Riesumare scenari da guerra fredda a distanza di 25 anni non è semplice. Tra colf ucraine e turisti russi a Madonna di Campiglio, in che modo i media raccontano questa crisi a cavallo tra vecchie ideologie e nuove logiche di consumo?
L’analisi è stata sviluppata sui titoli e sottotitoli degli articoli pubblicati on-line da sei testate nazionali tra le più diffuse, per il periodo dal 1 al 18 settembre. Le testate prescelte sono state il Corriere della sera, Il Messaggero, il Giornale, Il sole 24 ore, la Repubblica e La Stampa.
A 25 anni dalla caduta del muro, la crisi in Ucraina che ha incrinato i rapporti tra Russia e mondo occidentale ha riaperto scenari che si pensavano dimenticati, ed ha costretto i media a reinventare un racconto dei fatti di fronte ad un mondo profondamente cambiato. Ed è nata per questo motivo la curiosità di indagare sulle modalità discorsive utilizzate prendendo in esame i media on-line.
L’indagine ha considerato inizialmente alcuni aspetti meramente quantitativi necessari ad inquadrare la risonanza che le testate considerate hanno dato ai fatti, ovvero il numero di articoli dedicati alla crisi in Ucraina sul totale di quelli pubblicati nel periodo in esame.
Il secondo aspetto dell’analisi ha riguardato invece le modalità con le quali si è parlato della crisi, dando quindi prevalenza agli aspetti qualitativi del discorso.
Prima di tutto, perché soffermarsi all’analisi di poche righe iniziali, titolo e sottotitolo, invece di considerare tutto l’articolo? Osserviamoci nella realtà.
Viviamo nella “smartphonizzazione” dell’informazione, fenomeno che supera persino quello di alcuni anni orsono battezzato “overload informativo”; non c’è più tempo per approfondire per cui un titolo e poche righe sono sufficienti per darci una dimensione del caso.
La fondamentale importanza di questi frammenti di testo, o di “testo breve”, si fonda nella loro caratteristica di poter sintetizzare ciò che deve essere ricordato, di fornire alla mente i frammenti che saranno utilizzati nella costruzione narrativa delle nostre conoscenze come se fossero le tessere di un puzzle, ma anche per alimentare i nostri stereotipi.
Nella tabella che segue riporto sinteticamente i risultati emersi che a prima vista ci danno un’istantanea del livello di attenzione dedicato a tale argomento, e tra la noia dei numeri si può intuire che lo spazio dedicato al fatto, almeno nel periodo considerato, non è stato poi così forte, specie se si considera che il solo termine “Renzi” come unità lessicale dei fatti di politica, compare il doppio o il triplo delle volte il numero di titoli dedicati all’Ucraina.
L’aspetto qualitativo dei titoli in esame invece trascura l’aspetto meramente numerico, pur considerandoli sulla scorta della caratterizzazione loro conferita dalla presenza di certe unità lessicali giudicate di importanza preminente.
A tal fine prendendo a spunto la teoria attanziale1, il primo passo è stato quello di individuare un primo attante rappresentato dai termini Russia, Mosca, Putin, un secondo opposto identificato nelle parole Ucraina, Kiev e Poroshenko, un terzo anch’esso in opposizione implicato da Europa, Stati Uniti e Nato; ogni sinonimia è comunque da ricondurre a questi tre attanti principali.
Per quanto riguarda la vera posta in gioco, il valore conteso è relativo alla sfera di influenza e di potere che viene declinato dai tre attanti in modo diverso e come tale riportato dai media; in sintesi la tutela delle etnie russofone per la Russia, la minaccia all’integrità territoriale per l’Ucraina, il rispetto di principi per l’occidente.
Una nota a parte meritano la modalità con cui sono state trattate le varie leadership: quella di Putin è stata nominata con una certa ridondanza e tali rappresentazioni, che a volte stimolano proiezioni e aspirazioni con le quali la gente si identifica, ne delineano una personalità, sia pure in chiaro scuro, prevalente sulle altre.
Ora saranno riportati solo alcuni titoli che a mio parere hanno la capacità di rappresentare un po’ il senso generale anche degli altri.
Il Corriere della sera
L’attenzione al tema è stata tutto sommato modesta, predomina la figura di Putin – Ucraina, Putin: “Subito uno Stato indipendente nel sud-est ucraino”- Putin vuole conquistare tutta l’Ucraina – un accordo tribolato per la deliberazione delle sanzioni – Usa e Ue divisi su nuove sanzioni contro la Russia – Ucraina, rinviate le sanzioni Ue Putin: «Avanti coi negoziati» – la Nato che cerca di far sentire la sua voce – La Nato metterà base nell’Est e Putin riscrive la sua dottrina – Kiev, alta tensione Russia-Nato «Esercitazione» anche con l’Italia – ed infine le voci definite stonate –..Berlusconi attacca la Nato: «Su Putin irresponsabili» – Al Bano: «Sto con Putin: è come l’Istria, tutti sanno che è italiana».
In definitiva un ampio uso di frasi riportate, enunciazione “enunciata” che comunque prende le distanze da colui che afferma; bisognava parlarne e lo si fa ma quasi senza convinzione, pressoché in difficoltà ad inquadrare giornalisticamente il caso.
Il Giornale
Questa testata racconta la crisi in modo diverso, prende posizione. La disposizione pro Russia traspare sia nel citare il leader Putin – Putin: “negoziati per uno stato nell’Est dell’Ucraina” – Ecco i dieci motivi che danno ragione allo zar Putin – sia nel descrivere la situazione – Mosca avverte Nato e Usa: “Agiremo di conseguenza” – La Nato è morta e la Russia non è più un nemico – Putin: “Le sanzioni Ue minano il processo di pace” – sia nel descrivere gli effetti – Europa, altro harakiri: le sanzioni anti russe ci costeranno un miliardo – Pugno duro con Mosca? Putin chiude cieli e portafogli.
In sintesi una critica abbastanza esplicita all’occidente e all’Italia nel loro seguire pedissequamente la politica degli Stati Uniti nello spettro di una crisi inventata per rinsaldare la Nato mentre invece la minaccia, scritto senza perifrasi, è altrove (“L’islam taglia un’altra testa ma noi facciamo guerra a Putin”); una collocazione pro-Russia netta e chiara giustificata dal pragmatismo di evidenziare costi economici dati dalle sanzioni che non gioveranno né all’Europa, né al sistema Italia in particolare.
Il sole 24 ore
L’impostazione di testata economica del sole 24 ore cerca di rimarcare ove possibile l’aspetto economico degli eventi. Si pone in evidenza la tregua –Ucraina, telefonata Poroshenko-Putin: tregua «globalmente rispettata» – si descrive la compattezza degli alleati – Crisi ucraina, Nato rafforza la difesa nel Baltico – ma al tempo stesso si sottolineano più volte gli effetti della crisi che colpisce entrambe le parti – Le Borse Ue chiudono in rialzo: la spinta da tregua Russia-Ucraina – Schaeuble lancia l’allarme: “Germania, stime di crescita da rivedere. A causa delle crisi in Ucraina e Medio Oriente…” – Europa e Stati Uniti sostengono il made in Italy ma la crisi russa ci costa oltre mezzo miliardo – La crisi Ucraina pesa su Gazprom: utile in calo del 41% – Putin è sempre protagonista della scena – Ucraina, Putin detta le condizioni per la tregua – mentre la mancanza di compattezza sulle sanzioni emerge nuovamente – Non c’è accordo a Bruxelles su sanzioni.
Nel complesso una esposizione nella quale l’europeismo è una scelta di campo quasi obbligata ma perseguita senza troppa verve, perché nell’ elenco degli effetti prodotti dalla crisi nessuno dei contendenti ne esce indenne.
Il Messaggero
Nel racconto di questa testata in evidenza i tentativi di tregua – Ucraina, firmato il cessate il fuoco. Kiev trova l’accordo con i ribelli – Crisi Ucraina, intesa Poroshenko-Putin per cessate il fuoco permanente – i proclami dell’Ucraina – Ucraina: «Grande guerra contro la Russia»– la Nato che deve confermare il suo ruolo – dopo le minacce di Putin la Nato invia le truppe – Ucraina, Nato potenzia la difesa a Est:.. – la risposta di Mosca – Ucraina, Mosca avverte la Nato: «Mai vostre truppe ai nostri confini» – esplicitando i termini del problema, ancora la personalità di Putin a dominare la scena – Putin: «Negoziati per creare un nuovo stato nell’Ucraina dell’Est» – infine la posizione dell’Europa – Ucraina, l’Ue: accordo su nuove sanzioni contro Mosca – Ucraina, domani le sanzioni Ue alla Russia. Mosca: reagiremo” – …Ma sulla Russia Usa e Ue sono divisi – con una sequenza di annunci che dietro ai proclami nascondono a stento le difficoltà a trovare un accordo reale sulle sanzioni, mentre la minaccia di ritorsioni appare anche più fondata.
In tal caso il racconto della crisi mostra una disposizione europeista abbastanza tiepida, più di facciata che di sostanza, niente a che vedere con gli atteggiamenti da crociata ideologica di un tempo.
La Repubblica
Uno schieramento europeista che traspare nel dare prevalenza alle dichiarazioni dei soggetti di una parte – Ucraina, Obama: “Aumentare le forze Nato” – Ucraina, Germania spinge per sanzioni Ue alla Russia:.. – Nato rafforza presenza militare ai confini con la Russia. Mosca: “Così si alimenta la tensione” – anche se traspare il dubbio – Così la Nato sfida Putin ma un rapporto segreto spaventa l’Europa – Borse Europee in rosso.. – Ue adotta nuove sanzioni ma rinvia attuazione – mentre è ancora il ruolo chiave di Putin che appare come ago della bilancia della situazione – Ucraina, Putin: “Impossibile prevedere quando finirà la crisi” – Ucraina, accordo per cessate il fuoco. Ma Putin detta le condizioni – Ucraina, Poroshenko-Putin “Tregua globalmente rispettata” – Come detto all’inizio uno schieramento pro-occidente che tuttavia non può evitare di riportare i dubbi, le divisioni e la difficoltà nel decidere ritorsioni del blocco occidentale che non sembra poi così coeso come vorrebbe far credere.
La stampa
Una descrizione dei fatti dove non si nascondono le divisioni del blocco occidentale – Kiev è pronta alla tregua. Usa e Ue divisi sulle sanzioni – Gli Usa: “Subito nuove sanzioni alla Russia” Ma gli europei frenano: “Prima il dialogo” – Sostegno a Kiev, linea dura con Putin e meno legami con gli Usa – il travaglio della tregua che non sembra reggere – Ucraina, tregua a rischio: a Donetsk uccisi 6 civili – e il carisma di Putin ancora in evidenza – Putin“pensare a stato nell’Ucraina orientale” – Prove di tregua in Ucraina. Putin detta le condizioni e Kiev minaccia un muro al confine – mentre Berlusconi si schiera – … Berlusconi attacca la Nato: “Irresponsabile” – e c’è da credere che abbia un buon seguito di opinione pubblica che la pensa come lui. In definitiva una posizione abbastanza super partes che cerca di riportare azioni e dichiarazioni degli opposti schieramenti senza dimenticare, magari indirettamente, di richiamare l’attenzione anche sulla posizione dell’opinione pubblica nazionale.
conclusioni
Non so se quanto riportato risulti più o meno sorprendente, di fatto non esiste più quello schieramento da crociata come avveniva negli anni ’70. Certamente non è possibile sapere quale sia l’effettiva posizione dell’opinione pubblica, né la sua disponibilità a pagare un prezzo in questa crisi, visti i già più che pressanti problemi economici del momento.
Appare evidente comunque un cambiamento di atteggiamento verso la Russia che è il frutto anche del cambiamento dei tempi per almeno tre ordini di ragioni tra le quali:
a. la caduta dei baluardi ideologici dell’opposizione al blocco comunista, che ormai appaiono desueti e sorpassati, mentre una volta erano sufficienti ad ottenere il consenso dell’opinione pubblica;
b. i casi Snowden e Wiki Leaks così come una “disinvolta” politica americana, stanno intaccando la credibilità dei principi politici statunitensi non solo negli anti-americani militanti ma in fasce sempre più ampie di opinione pubblica non solo di sinistra;
c. la globalizzazione ha portato non solo l’ interscambio commerciale ma anche, grazie al turismo, una quantità di interazioni con un numero sempre più ampio di cittadini russi, spesso benestanti e in viaggi di affari o di piacere, aspetto che consente alla gente comune di farsi un idea di queste persone direttamente e senza il racconto dei media.
Sono cambiati tempi e situazioni, è cambiata la società, sono cambiate le storie che l’opinione pubblica vuol sentirsi raccontare, ed al tempo stesso anche quelle che i media sono disposti a descrivere, per questo una considerazione finale merita di essere fatta.
Nel momento in cui così tanto si parla di story-telling anche a livelli politico-strategici, emerge che dietro le storie deve sussistere una verosimiglianza, perché queste possono innestarsi solo sulle conoscenze e sulle idee comuni delle memorie collettive del momento, memorie che le narrazioni possono solo mettere in ordine ed a cui concorrono a dare forma e contenuto, molto più difficile invece farle circolare quando vengono a mancare i presupposti basilari di credibilità.
1 Il termine attante è usato in linguistica e in narratologia, un campo della semiotica.
In linguistica l’attante’ è un soggetto che compie l’azione indicata dal verbo; l’attante è un elemento nominale che insieme a un verbo forma una frase (ad esempio nella frase “Il cane mangia l’osso”, il cane e l’osso sono gli attanti). Gli attanti non devono necessariamente compiere un’azione, possono anche subirla. Inoltre esistono anche attanti non umani (oggetti o animali).(Fonte Wikipedia) . Per approfondire l’argomento vedi anche Manuale di semiotica, U. Volli, Laterza 2006 – Del senso II, A.J. Greimas, Bompiani 1984.
Un’analisi che tenta di ricostruire lo storytelling del personaggio politico del momento attraverso la categorizzazione del “sentiment” presente nei commenti della sua pagina
Dopo aver espresso il mio punto di vista su alcuni aspetti “quantitativi” delle pagine Facebook di alcuni soggetti politici, mi sembra importante anche focalizzare l’attenzione sulla qualità dei commenti, non tanto per ricavare diagrammi e statistiche per il quale esistono software e strutture specializzate, quanto capire che tipo di “pseudo realtà” può essere descritta attraverso questi commenti.
Mi sono posto il problema di andare oltre una semplice categorizzazione del consenso o del dissenso, perché come già accennato nel mio post precedente, la pratica di postare commenti critici sulle pagine di soggetti politici della parte avversa sembra prassi frequente al punto da chiedersi se non sia già diventata vera e propria strategia finalizzata a creare una rappresentazione negativa del soggetto. Poiché ho rintracciato attraverso l’osservazione e senza l’aiuto di software specifici commenti critici copiati pari pari su diverse pagine, c’è da ritenere che tali azioni siano già abbastanza diffuse.
Quindi pur considerando questo aspetto, ho provato ad analizzare i commenti e le risposte ad essi correlate nel post pubblicato da Matteo Renzi nella sua pagina che trattava del “cambiare verso…” per capire che tipo di rappresentazione della realtà emergesse.
Ricostruire il frame
Voglio precisare sin dall’inizio che non si pretende di dare evidenza scientifica ai risultati ottenuti perché con questo lavoro mi sono posto alla ricerca di una traccia metodologica, magari alternativa, da sviluppare in questo tipo di analisi dalla quale ricavare ipotesi da sottoporre a verifica empirica.
Il post del 5 gennaio, oggetto di analisi, ha generato un forte coinvolgimento visto che dopo soli quattro giorni si registravano già 5883 commenti, perciò ne ho estrapolato 52 commenti comprensivi delle risposte correlate, con le quali si è generato un insieme di ben 469 post (per un file di 90 pagine!!) che è stato analizzato nel seguente modo:
a. trattamento di content analysis per individuare i lemmi significativi di maggiore frequenza;
b. analisi dei lemmi più frequenti ritenuti maggiormente significativi considerati insieme ai termini che li precedono e che li seguono (che ne determinano la significazione) e costituzione in insiemi;
c. rilettura in sequenza del gruppo di proposizioni generate per ogni lemma e riduzione in una sola breve frase che ne sintetizza il contenuto complessivo, in modo da simulare le modalità di percezione, semplificazione e memorizzazione delle informazioni nella mente delle persone.
Nella figura sottostante sono riportate le nuove proposizioni così ottenute al termine di questo processo. Viste nel loro insieme, al di là di alcune proposizioni che si oppongono, la loro lettura sembra descrivere il frame, ovvero una sorta di rappresentazione della realtà agli occhi di buona parte degli autori di commenti di questa pagina.
Parlo di frame perché anche considerando l’esistenza di dissonanze cognitive, le tematizzazioni che lo popolano rimangono le stesse, ancorché valorizzate nelle rispettive opposizioni, ed è sicuramente questo uno degli aspetti che deve far riflettere maggiormente. Non riporto tediose tabelle con le parole più frequenti, anche se come si può immaginare il termine Renzi ricorre 172 volte, PD 83 e Movimento 5 Stelle 54, senza considerare le forme distorte di tali parole.
Desta una certa curiosità rilevare che c’è un’ alquanto scarsa ripetitività di aggettivi che qualifichino i soggetti e/o i temi del discorso (assennato 11 volte, vecchi 9, marcio 7, comico 6, condannato 6), mentre l’uso di forme lessicali come “tutto” (46), “nulla” (37), “sempre” (34) sono possibili indicatori di una certa radicalizzazione dei punti di vista delle persone così come vengono espressi nei post.
E Renzi? Tra il consenso ottenuto nelle primarie e la tipologia di commenti riportati si verifica uno scarto, qualcosa non torna, per cui il lavoro sul protagonista principale è stato più articolato. È stato quindi necessario leggersi pazientemente i commenti, spesso interpretarli vista l’eterogeneità del discorso, le “licenze” sintattiche, la difficoltà a classificare forme di ironia e sarcasmo, di storpiature, neologismi e via dicendo. Pertanto ho letto e categorizzato 204 post, fermandomi solo nel momento in cui si è concretizzata la tendenza al ripetersi di certi concetti per cui era da ritenere sufficientemente delineato il campo semantico di riferimento.
Per categorizzare la tipologia di “sentimento” dei vari commenti che in qualche modo descrive l’atteggiamento degli autori dei post, ho pensato di utilizzare un sistema di “mapping” semiotico; rimando agli autori in parentesi per una esaustiva e completa descrizione del modello (G. Marrone – Corpi Sociali -2001 – A. Semprini – Marche e mondi possibili – 1993).
Questa mappatura si concretizza con la definizione di due coppie di valori, specificando una prima coppia di stati semanticamente opposti sull’asse delle ascisse, mentre un’altra coppia di valori in opposizione collocata sull’asse delle ordinate li qualifica per specificità ed intensità. Ne scaturiscono 4 quadranti all’interno dei quali sono stati collocati alcuni valori sostantivi che specificano più in dettaglio i possibili atteggiamenti degli autori dei commenti. Ovviamente non vengono riportati tutti i possibili valori perché il campo della sinonimia sarebbe assai vasto, ma tuttavia quelli richiamati cercano di offrire sufficienti sfumature ai vari stati d’animo offrendo un continuum di sentimenti; nella figura la rappresentazione di tale mappa.
Inoltre c’era da interpretare anche la collocazione del soggetto principale del discorso, in questo caso Renzi, così come risultava raccontato in questa pseudo narrazione. Per cui vediamo ora i risultati.
I commenti collocabili nel primo quadrante di sinistra contrassegnato dal dissenso, dal conflitto, dalla denigrazione dell’avversario, da una più o meno marcata aggressività dei toni utilizzati, si sono manifestati in 45 casi, mentre nel secondo quadrante dove il dissenso si esprime in modo più pacato, ragionato ed argomentato, si possono situare 100 post. Nel terzo quadrante il consenso espresso con un credito di fiducia, con moderazione, attraverso argomentazioni ed esprimendo un’ ammirazione misurata si è manifestato 33 volte, mentre nel quarto quadrante un consenso entusiasta espresso con appoggio convinto, fervore e passione, manifestando uno spirito di avversione verso gli opponenti, si è verificato 22 volte.
Il viaggio dell’eroe!
Renzi invece, la figura dell’eroe di questa narrazione dei nostri tempi, nella sua scommessa di voler cambiare verso al paese, non ne esce troppo bene.
In ben 112 commenti collocati tra il 1° e il 2° quadrante, la sua figura di eroe viene denegata e svalorizzata, il suo ruolo è respinto più o meno duramente, ne risulta definito piuttosto come un millantatore impossibilitato a realizzare l’impresa che promette, complice più che protagonista.
All’opposto in 22 commenti collocati nei quadranti 3 e 4, l’investitura dell’eroe è salda, ha già acquisito la competenza, la“spada magica”, ed è pronto ad iniziare il viaggio per affrontare la prova decisiva.
In due sole occasioni la sua figura di leader pur non essendo rifiutata non viene accreditata di alcuna possibilità di riuscita, e tali commenti si situano nel 2° quadrante.
Destano maggiore interesse invece le 36 volte in cui il suo ruolo di eroe della storia viene ammesso, ma deve ancora ottenere il pieno riconoscimento, deve ancora sostenere la prova qualificante, l’acquisizione della competenza per poter iniziare a compiere la sua missione. È un area di giudizio più cauta che si colloca per i due terzi nel 3° quadrante e per un terzo nel 2° quadrante.
L’aspetto interessante a mio modo di vedere, si trova proprio in questa area perché nella ponderatezza dei giudizi favorevoli, e nell’implicito riconoscimento del ruolo nonostante un moderato dissenso, sembrerebbe potersi delineare una potenziale area di conquista del consenso politico, ovvero la zona di rischio di perdita dei consensi, un area che sarà influenzata a seconda di quelli che saranno i risultati delle prove qualificanti da sostenere, ma anche dalla qualità della comunicazione politica posta in essere.
Per concludere, dal punto di vista del significato “politico” di tali conversazioni, si può dire che pur nell’incertezza del risultato quantitativo, reso tale dall’uso di nick name e profili falsi, dalla possibilità di “inquinare” le pagine degli avversari, ovvero dalla facoltà di rimuovere i commenti indesiderati, emergono comunque alcune caratterizzazioni dei soggetti della contesa.
La comparsa di Renzi ha scompaginato in poco tempo gli equilibri tra gli attori politici sulla scena, e poiché consenso e dissenso, nelle loro manifestazioni, crescono in intensità in modo quasi speculare, emergono con sufficiente chiarezza i dualismi in lotta per accaparrarsi il consenso politico. Ecco pertanto che, a dispetto del flebile tentativo di dialogo portato avanti da Renzi, costui sembra essere diventato il primo bersaglio politico del movimento 5 Stelle e di Grillo, un dualismo che si consuma anche nelle parole abbastanza forti dei potenziali elettori dell’uno o dell’altro schieramento, mentre nel barometro delle polemiche sembrano un po’ più in ombra, almeno per l’intensità dei toni, quelle che fanno capo all’attuale Forza Italia.
Conclusioni
L’asprezza del confronto è generata pertanto dalla convinzione di doversi combattere lo stesso bacino elettorale? Interpretando i commenti sembrerebbe di si, ma lascio al lettore ulteriori considerazioni, e per continuare a mantenermi distante dai commenti politici, torno ad affrontare altri aspetti di studio.
L’analisi di questa conversazione virtuale, offre lo spunto per porsi alcune domande su certe prospettive.
Il primo punto pone l’interrogativo su quale livello di influenza e quali effetti può produrre nell’ atteggiamento dei “followers” la realtà descritta attraverso i commenti (di parte avversa), perché nonostante il fenomeno della dissonanza cognitiva su talune affermazioni, non si può escludere che certe asserzioni che appaiano come idee comuni possano comunque generare dubbi laddove le convinzioni sono meno forti, rendendo il consenso meno coeso. Ecco quindi il perché del tentativo di categorizzare la rappresentazione della scena sociale che si andava formando nella conversazione.
Il secondo punto riguarda la difficoltà, almeno nello specifico caso del discorso politico, di identificare con chiarezza quei fattori che consentano di definire le polarizzazioni, presupposto base per applicare una “sentiment analysis” affidabile mediante l’utilizzo di algoritmi specifici; persino leggendoli direttamente alcuni commenti hanno creato difficoltà nel coglierne l’effettivo senso, oltre a considerare la particolarità delle forme lessicali utilizzate, per cui è rilevante il rischio di ottenere una scarsa attendibilità nella classificazione automatica dei giudizi. Considerata la complessa e lunga procedura di definizione degli algoritmi, è più affidabile estrapolare un campione statisticamente rilevante di commenti ed analizzarli “manualmente”? D’altronde il confronto tra le conversazioni politiche ed i commenti postati sulle pagine di alcune “lovemarks” quali Samsung, Barilla, BMW, Eden viaggi mostra una relativa e maggiore semplicità di analisi di giudizi che si articolano in prevalenza sulla percezione della marca e sull’esperienza del prodotto.
Infine i commenti sono proposizioni sintetiche che si configurano come entità “multisemantiche” capaci di significare anche al di fuori delle strutture logico-formali del discorso mediante forme retoriche, riferimenti agli antecedenti, la compresenza di valori in opposizione anche se non espressamente citati; la produzione di questi “valori di senso sovra segmentali” (G. Marrone – Corpi Sociali – 2001) deve essere analiticamente individuata e non meccanicamente ricostruita, anche dovendo per questo scontare la necessaria soggettività dell’analista.
La narrazione di una crisi è di per sé la storia di un problema: dramma, fatalità, ambiguità, cinismo; cosa emergerà?
………il pensiero sociale fa un uso estensivo di sospetti che ci mettono sulle tracce della causalità. (S. Moscovici – Le rappresentazioni sociali – 2005)
Nel mio precedente post avevo già introdotto il tema di come la narrazione d una crisi incorpori normalmente le caratteristiche di una storia, ovvero una struttura che ne facilita la comprensione e il ricordo nella mente della gente. Riflettendo sulla citazione di Moscovici (in corsivo), l’aspetto più delicato si rivela essere la presenza di processi mentali che implicano il formarsi di dubbi e sospetti in risposta a qualsiasi ambiguità e una fervida attività di deduzione logica mirata ad individuare le responsabilità personali.
A conferma di questo, nel video sottostante che racconta i recenti e tragici fatti dell’alluvione in Sardegna, si nota come al termine del resoconto giornalistico si manifesti subito la volontà di individuare responsabilità.
Una spiegazione in merito ai motivi di questi atteggiamenti va cercata riflettendo sugli studi di psicologia sociale di A. Smorti (Psicologia culturale – 2003), il quale propone una categorizzazione delle storie che presenta molti riferimenti applicabili alla comunicazione di crisi.
In questa classificazione troviamo:
a) storie senza problemi: sono storie auto evidenti e auto esplicative come una testimonianza o ricordi autobiografici, perché hanno un significato non ambiguo e culturalmente determinato, discorsive, coerenti e spesso scarsamente interessanti;
b) storie con un problema che presenta soluzione: sono storie ove tipicamente la figura dell’eroe affronta un ostacolo, una difficoltà che comunque è resa evidente, e qualunque sia poi il risultato finale, il problema viene comunque esplicitato nella sua causa senza ambiguità;
c) storie con problema che non ha soluzione: sono le storie problematiche che non presentano soluzione, ed a questo genere si possono associare per esempio tutti quei casi giudiziari che rimangono irrisolti, ma anche casi della vita o fatti che rimangono inspiegabili; sono queste le storie che generano la tipologia seguente;
d) storie che tentano di interpretare le storie senza soluzione (storie ipotesi): in questa tipologia di storie si fa largo ricorso alle ipotesi che fanno riferimento all’ esperienza, al cosiddetto mondo possibile, agli antecedenti per trovare spiegazioni altrimenti non esplicitate (es. Tizio ha una violenta lite con Caio; Caio viene ritrovato morto dopo poco tempo, Tizio è sospettato di essere l’assassino).
Considerata la particolare natura con cui si presentano a noi, le situazioni di crisi in linea di massima si collocano nella tipologia di storie senza risposta, almeno nella loro fase iniziale. Da questa caratteristica scaturiscono spesso sequenze di storie ipotesi, ove si tenta di ricostruire un nesso causale ai fatti avvenuti e alle conseguenze che ne derivano con una retorica discorsiva improntata al “pathos”.
Attingendo alla nostra memoria infatti troveremo senz’altro la storia di un fatto che, pur permanendo sullo sfondo, ha dato origine ad una sorta di racconto ulteriore interamente focalizzato sulla ricostruzione delle cause, sull’ identificazione delle responsabilità, sulla personificazione di ruoli tematici stereotipati da cui ci si aspetta che qualcuno indossi i panni dell’eroe, e di qualcuno che invece dovrà calzare quelli dell’antieroe calamitando i disvalori emersi nel racconto.
Categorizzare gli eventi
Pertanto il saper prevenire sin dall’inizio le reazioni emotive del pubblico, quali saranno le implicazioni provocate da eventuali reticenze, omissioni e ambiguità, è un essenziale punto di partenza se non per disinnescare, quantomeno per limitare danni ed effetti di una crisi.
Non devono esserci dubbi sul fatto che ogni carenza informativa, ogni dubbio, l’opinione pubblica provvederà a colmarlo attingendo alle proprie esperienze, agli antecedenti in materia, alle idee comuni e alle pratiche contemporanee.
Se ad una attenta analisi, le reazioni dell’opinione pubblica di fronte a certi fatti e situazioni possono essere in qualche modo prevedibili, il miglior modo di organizzarsi è individuare gli scenari di rischio potenzialmente possibili e sulla scorta di questi calibrare una strategia di risposte pianificate e soprattutto mirate a rispondere al bisogno di tempestività, a prevenire eventuali carenze, a ridurre gli effetti provocati dalle criticità della situazione.
Un criterio guida che può facilitare questo lavoro presuppone di operare una categorizzazione dei fatti critici più frequenti al fine di delinearne gli elementi comuni:
Eventi critici provocati da situazioni ambientali che coinvolgono una collettività di persone tra i quali ad esempio il terremoto che ha colpito l’Aquila o quello che in Giappone ha provocato il disastro nucleare di Fukushima, l’alluvione che ha colpito Genova un paio d’anni fa o i recenti e tragici fatti dell’alluvione in Sardegna di pochi giorni fa. Questa tipologia di eventi è contraddistinta dall’imponderabilità dei fatti e dall’incontrollabile forza della natura nei confronti dell’uomo: ma l’ineluttabilità degli avvenimenti lascia rapidamente il posto alla ricerca di responsabilità, per non aver saputo prevedere, per non aver limitato i danni, per la lentezza o l’inadeguatezza dei soccorsi tanto per citare alcune delle derive più frequenti. La causalità della tragedia passa assai presto dal fatalismo alla ricerca dei responsabili delle conseguenze. Pur essendo eventi che rientrano nella categoria di storie senza soluzione, la mente umana nel tentativo costante di attribuire significati plausibili ai fatti, si servirà di storie ipotesi che hanno la funzione di ridurre l’incertezza e rendere il mondo meno inconoscibile e più prevedibile; da qui l’esigenza di individuare responsabilità che in qualche modo consentano di ridurre la paura dell’ignoto e dell’incontrollabile.
Eventi critici tra istituzioni e collettività, dove atti e azioni delle istituzioni, o meglio di uomini delle istituzioni, provocano dei danni o delle conseguenze a singoli individui o gruppi di individui. Tanto per fare qualche esempio va ricordato il grave incidente in cui rimase ucciso Gabriele Sandri, oppure i gravissimi disordini nella manifestazione degli indignati di qualche tempo fa, o magari anche situazioni meno traumatiche ma comunque importanti tipo le cartelle esattoriali pazze di cui di tanto in tanto si sente parlare o situazioni di riconoscimento di diritti che arrivano dopo anni o ancora inadempienze nei pubblici doveri e così via. Sono fatti comunque importanti che coinvolgono pesantemente la credibilità e l’immagine delle istituzioni, e il loro sviluppo è in grado di influenzare sensibilmente la lettura di avvenimenti che dovessero ripresentarsi in forma simile nel tempo a venire. In questa tipologia di crisi, qualsiasi forma di titubanza o di reticenza ha l’effetto di stimolare nei media la tendenza a completare, magari a livello ipotetico, tutto ciò che manca come informazione, e questo aspetto non fa che acuire gli effetti destabilizzanti, incidendo pesantemente sulla credibilità delle istituzioni coinvolte. Questi eventi si incanalano nelle storie ipotesi perché comunque si tratta di azioni da codificare, perché spesso il sospetto guida la formazione delle convinzioni, perché si pensa sulla scorta delle esperienze precedenti, ed in tal senso le idee comuni presenti in una società in un determinato momento rappresentano una chiave di lettura che a volte costituisce un ostacolo insormontabile da sfatare.
Eventi critici che coinvolgono aziende, organizzazioni private o gruppi di persone, la cui rilevanza è direttamente proporzionale al numero di soggetti coinvolti, e dove è in gioco l’immagine e la credibilità del soggetto potenzialmente responsabile dei fatti; possiamo annoverare in questa categoria attività illegali compiute da un’azienda a danno dei consumatori, ovvero violazioni delle norme che procurano danni alla gente, episodi di coercizione di vario tipo, ma anche fatti che vedono scontri tra gruppi di persone, tipici i disordini tra tifoserie. Sono episodi riconducibili a quella che può definirsi come causalità degradata1, l’espressione deteriore della realtà, dove prevale la mancanza di valori morali del soggetto ritenuto responsabile, dove la gente mostra una certa sfiducia figlia delle esperienze passate; i soggetti coinvolti in tali situazioni quindi dovranno comunicare in modo trasparente, senza indugio e senza resistenze, per allontanare nei limiti del possibile sospetti che si traducono in una condanna morale da parte del pubblico. In queste situazioni spesso lo spettatore tende a schierarsi da una parte o dall’altra, e lo fa sulla scorta delle proprie convinzioni personali o delle proprie esperienze passate che costituiscono gli antecedenti a cui fa riferimento. Questi eventi possono più facilmente essere ricondotti a storie del secondo tipo, e quindi depotenziate, qualora si concretizzi in qualche modo una certa linearità nella ricostruzione dei fatti. L’aspetto a cui bisogna dare importanza ricade sempre sull’attribuzione di responsabilità. Occorre pertanto evitare gap informativi, dove lo spazio delle ipotesi venga riempito da convinzioni basate sui precedenti, ed al tempo stesso avviare l’intervento riparatore su binari certi e prevedibili, influenzando in qualche modo la lettura delle responsabilità.
Ecco quindi lo scopo del modello riportato nel mio precedente post che illustrava gli elementi strutturali di una storia; è certo che la mente sociale percorrerà quella strada, per cui è necessario sviluppare un flusso di informazioni che dia risposte credibili e non ambigue e che riempia tutti gli elementi necessari alla costruzione narrativa del fatto nella mente della gente. Quando questo non accade, non ci si deve stupire se, come successo in numerosi casi, l’informazione ufficiale non sia stata ritenuta credibile e viceversa siano invece prevalse le indiscrezioni come nel caso descritto nel mio post precedente.
I protagonisti della storia
Per completare questo argomento sulle strutture narrative delle crisi, pur tralasciando per sintesi un discorso sulle strutture profonde della semiotica generativa, sia pure in modo sintetico è necessario spendere qualche parola sul concetto di tema e sui ruoli tematici che ne derivano. I primi costituiscono le grandi “configurazioni discorsive” di una narrazione (giustizia e ingiustizia, il gesto eroico, il cinismo, la sopraffazione …..), ed hanno forma astratta fino a che non si materializzano nelle forme di volta in volta utilizzate dal racconto.
I ruoli tematici invece sono definibili come funzioni altamente stereotipate, concetti generali tipici che si definiscono mediante le iconografie diffuse nelle singole culture (l’eroe, il malvagio, la vittima, il potentato, etc.), hanno forma astratta fino a che non saranno soggetti ad un processo di personificazione nei protagonisti di un racconto.
Infatti nel ricordo di un fatto, come di una storia, noi abbiamo bisogno di raffigurare alcuni ruoli chiave come quello dell’eroe giusto le cui gesta saranno qualificate da una figura avversa, un oppositore che incorporerà i disvalori, avremo spesso bisogno di qualcuno che ricopra il ruolo della vittima, di un debole che subisce le conseguenze dei fatti e così via.
Dovrà poi essere in qualche modo categorizzato l’agire umano, e da qui inizierà il processo di riconoscimento di colui a cui attribuire il grande gesto da raccontare, l’esecuzione della prova qualificante, al quale si opporranno l’indifferenza, la fuga o la menzogna, ci sarà il danneggiamento di qualcuno o qualcosa.
Poi saranno in qualche modo figurativizzati, ovvero assumendo sostanza osservabile nei comportamenti, valori tra i quali il coraggio, l’onestà, l’impegno o la giustizia, al quale verranno contrapposti dei disvalori tipo la codardia, il cinismo, la negligenza, la malvagità. Avremo infine bisogno di definire la fine della storia, la sanzione finale che pacifica la nostra coscienza e che vede giustizia fatta, le responsabilità riconosciute e punite, i gesti ed i valori positivi dell’eroe ricompensati.
E’ questo il modo in cui la nostra mente opera tra gli eventi, li cataloga e li mette in ordine nella nostra memoria, e non possiamo certo sottrarci a questa modalità del pensiero umano.
Avendo per certi aspetti definito almeno i principali elementi che agiscono nel categorizzare i fatti che in qualche modo entreranno a far parte della memoria biografica della gente, ne consegue di fatto la possibilità di definire anche una struttura di base a cui la comunicazione delle situazioni di crisi dovrebbe idealmente ed in modo più o meno esplicito far riferimento, ovvero una traccia da seguire per fare in modo che tutti gli interrogativi potenziali siano soddisfatti, e che pertanto l’opinione pubblica non vada alla ricerca di ulteriori informazioni che sfuggirebbero a qualsiasi tipo di controllo.
“il pensiero umano è mosso dall’esigenza di fondo di interpretare il mondo e di attribuire significati plausibili che lo aiutino a fare delle previsioni e che per far questo ricorra alle storie” (A. Smorti – Narrazioni – 2007)
La comunicazione di crisi è il racconto di un evento, è una narrazione, e come tale è soggetta a certe caratteristiche che ne regolano il funzionamento nella mente della gente.
Gestire la comunicazione in presenza di situazioni di crisi è senza dubbio una delle attività più complesse a causa della presenza di condizioni di incertezza e di dinamiche non controllabili, ma anche perché a volte si scelgono strategie difensive nelle quali si finisce per avvitarsi in una spirale di errori sempre più gravi e con una risonanza pubblica crescente.
Esiste un’ampia tipologia di crisi possibili, per la diversità di eventi, per la variabilità di attori causali, per quantità e qualità dei soggetti coinvolti, per la gravità di effetti o conseguenze provocate, per cui non si può far riferimento ad un metodo univoco di risposta, anzi in certi casi ricette preconfezionate sul cosa fare in queste situazioni potrebbero persino provocare danni maggiori.
Tuttavia in rete si possono rintracciare documenti, pubblicazioni e “check list” sul Crisis Communication Management, in buona parte provenienti da oltreoceano, che possono costituire un buon riferimento per evitare di trovarsi completamente impreparati di fronte a fatti di questo genere.
Il punto critico è sempre la scelta del momento in cui cominciare a comunicare con il modo esterno, che cosa dire (o non dire!), perché il principio di non fare dichiarazioni che possano poi rivelarsi infondate si scontra con le necessità informative di una realtà che è fortemente condizionata dall’onda emotiva. Quindi come si può affrontare il problema? Certamente un’ analisi critica degli eventi passati, di come si è operato, ed al tempo stesso un piano di comunicazione che consenta risposte tempestive alle situazioni di crisi più prevedibili nonché la preparazione del management sul cosa fare, possono costituire un valido aiuto.
D’altronde le incertezze che inizialmente esistono sulle cause e sulle conseguenze di un evento, l’accertamento di responsabilità e la disponibilità di informazioni attendibili, richiedono oggettivamente tempi incompatibili con le reazioni emotive del pubblico.
Tra i molteplici aspetti che rendono difficile la gestione della comunicazione nelle crisi vanno considerati senz’altro:
– la criticità o la drammaticità di fatti che per i loro effetti provocano stati emotivi e tensivi molto forti in un numero più o meno ampio di persone; – la difficoltà a fornire i media di informazioni verificate, la cui disponibilità si rivela costantemente in ritardo con le esigenze e il fabbisogno informativo imposti dalla crisi; – l’impossibilità di avere un qualunque controllo sulle necessità informative dettate dalle conseguenze dell’evento che sono scarsamente o per nulla controllabili, ed il rischio che ogni tentativo di controllo venga scambiato per ambiguità o peggio per menzogna; – il rischio che notizie date tempestivamente risultino poi infondate inficiando la credibilità di chi informa; – l’influenzamento reciproco tra i soggetti coinvolti in qualche modo negli effetti di un evento critico che producono trascinamenti emotivi tipici della folla; – le informazioni che arrivano per forza di cose dopo un evento, a tentare di spiegare i fatti, e che trovano abbastanza spesso un pubblico prevenuto e diffidente; – la presenza nella mente della gente di esperienze precedenti che orientino una lettura precostituita di cause e responsabilità in mancanza di informazioni complete e tempestive; – il ruolo giocato dai media che, nella loro funzione di informatori, debbono guadagnarsi un loro spazio di visibilità, ma che così facendo a volte amplificano la risonanza di un evento.
Ognuno degli aspetti sopra detti meriterebbe un approfondimento fatto sulla scorta di eventi passati, ma in questa sede vorrei soffermarmi sulla possibile lettura precostituita da parte del pubblico di cause o conseguenze all’origine di una crisi, anche prescindendo dal flusso di comunicazioni ufficiali.
Prendiamo spunto da un fatto, un infuocato derby calcistico tra Roma e Lazio che doveva giocarsi il 21 marzo 2004 e che fu sospeso all’inizio del secondo tempo a causa delle pressioni esercitate dai tifosi. Prima della partita c’erano state le consuete intemperanze ma tutto sembrava sotto il controllo della robusta cornice di forze dell’ordine, quando a partita iniziata cominciò a diffondersi la notizia che un mezzo della polizia avesse investito e ucciso un bambino. Tale indiscrezione, non contrastata, iniziò ad incendiare gli animi della tifoseria al punto che questi arrivarono a minacciare i giocatori di gravi conseguenze se non avessero interrotto subito la partita. A nulla valsero le smentite ufficiali dell’allora capo della Polizia.
Un esempio eclatante quindi di come esperienze passate e un rapporto conflittuale tra tifosi e Polizia di vecchia data, con il semplice verificarsi di episodi di scarsa gravità, avessero generato in quel tipo di platea la convinzione che si fosse verificato un fatto tragico sulla scorta di semplici indiscrezioni, a cui nulla valsero le dichiarazioni ufficiali, forse tardive, di chi rappresentava l’istituzione.
Che domande porsi?
Ricordando questa storia, o magari frugando nella nostra testa alla ricerca di ricordi di qualche altra crisi, bisogna comprendere che tipo di interrogativi si pone il pubblico, per cui è fondamentale per chi debba gestire la comunicazione in situazioni critiche porsi certe domande:
– cosa si sta chiedendo il pubblico? Conosce sufficientemente e nel modo voluto come si sono svolti i fatti e le conseguenze? – trova risposte nella attribuzione di responsabilità? Può pensare che si stia coprendo un colpevole? – le informazioni disponibili possono generare nell’immaginario collettivo l’idea che ci sia la presenza di un giusto (la vittima) e di un ingiusto (il colpevole)? – può farsi strada l’idea che il fatto era evitabile? Che si sarebbe dovuto fare di più prima del fatto o durante i soccorsi alle vittime? – hanno già un idea delle colpevolezze? Di chi “espierà” la colpa? – quali “alleanze” o solidarietà possono nascere tra pubblici direttamente o indirettamente coinvolti nei fatti?
Per di più bisogna tenere nella debita considerazione alcuni fattori che in certi casi possono giocare un ruolo persino più importante degli stessi soggetti coinvolti che in sintesi sono identificabili in:
– i media, narratori per antonomasia che, mossi dai loro obiettivi, danno ampia risonanza ai fatti;
– i ben informati, i depositari delle verità scomode che gli organi ufficiali spesso omettono, e che esercitano la loro influenza sulla scorta dei pregiudizi fondati sulle esperienze passate;
– le vittime dell’ingiustizia, un abbinamento che quando si concretizza nell’immaginario collettivo è in grado di produrre effetti dirompenti;
– le “solidarietà identitarie”, alleanze atipiche che possono generarsi quando ci si riconosce in un ruolo contro un comune nemico (il caso Sandri per esempio fu un altro caso emblematico di alleanze tra tifoserie opposte contro la polizia).
Tutti questi aspetti danno sostanza ai presupposti di apertura di questo scritto per il quale la comunicazione di crisi è in fondo il racconto di un evento, e come tale è una narrazione che soggiace alle sue proprietà costitutive che ne determinano il funzionamento nella mente della gente.
In tal senso mi sembra assai pertinente riportare sinteticamente quanto uno degli autori, che ha trattato approfonditamente la nozione di storie come Andrea Smorti (Narrazioni 2007), ci dice in merito alla struttura delle narrazioni, una struttura che si articola nella nostra mente in: a) uno stato iniziale ove una situazione in equilibrio sia in qualche modo contestualizzata; (il fatto non si è ancora verificato e il pubblico possiede già esperienze antecedenti) b) l’avvento di un problema, ovvero il verificarsi di qualche fatto che rompa l’equilibrio iniziale; (l’evento si verifica e il pubblico ne viene a conoscenza in qualche modo) c) i tentativi di soluzione, uno o più fatti/azioni concretizzati da qualche soggetto che tenti in qualche modo e/o con l’ausilio di altri mezzi o aiutanti di risolvere il problema e ristabilire l’equilibrio iniziale; (il dopo, dichiarazioni, smentite, illazioni, conseguenze, responsabili, riparazione del danno) d) stato iniziale ricostruito o un nuovo stato, sono le situazioni al quale ci si aspetta si pervenga dopo i tentativi messi in atto da un soggetto di fronte ad un problema; (le soluzioni, attori positivi o negativi, la verità dei fatti) e) stato sanzionatorio (finale) equivale all’aspetto sanzionatorio, alla morale, al riconoscimento del ruolo del soggetto, all’attribuzione del premio (o della punizione). (giustizia è fatta! Colpevoli ed eroi sono identificati, premi e sanzioni sono assicurati)
In parentesi i brevi commenti con l’obiettivo di avvicinare lo schema ad una sua contestualizzazione. Mi piace inoltre continuare nell’omaggio ai contributi teorici esistenti in materia, riportando due citazioni importanti nel delineare una filosofia di approccio al problema:
“.. tutti i sistemi di classificazione, tutte le immagini e tutte le descrizioni che circolano nell’ambito di una società, persino quelle scientifiche implicano un legame con sistemi e immagini precedenti”. (S. Moscovici – Le rappresentazioni sociali – 2005)
“Ogni particolare narrazione di una violazione dalla norma, fonda una tradizione e diventa il nucleo di un genere narrativo sul come il mondo è.” (A. Amsterdam & J. Bruner 2000 – Smorti – Psicologia culturale 2004).
Conclusioni
In conclusione sembra proprio che le esperienze precedenti costituiscano lo script1 attraverso il quale in presenza di dubbi, la mente comincia ad elaborare risposte attingendo agli antecedenti, alle situazioni del passato, operando delle deduzioni che saranno tanto più corpose quanto più la carenza di informazioni soddisfacenti sarà accentuata.
La riflessione finale è proprio in questo punto, che laddove ci fosse un difetto di notizie appare ineluttabile che la gente provveda in proprio a darsi delle risposte, e pertanto coloro che a vario titolo dovessero trovarsi nella scomoda posizione di dover comunicare in situazioni di crisi devono sapere che tutto ciò che non verrà detto o non sarà chiarito sufficientemente, sarà generato e aggiunto dagli altri, senza alcun controllo, quindi…
1 A. Smorti – Psicologia culturale – ed. Carocci 2003