sensualità, passione, gusto, femminilità.
– RENAULT CLASSIC: Siamo con voi dal 1898. Le nostre auto hanno fatto i vostri ricordi e grazie a voi la nostra storia continua. Ricordiamo insieme Dauphine e Floride, Renault 4, R5, Clio, Twingo e le altre protagoniste della nostra storia – (379) – la storia Renault in varie forme, dalle competizioni, alla quotidianità, ai miti come la Renault 4.
– LOVE YOUR CAR: Tanti, consigli, dritte e suggerimenti per prenderti cura della tua automobile Renault! (310)- meno emozioni ma comunque ben fatta, ci può stare.
– MUSICA PER I MIEI VIAGGI: Sono tanti gli artisti che si sono cimentati con il fascino del viaggio: dai Deep Purple a Bob Dylan fino a Lucio Battisti. Vi proponiamo delle canzoni per rilassarvi on the road. Buon viaggio a bordo di Renault! (313) – arricchisce l’esperienza con i video linkati da youtube.
– LOSANGE: In geometria, un rombo (o losanga) è un quadrilatero che ha tutti i lati della stessa lunghezza, ma per Renault è molto più di una semplice forma geometrica: nel 1925 la losanga diventa il logo ufficiale di Renault!(312) – geometria del logo declinata in varie forme: complementare.
– COLOR BLOCK: Fucsia, giallo, turchese, rosso, blu: lasciati ispirare dai colori. Mix your style come Twingo o diffondi “The positive energy” come Twingo! (350) – protagonista il colore e poi …il prodotto: piace.
– SPORT E COMPETITION: Appassionati di vetture sportive Renault, questo board è per voi! Passione, entusiasmo, velocità, emozione e competizione sono gli ingredienti dello sport secondo Renault – (325) – la storia nelle competizioni in tutte le sue manifestazioni, dalla F1 alle sport turismo.
– COOL HUNTING: Il “Cool Hunting” è sinonimo di “ricerca di ispirazione” – Andare a caccia di alternative e innovazioni nel design, la tecnologia, lo stile, la cultura, lo street art. Pubblica su questo board le tue chicche da **Cool Hunter**! http://on.fb.me/XrJVkB. (655) – il “cool” secondo Renault e la Twizy …
– REALTÀ URBANE: Le realtà urbane, viste attraverso i vostri occhi per #360captur Iscriviti subito: http://concorso360captur.it. (309) – un’espressione del concetto dal punto di vista Renault: niente male.
– RENAULT PEOPLE: Un omaggio a tutti voi che avete scelto Renault come compagna di vita! (315) – tante Renault, ognuna con una persona diversa in cui riconoscersi: ecco l’omaggio a …”tutti voi”!
– RENAULT EVENTS: nessuna didascalia ma le immagini si riferiscono prevalentemente alla presentazione per il lancio della nuova Renault Clio dove compare frequentemente l’attore Luca Argentero ed altre celebrità del Jet-set;
– RENAULT MOTOR SHOW 2012: nessuna didascalia e una rassegna di foto del motor show che spesso riprendono figurativizzazioni già esposte nelle altre bacheche – (315).
Un’efficace espressione del mondo Renault narrato attraverso le immagini che abilmente sono state organizzate intorno a dei temi. E su questi temi si costruisce un dialogo indirizzato al cliente modello perché attraverso le immagini si tenta di rispecchiarne la personalità e suggerirne i contorni dell’esperienza. In sintesi quindi una strategia di marketing esperienziale ben congegnata e che si pone l’obiettivo di iniziare già a partire dal linguaggio delle immagini.
Le bacheche di Fiat
Le 8 bacheche della Fiat invece sono molto più povere di immagini, solo una bacheca raggiunge 73 pins, quattro di esse ne ospitano addirittura meno di 5, le altre sono intorno alle 20; nessuna di esse riporta una didascalia che contribuisca per certi versi ad indirizzarne una chiave di lettura. Di seguito troviamo:
– eventi Fiat spa (110): una sequenza di foto celebrazione degli Elkann e di Marchionne in alcune occasioni tipiche delle P.R.;
– Fiat spa (106): alcune immagini delle fabbriche o dei logo del gruppo, ancora Marchionne ma…
– Sergio Marchionne (105): la copertina di Time, la reiterazione nelle didascalie delle immagini del ruolo di CEO in Chrysler …
– Inspirational (102): 2 pin, uno recita “without passion life is nothing” e poi?
– Fiat space (109): il video di un disabile che fa sport estremi;
– Welfare & soustainability (102): asili nido e campi estivi Fiat per bambini;
– Fiat’s of the world (154): 5 immagini della 500, di ieri e di oggi, finalmente qualcosa!
– Expo 2015 / Fiat. (946): Fiat – Chrysler Group is Expo2015 Sustainable Mobility Partner | Il Gruppo Fiat – Chrysler è Sustainable Mobility Partner di Expo2015: tante immagini della 500 L (personalmente è una vettura che non mi piace, il cui concetto di prodotto non si lega al nome e che per questo rischia di contaminare la buonissima operazione di marketing che ha segnato il rilancio della nuova 500!).
Con il materiale visivo ora presente nell’account, dire che all’interno di queste bacheche sia presente una narrazione è un po’ un iperbole, o meglio è possibile anche rintracciare una lettura in chiave narrativa perché c’è una marcata presenza di immagini di VIP del gruppo Fiat, al punto che una intera bacheca è dedicata alle immagini del suo Amministratore Delegato!!!
A dire il vero, mi sfugge il senso di quella che sembra una parodia del culto della personalità, perché credo che un visitatore di queste pagine si aspetti di vedere immagini legate al mondo dell’auto o della Fiat stessa, magari potrebbe essere interessato alle rievocazioni della sua storia (la pubblicità del lancio della 500 non ispira nulla?), dei suoi miti, dei suoi successi sportivi, e ce ne sono stati, o magari dei suoi modelli, mentre forse, almeno in questa piattaforma, potrebbe avere minor interesse alla celebrazione della sua leadership perché Pinterest non è lo strumento integrativo di un’assemblea di bilancio.
Certo è che non si può sottacere ad una certa povertà di contenuti, a prescindere dal tempo di apertura dell’account, perché un’ azienda di queste dimensioni non può permettersi di essere presente su una piattaforma social, o comunque in qualsiasi altro media, con contenuti inadeguati.
Invito peraltro il lettore a vedersi le bacheche di cui parlo per rendersi conto di un confronto che in tal senso appare ….impietoso.
D’altronde non è più una novità che per una gestione efficace del brand, le piattaforme di social media abbiano acquisito un’importanza sempre maggiore rispetto agli altri canali mediali, e che tale processo risulta tanto più efficace quando passa per una piacevole ed efficace narrazione o “storytelling” che dir si voglia.
Ebbene lo storytelling di Fiat ci dice più o meno che i suoi interessi sono rivolti all’America (all’”american customer”!?!), un po’ meno al suo pubblico di sempre qui in Italia dove ancora oggi riesce ad ottenere una quota più che rilevante delle sue vendite. E poiché tali apparenze in linea di massima si riscontrano anche su altre piattaforme, forse porsi qualche interrogativo da parte dell’azienda non sarebbe male. Sarà una strategia vincente? E il suo pubblico come risponderà? Lo vedremo in futuro.
Un angolo visuale alternativo che attraverso i numeri più comuni delle pagine Facebook dei soggetti di primo piano offre un frame della narrazione politica in atto
Un sintetico monitoraggio operato sugli indicatori numerici più comuni delle pagine fb ufficiali dei soggetti politici più in voga nel momento, a partire da quella di Matteo Renzi, quella del Partito Democratico, quella di Forza Italia e del Movimento 5 Stelle; alla data del 9 gennaio, sono stati riscontrati i “mi piace”, il numero di post pubblicati in un intervallo di tempo, e su questi sono stati considerati il numero di condivisioni, i “mi piace” e il numero di commenti pubblicati calcolandone le medie. Sono ovviamente dati non esaustivi che hanno lo scopo di mostrare in modo sintetico una prospettiva su cui riflettere.
Preciso che non ho intenzione di aggiungermi alla folta schiera di commentatori di politica visto che oggi in rete lo fanno tutti, troppi, magari invece mettere in luce aspetti che possono destare curiosità da cui trarre qualche considerazione oggettiva. All’ eventuale lettore trarne le proprie personali conclusioni.
Partendo dalla pagina fb dell’uomo politico del momento, quel tale Matteo Renzi, il 9 gennaio si contavano 534.190 “mi piace” e 45.159 “ne parlano”; nella settimana precedente ha pubblicato 4 post: sulle proposte fatte per una nuova legge elettorale – 630 condivisioni, 6.246 “mi piace”, 1.868 commenti; su “l’Italia cambia verso ….” – 3.039 condivisioni, 17.577 “mi piace”, 5.882 commenti; sulle iniziative sviluppate a Firenze – 628 condivisioni, 6.850 “mi piace”, 1.605 commenti; sul tentativo di coinvolgere tutti i soggetti politici per fare le riforme – 675 condivisioni, 6.877 “mi piace”, 1.812 commenti.
La pagina ufficiale del Partito Democratico invece il 9 gennaio si attestava a 105.326 “mi piace” e 17.155 “ne parlano”; nella settimana precedente c’è stata la pubblicazione di 14 post per i quali si sono verificate medie di 396 condivisioni, 984 “mi piace” e 348 commenti, con rispettivamente un picco di 2.532 – 7.037 e 1.393 nel post pubblicato in coincidenza del grave malore che colpì Bersani. Se ci si sofferma su questi numeri, sembrerebbe emergere uno stacco tra la personalità emergente del nuovo leader e le difficoltà identitarie di un partito che, per altri aspetti, si intravedevano anche nei risultati di un’analisi fatta in un precedente post sulle narrazioni di Twitter.
La pagina ufficiale di Forza Italia, sempre nella stessa data, conta 55.362 “mi piace” e 5.171 “ne parlano”; nella settimana precedente sono stati pubblicati 29 post per i quali si rilevano medie di 68 condivisioni, 275 “mi piace” e 37 commenti, con rispettivamente picchi di 136 – 1.612 e 211 per il post pubblicato per l’evento Bersani, e 1.001 – 410 – 148 per il post relativo alla seconda rata dell’IMU. In questo caso quindi una più intensa attività di “content management”, a fronte del quale si è osservato un coinvolgimento più modesto a parte tematizzazioni particolari a carattere emotivo che hanno fatto registrare delle impennate negli indicatori considerati.
Infine i dati della pagina ufficiale del Movimento 5 Stelle: 380.723 “mi piace” e 14.510 “ne parlano”; ben 58 post sono stati pubblicati nel giro di due soli giorni per il quali si verificano medie di 84 condivisioni, 174 “mi piace” e 16 commenti, con un picco di 1.041 condivisioni per un post riguardante Matteo Renzi, 1.530 “mi piace” e 91 commenti in un’altro post critico sul PD. Prima dei commenti finali ancora qualche numero aggiornato al 13 febbraio.
La classifica dei “mi piace” vede Renzi a quota 563.023 con un incremento del 5,4%, il PD arriva a quota 107.652 con un incremento del 2,2%, Forza Italia a 57.511 con un incremento del 3,9%, ed infine il movimento 5 Stelle a quota 388.977 con un incremento del 2,2%.
Chi vincerà?
È dunque Renzi il momentaneo campione della gara dei numeri? All’apparenza sì, ma dando un’occhiata ai commenti la situazione è un po’ più complessa di quanto i numeri non dicano, ma su quest’aspetto che sto approfondendo mi riprometto di tornare successivamente. Sicuramente il coinvolgimento che i post di Renzi provocano è elevatissimo, sia per le condivisioni che per il numero e il fervore dei commenti.
Risultati diversi per la pagina del Movimento 5 Stelle caratterizzata dal gran numero di post pubblicati, molti dei quali linkano a pagine di notizie che, a dire il vero, si ripetono più volte per il fatto di riportare fatti diversi, ma pur sempre la stessa pagina; il motivo affidato alle intuizioni del lettore ovviamente. I numeri sembrano tuttavia dire che a tale prolificità di content management, non corrisponda un pari livello di interazione dei lettori in fatto di condivisioni, “mi piace” e commenti, almeno nel confronto con le altre pagine considerate. Si osserva comunque che numerosissimi sono i commenti di “supporters” del Movimento 5 stelle postati nelle pagine di altri soggetti politici, alcuni dei quali ripetuti più volte.
Va senz’altro considerato che il peso dei mi piace è da prendere un po’ con le molle, visto che spesso viene concesso anche con una certa “magnanimità”, anche se è probabile che il tipo di coinvolgimento per il discorso politico faccia sì che questo consenso venga dato in modo più ponderato, mentre le condivisioni implicano sicuramente un’adesione ad affermazioni o valori che coinvolge chi lo fa nella sua dimensione individuale e di identità rispetto ai suoi contatti, quindi una partecipazione sicuramente maggiore.
Altresì, lo “spammare” di commenti le pagine degli avversari sembra essere una pratica assai consolidata, visto che un fenomeno di questo tipo si può rintracciare abbastanza facilmente senza l’aiuto di software specifici, pratica che tuttavia finisce per “intorbidire” la profilatura del livello di consenso, e non è detto che non realizzi una qualche influenza nella percezione della situazione da parte di un qualunque visitatore, qualunque sia il suo punto di vista politico.
Vale anche la pena di considerare che tipo di “piega” prende un certo discorso perché indica il nervo scoperto dell’opinione pubblica; capita di frequente infatti che i commenti non si restringano soltanto al favore o all’avversità su un aspetto specifico, ma che viceversa tendano a spaziare anche su temi contigui a quello principale del post. In questo genere di discorsi infatti, una semplice attribuzione di un giudizio favorevole o sfavorevole ad un commento spesso non descrive chiaramente le sfumature degli umori sociali del momento.
Pertanto gli indicatori puramente quantitativi delle pagine non devono trarre in inganno, perché una lettura necessariamente attenta e ponderata dei commenti, offre altre prospettive e, vista la particolarità del discorso politico, pone diversi problemi in termini di categorizzazione e/o di polarizzazione del “sentiment”.
Una riflessione sulle narrazioni contemporanee oggi non può prescindere dal porsi alcuni interrogativi su quello che è il ruolo dei social media (SM), per cui è lecito chiedersi: nei SM si costruiscono delle narrazioni, e di che tipo?
In questa ricerca la mia attenzione si è focalizzata su Twitter, con lo scopo di verificare empiricamente se su questa piattaforma si generino dei frammenti narrativi1 più o meno strutturati, pur in una esplorazione di portata limitata.
Tra le varie modalità possibili ho ristretto il campo di ricerca all’analisi dei tweet pubblicati da tre testate giornalistiche di diffusione nazionale mediante il monitoraggio dei messaggi “twittati” nell’arco di una settimana, precisamente dal 20 al 26 settembre. Gli account monitorati sono stati il Corriere della Sera (C ), il Giornale (G) e la Repubblica (R) e l’analisi dei loro tweet è stata eseguita con l’ausilio di un software per la “content analysis”.
Tra le numerose variabili che potevano essere considerate, ho indirizzato la mia attenzione su quelle che ho ritenuto potessero dare delle risposte più immediate al quesito di partenza. Le tabelle che compaiono riportano il riepilogo delle variabili considerate e dei dati emersi dai quali sono scaturite le riflessioni che seguiranno.
Il panorama circostanziale
Prima di tutto i fatti più dibattuti della settimana in questione, la quale è stata largamente dominata dal tema legato alla decadenza di Berlusconi e quindi la probabile crisi di governo conseguente, poi a seguire la possibile acquisizione della Telecom da parte della spagnola Telefonica, l’aumento dell’IVA e i suoi effetti, l’attacco terroristico al centro commerciale di Nairobi, le elezioni in Germania, e in più riprese gli interventi volti a richiamare calma e senso di responsabilità nella politica fatti dal Capo dello stato Giorgio Napolitano.
Il numero di tweet postati nel periodo è stato sostenuto per il Corriere della Sera (709) e la Repubblica (694), abbastanza limitato per il Giornale (123), fatto questo che comporta una certa problematicità di carattere statistico nell’operare un confronto con le prime due testate. Giova tuttavia considerare che non si va a caccia di indici statistici, bensì di far emergere degli indirizzi di fondo, per cui i dati numerici in sé non rappresentano delle discriminanti di carattere assoluto. È comunque da ricordare che G ha creato altri account (es. il Giornale editoriali) che non sono stati presi in considerazione in questa sede.
L’analisi dei dati
Stante il vincolo dei 140 caratteri e la conseguente brevità dei testi, non ho dato rilevanza al totale delle parole utilizzate mentre invece ho scelto di valutare la varietà di termini utilizzati per osservare se emergevano delle differenze significative. In tal senso, pur considerando possibili imprecisioni nei valori assoluti che il trattamento automatico dei testi comporta (a meno di compiere verifiche manuali di dettaglio assai onerose in termini di tempo), i numeri ottenuti con buona approssimazione ci danno un idea dell’andamento.
Risulta che R ha utilizzato 3539 lemmi diversi, contro i 2990 utilizzati da C e i 1047 di G pur con un numero di tweet che è notevolmente inferiore; rapportando i lemmi con il numero di tweet emessi otteniamo nell’ordine 5,1 – 4,2 – 8,5. Questi indici sembrerebbero suggerire che G utilizzi una varietà di termini maggiore rispetto agli altri, ma la notevole differenza nel numero di messaggi pubblicati suggerisce di rivedere questo confronto, mentre tra le altre due testate sembra esistere una sia pur lieve propensione alla variabilità di lessico da parte di R.
L’uso degli hashtags (importante proprietà di Twitter che consente ad un utente di selezionare tutti i tweet che parlano di uno specifico argomento anteponendo alla parola il simbolo #) é una modalità che un account può sfruttare per operare un “engagement” più efficace su un “lettore modello” orientato alla ricerca di ben determinati argomenti, che gli hashtags rendono più semplice aggregare. In questo si osservano differenze di un certo rilievo; emerge una marcata tendenza di G ad utilizzare questa tecnica (98 volte) quindi R (39), mentre è abbastanza sporadico l’utilizzo che ne fa C (6). Non è possibile sapere se questo corrisponda a specifiche scelte da parte degli editori.
La selezione delle parole utilizzate con maggiore frequenza implicava la possibilità di inquadrare speditivamente le tematizzazioni affrontate, ed al tempo stesso poteva fornire un informazione qualitativa in merito alle ridondanze rintracciate. Come si osserva nelle tabelle, dalle parole più utilizzate da R si può dedurre che siano prevalsi temi relativi al territorio ed ai fatti di carattere nazionale, mentre invece in C notiamo parole che implicano una maggiore insistenza su temi di carattere internazionale, in primo piano i fatti di Nairobi e il tema del terrorismo, così come le citazioni relative alla Merkel confermano un’attenzione sulla Germania non trascurabile. G invece, pur considerando il minor numero globale di parole e quindi il minor numero di frequenze da vagliare, sembra orientato verso una maggiore attenzione ai temi di carattere politico strettamente legati alle perturbazioni degli ultimi giorni.
Da ritenere degno di nota anche l’uso di lemmi di tipo avversativo e/o dubitativo; in questo caso si possono notare similitudini nel comportamento dei tre soggetti che raccontano inevitabilmente della presenza di situazioni di tensione che provengono dallo scontro politico in atto e dalla delicata situazione, aspetto che si palesa con la frequenza comune a tutte e tre le testate nell’uso del termine “contro” e con l’incertezza rivelata da un frequente uso del “se”. In considerazione della situazione conflittuale della politica in questo particolare frangente, era inevitabile non soffermarsi sull’atteggiamento tenuto dalle tre testate e quindi tentare di fare un confronto tra di esse.
Il teatrino della politica
Nelle tabelle dove sono riportate le parole usate con più frequenza, è possibile vedere come ci siano alcune analogie nei soggetti menzionati e forse non poteva essere altrimenti visto il momento, per cui le varie redazioni non potevano differenziarsi troppo da un’agenda pressoché obbligata. Quindi la presenza dei protagonisti citati potrebbe sembrare scontata in virtù delle posizioni editoriali delle testate di cui abbiamo tutti una esperienza abbastanza consolidata.
Tuttavia poiché lo scopo del lavoro era quello di far emergere tracce narrative e non l’eventuale posizione di favore verso un qualunque personaggio, i relativi termini sono stati osservati all’interno dei frammenti di testo in cui comparivano (di frequente corrispondevano più o meno all’intero tweet). Ovviamente la possibilità data dal software di aggregare e mettere in ordine sequenziale tutti i frammenti connessi a un termine, facilita l’osservazione della costruzione discorsiva fatta intorno ad esso e di percepirne la valorizzazione complessiva nella sua interezza. Ed i risultati hanno mostrato qualche aspetto interessante.
I frammenti narrativi che emergono su R in sintesi ci raccontano di un personaggio Berlusconi oggetto della discordia e causa dei problemi, oltre ad apparire attore incline alla violazione delle regole e perciò svalorizzato nel suo complesso, mentre la figura di Napolitano si staglia come entità conciliatrice, ancora depositario di una autorità morale nel richiamare le parti alla saggezza e al senso di responsabilità. Il PD invece viene raccontato come agente in crisi di identità, prigioniero delle sue diatribe interne ed in costante malessere con gli alleati anche nella esposizione della situazione in Sicilia. Il Presidente del Consiglio Letta si delinea come soggetto attivo, combattivo anche se la situazione lo costringe sulla difensiva, accerchiato da situazioni che promette di combattere e da cui vuole uscire.
Infine il PDL, attore che viene palesato come fautore della linea dura, arroccato sulla incondizionata difesa del suo leader e disposto a buttare all’aria il tavolo della trattativa, una valorizzazione che potrebbe essere letta in modi diametralmente opposti a seconda le inclinazioni e le insoddisfazioni del pubblico.
Su C si racconta un Letta soggetto attivo, che mostra fermezza nel fronteggiare questa situazione di crisi nonostante le difficoltà, mentre Berlusconi da un lato è l’oggetto che provoca lacerazioni per il problema legato alla sua decadenza, evento in grado di sfociare nelle dimissioni dei suoi fedelissimi, dall’altro lato si riappropria di una sfera soggettiva che lo vede impegnato nel tessere la tela e tramare alla ricerca di vie di uscita ai suoi guai.
Ancora un PD diviso e logorato dalle sue contraddizioni interne e dalla mancanza di univocità di fronte ai fatti politici, ancora quindi i contorni di una identità in crisi a cui fa da contraltare un PDL che marcia senza indugi e senza tentennamenti verso i suoi obiettivi, fautore dello scontro con Napolitano e deciso a portare avanti la linea dura. Ancora il personaggio Renzi che si manifesta come soggetto dinamico, critico della scena e degli attori in gioco, mentre la politica come ruolo tematico appare protagonista negativa in perenne conflitto con la giustizia, causa prima delle incertezze e dei problemi della situazione.
Infine il frame dipinto da G dove emerge un Letta dubbioso nelle scelte ed inadempiente nelle azioni, complessivamente svalorizzato, un Berlusconi nel ruolo di vittima degli attacchi dei suoi nemici ma che risorgerà (alle elezioni!), un PDL soggetto dinamico impegnato all’offensiva su tutti i fronti e leale fino in fondo al suo leader. A seguire altri tre personaggi connotati in modo non certo positivo, una Boldrini femminista e attentatrice dei valori familiari, un Renzi regista delle trame contro il governo, istigatore delle divisioni interne al PD, quindi complessivamente svalorizzato ed infine Saccomanni, isolato nel governo, screditato nelle azioni, in un certo modo emblema in declino della categoria dei tecnici che agiscono in politica. Da queste poche righe si potrebbero trarre alcune considerazioni che tuttavia evito di fare per rimanere quanto più possibile vicino all’oggettività dei dati; all’eventuale lettore trarre delle conclusioni.
Verbi come azioni
I verbi descrivono le azioni e perciò sono un elemento fondante dei dispositivi enunciativi che definiscono i comportamenti dei soggetti e la loro natura. I predicati più utilizzati (essere, avere) non sorprendono in raffronto al linguaggio comune, tuttavia si potrebbe azzardare una differenza tra R e C; nel primo sembrano più frequenti le modalità del fare, dell’azione, mentre nel secondo oltre ai verbi collegabili ai fatti terroristici, sembrano più frequenti predicati di tipo cognitivo (guardare, pensare, chiedere). È un dato questo sul quale bisognerebbe tornare per cercare conferme, perché una modalità di questo tipo, se confermata, implica un diverso modo di raccontare la quotidianità.
Si registra inoltre come l’uso dell’indicativo presente, specialmente se declinato nella terza persona, rappresenti la modalità di gran lunga più utilizzata da tutte e tre le testate. In linea di massima questa è una costruzione linguistica che descrive i fatti senza prese di posizione in prima persona, senza il ricorso a frasi riportate (cosiddetta “enunciazione enunciata”); con beneficio di inventario si potrebbe asserire che questa sia prevalentemente la modalità del fare cronaca, del raccontare il fatto piuttosto che la prassi di costruzione del testo narrativo.
Infatti è da ricordare che nei quotidiani (cartacei) lo stile asetticamente discorsivo del riportare la notizia sta lasciando il posto sempre più a modalità testuali e interpretative che si configurano come narrazioni e che, in quanto tali, sono proiettate in un orizzonte diacronico, implicando in tal modo il ricorso a predicati verbali che articolino sia il passato che il futuro oltre al presente; su Twitter invece sembra emergere che tali modalità non sono ancora utilizzate in modo significativo.
Considerazioni conclusive
A questo punto si possono tracciare alcune considerazioni che emergono dall’analisi fatta fino ad ora, aspetti magari da sottoporre a verifica in presenza di un panorama circostanziale differente.
Non si deve dimenticare comunque che Twitter è una piattaforma abbastanza “giovane” e la sua espansione specialmente in Italia è un fatto recente, per cui non si può escludere che a breve scadenza tecniche e modi del suo utilizzo possano evolvere verso forme di maturità scaturite dalla consapevolezza delle sue potenzialità.
In linea di massima sembrerebbe che la particolare natura di questa piattaforma non renda facilmente intelligibili le strutture narrative, e questo è in buona parte dovuto alla brevità del messaggio, fatto che rende senz’altro complicato costituire all’interno di questo le strutture in grado di formare una narrazione. Inoltre bisogna riflettere sulle modalità pratiche di fruizione di Twitter: la diffusione e l’utilità di questa piattaforma come mezzo di informazione viene esaltata dalla proliferazione degli smartphone, strumento per l’informazione “mordi e fuggi” in ogni luogo e momento. Invece è da notare che, specie i media ufficiali, nella maggioranza dei casi inseriscono nel tweet un link che rinvia all’articolo pubblicato nel portale on-line.
Ora se è probabile che l’articolo completo possa contenere gli aspetti narrativi di cui si parla, è da ritenere poco frequente che gli utilizzatori così come sono stati descritti, ricorrano alla lettura dell’articolo completo collegato al tweet, se non in poche occasioni.
Pertanto due considerazioni possono essere fatte: la prima è che comunque, sia pure in modo frammentario, sia possibile la costituzione di frammenti narrativi, come in precedenza osservato nei commenti relativi alla scena politica. Si tratta di frammenti che probabilmente non possono avere vita autonoma ma che comunque possono saldarsi in un ambiente di trans-medialità.
La seconda invece ci porta a pensare che la “gioventù” di questo SM non abbia ancora generato quella scaltrezza comunicativa che si ritrova invece nelle modalità di costruzione dei titoli di prima pagina che, pur essendo più brevi di un tweet, mediante il sapiente uso di artifizi retorici, sono capaci di veicolare frammenti narrativi estremamente densi e ricchi di senso.
Per queste ragioni, almeno fino ad ulteriori conferme, non ho ritenuto opportuno parlare di elementi narrativi come le strutture attanziali2, consapevole di proporre un tema di dibattito con ancora molte ipotesi da verificare.
1 Con il termine “frammento narrativo” per convenzione si deve intendere una parte testuale che per complementarietà sarà suscettibile di unirsi ad altri frammenti presenti nel panorama trans-mediale in modo da comporre una narrazione strutturata. 2 Per questo concetto si vedano gli studi di A. Greimas e della semiotica generativa.
Questo scritto prende origine da un’analisi di vari spot pubblicitari rintracciati su youtube che promuovono più o meno apertamente il “recruitment” nelle forze armate di varie nazioni.
Pur essendo un discorso pubblicitario riferito ad una “nicchia”, l’istituzione di cui si parla è spesso referente dei simulacri identitari più o meno evidenti dei paesi di origine; in questi spot emergono spesso le impronte culturali di queste nazioni.
Come è noto la comunicazione pubblicitaria nasce per sua natura ed in modo esplicito con fini persuasivi peraltro noti ed accettati dall’audience cui tale messaggio è destinato, ed in estrema sintesi le strategie attuate si basano nel produrre un messaggio breve nel quale siano condensati i migliori valori, materiali o immateriali, di un qualcosa, comunicati attraverso l’uso di retoriche più o meno complesse.
Deve quindi esprimere la raffigurazione ideale del soggetto possibilmente cogliendo i punti chiave dell’immaginario del pubblico cui è diretta, al limite anche amplificandone i confini di realtà.
Nel caso di cui si parla, la caratteristica della pubblicità di poter essere un referente di aspetti culturali, trova un principio di validità per il fatto che gli specialisti pubblicitari che ricevono il compito di promuovere l’istituzione, realizzeranno il proprio lavoro studiando da una parte le caratteristiche del pubblico cui la pubblicità è rivolta, dall’altra individuando gli obiettivi espliciti o latenti del committente; la sintesi tra la creatività ritenuta più efficace per il pubblico e gli eventuali aggiustamenti dovuti al pragmatismo organizzativo del committente, rappresentano per certi aspetti la mediazione ideale per mostrare oggetti culturali1 del paese.
È logico supporre infatti che l’instaurarsi di un filo conduttore tra le esigenze di una forza armata e le istanze della società civile costituite anche dalle tendenze del mercato del lavoro, facilitino il ricorso ad una discorsività situata nel sociale, ed è quanto si vuol fare emergere in questo lavoro.
Attraverso questa tipologia di discorso sociale, si possono scorgere alcune valorizzazioni culturali appartenenti ai pubblici di riferimento, i loro riferimenti mitici, stereotipi ed idee comuni, a tratti anche il loro modo di rispecchiarsi nella realtà.
Sia nei casi in cui la tentazione di autoreferenzialità dell’istituzione sembra prevalere sugli obiettivi di “recruitment”, nel tentativo di promuovere la propria immagine o la propria visibilità politica, sia quando il messaggio sembra rivolgersi più direttamente alle risorse umane da attirare, si possono intuire i legami con la situazione sociale nel paese.
C’è anche un’altro aspetto che desta interesse, ovvero il fatto che pur spaziando tra nazioni notevolmente diverse per cultura, emergono elementi comuni tra i vari eserciti che ci si potrebbe azzardare a definire come i simulacri di “universali culturali” propri di ogni forza armata, qualunque ne sia la provenienza geografica.
Un aspetto trans-culturale emergenti mostrano correntemente attraverso le immagini il rapporto protesico tra l’uomo e la “macchina” in senso lato, rappresentato da militari che maneggiano armi, che conducono mezzi e sistemi complessi come carri armati, elicotteri, aerei, o apparecchiature tecnologiche come radar e computer.
Altro aspetto trans-culturale è l’ardire dell’uomo incorporato nella figura del soldato, vera e propria celebrazione di pratiche espresse da militari che compiono esercizi duri o mentre eseguono attività temerarie, e che in tal modo modellano l’immaginario collettivo di figure che denotano la mascolinità, la prestanza fisica, il coraggio e l’ audacia, l’ abilità e l’ eroismo.
In sintesi viene messo in scena il sottile fascino dell’eroe avventuroso che esercita sempre un forte potere di seduzione e di attrattiva in entrambi i sessi sia pure per ragioni ed istinti diversi.
Tornando alla ricerca, il lavoro di analisi si è soffermato su pubblicità prodotta alcuni anni fa negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada, India, Svezia, Repubblica Ceca, Russia, Ucraina, Libano ed infine in Italia, e in tutti i casi è stato possibile osservare elementi sia delle identità culturali, sia di quelli che potrebbero definire elementi salienti di un brand.
La visione dei vari filmati non potrà che arricchire la descrizione di queste poche righe.
La mitografia della forza e dell’individualismo
Lo spot è stato realizzato da Mc Cann – Ericsson nel 2006 per l’esercito americano, una clip di quasi un minuto che lavora oltre che con le immagini anche con il registro sonoro; all’ iconografia tipica del soldato americano, quella del guerriero che si addestra fisicamente, che sfoggia temerarietà e preparazione in azione, si sovrappone la voce narrante che indugia molto nei termini “strong” e “strenght”, una sorta di onomatopea fonetica della forza che si declina nel comandare, nell’obbedire, nel cameratismo, nel superare ostacoli, nel saper superare i propri limiti.
Oltre alle parole la celebrazione dell’individualismo avviene quando la macchina da presa indugiando sulle targhette portanome dei soldati, vagamente richiamando una multi etnicità, in realtà esprime la forza di singoli che avendo la capacità di superare se stessi, formano un esercito che non ha rivali.
Tecnologia e dinamismo
Una clip di 30 secondi che mostra armi, strumentazioni tecnologiche, soldati in azione, che vuol rafforzare il suo messaggio con una scansione dei tempi molto sostenuta creata in post produzione con tagli e cambi di scena molto rapidi; la voce narrante sottolinea che non si tratta di un lavoro come altri, che significa tecnologia, opportunità, azione, sfide in giro per il mondo. Un segno all’identità di genere è veicolato mostrando una donna soldato impegnata in un attività limitatamente cinetica, non partecipa alle sequenze di azione più temerarie, mentre la voce narrante, in questo caso femminile, pronuncia la parola tecnologia.
Nel pay off finale vengono proposti due termini, la forza e l’orgoglio mentre le inquadrature indugiano nel mostrare dispositivi di alta tecnologia.
Confrontando questa clip con quella dell’esercito americano, notiamo come il Canada, considerando che dispone di forze armate di dimensioni più contenute, tende a sottolineare l’elemento tecnologico come valorizzazione chiave, mentre l’elemento umano viene a collocarsi in secondo piano.
Una struttura “tosta”
http://www.youtube.com/watch?v=pgUOAVolSlo
In questa clip della Repubblica Ceca, aerei, elicotteri d’attacco, carri armati e forze speciali in azione sono gli elementi dominanti evidenziati nel filmato. L’individualità è praticamente senza volto, l’uomo è assimilato ad una macchina da combattimento in azione, un tutto perfettamente coordinato, mentre la colonna sonora si sviluppa in un crescendo di sottile tensività e raggiunge la sua apoteosi appena prima dei frame finali della clip, quando entra in scena la voce narrante. In questa fase riprendendo uno schieramento di truppe, attraverso la camera e gli effetti in post-produzione si crea la percezione di una moltiplicazione delle forze schierate, quasi a dare “quantità” all’ entità di questa forza armata, mentre la voce narrante chiude con tono greve il claim enunciando le forze armate professionali della repubblica Ceca.
E le donne?
http://www.youtube.com/watch?v=RvPJ5rlW5gA
Questa clip dell’esercito svedese è assai datata perché è del 1994, ma desta curiosità per un aspetto particolare, ovvero come viene tradotto il concetto di genere, quando probabilmente in quel paese si era agli inizi di quel cambiamento. La struttura narrativa ha diverse similarità con quella della repubblica Ceca, nel senso che vengono mostrati spesso armamenti, mezzi di combattimento e le attività di ardimento dei soldati.
L’elemento di discontinuità si può rintracciare nei modi di mostrare il nuovo ruolo della donna nelle forze armate; in una scena una donna soldato cammina davanti ad un carro (tecnicamente esegue una ricognizione a vista) in un’altra scena è alla guida di un mezzo. Ad una attenta osservazione si nota come queste scene rappresentino delle variazioni di ritmo, quasi un rallentamento all’andamento generale del filmato, un modo, non sappiamo quanto voluto o inconsapevole, di esporre una differenza non cancellabile tra l’ancestrale mascolinità del guerriero ed i nuovi ruoli che solo la modernità e l’evoluzione degli scenari consente alla donna di ricoprire.
Il meglio per la tua vita: appartenenza, tradizioni, opportunità
Una promessa assai impegnativa, ma estremamente allettante quella che l’esercito indiano offre agli aspiranti Ufficiali. All’interno di una società dove le caste sono una caratterizzazione culturale estremamente forte ancora oggi, l’esercito indiano offre l’opportunità di appartenere ad una classe privilegiata, e attraverso le immagini la risorsa umana è al centro e viene qualificata da questa appartenenza.
Le immagini infatti ritraggono le figure dei cadetti in addestramento formale, durante le attività addestrative tipiche di combattimento o di atletica, ma anche le immagini di uomini che praticano golf, equitazione, tuffi, vela, attività di una certa esclusività che promettono l’appartenenza ad una elite.
Queste scene vengono poi intramezzate da messaggi su sfondo scuro che accostano il superlativo “the best” a tradizioni, sfide, opportunità, carriera, tempo, in definitiva il meglio per la propria vita.
Dietro l’addestramento l’uomo, l’amicizia, il cameratismo
Per l’esercito russo due clip che costituiscono una unica narrazione, dove armamenti ed azione lasciano anche un certo spazio all’essenza umana; due commilitoni che si salutano e si abbracciano vigorosamente, uno spazio per il protagonista che parla “in macchina” delle sue esperienze e ancora i commilitoni che lo chiamano e lo aspettano sopra un mezzo in partenza. Un modo per veicolare, dietro la potenza di questo esercito, la dimensione umana, l’esistenza e perciò stesso, l’importanza dell’amicizia e dello spirito di cameratismo, di solidarietà che vige nell’ambiente.
Il senso di appartenenza – Qualità superiori alla qualifica
http://youtu.be/WstN-rudtvA
Questo spot dell’esercito inglese è quello che maggiormente si differenzia da tutti gli altri e per certi aspetti connota la cultura del paese da cui proviene. Nelle immagini si mostra una situazione tipica delle recenti missioni che si svolgono nelle aree di crisi dove un gruppo di uomini del posto sta partecipando ad una animata discussione che rischia di trasformarsi in rissa.
Nelle vicinanze interviene un ufficiale dell’esercito inglese, che con grande equilibrio e fermezza, soprattutto con grande carisma impone ai litiganti di smetterla, riporta la calma e convince i bellicosi abitanti locali a tornarsene nelle proprie case.
Il pay-off finale recita “Ufficiale nell’esercito: qualità superiori alla qualifica”; la celebrazione di qualità elevate è quindi il modo per stimolare il desiderio di appartenere a questa classe di persone.
Molto diverso il modo di raffigurare l’ufficiale, non alle prese con le armi, ma padrone della forza del suo carisma e delle sue capacità comunicative, un inno alla persona più che agli strumenti, una connotazione fortemente “culturalizzata” ed esclusiva, anglosassone a tutto tondo.
Il fascino della divisa…forse troppo
http://www.youtube.com/watch?v=cH_E6YSQqTo
Questa clip realizzata dall’Ucraina non va troppo per il sottile, e per attrarre il suo target mostra la straordinaria attrazione che un soldato su un blindato esercita su 5 belle ragazze; queste smettono immediatamente di prestare attenzione ad un altro uomo che stavano “circuendo” proprietario di una BMW e si dimostrano subito pronte a seguire il blindato con i soldati a bordo.
Un po’ esagerato, ai limiti del grottesco anche se descrittivo della realtà sociale del paese e di come anche le istituzioni debbano cercare di ammaliare il proprio target per poter esercitare un potere di attrazione.
Il rispetto della gente
Un video che per essere pienamente compreso richiede di conoscere la storia recente del Libano. La gran parte dello spot mostra gente che con deferente rispetto ed ammirazione porge il saluto militare; nei cambi di inquadratura si nota un militare dell’esercito libanese che quasi sorpreso ricambia con un cenno di cortesia i segnali di rispetto ricevuti.
Pur nella iper-realtà presentata c’è comunque un segno di verità e rispetto per questa istituzione che, stando alla storia, ha cercato di mantenersi sempre neutrale tra le violente diatribe e la guerra civile che è stata vissuta da quel paese.
Noi siamo pronti … per far vincere la pace – tecnologia e armi in azione
http://www.youtube.com/watch?v=XTyKZXi3_ls;
All’inizio del nuovo millennio, l’esercito italiano decide di raccontare se stesso ai giovani che cerca di attrarre e lo fa con un impulso sicuramente nuovo rispetto alle sue consolidate tradizioni.
È un esercito che comincia a misurarsi con le missioni di pace, che sta progressivamente adottando il modello professionale, che vuole costituire un punto di attrazione per il dinamismo giovanile, così influenzato dai miti americani, e pertanto decide di proporsi con una serie di 5 spot che mettono in scena una organizzazione pronta ad agire, a combattere, che mostra con convinzione armamenti e tecnologie, che mostra uomini pronti a combattere, preparati, con dialoghi costruiti su un codice linguistico tarato per gli addetti ai lavori ma che tradisce un certo fascino “da marines”.
Una serie di sequenze spesso “asciutte”, scevre da passioni, quasi distanti rispetto alla nostra cultura e abitudine, ma che vogliono decisamente rompere con le immagini del passato.
Soltanto in alcune scene, ad esempio dove un militare si gira la fede nel dito, in un’altra uno di essi stringe tra le mani un piccolo pèluche, probabile regalo di un proprio caro, si recupera una dimensione affettiva ed umana dell’ uomo in divisa.
Una narrazione attraverso una serie di spot che sembra un po’ troppo fare il verso ai miti americani penalizzando con ciò l’ identità nazionale, tuttavia emerge evidente la volontà di scrivere un nuovo discorso e di costruirsi una nuova immagine ed una nuova identità.
Di fatto con questa breve rassegna si è cercato di portare alla luce alcuni tratti dell’identità di vari eserciti, alcuni perfettamente in linea con la cultura e la conoscenza che abbiamo dei loro paesi di origine, in altri casi invece in modo inedito e “straniante”, ma comunque messaggi che dimostrano chiaramente come attraverso essi si cerchi di affermare una specifica identità.
1 “Un oggetto culturale può definirsi come un significato condiviso incorporato in una forma” –definizione di W. Griswold (1986)